N. 522 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 2004
Ordinanza emessa il 26 marzo 2004 dal tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da Di Bartolomeo Anna contro Azienda Ospedaliera «S. Maria della Misericordia» di Udine Giustizia amministrativa - Azione del pubblico dipendente nei confronti della pubblica amministrazione a tutela di diritti soggettivi - Termine di decadenza del 15 settembre 2000 per deposito del ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale cui e' riservata la giurisdizione (poi attribuita al giudice ordinario) per i diritti sorti anteriormente alla data del 30 giugno 1998 - Conseguente riduzione dei termini prescrizionali ordinari - Incidenza sul diritto di azione non esercitabile davanti al giudice amministrativo per effetto del termine decadenziale e neppure dinanzi al giudice ordinario, privo di giurisdizione per le fattispecie formatesi in data anteriore al 30 giugno 1998 - Eccesso di delega - Riproposizione di questione gia' oggetto dell'ordinanza della Corte n. 184/2002, di manifesta inammissibilita' per difetto di adeguata motivazione sulla perdurante rilevanza. - D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7. - Costituzione, artt. 3, 24, 76, 77, primo comma.(GU n.23 del 16-6-2004 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 627/2000 proposto da Di Bartolomeo Anna, rappresentata e difesa dall'avv. Luciano Di Pasquale, con domicilio eletto presso l'avv. Giovanni Borgna in Trieste, via S. Nicolo' n. 21, come da mandato a margine del ricorso; Contro l'Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia di Udine, in persona del Direttore generale in carica, anche quale successore dell'U.S.L. n. 7 - Udinese, rappresentata e difesa originariamente dagli avv.ti Bruno Barel e Sergio Grillone, con domicilio eletto presso l'avv. Giuseppe Sbisa' in Trieste, via di S. Francesco 11, come da decreto direttoriale n. 895 del 20 settembre 2000 e da mandato a margine dell'atto di costituzione e quindi, in base a nuovo mandato e a relativo atto di costituzione, dagli avv.ti Marco Marpillero e Alfredo Antonini, con domicilio eletto presso il secondo in Trieste, via del Lazzaretto Vecchio n. 2; per l'accertamento in via principale del diritto alla restituito in integrum, con l'obbligo di corresponsione di tutti gli emolumenti dovutile dal 18 novembre 1987 al 3 dicembre 1997, con ricostruzione del rapporto in base alla normativa succedutasi nel tempo e, da ultimo, in base al C.C.N.L. vigente al momento della cessazione del rapporto, dell'indennita' di buonuscita, con conseguente regolarizzazione contributiva, con condanna a corrispondere le somme dovute, con gli accessori di legge; in via subordinata del diritto a vedersi corrispondere le medesime somme a titolo di risarcimento del danno in forma specifica; In via ulteriormente subordinata e allo stesso titolo, del diritto al risarcimento del danno per equivalente, nel medesimo ammontare o in quello giudicato equo dal giudice; Infine del diritto al risarcimento di ogni altro danno (perdita di chance, compromissione dell'immagine professionale ecc.) conseguente ai fatti di causa nell'ammontare ritenuto equo dal giudice. Visto il ricorso, notificato il 13 settembre 2000 e depositato il 10 ottobre 2000 presso la Segreteria generale con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Vista l'ordinanza di questo Tribunale amministrativo regionale n. 107 del 31 agosto 2001 di sospensione del giudizio e di rimessione degli atti alla Corte costituzionale; Vista l'ordinanza della medesima Corte n. 184 del 10 maggio 2002 di manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata; Visti gli atti tutti di causa; Data per letta alla pubblica udienza del 19 marzo 2003 la relazione del consigliere Enzo Di Sciascio ed uditi altresi' i difensori delle parti costituite; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o Deve essere premesso che la ricorrente ha a suo tempo rappresentato a questo Tribunale amministrativo regionale di aver prestato servizio come medico presso l'U.S.L. n. 7 - Udinese dal 1972, di essere rimasta assente dal servizio per motivo di salute in periodi