N. 492 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2003

Ordinanza  emessa  il  16  dicembre  2003 dal G.I.P. del Tribunale di
Verona sull'istanza proposta da Carrozzeria Rovere di Gini Mauro & C.
S.n.c.

Spese  di  giustizia  -  Procedimento  per la restituzione delle cose
  sequestrate  -  Nuova disciplina - Abrogazione degli artt. 264 cod.
  proc. pen. e 84 disp. att. cod. proc. pen. - Eccesso di delega.
- D.P.R.  30 maggio 2002, n. 115, art. 299, nella parte in cui abroga
  gli artt. 264 cod. proc. pen. e 84 disp. att. cod. proc. pen.
- Costituzione, art. 77, primo comma.
(GU n.23 del 16-6-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Decidendo  sulla  richiesta di locazione di compensi avanzata dal
custode del ciclomotore tg. 6R3V2, a lui a suo tempo affidato perche'
in  sequestro  per ragioni di giustizia penale, ha emesso la seguente
ordinanza.
    In data 23 ottobre 2002 l'avente diritto Attena Roberto ricevette
notifica  del  decreto  con  cui in data 9 ottobre 1962 il p.m. aveva
disposto  in suo favore la restituzione del ciclomotore in sequestro;
il   22  novembre  2002  il  p.m.  emetteva  altro  provvedimento  di
restituzione del medesimo bene, questa volta in favore dell'indagato,
ritenuto  evidentemente  acquirente  in buona fede, nei cui confronti
richiedeva quindi in data 26 febbraio 2003 archiviazione, concessa da
questo g.i.p. con decreto 11 aprile 2003.
    In  data  4  agosto  2003  questo  giudice, avendo la cancelleria
segnalato  che  il  p.m.  mai vi aveva provveduto, emetteva quindi il
provvedimento  di  cui  all'art.  151  d.P.R. n. 115/2002, disponendo
altresi'  la  vendita  del  veicolo  o  la sua distruzione in caso di
diseconomicita' della vendita.
    Il  14 novembre  2003  la  competente  cancelleria ricevuta stima
negativa  dal  perito dell'IGV, chiedeva al custode di procedere alla
demolizione del veicolo.
    In data 1° dicemnbre 2003 (con atto pervenuto il 2 dicembre 2003)
il   custode   ha  quindi  richiesto  la  liquidazione  dei  compensi
spettantigli,  computati  a  far  data  dal  21  settembre 2002 al 13
gennaio 2003.
    Come  e'  evidente,  il  custode  chiede  quindi  che  gli  venga
liquidato  il compenso anche per i periodi dal 23 novembre 2002 al 13
novembre 2003, quindi posteriori al trentesimo giorno successivo alla
notifica  del  provvedimento di restituzione all'interessato: periodo
per  il quale, a mente dell'art. 84 disp. att. c.p.p., il compenso al
custode sarebbe invece a carico dell'avente diritto alla restituzione
del  bene,  sicche'  a  carico dello Stato si sarebbe dovuto porre il
compenso  del custode solo per il periodo dal 21 settembre 2002 al 22
ottobre 2002.
    Come  e'  noto,  l'art. 84  disp.  att.  c.p.p. e' stato abrogato
dall'art.   299   del   d.P.R.  n. 115/2002;  ma  della  legittimita'
costituzionale di tale norma abrogatrice fortemente si dubita, atteso
che  la  stessa  appare essere stata emanata al di fuori della delega
concessa al Governo.
    Con  sentenza  n. 212/03,  la  Corte costituzionale ha gia' avuto
modo  di  rilevare  la  fondatezza  di  questioni di legittimita' del
predetto  d.P.R.,  ed  in  particolare  dell'art. 299, per eccesso di
delega;  e questo giudice ritiene che analoghe censure possano essere
mosse  al predetto art. 299 anche nella parte in cui abroga l'art. 84
disp.  att.  c.p.p.  (nonche'  alle  disposizioni,  poi confluite nel
citato  testo  unico,  nella parte in cui innovano il procedimento di
restituzione  delle  cose  in  sequestro  ben oltre le necessita' dei
principi  di semplificazione posti dalla legge delega, ed addirittura
in   contrasto  con  detti  principi:  tale  ultima  questione,  gia'
sollevata  da  altro  magistrato  di  questo  ufficio con ordinanza 3
settembre  2003,  pur  se  di  non  immediata rilevanza ai fini della
decisione,  lo  e'  senz'altro in via indiretta ma necessaria, atteso
che  l'abrogazione  dell'art. 84 disp. att. c.p.p. appare porsi quale
conseguenza   delle   scelte   normative  operate  con  l'abrogazione
dell'art.  264 e sua sostituzione con le norme di cui agli artt. 149,
150, 151 e 154 d.P.R. n. 115/2002).
