N. 145 ORDINANZA 10 - 14 maggio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione   Siciliana   -  Enti  locali  -  Indennita'  spettanti  agli
  amministratori   -   Beneficio   del   raddoppio  in  favore  degli
  amministratori  che  siano  lavoratori collocati in aspettativa non
  retribuita  -  Asserita estensione del beneficio, gia' previsto per
  gli  assessori  dei  Comuni  con  piu'  di 50.000 abitanti, ai soli
  assessori  dei  Comuni  fino  a  10.000  abitanti  e non anche agli
  assessori  dei  Comuni  fra  10.000  e  50.000 abitanti - Lamentata
  irragionevole  disparita'  di  trattamento e lesione del diritto di
  accesso  alle  cariche  elettive  in  condizioni  di  uguaglianza -
  Erronea   interpretazione   delle   norme   censurate  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- Legge  Regione  Siciliana 12  novembre  1996,  n. 41, art. 3; legge
  Regione Siciliana 20 giugno 1997, n. 19, art. 12.
- Costituzione, artt. 3 e 51.
(GU n.20 del 19-5-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge
della  Regione  Siciliana 12 novembre  1996,  n. 41  (Disposizioni in
materia  di  permessi,  indennita'  ed  incarichi  negli enti locali.
Modifiche   ed  integrazioni  alle  leggi  regionali  concernenti  le
elezioni  di  organi  degli  enti  locali,  il  comitato regionale di
controllo,  il  personale dell'amministrazione regionale e degli enti
locali.  Abrogazione  di  norme),  e  dell'art. 12  della legge della
Regione  Siciliana 20  giugno 1997,  n. 19  (Criteri  per le nomine e
designazioni  di  competenza  regionale  di  cui all'articolo 1 della
legge regionale 28 marzo 1995, n. 22. Funzionamento della Commissione
paritetica  - articolo 43 dello Statuto Siciliano. Prima applicazione
della  legge  23 ottobre  1992,  n. 421.  Disposizioni  in materia di
indennita'  e  permessi  negli  enti  locali.  Modifiche  alla  legge
regionale   20 marzo   1951,   n. 29),  promosso  con  ordinanza  del
19 febbraio 2003 dal Tribunale di Termini Imerese, iscritta al n. 386
del  registro  ordinanze  2003  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto l'atto di intervento della Regione Siciliana;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 aprile 2004 il giudice
relatore Valerio Onida.
    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 19 febbraio 2003, pervenuta
a  questa Corte il 14 maggio 2003, il Tribunale di Termini Imerese ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
agli  artt. 3  e 51 della Costituzione, dell'art. 3 della legge della
Regione Siciliana 12 novembre 1996, n. 41, e dell'art. 12 della legge
della Regione Siciliana 20 giugno 1997, n. 19;
        che  la  controversia  introdotta  davanti  al  giudice a quo
riguarda  il  diritto di un assessore comunale di un comune di 28.000
abitanti a godere, nel periodo di tempo compreso fra il luglio 1995 e
il settembre 1997, del raddoppio dell'indennita' di carica in seguito
al suo collocamento in aspettativa non retribuita;
        che   la   prima   delle  disposizioni  impugnate  stabilisce
testualmente  che  «i  benefici  previsti dall'articolo 3 della legge
27 dicembre   1985,   n. 816,   recepita  dalla  legge  regionale  24
giugno 1986,  n. 31, sono estesi agli amministratori locali di comuni
con popolazione inferiore a 10.000 abitanti»;
        che  il richiamato art. 3 della legge statale n. 816 del 1985
(Aspettative,  permessi  e  indennita'  degli  amministratori locali)
prevede,  al  primo  comma,  che  ai  sindaci  di  tutti i comuni sia
corrisposta un'indennita' nei limiti previsti, per ciascuna classe di
popolazione  del  comune,  dalla tabella A allegata alla legge, e, al
secondo  comma,  che detti limiti «sono raddoppiati per i sindaci dei
