N. 588 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 2004
Ordinanza emessa il 5 marzo 2004 dal giudice di pace di Cesena nel procedimento civile vertente tra Harris Graham John contro Prefetto di Forli-Cesena Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Infrazioni commesse con veicoli immatricolati all'estero o muniti di targa EE - Onere per il trasgressore straniero che voglia proporre successivamente ricorso di versare in mani dell'agente accertatore una cauzione pari al doppio del minimo [rectius: alla meta' del massimo] edittale della sanzione, pena ritiro della patente o sequestro [recte: fermo amministrativo] del veicolo - Disparita' di trattamento fra trasgressori, a seconda che il veicolo sia immatricolato in Italia o in altro Stato membro dell'UE - Discriminazione sostanzialmente basata sulla cittadinanza - Incongruita' rispetto allo scopo perseguito dal legislatore - Contrasto con gli obblighi scaturenti dal Trattato CE - Violazione dei diritti costituzionali dell'uomo sotto il profilo dell'uguaglianza e del diritto di difesa. - Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 207. - Costituzione, artt. 2, 3, 10 e 24. Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita' - Onere per il ricorrente (anche se straniero) di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Disparita' di trattamento fra soggetti abbienti e non abbienti, nonche' fra cittadino e Pubblica Amministrazione - Limitazione di fatto della liberta' e dell'uguaglianza - Contrasto con il valore assoluto della persona umana e con i diritti fondamentali dell'individuo - Violazione del diritto di azione e difesa - Ingiustificato vantaggio per la P.A. - Codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151. - Costituzione, artt. 2, 3 e 24.(GU n.26 del 7-7-2004 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 899/A/03 R.G., promossa da Graham Harris, residente in Inghilterra, Kingslynn via Plongh Lane n. 47, ricorrente; Contro prefetto di Forli-Cesena, resistente; In punto A: opposizione a sanzione amministrativa. Conclusioni del ricorrente: «... la dinamica dell'incidente da me ora riportata non risulta, pertanto, a mio parere, corrispondente al verbale che gli agenti intervenuti mi hanno fatto sottoscrivere ... Con riferimento al deposito pari alla meta' del massimo edittale mi riservo di provvedere prontamente se richiesto, anche se ritengo di non dovere adempiere in quanto gia' provveduto a corrispondere la somma pari al minimo della pena prevista». F a t t o Con atto del ricorso avanti l'intestato ufficio del giudice di pace, il sig. Graham Harris di persona, esponeva che in data 25 agosto 2003 gli era stata contestata una contravvenzione per avere violato il dettato di cui all'art. 148 comma 12 e 16 c.d.s. Contestandone l'infondatezza sia in fatto che in diritto, specificava che, pur avendo gia' corrisposto la sanzione amministrativa in misura del minimo edittale previsto per la violazione de quo a mani degli agenti intervenuti a rilevare il sinistro dal quale ha preso abbrivio la contestazione, non riteneva giusto che l'impugnazione del verbale fosse subordinato alla mancata corresponsione dell'emolumento dovuto a seguito della contestazione della multa. Specificava che la decisione di pagare a mani dei verbalizzanti, era stata presa poiche' essendo egli cittadino inglese e servendogli il motore a bordo del quale avrebbe violato il c.d.s., non poteva permettersi il sequestro del mezzo stante l'imminente rientro in patria. Concludeva, quindi, come sopra riportato. Si costituiva, quindi la Prefettura di Forli' - Cesena, che, eccependo l'improcedibilita' dell'opposizione ex art. 204-bis comma 1 c.d.s., cosi' come modificato dalla legge n. 214 del 1° agosto 2003, instava per la reiezione del ricorso cosi' come proposto. All'udienza di comparizione delle parti, si presentava la legittima rappresentante del ricorrente che, riportandosi all'atto di ricorso, sottolineava l'ingiustizia della preclusione cosi' come intesa dall'art. 204-bis, comma 1 c.d.s. che, imponendo anche agli stranieri di soggiacere all'alternativa di dovere pagare, per non vedersi costretti a dovere ritornare dall'estero in Italia per sostenere le proprie ragioni. D i r i t t o Esaminati gli atti, questo giudice rileva come il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa sia stato depositato in cancelleria in data 26 agosto 2003, senza il versamento presso la cancelleria del Giudice di pace di Cesena della somma richiesta, ovvero pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore, e nonostante la corresponsione della sanzione amministrativa determinata nel minimo. Il primo obbligo, previsto a pena di inammissibilita' del ricorso, scaturisce dall'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito, in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151. Detta legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003 - Suppl. Ordinario - n. 133 e' entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, pertanto, nel caso che ci occupa, doveva essere osservata sebbene contrastante con l'art. 4 del regio decreto 10 marzo 1910, n. 149, tutt'ora in vigore, che espressamente prevede che le cancellerie non possono in alcun modo ricevere versamenti in denaro. Il secondo, invece, e' derivato direttamente dal mantenimento in vigore dell'art. 207 c.d.s., per effetto del quale chi commette una violazione amministrativa con un veicolo immatricolato in uno stato comunitario, se non effettua immediatamente il pagamento in misura ridotta nelle mani dell'agente accertatore, deve versare, a pena di ritiro della patente o di fermo amministrativo del veicolo, una cauzione di ammontare pari alla meta' del massimo della sanzione prevista. Questo giudice ritiene che l'art. 203-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 non sia conforme a Costituzione. Analogamente, ritiene che la seconda obbligazione comporti un trattamento differenziato e non proporzionato dei trasgressori in base al luogo di immatricolazione dei veicoli. Per i superiori motivi, pertanto, intende sollevare, come in effetti solleva, incidente di costituzionalita' nei termini che seguono. Sulla rilevanza della questione Nel caso che ci occupa il collegamento giuridico, e non gia' di mero fatto, tra la res giudicanda e le norme ritenute incostituzionali, appare del tutto evidente. Difatti, ove si ritenesse l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito, in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 conforme a Costituzione, il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile mentre ove, per contro, si ritenesse il predetto disposto in contrasto con la Costituzione la suddetta opposizione dovra' essere esaminata nel merito. Sulla non manifesta infondatezza Violazione degli artt. 2, 3 e 10 Cost. Per ritenere l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 conforme a Costituzione occorrerebbe affermare che la diversa posizione che il legislatore ha riservato a cittadino e pubblica amministrazione nonche' lo straniero - vieppiu' facente parte della Comunita' europea -, oltre che a cittadino abbiente e cittadino non abbiente, non violi alcun precetto costituzionale. Tale assunto, tuttavia, non viene condiviso da questo giudice in quanto la normativa in parola lede il diritto fondamentale dell'individuo espressamente tutelato dall'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana, ponendo i soggetti abbienti e non abbienti su un piano di disuguaglianza fra loro permettendo esclusivamente al soggetto che sia in possesso di una somma di denaro addirittura doppia rispetto a quella che gli consentirebbe di definire la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di potere tutelare i propri diritti proponendo ricorso al giudice di pace. Ne' e' sostenibile la tesi che al soggetto non abbiente sarebbe comunque possibile presentare ricorso al prefetto in quanto tale procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione, sia in quanto a maggior ragione cio' evidenzierebbe come il ricorso al giudice di pace si trasformerebbe in un mezzo di tutela riservato esclusivamente a soggetti facoltosi, sia in quanto la scelta della sede ove tutelare i propri diritti distinguerebbe o meglio discriminerebbe i cittadini sul piano economico e sociale limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi. Del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto, che questo giudice ritiene incostituzionale, si presti a tale censura in quanto l'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che compito della Repubblica e' rimuovere, non gia' creare, ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana. Peraltro, il disposto, della cui costituzionalita' si dubita, lede altresi' l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo. Violazione analoga a quella dell'imposizione del pagamento in misura ridotta a carico dello straniero, che implica una palese disparita' di trattamento nei di lui confronti a dispetto