N. 169 ORDINANZA 7 - 11 giugno 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  -  Dichiarazione  giudiziale  di  paternita'  o
  maternita'  naturale  -  Preventiva fase camerale di ammissibilita'
  del  relativo  giudizio  -  Lamentata irragionevolezza, lesione del
  diritto  di  azione  e del diritto di difesa, lesione del principio
  della  ragionevole  durata  del  processo, compressione dei diritti
  della persona e del diritto alla identita' biologica - Richiesta di
  pronuncia  caducatoria  del  procedimento  delibativo  - Incompleta
  individuazione  della  norma denunciata e carente motivazione sulla
  non    manifesta    infondatezza    della   questione -   Manifesta
  inammissibilita'.
- Cod. civ., art. 274.
- Costituzione, artt. 2, 3, primo comma (in relazione all'art. 24), e
  secondo comma, 30, primo comma, e 111.
(GU n.23 del 16-6-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 274 del codice
civile,  promosso  con  ordinanza  del  4 luglio  2003 dalla Corte di
cassazione  nel  procedimento civile vertente tra B. I. e E. M. R. ed
altri,  iscritta  al  n. 706 del registro ordinanze 2003 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 37, 1ª serie speciale,
dell'anno 2003.
    Visto l'atto di costituzione di E. M. R. ed A. M. R;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 aprile 2004 il giudice relatore
Annibale Marini;
    Udito l'avvocato Danilo Riponti per entrambe le parti costituite.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di un giudizio promosso nei confronti
degli  eredi  del  presunto  genitore  per  ottenere la dichiarazione
giudiziale   di  paternita'  naturale,  la  Corte  di  cassazione  ha
sollevato,  in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma (in relazione
all'art. 24),  3,  secondo  comma,  30,  primo  comma,  e  111 Cost.,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 274 del codice
civile;
        che la Corte remittente precisa di essere chiamata a decidere
sul  ricorso  avverso  la  sentenza di appello con la quale era stata
dichiarata  improponibile l'azione per la dichiarazione giudiziale di
paternita'  proposta  dall'attrice  (e quelle, connesse, di petizione
ereditaria  e di riduzione per lesione di legittima), per l'esistenza
di   un   giudicato   negativo   gia'  formatosi  sull'ammissibilita'
dell'azione  stessa,  a seguito della precedente cassazione, da parte
della medesima Corte suprema, del decreto di ammissibilita';
        che  il  giudice a quo -- dopo aver sottolineato l'erroneita'
dell'assunto  del giudice di merito riguardo alla definitivita' della
statuizione  di  inammissibilita'  di  cui si tratta, essendo, quella
richiamata  dal  giudice  di  appello, una sentenza di cassazione con
rinvio  al  primo  giudice  per l'integrazione del contraddittorio --
assume,  in  punto  di  rilevanza,  che  l'eventuale caducazione, per
effetto  del  sindacato di legittimita' costituzionale, dell'art. 274
cod.  civ.  comporterebbe  la  necessaria  rimozione  della  suddetta
declaratoria  di  improcedibilita',  appunto  adottata in ragione del
difetto  del  presupposto  processuale  rappresentato  dal decreto di
ammissibilita' previsto dalla norma suddetta;
        che,   quanto   alla   non  manifesta  infondatezza,  avverte
innanzitutto  il  giudice  a quo che la questione che viene sollevata
non riguarda -- come quella decisa con la sentenza n. 621 del 1987 di
questa  Corte  --  «il  modo con cui il giudizio preliminare e' stato
ristrutturato»,  bensi'  la  stessa  previsione  di  un  giudizio  di
ammissibilita' e mira dunque alla radicale eliminazione del medesimo;
        che  la  Corte  di  cassazione da' conto del fatto che questa
Corte, con la sentenza n. 70 del 1965, ha affermato che la previsione
legislativa,  contenuta nel citato art. 274 cod. civ., di un giudizio
di  delibazione preliminare della domanda di dichiarazione giudiziale
di  paternita'  non  contrasta,  in linea di principio, con il canone
costituzionale   per   cui   tutti  possono  agire  in  giudizio,  in
considerazione   della  liberta',  riconosciuta  al  legislatore,  di
stabilire,  nei  singoli  casi  ed  in  vista  di peculiari esigenze,
modalita' anche limitative del diritto di difesa, ove comunque ne sia
garantita l'esplicazione;
        che  tuttavia,  essendo  trascorsi  molti  anni, quel limite,
