N. 552 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2004

Ordinanze  552 e 553 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse
il  12 gennaio  2004  dalla  Commissione  tributaria  provinciale  di
Alessandria  sui  ricorsi  proposti  da:  Riceinvest  S.a.s. di Fabio
Franzosi  &  C.  contro  Agenzia  delle  entrate di Alessandria (R.O.
552/2004);  Investriso  S.a.s.  di Fabio Franzosi & C. contro Agenzia
delle entrate di Tortona (R.O. 553/2004).

Contenzioso   tributario   -  Liti  fiscali  pendenti  -  Definizione
  agevolata   -   Non   punibilita'  dell'emissione  di  fatture  per
  operazioni  inesistenti - Mancata previsione della sottoponibilita'
  ad  accertamento  tributario  -  Irragionevolezza  - Violazione dei
  principi   di  eguaglianza,  di  tutela  dell'iniziativa  economica
  privata, di utilita' sociale e di capacita' contributiva.
- Legge  27 dicembre 2002, n. 289, artt. 9, commi nono e decimo; e 15
  comma primo.
- Costituzione artt. 3, 41, 42 e 53.
(GU n.25 del 30-6-2004 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Letti gli atti sciogliendo la riserva che precede, premesso che:
        Il  presente  giudizio  verte  tra Riceinvest S.a.s. Di Fabio
Franzosi  &  C.  S.a.s.  -  e  l'ufficio  Agenzie  delle  entrate  di
Alessandria  ed  ha  per oggetto rimborso IVA 2001, oltre interessi e
spese  richiesti  dal  ricorrente in conseguenza del silenzio rifiuto
tenuto  dall'ufficio,  che a sua volta disponeva, dopo avere ricevuto
richiesta  di  rimborso,  accertamento  globale  notificando relativo
processo verbale.
    Nelle  more  interveniva la legge n. 289/2002 ed il ricorrente si
avvaleva di quanto disposto dagli artt. 9 e 15 di detto provvedimento
normativo.
    Allo  stato  il  ricorrente  chiede  ai giudicanti di ottenere il
rimborso  richiesto  avendo  la  societa'  Riceinvest  adempiuto agli
obblighi  imposti  dalla  legge  per  ritenere  definito  il rapporto
fiscale per l'anno 2001.
    Si  oppone  l'ufficio  sostenendo  la  non  debenza  del rimborso
richiesto  poiche' lo stesso si basa su un tributo relativo a fattura
per  operazioni  inesistenti emessa da societa' dello stesso Franzosi
Fabio, amministratore della societa' ricorrente. Nella fattispecie la
persona fisica (il dott. Franzosi Fabio) risulta potenziale emittente
e  utilizzatore  di  fatture per operazioni inesistenti ex art. 2 e 8
legge n. 74/2000 nella sua veste di amministratore di varie societa',
tra cui la Riceinvest S.a.s.
    Infatti   l'ufficio   dichiara  di  aver  presentato  esposto  in
proposito alla Procura della Repubblica, col quale paventa il rischio
dell'indebito  arricchimento argomentando che l'emissione/utilizzo di
fatture  false si inserisce nel complesso di attivita' criminosa piu'
complessa e articolata finalizzata all'ottenimento, mediante condotte
artificiose, di un indebito arricchimento ai danni dell'Erario atteso
che  tutte  le  operazioni  effettuate sono facenti parte di un unico
disegno  finalizzato alla riscossione di indebiti rimborsi scaturenti
da presunte compravendite che lo stesso dott. Franzosi Fabio eseguiva
a  se  stesso nella duplice veste (venditore/acquirente) e attraverso
societa'  solo  nominalmente  diverse. Nella memoria 28 novembre 2003
l'Agenzia  entrate  di  Alessandria  espressamente  osserva che: «Non
esiste  alcun  versamento  IVA  da  parte  delle societa' interessate
dall'intreccio messo in atto dal dott. Franzosi... ».
    Orbene  si  osserva  che in entrambi gli artt. 9 e 15 citati, ne'
altrove,  non  si  rinviene  alcuna  disposizione  mitigatrice  della
definizione  del  rapporto  tributario,  -  laddove  ci  si  trovi in
presenza,   come  nel  caso  di  specie,  di  possibile  emissione  o
utilizzazione  di  fatture per operazioni inesistenti, - che eviti il
possibile grave danno per l'Erario, paventato dall'ufficio.