del principio di conformita' dell'ordinamento italiano a quello straniero. Cio' e' tanto piu' evidente, in quanto si consideri che al comma 2, l'art. 10 Cost. dispone che la condizione giuridica dello straniero deve essere regolata dalla legge in conformita' delle norme e dei trattati internazionali (prel. 16; c.p. 3 ss); mentre, tale trattamento disparitario e' il frutto del venir meno dell'Italia agli obblighi ad ella incombenti in forza dell'art. 6 del Trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, l'art. 12 Ce) (Corte Giustizia CE, Sez. VI, 19 marzo 2002, n. 224, Comm. Ce c. Rep. It.; in: Foro It. 2002, IV, 358; Eur. Legal Forum 2002, 180; Riv. Polizia 2002, 364 s.m.). In effetti la Corte di giustizia delle Comunita' europee, con la superiore decisione, ha ritenuto che l'art. 207 c.d.s. comporti un trattamento differenziato e non proporzionato dei trasgressori alle norme della circolazione stradale in relazione al luogo di immatricolazione del veicolo e, quindi, in ultimi analisi, in relazione alla loro residenza. Difatti, la disciplina italiana muta sensibilmente ove il trasgressore commetta la violazione con un veicolo immatricolato all'estero (per quello che interessa agli odierni fini, in uno stato comunitario) e tale violazione sia accertata immediatamente. In particolare, in caso di infrazione commessa con un veicolo immatricolato in Italia, il trasgressore dispone di un termine di sessanta giorni, decorrenti dalla contestazione o dalla notificazione dell'infrazione, per il pagamento del minimo edittale; entro tale termine puo' anche presentare ricorso al prefetto, se non gia' pagato il suddetto minimo. Invece, dall'art. 207 c.d.s. risulta che, in caso di infrazione commessa a bordo di un veicolo immatricolato all'estero o targato EE, il trasgressore deve versare immediatamente il minimo edittale oppure, in particolare se intende contestare l'infrazione dinanzi al prefetto, costituire una cauzione pari al doppio del minimo, a pena di ritiro della patente o di fermo amministrativo del veicolo. In tal modo, risulta che l'art. 207 c.d.s. introduca una disparita' di trattamento a discapito dei trasgressori in possesso di un veicolo immatricolato in uno Stato membro. E' ben vero che tale disparita' di trattamento non e' direttamente basata sulla cittadinanza. Tuttavia, e' pacifico che, in Italia, la grande maggioranza dei trasgressori in possesso di un veicolo immatricolato in uno Stato in un altro Stato membro non e' di cittadinanza italiana, mentre lo e' la grande maggioranza dei trasgressori in possesso di un veicolo immatricolato in Italia. Ne consegue che la disparita' di trattamento indotta con l'art. 207 c.d.s. a scapito dei trasgressori in possesso di un veicolo immatricolato in uno Stato membro comporta, di fatto, il medesimo risultato di una discriminazione basata sulla cittadinanza. Vale, in questa sede, appurare la sussistenza o meno di ragioni obiettive tali da giustificare l'esistenza della norma di che trattasi. Al proposito, ci si riporta a quanto sostenuto dal Governo italiano che, adducendo la mancanza di strumenti internazionali o comunitari che assicurino che una sanzione pecuniaria per un infrazione al codice della strada irrogata in uno Stato membro possa essere eseguita, eventualmente, in un altro Stato membro, concluderebbe per l'esistenza di un concreto rischio che la sanzione non sia riscossa. Inoltre, nella stessa sede, fu evidenziata la carenza di reciprocita' tra la Repubblica italiana ed altri Stati membri, per i quali non vigono neanche convenzioni bilaterali atte ad assicurare tale esecuzione. Tali sono le circostanze che giustificherebbero l'incriminato comportamento disparitario, i cui limiti patrimoniali, consistenti nel versamento di un importo pari al doppio del minimo edittale previsto dall'art. 207 c.d.s. da corrispondersi sotto forma di cauzione o di presentazione di documento fidejussorio, ha l'effetto di indurre i trasgressori ad effettuare immediatamente il pagamento del doppio del minimo e, percio', a rinunciare al termine per il ripensamento che la legge concede loro per decidere se contestare meno l'infrazione dinanzi al prefetto. Alla luce di quanto sopra, il superiore trattamento differenziato appare oltremodo sproporzionato rispetto allo scopo perseguito da questa disposizione. Alle superiori obiezioni, si eccepisce che l'identico concreto obiettivo sarebbe altrettanto agevolmente perseguito anche attraverso la corresponsione di una cifra pari