allora  ritenuto  compatibile  con  il  diritto  di azione del figlio
naturale, risulta oggi, secondo il giudice a quo, ingiustificatamente
limitativo  dei  valori sostanziali in gioco e, nel contempo, viziato
per   «eccesso   di   potere   legislativo»   a   causa   della   sua
irragionevolezza  intrinseca, oltre che difficilmente compatibile con
il principio della ragionevole durata del processo;
        che,   d'altra  parte,  pur  essendo  la  ratio  della  norma
impugnata  quella  di  evitare  la proposizione di azioni temerarie o
infondate,   con   intenti  meramente  ricattatori  o  vessatori  nei
confronti  del  preteso  genitore  -- attraverso un vaglio preventivo
della  domanda  con  procedimento strutturato in modo da garantire la
segretezza  dell'indagine  --  dovrebbe allora innanzitutto rilevarsi
come  l'attuale  disciplina  del  procedimento  non sia piu' idonea a
soddisfare siffatto obiettivo;
        che  infatti,  per  effetto  delle modifiche introdotte prima
dalla  legge  23 novembre  1971,  n. 1047,  e  poi  dalla riforma del
diritto   di   famiglia,   che   ha   sancito   l'imprescrittibilita'
dell'azione, nonche' a seguito dell'evoluzione giurisprudenziale, che
ha ammesso la ricorribilita' in cassazione del relativo provvedimento
di   secondo  grado,  la  segretezza  dell'indagine,  di  gran  lunga
attenuata  nella  fase  di  merito,  appare  al remittente totalmente
venuta  meno  nella  fase  di  legittimita',  stante  la  pubblicita'
dell'udienza dinanzi alla Corte di cassazione;
        che,  essendo  pacificamente  riconosciuta la possibilita' di
reiterare la domanda di ammissibilita', senza alcun limite temporale,
sulla  base  di elementi ulteriori, dovrebbe allora concludersi -- ad
avviso   del  remittente  --  che  la  disciplina  censurata  finisce
paradossalmente  per  aggravare,  anziche' tutelare, la posizione del
convenuto, lasciandolo esposto a tempo indeterminato a nuove chiamate
in  giudizio  in  base  all'art. 274  cod.  civ.,  mentre soltanto il
rigetto  della  domanda nel merito, idoneo a passare in giudicato, lo
porrebbe   definitivamente   al  riparo  da  iniziative  temerarie  e
vessatorie;
        che  la  norma  in  esame,  secondo il giudice a quo non pare
attuare  la  previsione  costituzionale di «limiti alla ricerca della
paternita» di cui all'ultimo comma dell'art. 30 Cost., in quanto tali
eventuali   limiti   possono  propriamente  attenere  ai  presupposti
sostanziali  ed  alle  condizioni  dell'accertamento della filiazione
naturale  -- per assicurarne quella «compatibilita' con i diritti dei
membri  della famiglia legittima» prevista dal precedente comma terzo
--  e  non  gia'  risolversi in ostacoli processuali all'accertamento
stesso;
        che, pertanto, essendo venuta meno la funzione di cautela nei
confronti  del  convenuto,  fin  qui assolta dall'art. 274 cod. civ.,
altro  non  residuerebbe  se  non  un  oggettivo e non giustificabile
ostacolo alla tutela dei figli naturali ed a quei diritti allo status
ed  alla  identita'  biologica  che la coscienza sociale avverte come
essenziali   alla   realizzazione   della  persona,  con  conseguente
violazione degli artt. 30, primo comma, e 2 della Costituzione;
        che   ad   avviso   del   remittente   sarebbe  altresi'  non
manifestamente  infondato  il  dubbio  di  legittimita' riferito alla
violazione  del  principio  di eguaglianza, poiche' limiti analoghi a
quelli  in  vigore  per  l'accertamento della paternita' naturale non
sono  previsti  per  l'azione  di  reclamo  di  legittimita',  con la
conseguenza che verrebbe a realizzarsi, ai fini del conseguimento del
proprio status una ingiustificata disparita' di trattamento tra figli
di genitori coniugati e figli di genitori non coniugati;
        che  il procedimento delibativo di cui all'art. 274 cod. civ.
appare  infine alla Corte di cassazione difficilmente compatibile con
il  canone  della ragionevole durata del processo di cui al novellato
art. 111  Cost. ed all'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea
dei  diritti  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata con
legge 4 agosto 1955, n. 848;
        che si sono costituiti in giudizio i convenuti nel giudizio a
quo  concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  o,  in
subordine, di non fondatezza della questione.
