N. 149 ORDINANZA 13 - 25 maggio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Oggetto   del  giudizio  -  Riproduzione  della  norma  censurata  in
  disposizione di testo unico - Trasferimento della questione.
Impiego   pubblico   -   Dirigenza   -  Controversie  concernenti  il
  conferimento  degli incarichi dirigenziali - Devoluzione al giudice
  ordinario  anziche'  al giudice amministrativo - Assunta violazione
  dei  limiti contenuti nella legge delega, nonche' dei parametri che
  presiedono  ad  un ragionevole riparto di giurisdizione tra giudice
  ordinario  e  giudice  amministrativo  -  Carenza di motivazione in
  ordine alla rilevanza - Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.Lgs.   3 febbraio   1993,  n. 29,  art. 68,  comma 1,  nel  testo
  modificato   dall'art. 18   del  d.lgs.  29 ottobre  1998,  n. 387,
  sostituito dall'art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
- Costituzione, artt. 76, 77, 97, 103 e 113.
(GU n.1001 del 3-6-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 68, comma 1,
del  decreto  legislativo  3 febbraio  1993, n. 29 (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina  in  materia  di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2
della   legge   23 ottobre   1992,   n. 421),  nel  testo  modificato
dall'art. 18   del   decreto   legislativo  29 ottobre  1998,  n. 387
(Ulteriori   disposizioni   integrative   e  correttive  del  decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80), promosso con ordinanza del
16 gennaio  2001 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul
ricorso  proposto  da Tito Sano' contro il Ministero dell'ambiente ed
altri,  iscritta  al  n. 480 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 25, 1ª serie speciale,
dell'anno 2001.
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  Tito Sano' nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 24 marzo 2004 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza  emessa  in data 16 gennaio 2001, nel corso del giudizio di
impugnazione   della   delibera   del  Consiglio  di  amministrazione
dell'ANPA  - Associazione nazionale per la protezione dell'ambiente -
n. 430  del  18 dicembre  1998,  con  la  quale era stato conferito a
soggetto   esterno   all'amministrazione   l'incarico   di  dirigente
responsabile  del  Dipartimento  rischio  tecnologico  e naturale, ha
sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 68,
comma 1,    del    decreto   legislativo   3 febbraio   1993,   n. 29
(Razionalizzazione    dell'organizzazione    delle    amministrazioni
pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
impiego,   a  norma  dell'articolo 2  della  legge  23 ottobre  1992,
n. 421),  nel  testo  modificato dall'art. 18 del decreto legislativo
29 ottobre   1998,   n. 387  (Ulteriori  disposizioni  integrative  e
correttive   del   decreto  legislativo  3 febbraio  1993,  n. 29,  e
successive  modificazioni,  e  del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 80),   nella   parte  in  cui  devolve  al  giudice  ordinario  le
controversie  concernenti il conferimento e la revoca degli incarichi
dirigenziali a tempo determinato;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  detta  disciplina si
porrebbe  in  contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione, per
esorbitanza  dai  limiti  contenuti  nella  delega,  nonche'  con gli
artt. 97,  103 e 113 della Costituzione, per violazione dei parametri
preposti  ad  un  ragionevole  riparto  di  giurisdizione tra giudice
ordinario e giudice amministrativo;
        che,  sotto  il primo profilo, osserva il collegio rimettente
che  la  legge  delega  non  avrebbe  inteso  attribuire  al  giudice
ordinario la cognizione della fase relativa alla scelta discrezionale
del  dirigente, prodromica all'assegnazione dell'incarico: l'art. 11,
comma 4,  lettera g),  della  legge  15 marzo  1997, n. 59 (Delega al
Governo  per  il  conferimento  di funzioni e compiti alle regioni ed
enti  locali,  per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione  amministrativa),  attribuendo  al  giudice ordinario
tutte  le  controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti
delle   pubbliche   amministrazioni,  ancorche'  concernenti  in  via
incidentale   atti   amministrativi   presupposti,   ai   fini  della
disapplicazione,  avrebbe  infatti  inteso mantenersi nel solco della