degli anni 1986 e 1987 e di aver ripreso servizio il 4 maggio 1987, dopo aver superato la visita per la verifica dell'idoneita' al servizio, avendo il Presidente disposto la sua assegnazione al Centro Immunotrasfusionale. Peraltro il 16 maggio 1987 e' stata collocata in aspettativa senza assegni e quindi, in data 30 dicembre 1987 e' stata disposta la sua dispensa dal servizio per inidoneita' fisica a far data dal precedente 18 novembre. Il provvedimento e' stato impugnato dinanzi all'adito Tribunale amministrativo regionale, che l'ha annullato con sentenza n. 222/1993. L'annullamento della dispensa avrebbe comportato la permanenza del rapporto di impiego della ricorrente con l'U.S.L., ma, nonostante il passaggio in giudicato della sentenza, questa ha continuato a tenerla senza affidarle alcun lavoro. L'ha quindi sottoposta, in seguito a sua richiesta di riprendere servizio, in data 4 novembre 1994 a nuova visita medica per l'accertamento dell'idoneita'. Non essendosi la Di Bartolomeo presentata fu iniziato nei suoi confronti un procedimento disciplinare, poi abbandonato. L'Azienda sanitaria intimata, succeduta all'U.S.L., l'invito' a nuova visita in data 4 dicembre 1995. Non essendosi la ricorrente nuovamente presentata fu iniziato procedimento disciplinare che, senza tener conto delle sue giustificazioni, si e' concluso con la destituzione dall'impiego con effetto retroattivo e senza retribuzione. In seguito a ricorso dell'interessata l'adito Tribunale amministrativo regionale, con sentenza n. 770 del 4 novembre 1997, ha provveduto all'annullamento degli atti impugnati. Nemmeno avverso questa pronunzia e' stato proposto appello. Il 2 dicembre 1997 la ricorrente ha presentato le dimissioni dal servizio, accolte, con conseguente cessazione consensuale del rapporto di lavoro in data 3 dicembre 1997. Peraltro l'Azienda datrice di lavoro non ha corrisposto alla ricorrente alcun emolumento, spettantele in virtu' del precorso rapporto di lavoro dall'1° dicembre 1987 al 3 dicembre 1997, ne' l'indennita' di buonuscita, ne' ha provveduto a regolarizzare la posizione contributiva e nemmeno alla ricostruzione del rapporto e alla conseguente restituito in integrum. Con il presente gravame si e' pertanto richiesto: 1) la cennata ricostruzione, che spetta alla ricorrente in quanto, in violazione dell'art. 97 Cost. e della normativa di settore (e, da ultimo della legge n. 29/1993 e successive modifiche ed integrazioni e del C.C.N.L. del personale medico dipendente dal S.S.N. dd. 12 settembre 1996, che hanno abrogato l'art. 56, primo e secondo comma del d.P.R. n. 761/1979 in tema di dispensa dal servizio e dei suoi effetti) l'Azienda intimata non ha illegittimamente provveduto a farle riprendere servizio dal 1° dicembre 1987 al 3 dicembre 1997, il che rende necessaria la sua condanna alla corresponsione degli emolumenti e corrispettivi dovutile, dell'indennita' di buonuscita, nonche' la regolarizzazione contributiva, con interessi e rivalutazione; 2) in subordine la corresponsione delle stesse somme a titolo di risarcimento del danno in forma specifica, per il forzato mancato esercizio della professione medica, per la perdita di chances derivante dalla mancata possibilita' di carriera e di partecipazione ai concorsi banditi dall'amministrazione, per la lesione del prestigio professionale e per le sofferenze psichiche che gliene sono derivate, che si sono aggiunte alle precedenti, gia' riconosciute come aventi origine allo stato di stress per le condizioni di lavoro; 3) in ulteriore subordine al risarcimento del danno per equivalente, in misura corrispondente alle somme, di cui sopra. Si e' costituita in giudizio [`amministrazione intimata, che ha preliminarmente eccepito la decadenza dal diritto al ricorso da parte della ricorrente. Invero, riguardando il gravame fatti anteriori al 30 giugno 1998, troverebbe applicazione l'art. 45, comma 17, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, a mente del quale «le controversie relative a questioni attinenti il periodo del rapporto anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000» mentre, nella specie, il ricorso in esame e' stato