    Considerato  che  la  Corte  di cassazione dubita, in riferimento
agli  artt. 2,  3, primo comma (in relazione all'art. 24), 3, secondo
comma,   30,   primo   comma,   e   111   Cost.,  della  legittimita'
costituzionale dell'art. 274 cod. civ;
        che  secondo  la  remittente  la  previsione, in relazione al
procedimento  di  dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita'
naturale,  di  una  preventiva  fase  camerale  di ammissibilita' del
relativo  giudizio, era giustificata dalla opportunita' di preservare
l'asserito  genitore  dal  danno  che  gli  poteva derivare da azioni
infondate, temerarie e, peggio ancora, ricattatorie, danno reso grave
dalla pubblicita' del processo;
        che,  a  detta  del  giudice  a  quo  una volta acquisite dal
procedimento   di  ammissibilita'  molte  delle  caratteristiche  del
processo  ordinario  ed  una  volta  affermata  la  ricorribilita' in
cassazione del provvedimento conclusivo, da un lato e' venuta meno la
stessa opportunita' di un giudizio preliminare che funga da filtro al
giudizio  ordinario  di merito, dall'altro la maggior complicazione e
durata  del  giudizio  di  ammissibilita'  incide  negativamente  sui
diritti  che  l'azione  in questione deve soddisfare, rendendo quindi
intrinsecamente irragionevole la norma censurata;
        che, nel corso del complesso iter del giudizio a quo la Corte
di cassazione, in conformita' al carattere di presupposto processuale
proprio   del  decreto  di  ammissibilita',  ne  aveva  affermato  la
necessaria   preesistenza   al   giudizio   di  merito,  cassando  il
provvedimento sospensivo di quest'ultimo;
        che, in riferimento all'eccezione di intervenuto giudicato in
punto di ammissibilita' della domanda, fondata sulla pronuncia citata
--  con conseguente, possibile, irrilevanza dell'attuale questione --
il  remittente  omette  ogni motivazione, in quanto le considerazioni
relative   agli  effetti  caducatori  dell'invocata  declaratoria  di
illegittimita'  costituzionale  si  riferiscono esplicitamente ad una
precedente  cassazione  del  decreto di ammissibilita' per violazione
del contraddittorio;
        che,  inoltre,  con sentenza n. 341 del 1990, questa Corte ha
dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale  dell'art. 274,  primo
comma,  cod.  civ.,  nella  parte  in  cui,  se  si  tratta di minore
infrasedicenne,  non  prevede  che  l'azione  promossa  dal  genitore
esercente  la  potesta'  sia  ammessa  solo  quando  sia ritenuta dal
giudice rispondente all'interesse del figlio;
        che,  nella  motivazione  di  tale  sentenza, la Corte ha tra
l'altro  affermato  che  «la  veridicita'  del  preteso  rapporto  di
filiazione  col  convenuto, del quale il giudice deve in questa prima
fase  del giudizio controllare l'esistenza di seri indizi, e' pure un
elemento dell'interesse del minore»;
        che, come questa Corte ha gia' rilevato nella sentenza n. 216
del  1997,  «il  procedimento  in  esame  e'  ispirato pertanto a due
finalita'  concorrenti  e  non in contrasto tra loro, essendo posto a
tutela  non solo del convenuto contro il pericolo di azioni temerarie
e  ricattatorie,  ma anche e soprattutto del minore, il cui interesse
sta  nell'affermazione di un rapporto di filiazione veridico, che non
pregiudichi la formazione e lo sviluppo della propria personalita»;
        che  l'ordinanza di remissione, che pure richiede l'integrale
declaratoria  di illegittimita' costituzionale della norma impugnata,
non  tiene  alcun  conto  della  modifica che la stessa ha subito per
effetto  della  suindicata pronuncia additiva di questa Corte e della
individuazione  di altre ragioni oltre quelle che ispiravano la norma
nella sua originaria formulazione;
        che  il provvedimento di remissione, non avendo compiutamente
individuato  la  norma  denunciata  e  le ragioni che la ispirano, e'
quindi  anche carente di motivazione sulla non manifesta infondatezza
della questione;
        che   la   prospettata   questione   deve   quindi  ritenersi
manifestamente inammissibile.
                              P. Q. M.
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 274 del codice civile sollevata
dalla  Corte  di  cassazione,  in  riferimento agli artt. 2, 3, primo
comma  (in relazione all'art. 24), 3, secondo comma, 30, primo comma,
e 111 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 giugno 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 11 giugno 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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