tradizionale  ripartizione  di  competenze  tra  giudice  ordinario e
giudice amministrativo; sembrerebbe pertanto ragionevole ritenere che
l'oggetto  della  delega  sia  delimitato  ai  profili  organizzatori
«conseguenti   allo   specifico   rapporto  di  lavoro  in  atto  del
dirigente»,   con   la   conseguenza  che  il  legislatore  delegato,
attribuendo  al  giudice  ordinario  la  giurisdizione in ordine alla
predetta  fase,  con  consequenziale  possibilita'  di una conoscenza
diretta    del    provvedimento    amministrativo   di   conferimento
dell'incarico, avrebbe violato i limiti contenuti nella legge delega;
        che,  sotto il profilo relativo alla assunta violazione degli
artt. 97, 103 e 113 della Costituzione, il giudice rimettente osserva
che  dall'insieme  di  queste norme si dovrebbe ricavare la regola di
ragionevolezza  secondo  cui,  salve espresse deroghe legislative, al
giudice  amministrativo  debba  essere attribuita la cognizione degli
interessi  legittimi e al giudice ordinario la cognizione dei diritti
soggettivi:   al   primo  dovrebbe,  pertanto,  essere  demandata  la
cognizione  delle  situazioni  di  interesse  legittimo  connesse  al
provvedimento    amministrativo    di    conferimento   dell'incarico
dirigenziale,  essendo  il giudice amministrativo dotato di strumenti
piu'  adatti  a  sindacare i vizi funzionali dell'atto, attraverso il
ricorso  alle  figure sintomatiche dell'eccesso di potere, necessario
per  garantire  il  buon  andamento  dell'azione  amministrativa e il
perseguimento    dell'interesse    pubblico   sotteso   alla   scelte
discrezionali e alla selezione comparativa dei dirigenti piu' capaci;
        che   risulterebbe,  inoltre,  non  conforme  a  principi  di
ragionevolezza  e  coerenza  legislativa  mantenere  la dicotomia tra
pubblico   concorso   per   esami,   ritenuta   inerente  al  profilo
organizzativo  e in quanto tale assegnata alla cognizione del giudice
amministrativo,   e   conferimento   degli   incarichi  dirigenziali,
attribuiti  alla  cognizione  del  giudice  ordinario,  nonostante la
maggiore delicatezza della scelta amministrativa;
        che  si  e'  costituito  il  ricorrente  nel  giudizio  a quo
chiedendo  l'accoglimento  della  sollevata questione di legittimita'
costituzionale;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
deducendo  in  via preliminare l'inammissibilita' della questione per
carenza  di  motivazione  sulla rilevanza, in quanto il giudice a quo
non avrebbe considerato la specificita' del caso concreto relativo al
conferimento  - esclusivamente a mezzo di contratto - dell'incarico a
soggetto   esterno   all'amministrazione;  ed  inoltre  perche'  egli
sosterrebbe  la  mera  opportunita', e non l'esigenza costituzionale,
che  delle  controversie in materia di incarichi dirigenziali conosca
il giudice amministrativo anziche' il giudice ordinario;
        che  nel  merito la difesa erariale ha dedotto l'infondatezza
della  questione,  rilevando, quanto al denunciato eccesso di delega,
come  la norma di delega abbia devoluto all'autorita' giurisdizionale
ordinaria  tutte  le  controversie relative ai rapporti di lavoro dei
dipendenti  delle  pubbliche amministrazioni, superando il riparto di
giurisdizione fondato sulla distinzione tra materia contrattualizzata
e  materia  rimessa  alla  fonte pubblicistico-unilaterale, mentre la
giurisdizione  del  giudice amministrativo e' limitata esclusivamente
alla  materia  delle procedure concorsuali propriamente dette imposte
dalla legge per l'assunzione in ruolo;
        che,   in   ordine   alle   censure   di   incoerenza  e  non
ragionevolezza   delle   norme   impugnate,  la  difesa  erariale  ha
sottolineato  «l'assenza  di  vincoli costituzionali al riparto della
giurisdizione  ed  alla  strutturazione della tutela avanti a giudici
diversi»,   affermando   inoltre   che   la   scelta  legislativa  di
attribuzione   della  materia  in  esame  al  giudice  ordinario  non
realizzerebbe  un  deficit  di  tutela  degli  interessi  che  faccia
risultare  irragionevoli  le  disposizioni  impugnate,  in  quanto il
giudice   ordinario   potrebbe  adottare  tutti  i  provvedimenti  di
accertamento,  costitutivi  e  di condanna richiesti dalla natura dei
diritti tutelati;
        che  la  parte  privata costituita nel giudizio ha depositato
una memoria con la quale ha insistito nelle proprie conclusioni.