depositato (ed e' con il deposito che il giudizio amministrativo si intende proposto) appena in data 10 ottobre 2000. Ha quindi controdedotto nel merito ai motivi di gravame, che ritiene infondati. Nella discussione orale, parte ricorrente ha allora sostenuto, in via principale, che la proposizione del ricorso avviene con la notificazione, regolarmente effettuata in data 13 settembre 2000, e, in via subordinata, qualora detta tesi non venisse accettata dal Collegio, ha proposto questione di legittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998. Con ordinanza n. 107 del 31 agosto 2001 questo Tribunale amministrativo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in parte per i motivi prospettati dalla ricorrente e in parte d'ufficio, sospendendo il giudizio e rimettendo gli atti al Giudice delle Leggi. La Corte costituzionale, peraltro con ordinanza n. 184 del 10 maggio 2002, ha dichiarato manifestamente inammissibile la proposta questione, essendo stata la norma sospettata di incostituzionalita' abrogata dal d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, entrata in vigore prima dell'ordinanza di rimessione, ed avendola l'art. 69, comma 7 di detta legge delegata riprodotta con modificazioni, senza che il giudice a quo svolgesse alcuna argomentazione circa la perdurante applicabilita' della disposizione abrogata al giudizio pendente presso di lui. Con istanza di fissazione del 31 ottobre 2002 il giudizio e' stato riassunto presso il Tribunale amministrativo regionale All'udienza pubblica del 19 marzo 2003 la parte ricorrente ha sostenuto che la normativa applicabile alla vicenda: 1) escluderebbe che si sia verificata, nel caso in esame, alcuna decadenza, onde il gravame potrebbe essere deciso; 2) in subordine consentirebbe di proporre la domanda dinanzi al giudice ordinario; 3) in ulteriore subordine, qualora non si concordasse con le precedenti conclusioni, dovrebbe essere riproposta la questione di legittimita' costituzionale anche nei confronti dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001. La parte intimata ha eccepito l'inammissibilita' del ricorso per intervenuta decadenza, che si verificherebbe, nel caso in esame, anche applicando tale ultima disposizione. In subordine ha proposto un'interpretazione della norma in discussione, che consenta di introitare in decisione la causa, senza adire il Giudice delle Leggi. D i r i t t o Ricorda il collegio di aver ritenuto rilevante, con propria ordinanza n. 107 del 31 agosto 2001, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998, secondo cui «le controversie relative a questioni attinenti il periodo del rapporto anteriore a tale data (cioe' al 30 giugno 1998) restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000» nell'assunto: 1) che il rapporto di lavoro, della cui interruzione si controverteva riguardasse un periodo (1° dicembre 1987 - 31 dicembre 1997) anteriore al 30 giugno 1998; 2) che peraltro il ricorso sottopostogli, essendo stato notificato il 13 settembre 2000, ma depositato il 10 ottobre 2000, dovesse intendersi proposto successivamente al 15 settembre 2000 e quindi sarebbe incorso nella decadenza prevista dalla norma summenzionata, dovendosi ritenere che si ha proposizione del giudizio amministrativo all'atto del deposito; 3) che l'esplicita comminatoria di decadenza, sancita dalla disposizione in esame vietasse inoltre al collegio di prendere in considerazione l'interpretazione, pur talora avanzata, che i ricorsi del pubblico impiego privatizzato, proposti dopo il 15 settembre 2000 possano essere esaminati dal giudice ordinario, in quanto la conseguenza dell'inosservanza del termine per adire il giudice amministrativo, indicato come fornito di giurisdizione, e' espressamente sancita e consiste nella estinzione per decadenza dei diritto di azione. La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, nella specie per violazione degli artt. 76, 77, primo comma, 3 e 24 Cost., proposta con la ridetta ordinanza era l'unica via, idonea a risolvere il giudizio in maniera diversa dalla declaratoria di decadenza, che costituiva la logica conseguenza dell'applicazione della