comuni  con  popolazione  superiore  a  10.000  abitanti che svolgano
attivita'   lavorativa   non   dipendente  o  che,  quali  lavoratori
dipendenti, siano collocati in aspettativa non retribuita»;
        che  la  legge  n. 816  del  1985, ai sensi dell'art. 1 della
legge   regionale   siciliana 24   giugno 1986,   n. 31   (Norme  per
l'applicazione  nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985,
n. 816,   concernente   aspettative,   permessi  e  indennita'  degli
amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi per i
componenti  delle  commissioni  provinciali  di  controllo.  Norme in
materia  di  ineleggibilita'  e  incompatibilita'  per  i consiglieri
comunali,   provinciali   e  di  quartiere),  si  applica  anche  nel
territorio  della  regione, con alcune modifiche ed integrazioni, che
per  quanto  riguarda il contenuto del citato art. 3 si limitano alla
inclusione   nella  prima  fascia  di  comuni  di  tutti  quelli  con
popolazione fino a 5.000 abitanti, laddove la legge statale distingue
due fasce, con popolazione fino a 3.000 e fino a 5.000 abitanti;
        che  la  seconda  delle disposizioni impugnate dispone che «i
benefici  previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 27 dicembre 1985,
n. 816,  come recepiti dalla legge regionale 24 giugno 1986, n. 31, e
successive  modifiche  ed integrazioni, si possono applicare anche ai
presidenti  dei  consigli  comunali  ed agli assessori dei comuni con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti»;
        che  l'art. 4 della legge n. 816 del 1985 riguarda il diritto
dei  lavoratori dipendenti eletti, fra l'altro, nei consigli comunali
o  provinciali  e  nelle giunte municipali o provinciali di godere di
permessi retribuiti per l'espletamento del mandato;
        che  il  remittente interpreta l'art. 3 della legge regionale
n. 41 del 1996 nel senso che esso estenda anche agli assessori, e non
solo  ai  sindaci,  di  tutti  i  comuni con popolazione inferiore ai
10.000  abitanti  il beneficio del raddoppio dell'indennita' nel caso
siano  lavoratori  autonomi o dipendenti collocati in aspettativa non
retribuita;
        che,  secondo il giudice a quo, tale estensione del beneficio
del raddoppio agli assessori dei comuni con meno di 10.000 abitanti -
mentre  esso  e' previsto, dall'art. 5 della legge statale n. 816 del
1985,  applicato  anche in Sicilia, per gli assessori dei soli comuni
con  piu'  di  50.000  abitanti  - privilegia ingiustificatamente gli
assessori dei comuni minori rispetto a quelli di maggiori dimensioni,
cioe'  con  piu' di 10.000 ma meno di 50.000 abitanti, ai quali detto
beneficio non e' riconosciuto;
        che   pertanto  il  legislatore  regionale,  equiparando  gli
assessori  dei  soli comuni con meno di 10.000 abitanti a quelli (che
gia'  godevano del beneficio) dei comuni con piu' di 50.000 abitanti,
sarebbe  incorso in un vizio di eccesso di potere legislativo, per la
irragionevole  disparita'  di  trattamento fra gli amministratori dei
comuni  piu'  piccoli  e  quelli  degli  altri comuni con popolazione
inferiore  alla  soglia  di  50.000  abitanti  stabilita  dalla legge
statale, esclusi dal beneficio;
        che  la  norma impugnata contrasterebbe percio' con l'art. 3,
nonche'  con  l'art. 51 della Costituzione, posto che la possibilita'
di  usufruire  di detto beneficio costituisce una garanzia di accesso
alle   cariche  elettive  in  condizioni  di  eguaglianza,  cosi'  da
consentire   anche   ai   meno  abbienti  di  esercitare  il  diritto
all'elettorato passivo;
        che,  in  coerenza  con  la sua premessa interpretativa circa
l'art. 3  della legge regionale n. 41 del 1996, il remittente ritiene