    Come  osservato gia' dalla Corte costituzionale con la richiamata
sentenza,  il governo ha emanato il d.P.R. n. 113/2002, confluito poi
(unitamente al d.P.R. n. 114/2002, attenente alle norme regolamentari
oggetto  della  delega)  nel  d.P.R.  n. 115/2002  (al cui articolato
pertanto  per  comodita'  epositiva si fara' costante riferimento) in
forza  della  legge  delega  n. 50/99,  la quale (art. 1) affidava al
Governo  il  potere  di  emanare  «regolamenti ai sensi dell'art. 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la delegificazione e
la  semplificazione  dei  procedimenti  amministrativi  di  cui  agli
allegati  1  e  2  della  presente  legge»;  l'allegato 1 della legge
ricomprendeva  tra  i  suddetti  procedimenti  oggetto  di  delega di
delegificazione e semplificazione, al punto 9), quelli di «gestione e
alienazione  dei  beni  sequestrati e confiscati; norme approvate con
decreto  legislativo 28 luglio 1989, n. 271». L'art. 7 della medesima
legge  n. 50/1999, prevedeva inoltre che l'esecutivo procedesse ad un
programma  di  riordino  delle  norme  legislative  e  regolamentari,
mediante  l'emanazione  di  testi unici riguardanti materie e settori
omogenei,  comprendenti,  in  un  unico  contesto  e con le opportune
edvidenziazioni,   le   disposizioni   legislative  e  regolamentari,
attenendosi  tra  l'altro  al  principio  direttivo  (lett.  d)  «del
ccordinamento   formale   del   testo   delle  disposizioni  vigenti,
apportando,   nei   limiti   di  detto  coordinamento,  le  modifiche
necessarie  per  garantire  la  coerenza  logica  e sistematica della
normativa  anche  al  fine  di  adeguare e semplificare il linguaggio
normativo».
    L'art. 7 predetto e' stato successivamente abrogato dall'articolo
23  della  legge  29 luglio 2003, n. 229; tale abrogazione, tuttavia,
non appare idoneo ad esplicare alcuna efficacia sulla rilevanza della
questione, atteso che in forza della norma ora abrogata comunque sono
state emanate le norme della cui legittimita' si dubita, ed in ordine
alla cui vigenza la su richiamata norma abrogatrice nessuna efficacia
esplica.
    Una piu' puntuale ricognizione del sistema delle fonti non appare
affatto   superflua   ai   fini  delle  valutazioni  in  ordine  alla
conformita'  della  disciplina  riversata  nel  d.P.R.  n. 115/02  ai
principi  della legge delega e, quindi, al disposto degli articoli 76
e  77  Cost.;  per  la  sua chiarezza ed esaustivita', si riporta qui
quanto  gia'  rilevato,  con la citata ordinanza 3 settembre 2003, da
altro  magistrato  di  questo  stesso  ufficio, qui omettendosi tutte
quelle  argomentazioni  che, pur condivisibili, non sono di immediata
rilevanza  ai  fini  della  questione  che  con la presente ordinanza
intende sollevare:
    «L'art. 7  della  legge  8  marzo  1999, n. 50, nella sua stesura
originaria,  prevedeva  che  in alcune materie determinate il Governo
dovesse  procedere  ad  un  riordino  "mediante l'emanazione di resti
unici  riguardanti  niarerie  e settori omogenei, comprendenti, in un
unico  contesto  e  con  le opportune evidenziazioni, le disposizioni
legislative  e  regolamentari"  e  allo  scopo  dettava  uno serie di
criteri   e  principi  direttivi  per  guidare  questa  attivita'  di
semplificazione normativa.