    Considerato  che  la  questione  sottoposta all'esame della Corte
concerne l'art. 68, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
n. 29  (Razionalizzazione  dell'organizzazione  delle amministrazioni
pubbliche  e  revisione  della  disciplina  in  materia  di  pubblico
impiego,   a  norma  dell'articolo 2  della  legge  23 ottobre  1992,
n. 421),  nel  testo  modificato dall'art. 18 del decreto legislativo
29 ottobre   1998,   n. 387  (Ulteriori  disposizioni  integrative  e
correttive   del   decreto  legislativo  3 febbraio  1993,  n. 29,  e
successive  modificazioni,  e  del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 80),  nella  parte  in  cui  ha  devoluto  al giudice ordinario le
controversie   concernenti   il  conferimento  (e  la  revoca)  degli
incarichi dirigenziali;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  tale disposizione si
porrebbe  in  contrasto con gli artt. 76 e 77 della Costituzione, per
violazione  dei  limiti contenuti nella legge delega, nonche' con gli
artt. 97,  103  e 113 della Costituzione per violazione dei parametri
che presiedono ad un ragionevole riparto di giurisdizione tra giudice
ordinario e giudice amministrativo;
        che  la  norma  censurata  dal  collegio  rimettente e' stata
riprodotta  nella  disposizione  dell'art. 63 del decreto legislativo
30 marzo  2001,  n. 165  (Norme  generali sull'ordinamento del lavoro
alle  dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni), cosicche', come
gia'  ritenuto  da  questa  Corte  -  a  partire dalla sentenza n. 84
del 1996, e, successivamente, tra le altre, dalle sentenze n. 454 del
1998  e  n. 376  del  2000,  e  dalla  ordinanza  n. 11 del 2002 - la
questione  di  legittimita' costituzionale deve intendersi trasferita
sulla citata disposizione del testo unico;
        che  deve preliminarmente rilevarsi che la peculiarita' della
fattispecie    caratterizzata    dal    conferimento    dell'incarico
dirigenziale    a    tempo    determinato    a    soggetto    esterno
all'amministrazione   -  ipotesi  nella  quale  mancava  pertanto  un
pregresso rapporto di lavoro dipendente con l'ente pubblico - avrebbe
dovuto indurre il giudice a quo a fornire una compiuta motivazione in
ordine alla ritenuta applicabilita' della norma in questione;
        che  tale  motivazione  era  tanto  piu' necessaria alla luce
della  opportunita', che lo stesso rimettente afferma, di una lettura
estensiva  del  comma 4  dell'art. 68  del d.lgs. n. 29 del 1993 - il
quale  prevede,  quali ipotesi residuali di giurisdizione del giudice
amministrativo nella materia del pubblico impiego, le controversie in
materia  di  procedure  concorsuali  per  l'assunzione dei dipendenti
delle  pubbliche  amministrazioni  -  in relazione alla necessita' di
considerare  rimesse  al  giudice  amministrativo le controversie che
attengono  all'assunzione  di  funzioni  pubbliche per le quali siano
prescritte  modalita'  concorsuali  di  accesso, nonche' le questioni
riconducibili alla violazione della predetta procedura;
        che,  al  riguardo,  il  collegio  rimettente  non ha fornito
alcuna   descrizione   delle   modalita'  della  procedura  selettiva
adottata,  nel  caso di specie, ai fini della scelta del soggetto cui
conferire  l'incarico,  neppure in ordine all'eventuale formazione di
una   graduatoria   di   merito   tra  i  candidati,  vincolante  per
l'amministrazione,  cosi'  da consentire l'individuazione di elementi
idonei  a  ricondurre la disciplina per il conferimento dell'incarico
nell'ambito  di  una procedura concorsuale, ancorche' atipica, ovvero
nell'ambito di una mera valutazione di idoneita';
        che  la  carenza  di  indagine  al  riguardo e la conseguente
omessa   valutazione   della  incidenza  degli  elementi  prospettati
sull'applicabilita' nella fattispecie della norma di cui si tratta si
traducono in una carenza motivazionale in ordine alla rilevanza della
questione,   e,   quindi,  in  un  assorbente  profilo  di  manifesta
inammissibilita' della stessa.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 68,  comma 1,  del  decreto
legislativo     3 febbraio     1993,     n. 29     (Razionalizzazione
dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina  in  materia  di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2
della   legge   23 ottobre   1992,   n. 421),  nel  testo  modificato
dall'art. 18   del   decreto   legislativo  29 ottobre  1998,  n. 387
(Ulteriori   disposizioni   integrative   e  correttive  del  decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e del
decreto   legislativo   31 marzo   1998,   n. 80),   ora   sostituito
dall'art. 63  del  decreto  legislativo  30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali  sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni),  sollevata,  in  riferimento agli artt. 76, 77, 97,
103  e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale
del Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 25 maggio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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