che,  sul  punto  in questione, l'art. 12 della legge regionale n. 19
del 1997 sia «assolutamente irrilevante», in quanto avrebbe esteso il
medesimo   beneficio   agli  assessori  dei  comuni  con  popolazione
inferiore   a   5.000  abitanti,  gia'  ricompresi  nella  previsione
dell'art. 3  della  legge n. 41 del 1996 in quanto riferita ai comuni
con  meno  di  10.000  abitanti,  ma solleva la medesima questione di
legittimita'  costituzionale,  «conseguentemente»  e  per le medesime
ragioni,  anche  nei confronti di detto art. 12 della legge regionale
n. 19 del 1997;
        che  e'  intervenuto  il  Presidente della Regione Siciliana,
rappresentato  e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la
questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata;
        che,   ad   avviso  dell'interveniente,  la  censura  sarebbe
irrilevante,  sia  perche' gli artt. 3 e 5 della legge statale n. 816
del  1985,  nei  confronti  della  quale la legislazione regionale si
sarebbe  limitata  ad  un  recepimento,  conterrebbe  una  disciplina
completa  in  ordine  alle  indennita'  spettanti agli amministratori
locali,  cosi'  che  il  caso  proposto  nel  giudizio  a quo sarebbe
perfettamente  regolato  dal  combinato  disposto  delle norme appena
citate,  mentre  spetterebbe al giudice interpretare correttamente le
leggi  regionali  in riferimento a quella statale per giudicare sulla
domanda proposta, senza spazio per censure di livello costituzionale;
sia  perche',  in  ogni  caso,  posto  che la domanda dell'attore nel
giudizio  a quo si riferisce al periodo compreso fra il luglio 1995 e
il settembre  1997,  mentre le leggi impugnate sono entrate in vigore
rispettivamente il 27 novembre 1996 e il 21 giugno 1997, il beneficio
economico che potrebbe derivare dall'accoglimento della questione non
coprirebbe tutto il periodo cui si riferisce la controversia;
        che,  secondo  l'interveniente, la questione sarebbe comunque
manifestamente  infondata,  poiche' il legislatore statale, nella sua
discrezionalita', avrebbe ragionevolmente differenziato la disciplina
in  relazione  alla dimensione dei comuni sulla base della gravosita'
degli   oneri  derivanti  dall'«attivita'  lavorativa»,  che  sarebbe
maggiore  nel  caso dei comuni piu' grandi; l'ipotesi prospettata dal
giudice  a  quo  di  una estensione del beneficio, dai comuni sotto i
10.000  abitanti,  cui  fa  riferimento  la legge regionale n. 41 del
1996,  a  quelli  fra i 10.000 e i 50.000 abitanti, sarebbe del tutto
irragionevole,  poiche',  se  pure  l'ulteriore  differenziazione del
trattamento  economico  introdotta  dalla  legge  regionale non fosse
giustificata,  la  conformita'  a  Costituzione  non  potrebbe essere
ristabilita  estendendo  ulteriormente  tale previsione; in tal modo,
inoltre, si «appiattirebbe» del tutto la previsione di cui alla legge
statale,  che  verrebbe totalmente stravolta e vanificata, incorrendo
cosi'  in un eccesso di potere normativo, non rispettandosi «i limiti
disegnati dalla legge statale di riferimento»;
        che, sempre ad avviso dell'interveniente, le norme contestate
sarebbero  espressione  dell'ampia discrezionalita' da riconoscere in
materia al legislatore.
    Considerato che e' erronea la premessa da cui muove il remittente
quanto  all'interpretazione  dell'art. 3  della legge regionale n. 41
del 1996;
        che  tale  disposizione, infatti, nonostante l'ambiguita' del
riferimento agli «amministratori locali» (che non risulta, dai lavori
preparatori,   corrispondere   ad   una  scelta  consapevole,  mentre
l'analoga  disposizione  gia'  contenuta  nel progetto originario che
affrontava  la  materia era chiaramente rivolta solo ai sindaci: cfr.