    Con  l'art. 1  della  legge 24 novembre 2000, n. 340, l'art. 7 in
questione  e'  stato  mutato,  per  la  parte  che ora qui interessa,
attraverso  la previsione che ciascun testo unico dovesse comprendere
le   disposizioni  contenute  in  un  decreto  legislativo  e  in  un
regolamento  che il Governo avrebbe dovuto emanare ai sensi dell'art.
14  e  dell'art. 17,  comma  2,  della  legge 23 agosto 1988, n. 400,
attenendosi  ai  criteri  e  principi  direttivi dettati dallo stesso
art. 7, legge n. 50/1999.
    In  forza  di  questa  modifica  il  legislatore ha dunque inteso
rendere  maggiormente evidente che l'intervento di riordino normativo
rimesso  all'esecutivo  non implicava una mera attivita' ricognitiva,
secondo  lo  schema  dei  T. U.  cd  compilativi, ma di una attivita'
innovativa  del  tessuto  normativo  preesistente:  a  questo  scopo,
infatti,  risponde  la  previsione che prima siano emanati un decreto
legislativo  ai  sensi  dell'art. 14 della legge n. 400 del 1980 e un
regolamento dell'art. 17, comma 2, della stessa legge e solo dopo che
i due testi siano raccolti in un ulteriore T.U. emanato, in forza del
comma  4  dell'art. 7  della  legge  50  del  1999,  con  decreto del
Presidente  della  Repubblica.  Il  decreto  legislativo e', infatti,
espressione dell'esercizio di una potesta' legislativa delegata.
    Esattamente,   quindi,   il  fondamento  del  potere  legislativo
esercitato  deve  essere rinvenuto in una delega, come indicato nelle
stesse  premesse al d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113 (riportate per vero
integralmente  anche nel d.P.R. n. 115/2002), che indica la fonte del
potere   normativo   esercitato   dal   Governo  nell'art.  76  della
Costituzione,  ed  esattamente  nella  delega  costituita dall'art. 7
della  legge  8  marzo  1999,  n. 50,  come  modificato  dall'art. 1,
comma 6,  lettere  d) ed e), come pure indicato nelle stesse premesse
al d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
    Per  vero,  pero', parrebbe doversi concludere che tale capacita'
di  innovazione  del  sistema  normativo  competa unicamente al testo
approvato  con  decreto  legislativo  e  non al testo unico che ne e'
seguito,   di   raccolta  delle  disposizioni  del  predetto  decreto
legislativo e del regolamento contestualmente adottato.
    Questa notazione e' indispensabile per porre un primo dato di una
qualche affidabilita', nel senso che il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
e'  un  mero  testo  unico  di  natura  c.d. "compilativa", che cioe'
raccoglie  le  varie disposizioni che regolano la materia delle spese
di  giustizia  e  piu'  precisamente raccoglie le norme del d.lgs. 30
maggio  2002,  n. 113,  testo unico delle disposizioni legislative in
materia  di  spese di giustizia e le norme di altro provvedimento, il
n. 114,  adottato  con d.P.R. emanato ai sensi dell'art. 17, comma 2,
della  legge  n. 400  del  1988,  che contiene le norme regolamentari
relative alla medesima materia.
    Quel  che  ne  consegue  e' che il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
nella  parte  in  cui  contenesse  disposizioni  di rango legislativo
contrastanti  o  diverse  dalle  disposizioni  di  rango  legislativo
preesistenti    alla    propria   adozione   andrebbe   semplicemente
disapplicato, nel senso che la collocazione subordinata di quel testo
nel  sistema  delle  fonti  imporrebbe  in  ogni caso di applicare la
disposizione  di  legge  preesistenti ad esso, perche' non avrebbe la
forza necessaria ad abrogarle.
    Con   l'ovvia   accortezza   di  rilevare  che  per  disposizioni
preesistenti  si  deve  intendere  quelle  del  d.lgs. 30 maggio 2002
n. 113,  il quale, al contrario, non puo' essere considerato un testo
unico di natura meramente compilativa, essendo stato emanato in forza
di  una  legge  delega,  qual'e',  per quel che si e' detto, la legge
n. 50 del 1999.
    Stando  cosi'  le  cose e', dunque, rispetto a quest'ultimo testo
che dovra' essere valutata la sua conformita' alla legge delega.
                         ..... Omissis .....