    La  circostanza  e'  di  palese  rilievo  laddove si consideri la
legislazione precedente in materia di «Condono fiscale».
    Infatti,  l'art. 52  della  legge n. 413/1991, nello stabilire la
definizione  agevolata  dei rapporti tributari pendenti espressamente
prevedeva che:
        «Art.  52 - 1. La definizione di cui agli artt. 44 e 49 opera
anche  nei  casi  in  cui siano state emesse o utilizzate fatture per
operazioni inesistenti a condizione che: se la definizione e' chiesta
dal  cedente  o  prestatore,  si sia corrisposto o si corrisponda per
intero   la   relativa   imposta;   se   la  definizione  e'  chiesta
dall'acquirente o committente, si eliminino gli effetti dell'indebita
detrazione.».
    E'  di  tutta  evidenza che il paventato grave danno per l'Erario
non si verificherebbe qualora il legislatore del 2002 avesse inserito
-  nel  caso,  appunto,  di  emissione o utilizzazione di fatture per
operazioni   inesistenti   -   la   previsione   che   condiziona  il
perfezionamento  delle procedure di condono al pagamento da parte del
cedente per intero dell'imposta dovuta o che l'acquirente elimini gli
effetti   dell'indebita  detrazione.  In  questo  caso  l'Erario  non
correra' mai il rischio di vedersi costretto a rimborsare una somma a
titolo di imposta che non ha mai riscosso.
    Inoltre  si ravvisa una anomalia e un contrasto tra norme laddove
il  legislatore  all'art. 9,  n. 10  dispone che: «Il perfezionamento
della  procedura prevista dal presente articolo comporta alla lettera
a)  la  preclusione,  nei  confronti  del  dichiarante e dei soggetti
coobbligati,  di ogni accertamento tributario; mentre alla lettera c)
successiva  dispone che, l'esclusione della punibilita' non opera per
l'art. 8 del d.lgs. n. 74/2000 che prevede l'emissione di fatture per
operazioni  inesistenti  (lo  si  ricava  per  evidente  deduzione  a
contrario).  Infatti senza alcuna condizione al perfezionamento della
definizione del rapporto tributario si giunge alla contraddittorieta'
tra  la previsione di impedire ogni ulteriore accertamento tributario
pur in presenza di una contestuale previsione di non esclusione della
punibilita'   in   caso   di  emissione  di  fatture  per  operazioni
inesistenti (ex art. 8 d.lgs. n. 74/200).
    Riferiti  i termini del caso in questione che inducono a ritenere
elementi  di  incostituzionalita'  delle norme sopraccitate, ritenuto
che  il  giudizio  non  possa essere definito indipendentemente dalla
questione  di legittimita' costituzionale, si indicano qui di seguito
i

                             M o t i v i

    Le  disposizioni  normative  che si ritengono in violazione della
Costituzione  sono  essenzialmente  l'art. 9 n. 9 e n. 10 e l'art. 15
n. 1 ultimo punto, della legge n. 289/2002 in relazione agli artt. 3,
41, 42 e 53 della Costituzione.
    Le  violazioni  che  qui  si  rilevano  comportano la lesione del
principio  di  ragionevolezza  -  ex  art. 3 della Costituzione - per
contraddittorieta' intrinseca tra la complessiva finalita' perseguita
dal  legislatore e le disposizioni espresse dalle norme censurate. Il
legislatore   cade   in   contraddizione  quando  esclude  dalla  non
punibilita'   l'emissione   di  fatture  per  operazioni  inesistenti
(lettera   c),  n. 10  art. 9)  e  contestualmente  non  ne  consente
l'accertamento tributario (lettera a) - n. 10 art. 9).
    Inoltre viola i principi enunciati da questa Corte costituzionale
in sentenza 11 ottobre 2000, n. 416 secondo i quali: «E' coessenziale
alla  tecnica  del condono (previdenziale o fiscale) l'incentivazione
dei  pagamenti  non  ancora  effettuati,  mediante  la concessione di
benefici  (di  solito,  la riduzione della misura dovuta): il condono
quindi  - lungi dal rendere non dovuti (o dovuti in misura inferiore)
i  pagamenti  effettuati - si limita, in via eccezionale, per ragioni
connesse  ad  esigenze  della  finanza pubblica, a collegare il pieno
effetto  liberatorio  dell'obbligazione  all'adempimento,  anche solo
parziale».