norma, della cui costituzionalita' si dubita. E' ora richiesto dal giudice delle leggi di valutare nuovamente la rilevanza della questione alla luce della normativa vigente. Invero il detto art. 45, comma 17, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, al momento dell'ordinanza di rimessione di questo Tribunale amministrativo regionale, era gia' stato abrogato dall'art. 72, primo comma, lett. bb) del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 ed e' stato sostituito dall'art. 69, comma 7, della medesima legge delegata che, sul punto, recita: «le controversie relative al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data (che e' sempre il 30 giugno 1998) restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000» Come osservato dalla Corte, la norma pressoche' riproduce quella dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998, con l'unica differenza, soggiunge il collegio, che, mentre questa mantiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a periodi del rapporto di lavoro anteriori al 30 giugno 1998 con la condizione che esse «debbono essere proposte a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000» quella piu' recente condiziona detto risultato al fatto che le controversie in parola «siano state proposte» entro la predetta data, comminando altrimenti egualmente la decadenza. Ad avviso del collegio la modifica della formulazione, da parte della nuova norma entrata in vigore, della pregressa disposizione in tale unico punto non ha significato innovativo, ne' autorizza a pervenire a diverse conclusioni in ordine alla rilevanza della questione. Detta modifica e', infatti, necessitata, dato che l'avvento della data del 15 settembre 2000, momento in cui si sarebbe determinata la decadenza delle azioni relative ai rapporti di lavoro con le PP. AA. in essere prima del 30 giugno 1998 fino ad allora non proposte, costituiva per l'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998 un evento futuro. Ne derivava pertanto il precetto, per l'avvenire, che dette controversie di lavoro nel periodo transitorio «debbono essere proposte a pena di decadenza» entro tale data. All'entrata in vigore dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 invece, essendo detta data ormai trascorsa, la norma, dovendo soltanto regolare gli effetti verificatisi nel passato, si limita a ribadire che «restano attribuite» al giudice amministrativo le controversie di lavoro non ancora risolte, attinenti al periodo anteriore al 30 giugno 1998 soltanto «qualora siano state proposte ... entro il 15 settembre 2000» e comminando, in difetto, la decadenza. Milita in questo stesso senso la constatazione che, come si ricava dalle sue premesse, il d.lgs. n. 165/2001 e' stato emanato in virtu' dell'art. 1, comma 8, della legge 24 novembre 2000 n. 340, che delega il Governo «ad emanare un testo unico per il riordino delle norme ... che regolano il rapporto di lavoro» dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche c.d. contrattualizzati. La delega riguarda pertanto solo un mero riordino, con modificazioni unicamente a fini di coordinamento e, in particolare, con indicazione delle disposizioni nel frattempo abrogate, senza possibilita' di introdurre una disciplina che sia innovativa nella sostanza, il che ulteriormente milita a favore dell'assunto che la sostituzione dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998 con l'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 non abbia modificato il contenuto precettivo della prima disposizione e che le differenze constatate dipendano unicamente dalle necessita' di coordinamento, conseguenti alle ragioni piu' sopra enunciate. Deve essere pertanto nuovamente esclusa dal collegio l'interpretazione del citato art. 69, comma 7, prospettata, in via principale o in subordine, da tutte le parti nell'udienza di discussione dopo la riassunzione della causa, che vorrebbe far derivare dalle differenze lessicali enunciate la conseguenza che, ove entro la data del 15 settembre 2000 il ricorso non fosse stato proposto, si decadrebbe soltanto dal diritto di adire il giudice amministrativo, restando aperta la possibilita' di