    La ricostruzione della disciplina non e' del tutto semplice.
    Di nuovo, il punto di riferimento e' il citato art. 7 della legge
n. 50/1999,  come  modificato  dall'art.  1,  legge  n. 340/2000, che
prevede  la  possibilita'  per il Governo di effettuare interventi di
riordino  tramite la procedura che si e' sopra descritta e culminanti
con l'adozione di Testi unici in relazione "alle materie elencate:
        a)  nell'articolo  4, comma 4, e nell'articolo 20 della legge
15  marzo  1997,  n. 59, e successive modificazioni e nelle norme che
dispongono  la  delegificazione  della materia ai sensi dell'art. 17,
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
        b) nelle leggi annuali di semplificazione;
        c) omissis;
        d) omissis;
        e) omissis;
        f) omissis;
        f-bis)  da  ogni  altra disposizione che preveda la redazione
dei testi unici".
    Questa  modalita' di indicazione delle materie oggetto di delega,
con  rinvio  ad  una  pluralita'  di  fonti esterne alla legge delega
medesima,  lascia ampiamente dubbiosi di una conformita' al requisito
posto  dall'art. 76  Cost.,  che  vorrebbe  una delega conferita "per
oggetti definiti".
    Tanto  piu' quando si rinviene nel rinvio il richiamo a norme che
non contengono elenchi di materie, qual e' in particolare il richiamo
sub  a) a norme indicate "nell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997,
n. 59"»;
    Con  riferimento  a  quanto  e' rilevante ai fini della decisione
sulla  determinazione  del  quantum dovuto al custode, tuttavia, cio'
che  primariamente  rileva non e' tanto il problema della conformita'
della  legge  delega ai criteri di specificita' imposti dall'art. 76,
comma  1,  Cost.,  quanto  la  conformita'  delle norme confluite nel
d.P.R.  n. 115/2002, ed in particolare nell'art. 299 di detto d.P.R.,
con  la legge delega stessa, e quindi la conformita' della menzionata
norma ai principi di cui all'art. 77, comma 1, Cost.
    Come  infatti  ebbe  a ritenere il g.i.p. del Tribunale di Verona
con la richiamata ordinanza 3 settembre 2003:
    «D'altra  parte,  la delega ha ad oggetto ka sika semplificazione
dei  procedimenti  come  recita  esaustivamente  anche  il titolo del
citato  allegato  1  alla  legge  n. 50/1999,  per cui esattamente il
legislatore   delegante   ha  individuato  le  sole  norme  di  rango
procedimentale  non gia' anche quelle, collocate nel corpo del codice
di rito, che incidono anche su aspetti di portata sostanziale.
    Infine, siccome, come si vedra' infra, solo nel testo delle norme
precedenti e' possibile trovare la definizione oggettiva dei principi
e  criteri  direttivi della delega le norme medesime non potevano che
essere solo quelle positivamente indicate nella delega».
    Come  ebbe pertanto a ritenere il g.i.p. del Tribunale di Verona,
in  persona  di  altro  magistrato,  con la ricordata ordinanza del 3
settembre 2003:
    «l'unico  criterio  capace  di  definire  l'ambito entro cui deve
muoversi il legislatore delegato e' quello di cui alla lettera d), la
quale  prevede la possibilita' di un "coordinamento formale del testo
delle   disposizioni   vigenti,   apportando,  nei  limiti  di  detto
coordinamento,  le  modifiche  necessarie  per  garantire la coerenza
logica  e  sistematica  della  normativa  anche al fine di adeguare e
semplificare il linguaggio normativo".
    Questo  criterio  e'  fondamentale perche' mostra - e conferma il
contesto  normativo  in  cui la delega e' inserita - che quest'ultima
non  e'  una  delega  a  riformare  le diverse materie individuate (o
magari addirittura quelle affini o connesse), ma e' semplicemente una
delega  a realizzare Testi unici delle disposizioni gia' vigenti, con
la sola facolta' aggiuntiva, che attribuisce al processo normativo il
rango  di  fonte legislativa primaria (che per l'appunto richiede una
delega  e  che la si attui con decreti legislativi), costituito dalla
possibilita'  di  modificare  le  disposizioni  vigenti,  ma solo per
apportare le "modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e
sistematica   della   normativa",   anche   al  fine  di  adeguare  e
semplificare il linguaggio normativo, nell'ambito di un coordinamento
formale del testo.