art. 1   del   disegno  di  legge  regionale  n. 888,  presentato  il
15 dicembre  1994),  deve  intendersi  nel senso che l'estensione del
beneficio  del  raddoppio  dell'indennita',  che l'art. 3 della legge
statale  n. 816  del  1985 riconosceva solo ai sindaci dei comuni con
piu'  di  10.000  abitanti,  riguarda  i soli sindaci, e non gia' gli
assessori,  dei  comuni minori: come e' reso palese sia dal fatto che
il richiamato art. 3 della legge statale n. 816 del 1985 si riferisce
solo  ai  sindaci,  mentre gli assessori sono contemplati dall'art. 5
della stessa legge, sia dal riferimento al limite di 10.000 abitanti,
che   nella   normativa  statale  costituiva  la  soglia  minima  per
l'attribuzione  del  beneficio  del  raddoppio ai sindaci, mentre, ai
sensi  dell'art. 5, terzo, quinto e sesto comma, della legge statale,
analogo beneficio era riconosciuto solo agli assessori dei comuni con
piu' di 50.000 abitanti;
        che,  del  resto,  in  tal  senso  la disposizione era intesa
dall'assessorato  regionale agli enti locali della regione (circolare
n. 4  del  6 marzo  1997,  avente  ad oggetto «L.r. 12 novembre 1996,
n. 41, pubblicata nella GURS n. 56 del 16 novembre 1996»);
        che,  pertanto,  dall'art. 3  della legge regionale n. 41 del
1996  non  puo'  desumersi  una  disparita'  di  trattamento, che non
sussiste,  fra  assessori  dei  comuni  con meno di 10.000 abitanti e
assessori con un numero di abitanti compreso fra i 10.000 e i 50.000;
mentre  il mancato riconoscimento (risultante dall'art. 5 della legge
statale)  del beneficio in questione agli assessori di tutti i comuni
con meno di 50.000 abitanti rappresenta una scelta non irragionevole,
in  base  al  criterio,  seguito  sia  dal legislatore statale sia da
quello  regionale,  di  differenziare  le indennita' in rapporto alla
dimensione   demografica   del   comune,   indice  a  sua  volta  non
irragionevole  della  diversa  gravosita'  degli impegni propri degli
amministratori locali (cfr. sentenza n. 52 del 1997);
        che,  quanto all'art. 12 della legge regionale n. 19 del 1997
(peraltro  impugnato  dal  remittente  solo  «conseguentemente»  alle
censure   mosse   alla   precedente   disposizione,   senza  autonoma
motivazione,  e  considerato dallo stesso «irrilevante» ai fini della
questione   a   lui   sottoposta),   esso  non  puo',  a  sua  volta,
rappresentare  un  utile termine di confronto, una volta chiarito che
non   e'  meramente  ripetitivo,  sul  punto  in  questione,  di  una
disciplina  gia'  risultante  dall'art. 3 della legge regionale n. 41
del 1996, come invece ritiene il remittente;
        che,  infatti, la formulazione ancora una volta ambigua della
disposizione,  con  il generico riferimento agli articoli 3 e 4 della
legge   statale,   non  consente  di  farne  discendere  univocamente
l'estensione  ex  lege del beneficio del raddoppio agli assessori dei
comuni con meno di 5.000 abitanti, pur espressamente citati;
        che,  invero,  a  parte  la possibile erroneita' del richiamo
all'art. 3  (relativo all'indennita' dei sindaci) anziche' all'art. 5
(relativo alle indennita' degli assessori) della legge statale n. 816
del  1985  (a  quest'ultimo  articolo, infatti, si riferisce l'art. 6
della successiva legge regionale n. 4 del 1999, recante «Integrazione
del  fondo  per i comuni di cui all'articolo 11 della legge regionale
30 marzo   1998,   n. 5.   Realizzazione   di  progetti  di  utilita'
collettiva.  Disposizioni  finanziarie»  - peraltro non rilevante nel
giudizio   a   quo   -  nello  stabilire  che  «i  benefici  previsti
dall'articolo 5  della  legge 27 dicembre 1985, n. 816, come recepita
dalla  legge  regionale  24  giugno 1986,  n. 31,  sono  estesi  agli
assessori  dei  comuni  con popolazione superiore a 5.000 abitanti»),
sta  di  fatto  che,  in  base  alla  legge  statale,  sul  punto non
modificata  dalla  legge  regionale  n. 31  del  1986, nei comuni con
popolazione   inferiore   a   5.000  abitanti  non  era  prevista  la
corresponsione di alcuna indennita' in favore degli assessori;
        che  la  nuova  disposizione regionale puo' dunque intendersi
come  volta  a  rendere  possibile,  in  Sicilia,  la  corresponsione
dell'indennita'  anche  agli  assessori  (oltre che ai presidenti dei