al minimo edittale con eventuale incameramento della stessa ad opera dell'autorita' italiana alla scadenza del termine dei sessanta giorni previsto dall'art. 202 c.d.s. Associandosi alle superiori obiezioni anche la Corte di giustizia, si dichiaro' la Repubblica italiana colpevole di avere osservato un trattamento differenziato e non proporzionato dei trasgressori in base al luogo di immatricolazione dei veicoli, in palese spregio degli obblighi scaturenti dal testo dell'art. 6 del Trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, art. 12 Ce). Quanto sin qui dedotto, esposto e rilevato, evidenzia, senza tema di smentita, la violazione dei diritti costituzionali dell'uomo sotto il profilo dell'osservanza dell'uguaglianza ex art. 10 Cost. e del diritto di difendersi. Detto articolo, non impone l'assimilazione della posizione dello straniero a quella del cittadino, ne' alcuna norma internazionale, di origine consuetudinaria o patrizia, impone al legislatore nazionale la parita' dei cittadini e stranieri relativamente all'acquisto, al godimento ed all'esercizio di tutti i diritti civili. Pertanto, la condizione di reciprocita', che riguarda soltanto i diritti civili, senza limitare la garanzia dei diritti fondamentali della persona dello straniero, e' conforme tanto alla consuetudine dell'ordinamento internazionale quanto a quello costituzionale (Consiglio di Stato, Sez. I, 15 giugno 1994, n. 626; in: Foro amm. 1995, 2298). Violazione dell'art. 24 Cost. L'ingiustificato ostacolo imposto per la tutela dei diritti del cittadino nella sola sede giurisdizionale contrasta con l'art. 24 Cost. il quale espressamente prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed aggiunge che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. La sola lettura della norma costituzionale fa apparire palese il netto contrasto di quest'ultima con l'art. 24-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito, in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151. Infatti, l'imposizione del versamento della cauzione previsto per la tutela dei diritti del ricorrente nella sola sede giurisdizionale oltre a rappresentare un ingiustificato, quanto un ingiusto vantaggio per l'amministrazione opposta che, a differenza dell'opponente, in caso di vittoria ha immediatamente a propria disposizione quanto eventualmente dovuto, non assicura la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi a coloro i quali non dispongono di una sufficiente agiatezza economica, in tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa. Peraltro, e' indubbio che l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 241, che ha convertito, in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 nell'indurre il ricorrente, di fatto, a desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, scoraggia l'unico mezzo di tutela che quest'ultimo ha a propria disposizione soggetto al principio della soccombenza, costringendo o comunque inducendo i meno facoltosi a presentare ricorso al prefetto per la tutela dei propri diritti, sede in cui in caso di accoglimento dell'opposizione il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese sostenute per l'assistenza di un professionista, ma neppure delle spese vive sostenute.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953; Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza, solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 207 e 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, quest'ultimo in particolare introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 per contrasto con gli artt. 2, 3, 10 e 24 Cost. della Repubblica italiana, nella parte in cui prevedono, rispettivamente: 1. che all'atto della contestazione immediata dell'infrazione a cittadino straniero su veicolo immatricolato all'estero debba versare una cauzione pari al doppio del minimo edittale qualora voglia fare valere le proprie ragioni nelle opportune sedi di legge, a pena di ritiro della patente e sequestro del mezzo; 2. che il ricorrente, di qualunque Stato sia, debba comunque procedere al deposito del ricorso previo versamento nella cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore; Sospende il presente giudizio, n. 899/A/2003, nonche' l'esecutivita' della sanzione odiernamente opposta. Manda alla cancelleria per l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri. Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cesena, addi' 30 gennaio 2004 Il giudice di pace: Pepoli 04C0755