    Questa  precisa delimitazione dell'oggetto del potere legislativo
attribuito  al  legislatore  delegato  spiega  l'assenza di criteri e
principi direttivi sull'oggetto delle materie delegate, come vorrebbe
l'art.  76  Cost.,  perche'  le  strutture portanti che la disciplina
della  materia  gia'  possiede  non possono essere modificate, mentre
oggetto  di modifica possono essere solo quegli aspetti che servono a
semplificare   il   linguaggio   o  a  garantire  coerenza  logica  e
sistematica alla normativa».
    Orbene, a parere dello scrivente, l'abolizione dell'art. 84 disp.
att.  non  appare  affatto conferente a necessita' di semplificazione
ne'  di  mera  armonizzazione della disciplina innovata in attuazione
(in  ipotesi,  legittima)  della  richiamata legge delega; cosi' come
l'intero  procedimento  delineato  dall'artt. 151 e 154, orfano delle
norme  di cui all'art. 264 c.p.p., a sua volta abrogato dall'art. 299
del  citato  d.P.R.  n. 115/2002, appare tutt'altro che semplificato,
introducendo  anzi  una  moltiplicazione  degli adempimenti e ponendo
altresi'  problemi  quasi  insormontabili nei non infrequenti casi in
cui  non  sia  nota - per ragioni differenti dalla controversia sulla
titolarita'   del  diritto -  l'identita'  dell'avente  diritto  alla
restituzione.
    Sebbene  tale  ultima questione possa apparire non immediatamente
rilevante   ai  fini  della  decisione  in  ordine  alla  istanza  di
liquidazione  del  compenso  al  custode,  cio' si e' tuttavia inteso
rilevare  al  fine  di  meglio lumeggiare il carattere apparentemente
semplicistico piu' che semplificatorio della «riorganizzazione» della
normativa  operata  con  i  provvedimenti  governativi che hanno dato
esecuzione   alla   ricordata  delega,  ed  in  quanto  l'abrogazione
dell'art. 84 disp. att. c.p.p. e' verosimilmente il frutto di una non
condivisibile,  perche'  superficiale  ed  affrettata, valutazione di
superfluita'  della  norma  nel  contesto  del procedimento delineato
dagli artt. 151 e 154 del citato d.P.R. n. 115/2002.
    In  verita',  semplificare  non vuol dire semplicemente diminuire
gli  adempimenti,  o  renderli  piu'  agevoli e chiari; a prescindere
dall'osservazione che il procedimento delineato dagli artt. 151 e 154
del   predetto   d.P.R.   nemmeno   assolve  alle  siffatte  esigenze
(prevedendo anzi la necessita' di una pluralita' di atti decisori del
giudice,  da  notificarsi  tutti  agli interessati, secondo cadenze e
scansioni  temporali  per  cui alla mancata notifica di un atto della
serie   procedimentale   consegue   l'impossibilita'  di  adottare  i
susseguenti), appare indubbio che semplificare voglia dire giungere a
delineare  una  disciplina  che,  sebbene  piu'  gestibile  ed  agile
rispetto a quella previgente, sia tuttavia adatta a salvaguardare con
la  stessa  efficacia  le  medesime  esigenze cui era preposta quella
inizialmente vigente.
    Se  ogni  norma  -  sostanziale  o  procedimentale  -  risolve un
possibile  conflitto  tra  esigenze diverse, determinando quale debba
essere  il  punto  di  equilibrio  o  componimento delle stesse, deve
ritenersi che una delega che attribuisca all'esecutivo solo il potere
di  semplificare le disposizioni previgenti ed armonizzarle tra loro,
non attribuisca al delegato anche il potere di innovare in materia di
componimento    ed    equilibrio   degli   interessi   potenzialmente
contrastanti, in ordine ai quali provvedeva la norma da semplificare.