    Il  successivo  art. 15,  n. 1,  ultimo  capoverso,  al contrario
dell'art. 9  n. 10  lettera c), ricomprende tutti i reati di cui alla
legge    n. 74/2000,   ponendo   come   unica   condizione   per   il
perfezionamento   della  definizione  tributaria  il  mancato  inizio
dell'azione  penale  (alle condizioni ivi previste). Il contrasto tra
le  due  norme  della  stessa  legge  pare  evidente, e rende il loro
contenuto sostanzialmente irragionevole.
    Il  caso in esame pare sfuggire alle finalita' sopraenunciate dal
condono:  infatti  rende  dovuti  dall'Erario  pagamenti mai ricevuti
dallo  stesso  per  essersi  -  in  ipotesi da accertare - avvalso il
ricorrente  di fatture inesistenti e di operazioni illegittime, nulla
prevedendo  la  legge  del condono in ordine agli adempimenti imposti
per  accedere alla definizione tributaria in quel particolare e grave
caso  di  presenza  di  fatture per operazioni inesistenti, che, - al
contrario  -  e'  stato  ben  delineato dall'art. 52 della precedente
disciplina in identica materia.
    Tale  norma  - l'art. 52 legge n. 413/1991 - appare costituire un
tertium comparationis dovendo ritenersi un principio dell'ordinamento
in  via  di  formazione se non gia' consolidato. Principio certamente
apprezzato  dalla  Corte  di  cassazione  che  in  parte motiva della
sentenza  n. 1181/2001  afferma che l'art. 52 della legge n. 413/1991
ha  disciplinato  in  maniera  piu'  appropriata rispetto al passato,
l'ipotesi  della  fatturazione  per operazioni inesistenti, che rende
non  operativo  il  condono qualora non vengano eliminati gli effetti
delle  detrazioni  risultate  indebite. «ben potrebbe verificarsi una
causa  di  estinzione  del  reato  e  potrebbe  permanere,  sul piano
tributario,  il  problema  della  qualificazione delle detrazioni non
assistite  da  idonea  documentazione  attestante  il verificarsi dei
fatti sottostanti e legittimanti».
    La   rilevata   violazione  comporta,  dunque,  una  lesione  del
principio di ragionevolezza, per contraddittorieta' intrinseca tra la
complessiva  finalita'  perseguita  dal legislatore e le disposizioni
espresse dalle norme censurate.
    Infatti il legislatore cade in una contraddizione formale laddove
all'art.  9  n. 10  alla  lettera a) dichiara che «Il perfezionamento
della   procedura   prevista   dal   presente  articolo  comporta  la
preclusione  ...  di ogni accertamento tributario mentre non sottrae,
allo stesso art. 9 n. 10 lettera c) successiva, - all'accertamento in
sede penale, dell'emissione di fatture per operazioni inesistenti, ex
art. 8 d.lgs. n. 74/2000».
    Analoga  anomalia si riscontra nel successivo art. 15 n. 1 ultimo
periodo:  «la  definizione  non  e'  ammessa  per  i soggetti nei cui
confronti  e'  stata  esercitata l'azione penale per i reati previsti
dal  d.lgs.  10  marzo  2000,  n. 74  di cui il contribuente ha avuto
formale   conoscenza   entro   la   data   di  perfezionamento  della
definizione».
    Non  si  comprende  perche' in questa circostanza valgono tutti i
reati  previsti dal d.lgs. n. 74/2000 mentre nell'art. 9, come detto,
si prevedono delle esclusioni.
    Anche  in  relazione  all'art. 53 della Costituzione le norme qui
considerate non vanno esenti da critiche.
    Infatti, l'art. 53 impone al legislatore di adeguare l'obbligo di
imposta  ad  un  indice  effettivo di ricchezza per la determinazione
dell'entita' dell'importo.
    Inoltre   il   principio   di  capacita'  contributiva  esige  un
collegamento  effettivo  tra  la prestazione imposta e il presupposto
economico  considerato. Nel caso di specie questo collegamento appare
fittizio e non effettivo.
    Poiche'  il  presupposto e' una operazione fittizia o inesistente
l'imposizione conseguente non puo' e non deve trovarvi fondamento.