rivolgersi al giudice ordinario, non giustificando il testo della disposizione, come non la giustificava l'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998, una simile conclusione che, fra l'altro, lascerebbe inammissibilmente in diversi casi il ricorrente, per le controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, concernenti questioni attinenti al periodo anteriore al 30 giugno 1998, arbitro di scegliersi il giudice a seconda che proponga il ricorso prima o dopo il 15 settembre 2000, in violazione del dettato costituzionale che impone che sia la legge a precostituire il giudice naturale. Del resto ogni tentativo di sostenere che con l'inutile trascorrere di tale data senza che sia proposto il ricorso si avrebbe la decadenza dalla giurisdizione amministrativa esclusiva e non dall'azione trova un insuperabile ostacolo nella giurisprudenza consolidata del giudice della giurisdizione (cfr. Cass. civ. SS. UU. 4 luglio 2002 n. 8089; 17 luglio 2002 n. 8700; 4 luglio 2002 n. 9690; 21 novembre 2002 n. 16427; 24 gennaio 2003 n. 1124; 30 gennaio 2003 n. 1511) e del giudice amministrativo d'appello (C.D.S. IV Sez. 13 maggio 2002 ord. n. 1795; VI Sez. 20 settembre 2002 n. 4781) che ribadisce che la data del 15 settembre 2000 e' concepita non come norma sulla giurisdizione e limite alla persistenza di essa in capo al giudice amministrativo ma come termine di decadenza per la proponibilita' della domanda giudiziale. Peraltro la ricorrente, nel giudizio riassunto, sostiene, in via principale, che, nel caso di specie, non vi sarebbe luogo alla possibilita' di declaratoria della predetta decadenza e quindi nemmeno rileverebbe la questione di legittimita' costituzionale diretta ad evitarla. Poiche', infatti, il presente gravame e' stato notificato il 13 settembre 2000 e depositato il 10 ottobre 2000 e dovendosi ritenere che «proposizione del ricorso» equivalga a notificazione dello stesso, il gravame andrebbe ritenuto come proposto anteriormente al 15 settembre 2000. L'assunto, che e' stato gia' confutato con la precedente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, non puo' essere nemmeno questa volta atteso. Invero, tranne i casi eccezionali in cui la lettera della norma costringe a concludere che il ricorso si intende proposto in un momento anteriore (e in proposito valga per tutte C.D.S. A.P. 31 maggio 2002 n. 5) essendo il giudizio amministrativo caratterizzato da un'istanza che e' rivolta solamente al giudice, affinche' la controversia sia decisa, la costituzione del rapporto processuale non puo' farsi risalire, ovvero non si perfeziona, che al momento in cui il giudice viene investito del giudizio, che e' quello del deposito del ricorso (cfr. C.D.S. A.P. 28 luglio 1980 n. 35; A.P. 23 febbraio 1982 n. 2; IV Sez. 5 maggio 1997 n. 477; V Sez. 8 febbraio 1991 n. 122; 17 maggio 2000 n. 2873). E' significativo al riguardo che l'Adunanza plenaria 31 maggio 2002 n. 5, proprio nel momento in cui riscontra, nell'occuparsi della dimidiazione dei termini per la proposizione del ricorso in appello, un palese riferimento della norma esaminata al termine di notificazione e non di deposito dell'impugnazione, ritenga egualmente necessario richiamarsi alla perdurante validita', in via generale, del principio dell'introduzione del giudizio amministrativo mediante deposito, citando la precedente Adunanza plenaria 28 luglio 1980 n. 35. Non rilevandosi invece nella disposizione dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001, al momento in cui attribuisce al giudice amministrativo le controversie, relative a questioni concernenti periodi del rapporto di lavoro anteriori al 30 giugno 1998, «solo quando siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000», alcun elemento da cui possa dedursi una conclusione diversa da quella, secondo cui il ricorso, in questi casi, dev'essere depositato entro la predetta data, decadendo altrimenti il ricorrente dal diritto d'azione, la tesi attorea non puo' essere condivisa. Da quanto finora esposto si deve concludere che, anche alla luce del disposto dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001, il presente