    La   disciplina  introdotta  dall'art.  299  del  citato  d.P.R.,
mediante  abrogazione  dell'art. 84 disp. att. c.p.p. e dell'art. 264
c.p.p.  appare  invece  non  solo  inutilmente  farraginosa, ma anche
inadeguata  a  tutelare le ragioni economiche dello Stato nel caso in
cui,   eseguita   la   notifica  del  provvedimento  di  restituzione
all'interessato,  per  qualsiasi ragione (non escluse quelle relative
ai  carichi  di lavoro) passino piu' di trenta giorni tra la suddetta
notifica  ed  il  provvedimento  che  dispone la vendita di quanto in
sequestro.  Nel caso in oggetto, ad esempio, il ritardo e' conseguito
anche a causa del passaggio del fascicolo dall'ufficio del magistrato
che  ha  emesso  il provvedimento di restituzione di cui all'art. 150
d.P.R.  n. 115/2002 a quello di altro magistrato chiamato a decidere,
senza  prefissazione  di  termini  particolari, sulla sola istanza di
archiviazione avanzata dal p.m. e ignaro dell'esistenza in atti di un
provvedimento  -  non  evidenziato  - di restituzione non seguito dai
successivi adempimenti di cui all'art. 151 d.P.R. n. 115/2002.
    Poiche'  la norma interviene a disciplinare l'esistente, non puo'
e  non  deve ignorare - specie se trattasi di norma delegata con meri
compiti  di  semplificazione  e  riorganizzazione  -  che,  al di la'
dell'esistenza  di  termini genericamente assegnati al giudice per la
decisione  sulle istanze di parte (ipotizzando che anche la richiesta
di  archiviazione  rientri tra le istanze in ordine alle quali l'art.
121,  comma  2  c.p.p.  assegna  un  termine  di  gg.  15), la natura
meramente  ordinatoria  degli  stessi  fa  si'  che,  in relazione ai
carichi  di  lavoro  propri  di  taluni  uffici (ed in particolare di
quelli  del  g.i.p.,  ad  ogni magistrato del cui ufficio mensilmente
pervengono  alcune  centinaia  di richieste di archiviazione, oltre a
tutte le altre diverse decine di richieste in tema di decreti penali,
provvedimenti   cautelari  personali  e  reali,  rinvii  a  giudizio,
incidenti probatori ecc.) sia assolutamente normale che passi qualche
mese  tra  l'istanza - non relativa a materia urgente - e l'esame del
fascicolo cui la stessa inerisce, e sua decisione.
    Sicche'   deve  conclusivamente  osservarsi  come  la  «organica»
operazione   di   «semplificazione»   normativa  operata  dal  d.P.R.
n. 115/2002  appaia  aver  ecceduto  dai limiti impliciti all'atto di
delega,  modificando  la  preesistente  normativa oltre le necessita'
proprie  della  semplificazione  (ed  addirittura in contrasto con la
stessa,   come   si   e  osservato),  e  senza  che  possa  ritenersi
(richiamando  le  difese svolte dall'Avvocatura dello Stato davanti a
codesta  eccellentissima  Corte  costituzionale  in  analoghe  cause)
sussistere  quel  «naturale  rapporto  di  «riempimento» che leghi la
norma  delegata  a quella delegante, alla luce della ratio che ispira
quest'ultima»  idoneo  a far ritenere che «il silenzio della legge di
delegazione  non  osterebbe all'emanazione di norme che rappresentino
un  coerente  sviluppo  e  completamento  della  scelta  espressa dal
legislatore delegante e delle ragioni ad essa sottese».
    Gia'  si  e'  detto  della  rilevanza  della  questione, e qui si
ripete,   atteso  che,  in  mancanza  della  abrogata  norma  di  cui
all'art. 84  disp.  att.  c.p.p., il compenso spettante al custode e'
interamente a carico dello Stato.
                              P. Q. M.
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
illegittimita'  costituzionale  dell'art.  299 del d.P.R. n. 115/2002
nella  parte  in  cui  abroga  gli  artt.  264 c.p.p. e 84 disp. att.
c.p.p., per contrasto con l'art. 77, comma 1 della Costituzione.
    Dispone   notificarsi  la  presente  ordinanza  alle  parti  (ivi
compreso  l'istante)  ed  al  Presidente  del Consiglio dei ministri,
nonche' darsene comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato della Repubblica.
    Manda  alla  cancelleria  per  gli adempimenti e comunicazioni di
rito.
        Verona, addi' 15 dicembre 2003
                         Il giudice: Sernia
04C0665