    L'art. 53   inoltre   rappresenta   la   proiezione  nel  settore
tributario del principio generale di cui all'art. 3 sopracitato ed il
coordinamento  tra  le  due  norme  appare armonico e conseguente. La
capacita'  contributiva  deve realizzare il «principio di eguaglianza
sostanziale»  ma  anche  il  «principio  di solidarieta' sociale» che
verrebbero  senz'altro  stravolti da un'eventuale esborso dell'Erario
in  favore di un singolo soggetto che si avvale di un rimborso dovuto
per legge, ma che e' frutto di un'attivita', in ipotesi, fraudolenta.
    Le motivazioni sopraesposte rendono proponibile ed indispensabile
il   controllo   di  legittimita'  in  quanto  le  norme  considerate
presentano  una  forma  di  eccesso  di incoerenza si' da trovarsi in
netto  contrasto  con  il  «principio di solidarieta» da un lato e di
finalita'  di  concessione di benefici a fronte di incentivazione dei
pagamenti  non  ancora  effettuati,  dall'altro;  infatti l'Erario si
troverebbe  ad  effettuare  un  esborso  ad  un  singolo  non  dovuto
sostanzialmente,   ma  solo  fittiziamente  e  quindi  con  un  danno
sostanziale  alla  collettivita',  privilegiando  l'interesse  di  un
singolo  che  raggiunge  il  suo  scopo  a  fronte  di  un  attivita'
sostanzialmente  fraudolenta  con l'ausilio di norme premiali che non
possono  non  ricadere  nel  profilo  dell'assoluta  arbitrarieta'  e
irrazionalita'.  Al  punto di creare una sorta di allarme sociale, se
la  stampa  specializzata  titola l'omissione di cui al citato art. 9
legge  n. 289/2002  che appunto non prevede la restituzione integrale
dell'imposta  fittizia  detratta  «dal condono rimborsi IVA fasulli -
Avvisi di accertamento o rettifica non consentiti con il tombale». In
sostanza   c'e'   il  rischio  oggettivo  di  irragionevolezza  della
disciplina  normativa  in  questione  se  non  si  guarda  solo  alla
posizione  formale  di  chi  ne  e'  il  destinatario,  ma anche alla
finzione  ed  alla  scopo  a  cui la disciplina e' preordinata (sent.
cost. 132/1984 - 43/1987 - 55/1989 ecc).
    Le   norme   applicabili   al  caso  de  quo  paiono  viziate  da
irragionevolezza  della scelta discrezionale del legislatore anche in
relazione  agli  art. 41  secondo  comma  e  42  secondo  comma della
Costituzione.
    Secondo  queste  norme costituzionali il legislatore non potrebbe
spingere   la   propria   discrezionalita'   sino  ad  impedire  ogni
accertamento  tributario  nella  consapevolezza  di  una fatturazione
inesistente  senza  imporre  alcuna  condizione  a  correttivo  di un
rimborso  da  parte  dell'Erario  del tutto privo di giusta causa con
palese  violazione  dei  fini di utilita' sociale e giustizia sociale
perseguiti  dalle  sopracitate  norme  costituzionali. Quale utilita'
sociale  e  quale giustizia sociale puo' perseguire una normativa che
consente  rimborsi  IVA  «fasulli»  ad un singolo autore di attivita'
propedeutiche, in ipotesi, fraudolente?
    In considerazione di quanto esposto, si ritiene, quindi, di dover
rimettere   gli   atti  alla  Corte  costituzionale  in  merito  alla
prospettata questione.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 134  Cost.  e  l'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 9 n. 9 e n. 10 e art. 15 n. 1
nella  parte  in cui prevedono la definizione della liquidazione e il
perfezionamento  delle  procedure previste con preclusione... di ogni
accertamento  tributario (lettera a) e l'esclusione della punibilita'
(art. 9  n. 10  lettera c)  nonche' la definizione degli accertamenti
condizionata  al  mancato  esercizio  dell'azione  penale per i reati
previsti  dal  d.lgs.  n. 74/2000  (art. 15  n. 1 ultimo punto) senza
prevedere  una  norma  correttiva  che  subordini  l'operativita' del
condono  all'eliminazione  delle  detrazioni  risultate indebite (nei
casi  di  fatture  per operazioni inesistenti): in tutto in relazione
agli artt. 3, 41, 42, e 53 della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio  e  dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti costituite ed al Presidente del Consiglio dei
ministri,  nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati
e del Senato della Repubblica.
        Allessandria, addi' 12 gennaio 2004
                      Il Presidente: Moltrasio
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