N. 458 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 marzo 2004

Ordinanza  emessa  il  3 marzo  2004  dal  tribunale  di  Venezia nel
procedimento penale a carico di Paul Martin

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Contrasto  con  i  principi di ragionevolezza e di proporzionalita'
  delle misure sanzionatorie - Carenza del requisito della necessita'
  ed  urgenza  per  l'adozione  da parte della polizia giudiziaria di
  provvedimenti  provvisori  destinati  ad  incidere  sulla  liberta'
  personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.1001 del 3-6-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha   emesso  la  seguente  ordinanza  di  remissione  alla  Corte
costituzionale.
    Premesso  che  alle ore 9,10 del 3 marzo 2004 Paul Martin, nato a
Maurovia (Liberia) il 25 novembre 1980, sedicente, e' stato tratto in
arresto  per violazione dell'art. 14, comma 5-ter decreto legislativo
n. 286/1998  e  successive  modificazioni, essendosi trattenuto senza
giustificato  motivo  nel  territorio  dello  stato  in relazione del
provvedimento  di espulsione adottato nei suoi confronti dal questore
di  Treviso  in  data  18  agosto  2003,  notificatagli in pari data.
Accertato in Marghera il 3 marzo 2004;
        che  Paul  Martin, e' stato presentato in stato di arresto il
giorno  3  marzo 2004 davanti a questo giudice per la convalida ed il
contestuale   giudizio   direttissimo   a  norma  dell'art. 14  comma
5-quinquies decreto legislativo n. 286/1998;
        che successivamente all'interrogatorio dell'arrestato il p.m.
ha chiesto la convalida dell'arresto senza chiedere l'applicazione di
alcuna misura cautelare;
Osserva quanto segue:
    1.  - L'art. 14 comma 5-quinquies decreto legislativo n. 286/1998
e  succ.  mod., nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera
della  p.g.  per  il reato di cui l'art. 14 comma 5-ter legge cit. si
pone  in  violazione  dell'art.  13  comma  3,  Cost..  L'articolo in
questione,   dopo   aver  stabilito  che  la  liberta'  personale  e'
inviolabile  ed  aver  specificato  che  eventuali  restrizioni della
liberta'  in  questione  possano  essere  disposte  solo  in  base  a
previsione  di  legge e per atto motivato dell'autorita' giudiziaria,
prevede  al  comma  3  una  deroga  in  forza  della  quale  in  casi
eccezionali  di  necessita'  ed urgenza indicati tassativamente dalla
legge  e'  possibile  l'adozione di provvedimenti provvisori da parte
dell'autorita' di pubblica sicurezza.
    Orbene,    nel    nostro   ordinamento   processuale,   l'arresto
obbligatorio  e'  previsto  solo  per  reati connotati da particolare
gravita',  ossia  quelli  per  i  quali  la legge stabilisce la perla
dell'ergastolo  o  della reclusione non inferiore nel minimo a cinque
anni  e  nel  massimo a venti (art. 380 comma 1 c.p.p.) e nei casi di
flagranza  di  altri  reati specificamente indicati (art. 380 comma 2
c.p.p.),  individuati  dal  legislatore  in base alla legge delega 16
febbraio   1987   n. 81   che   prevedeva  di  contemplare  l'arresto
obbligatorio,  oltre  che  nelle  ipotesi  suddette, anche in caso di
flagranza  di  reati  puniti meno gravemente in relazione ai quali la
misura  fosse  pero'  imposta  da  speciali  esigenze di tutela della
collettivita',  trattandosi  di  fattispecie  connotate  comunque  da
particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme
sociale.  E' dunque evidente che in tali casi ricorrono i presupposti
della necessita' ed urgenza.
    Il  reato  di  cui  all'art. 14 comma 5-ter non rientra invece in
tale  categoria  di  reati:  lo  stesso legislatore ha infatti inteso
sanzionare  la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di
espulsione  emanato  dal  Questore  con  la pena detentiva meno grave
dell'arresto,    qualificando    la    fattispecie    come   semplice
contravvenzione.  Il  reato in esame non e' quindi tale da destare un
elevato   allarme   sociale,  tale  cioe'  da  giustificare  da  solo
l'adozione  immediata  di  un provvedimento limitativo della liberta'
personale.
    Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato
in  oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti
del  soggetto  agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo,
dunque,  l'arresto  viene snaturato della sua caratteristica saliente
di  misura  precautelare,  cioe' di strumento adottato dalla P.G. per
ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  in  funzione  della  successiva
applicazione  da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari
personali  privative  in tutto od in parte della liberta'. L'art. 121
disp.  att.  c.p.p.  stabilisce infatti che quando il p.m. ritiene di
non  dover  chiedere  al  giudice  l'applicazione di misura cautelare
coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del
fermato.  E'  evidente che tale norma deve trovare applicazione anche
nell'ipotesi  in  cui  il  reato  non consenta nemmeno in astratto di
poter emettere alcuna misura coercitiva.
    2. - Si osserva inoltre che non si vede sotto quale altro profilo
l'arresto  possa  assolvere una utile funzione, posto che il giudizio
direttissimo   non   e'   necessariamente  collegato  all'arresto  in
flagranza   e  non  presuppone  dunque  la  privazione  dello  status
libertatis.
    Appare   dunque   evidente  che  nel  caso  di  specie  l'arresto
obbligatorio  si  rivela essere misura irragionevole e sproporzionata
alla  fattispecie  di  reato  oggettivamente  considerata, quantomeno
prescindendo  a  priori  da  altri  elementi  soggettivi  relativi al
cittadino   extracomunitario   che   ne   giustifichino  in  concreto
l'adozione.
    Si  ritiene  pertanto  che  l'art. 14  comma  5-quinquies decreto
legislativo   n. 286/1998   norma  in  esame  sia  costituzionalmente
illegittima  nella  parte  in  cui  prevede l'arresto obbligato anche
sotto   il   profilo   del   canone   generale  di  ragionevolezza  e
proporzionalita' delle misure sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost.
    3.  -  Si  ritiene  pertanto di investire la Corte costituzionale
della  questione di legittimita' dell'art. 14 comma 5-quinquies legge
cit. per violazione degli artt. 3 e 13 comma 3 cost.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  del decidere nel presente
giudizio:  trattasi  di udienza di convalida, pertanto la liberazione
dell'arrestato  per  oggettiva  impossibilita'  di  emettere nei suoi
confronti  una  misura  cautelare coercitiva non esime questo ufficio
dalla  decisione  in  ordine  alla  legittimita'  o meno dell'arresto
operato  dalla  p.g.,  legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in
cui  venisse  dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in
base alla quale esso e' stato eseguito.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23  legge  11  marzo  1953  n. 87,  ritenuta la non
manifesta  infondate  della  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 14   comma  5-quinquies  decreto  legislativo  n. 286/1998,
introdotto dall'art. 13 comma 1 lett. b) legge 30 luglio 2002 n. 189;
    Ordina  l'immediata  trasmissione alla Corte costituzionale degli
atti del procedimento;
    Sospende  il  giudizio  in  corso  sino  all'esito  del  giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
    Manda  alla  Cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la comunicazione ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
        Venezia - Mestre, addi' 3 marzo 2004
                        Il giudice: De Curtis
04C0621