consigli  comunali, parificati quanto a trattamento indennitario agli
assessori  dei  comuni  delle  stesse  classi  demografiche, ai sensi
dell'art. 8-bis  della  legge  regionale  n. 31  del  1986,  aggiunto
dall'art. 1  della  legge  regionale  n. 41 del 1996) dei comuni piu'
piccoli, esclusi da essa in base alla legge statale; mentre, se ci si
fosse  voluti  riferire al beneficio del raddoppio di tale indennita'
per   detti   assessori,   oltre  a  risultare  erroneo  il  richiamo
all'art. 3,   anziche'   all'art. 5,  della  legge  statale,  non  si
spiegherebbe  la  scelta  della  soglia  massima  di  5.000 abitanti,
laddove  secondo  la  normativa  statale,  gia'  applicata  anche  in
Sicilia, detto beneficio era riconosciuto solo nei comuni con piu' di
50.000 abitanti;
        che,   in   ogni  caso,  l'art. 12  in  esame  non  riconosce
senz'altro  agli  assessori  dei  comuni con meno di 5.000 abitanti i
benefici  in  esso richiamati, ma si limita a renderne possibile («si
possono  applicare»)  l'estensione:  il  che,  oltre  a  rendere piu'
plausibile  una  interpretazione  restrittiva  della  norma,  che  la
riferisca   solo   all'attribuzione  dell'indennita'  e  non  al  suo
raddoppio,  in  ordine  al  quale  non  avrebbe razionalita' una mera
facolta'  di attribuzione del beneficio rimessa alla discrezionalita'
degli  organi  comunali,  impedisce  ancora  una  volta  di riferirsi
utilmente  a tale norma come valido tertium comparationis; senza dire
che,  intendendo  la  norma nel senso ipotizzato dal remittente, essa
risulterebbe   contenere   una   previsione   eccezionale   ed   anzi
extravagante  - rispetto alla disciplina concernente gli assessori di
tutti  gli altri comuni con meno di 50.000 abitanti - della quale non
si  potrebbe  plausibilmente  chiedere  l'estensione (tanto meno alla
sola  fascia  di comuni compresi fra i 10.000 e i 50.000 abitanti, ai
quali  espressamente  si  riferisce il giudice a quo), e che, semmai,
apparirebbe  essa  stessa  affetta  da  seri  dubbi  di  legittimita'
costituzionale;
        che,  per  quanto  riguarda  in  particolare  la  censura  di
violazione  dell'art. 51  della  Costituzione,  quest'ultimo  -  come
questa  Corte ha gia' avuto occasione di affermare, anche proprio con
riguardo  all'art. 3,  secondo  comma,  della  legge n. 816 del 1985,
«come  recepito» in Sicilia dalla legge regionale n. 31 del 1986 - si
limita,  al  terzo comma, a garantire il diritto di chi e' chiamato a
funzioni   pubbliche  di  «disporre  del  tempo  necessario  al  loro
adempimento  e di conservare il suo posto di lavoro», restando per il
resto  «affidato  al  legislatore  di stabilire se il tempo impiegato
debba  essere  o  meno  compensato,  in  quale misura e se cio' debba
avvenire  a  carico  del  datore di lavoro ovvero della collettivita»
(sentenza n. 52 del 1997, e, gia' prima, sentenza n. 35 del 1981);
        che,   pertanto,   la   questione  si  palesa  manifestamente
infondata sotto tutti i profili.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3  della  legge della Regione
Siciliana 12 novembre   1996,   n. 41  (Disposizioni  in  materia  di
permessi,  indennita'  ed  incarichi  negli enti locali. Modifiche ed
integrazioni  alle  leggi regionali concernenti le elezioni di organi
degli  enti  locali, il comitato regionale di controllo, il personale
dell'amministrazione  regionale  e  degli enti locali. Abrogazione di
norme),   e  dell'art. 12  della  legge  della  Regione  Siciliana 20
giugno 1997,   n. 19   (Criteri  per  le  nomine  e  designazioni  di
competenza  regionale  di  cui  all'articolo 1  della legge regionale
28 marzo  1995,  n. 22.  Funzionamento della commissione paritetica -
articolo 43 dello Statuto Siciliano -. Prima applicazione della legge
23 ottobre  1992,  n. 421.  Disposizioni  in  materia di indennita' e
permessi  negli  enti locali. Modifiche alla legge regionale 20 marzo
1951,  n. 29),  sollevata,  in riferimento agli articoli 3 e 51 della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Termini Imerese con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                         Il redattore: Onida
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 maggio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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