ricorso, come riassunto, dovrebbe dichiararsi estinto per decadenza, se non fosse che il collegio ritiene di sollevare la questione di costituzionalita' della norma predetta per le stesse ragioni, esposte nell'ordinanza n. 107 del 19 luglio 2001, per cui ha ritenuto di farlo nei confronti dell'analoga disposizione dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998, questione che appare a questo punto rilevante per la soluzione della causa. Dubita invero il collegio, per ragioni sia proposte, nel giudizio riassunto, in via subordinata, dalle parti sia rilevate d'ufficio, della legittimita' costituzionale del piu' volte citato art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001, nella parte in cui fa conseguire, per le controversie relative a rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001, concernenti questioni attinenti al periodo anteriore al 30 giugno 1998, la decadenza dell'azione qualora non siano state proposte, mediante deposito presso la Segreteria del giudice amministrativo competente, entro il 15 settembre 2000 e ritiene, per le ragioni di seguito esposte, che la stessa, nei termini esposti, non sia manifestamente infondata. Richiama al riguardo, in primo luogo, le premesse di detta legge delegata, che e' emanata, fra l'altro, «vista la legge 15 marzo l997 n. 59». Questo richiamo significa che, almeno in parte, le disposizioni che la compongono sono state emanate in esecuzione della citata legge delega. Il caso che ne occupa rientra, ad avviso del collegio, proprio fra questi. Invero l'art. 11 della legge 15 marzo 1997 n. 59 delega il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi ispirati, tra l'altro, come esplicitato dal successivo comma 4, lett. g), al seguente criterio direttivo: «devolvere, entro il 30 giugno 1998, al giudice ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera a), tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni ... prevedendo misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso ... prevedendo altresi' un regime processuale transitorio per i procedimenti pendenti». Ritiene il collegio che l'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 abbia inteso attuare questo criterio della legge delega, in quanto prevede con norma transitoria delle misure processuali atte a diminuire il numero dei ricorsi pendenti, e rileva pertanto, in primo luogo, la violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, Cost. per eccesso di delega da parte del Governo, in quanto la predetta norma del decreto delegato non trova fondamento nella norma delegante. Invero le «misure organizzative e processuali, atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso» previste dalla legge delega, in quanto derivanti dalla necessita' di «devolvere ... al giudice ordinario ... tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni» intendono venir incontro al notevole aumento di carico di lavoro del giudice ordinario in seguito all'estensione della sua giurisdizione. Non trova percio' sostegno nella legge di delega la norma transitoria dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 che, attraverso la previsione della decadenza dei ricorsi, attinenti a periodi del rapporto di lavoro anteriori al 30 giugno 1998, non proposti entro una certa data, mira invece a sgravare il giudice amministrativo alla cui giurisdizione esclusiva e' ricondotta la cognizione, del predetto contenzioso, onde l'art. 11, comma 4, lett. g) della legge n. 59/1997 non ha previsto che il Governo dovesse emanare norme in tal senso. Da qui l'incostituzionalita', per eccesso di delega, della norma denunziata. In subordine, qualora si ritenesse che, in base alla norma delegante, il Governo e' autorizzato anche ad assumere misure organizzative e processuali quali quelle qui in discussione, per evitare sovraccarichi del contenzioso, deve egualmente ritenersi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, settimo comma, del d.lgs. n. 165/2001 per violazione degli artt. 3 e 24 Cost. Il passaggio della giurisdizione dall'uno all'altro giudice e le conseguenti modifiche dell'assetto processuale ed organizzativo non possono, infatti, essere legittime occasioni per incidere sul diritto alla difesa del cittadino, costituzionalmente garantito, diminuendo o, addirittura, estinguendo la possibilita' di far valere i propri diritti soggettivi od interessi legittimi per le controversie, il cui fatto generatore e' anteriore al 30 giugno 1998. Nel caso in esame invece la riorganizzazione delle competenze fra giudice ordinario ed amministrativo ha condotto ad un'ingiustificata compressione del diritto alla difesa della ricorrente (e di tutti i dipendenti i cui diritti sono maturati anteriormente alla data indicata) che, volendo far valere diritti patrimoniali nascenti dal rapporto di pubblico impiego, in via principale o consequenziale a pronunzia di annullamento, per il quale e' sempre stato sufficiente gravarsi notificando il ricorso nel termine di prescrizione quinquennale e depositandolo in segreteria entro un mese dall'ultima notifica, si trova esposta alla decadenza del diritto di azione, pur fatto valere tempestivamente, solo perche' la norma sospettata di incostituzionalita' prevede, per ragioni organizztive, una data limite per il deposito. Il citato art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001 introduce, oltre ad uningiustificata compressione del diritto di difesa, anche un'irragionevole discriminazione fra soggetti che agiscono per la tutela delle stesse posizioni soggettive. L'applicazione della disciplina in esame comporterebbe, per i casi come quello oggetto di gravame, un'irragionevole, (perche' dovuto solo alla mera casualita' dell'essersi il credito o il diritto al risarcimento, derivanti da rapporti di lavoro con la P.A., maturati ad una certa data) riduzione degli ordinari termini prescrizionali, che, rimanendo integri per i soggetti che debbono agire per la tutela di detti diritti dinanzi al giudice ordinario, in quanto maturati in data successiva al 30 giugno 1998, ovvero per coloro che, in via ordinaria e permanente, debbono farli valere dinanzi al giudice amministrativo, verrebbero invece, soltanto per coloro che si trovano nella situazione della ricorrente, ridotti dal limite cronologico di sbarramento fissato dalla norma denunziata per farli valere, il cui trascorrere impedirebbe al dipendente in detta condizione di agire sia dinanzi al giudice ordinario che al giudice amministrativo. La norma denunziata pertanto, facendo decadere i dipendenti i cui diritti sono maturati anteriormente al 30 giugno 1998, dal diritto di azione se il loro ricorso non e' depositato entro il 15 settembre 2000, aggraverebbe irragionevolmente, in base a fatti meramente casuali, la possibilita' di far valere i loro diritti soggettivi o interessi legittimi, a differenza di tutti gli altri dipendenti della P.A., in violazione degli artt. 3 e 24 Cost. In conclusione, essendo stata ritenuta, ai fini della decisione del presente ricorso, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, per la violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, 3 e 24 Cost. il collegio deve disporre la sospensione del giudizio e la remissione degli atti alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci in proposito.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., della legge Cost. 9 febbraio 1948 n. 1, 23 e segg. della legge 11 marzo 1953 n. 87; Sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma 7 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 in quanto, in violazione della norma delegante, introdurrebbe un termine di decadenza per ricorsi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche rimessi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, renderebbe piu' gravoso per meri motivi organizzativi, attraverso la compressione dei termini relativi, al dipendente far valere i propri diritti patrimoniali, se sorti prima del 30 giugno 1998, e introdurrebbe infine una disciplina irragionevolmente differenziata e vessatoria rispetto agli altri dipendenti per quelli, i cui diritti sono sorti nel periodo anzidetto, in violazione degli artt. 76, 77, primo comma, 3 e 24 Cost. nei termini di cui in narrativa. Trieste, addi' 19 marzo 2003 Il Presidente: Sammarco Il giudice estensore: Di Sciascio 04C0693