N. 180 SENTENZA 10 - 22 giugno 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  civile  -  Trattazione  davanti  al  giudice  istruttore  -
  Ordinanza-ingiunzione  di pagamento o di consegna - Emissione sulla
  base  degli  estratti  autentici  delle  scritture  contabili delle
  imprese   commerciali   nonche'   degli  estratti  autentici  delle
  scritture  contabili  prescritte  dalle leggi tributarie - Ritenuta
  irragionevolezza  e  ingiustificata  equiparazione  di  istituti  e
  procedimenti  non  confrontabili, inversione dell'onere della prova
  con  lesione dei principi del contraddittorio e della parita' delle
  parti - Non fondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., art. 186-ter, primo comma.
- Costituzione,  artt. 3,  24,  secondo comma, e 111, primo e secondo
  comma.
(GU n.25 del 30-6-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 186-ter, primo
comma,  del  codice  di  procedura civile, promosso con ordinanza del
9 luglio  2003  dal  Tribunale  di  Milano  nel  procedimento  civile
vertente tra M. D. s.r.l. e Quaglieri s.r.l., iscritta al n. 1033 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 28 aprile 2004 il giudice
relatore Francesco Amirante.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel  corso  di un giudizio in cui l'attore aveva richiesto
emettersi ordinanza-ingiunzione, secondo l'art. 186-ter del codice di
procedura  civile - allegando come prova del credito fatto valere gli
estratti  autentici  di  scritture  contabili,  in base all'art. 634,
secondo comma, cod. proc. civ. - il Tribunale di Milano ha sollevato,
con  ordinanza  emessa  il  9 luglio  2003, questione di legittimita'
costituzionale,  in riferimento agli articoli 3, 24, secondo comma, e
111,  primo  e  secondo comma, della Costituzione, dell'art. 186-ter,
primo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui, richiamando «anche»
il  secondo  comma  dell'art. 634  cod.  proc.  civ.,  considera  gli
estratti  autentici  delle  scritture  contabili  quale prova scritta
idonea  all'emissione  dell'ordinanza-ingiunzione  di  pagamento o di
consegna.
    Premessa  la  rilevanza della questione, dovendo egli decidere se
emettere  o  meno  l'ordinanza  in  argomento,  il  il  giudice a quo
sottolinea  il  carattere  eccezionale  dell'art. 634 cod. proc. civ.
rispetto ai principi generali in tema di prova e ritiene giustificato
il  privilegio  probatorio  concesso  all'imprenditore soltanto nella
particolarita'   del  procedimento  monitorio,  caratterizzato  dalla
emissione    di   un   provvedimento   inaudita   altera   parte,   a
contraddittorio  eventuale  e differito. Un procedimento, dunque, nel
quale  le  prove  documentali poste a sostegno del decreto ingiuntivo
sono   suscettibili  di  una  piena  valutazione  critica  a  seguito
dell'instaurarsi  del  giudizio di opposizione. Viceversa la rilevata
idoneita'  probatoria,  all'interno  di  un giudizio ordinario, degli
estratti  autentici  di  scritture  contabili,  in  quanto  documenti
precostituiti dalla parte che intende avvalersene, contrasterebbe con
gli evocati parametri.
    In  particolare sarebbe vulnerato l'art. 3 della Costituzione, in
quanto,  posto  che  la  specifica agevolazione probatoria e' data in
considerazione  del  particolare  affidamento  richiesto nei rapporti
commerciali  anche  ai fini della circolazione dei crediti, allorche'
un  giudizio si sia ormai instaurato, il rapporto commerciale sarebbe
gia'  oggetto  di  contestazione giudiziale, sicche' non ricorrerebbe
piu'  l'esigenza  di  tutelarne l'affidamento, ma solo di valutare la
fondatezza  delle  pretese  delle  parti.  Secondo  il  remittente le
rilevanti  differenze di natura e di funzioni che intercorrono tra il
procedimento  monitorio  e  il  sub-procedimento  di ingiunzione e la
conseguente  impossibilita' di assumere l'uno a tertium comparationis
dell'altro,   determinerebbe   l'irrazionalita'   di  una  disciplina
omogenea, in quanto priva di una sua autonoma giustificazione.
    La norma si porrebbe altresi' in contrasto con l'art. 24, secondo
comma,  della  Costituzione,  poiche'  comporterebbe  una illegittima
inversione  dell'onere  probatorio,  conseguente alla mera proiezione
della  logica  del  procedimento  monitorio  al  sub-procedimento  di
ingiunzione.  Nel  primo,  in assenza di contraddittorio, i documenti
posti  a  sostegno  del  decreto  ingiuntivo sono destinati ad essere
nuovamente valutati alla luce dei principi generali in tema di prova,
una volta instaurato il giudizio di opposizione. Nel secondo, invece,
a  contraddittorio  gia' instaurato, la controparte dovra' adoperarsi
per   provare   il  contrario  di  quanto  risultante  dai  documenti
precostituiti.
    D'altra  parte  -  opina  il  Tribunale - il giudice non potrebbe
concedere   il   provvedimento  sulla  base  di  una  valutazione  di
presumibile  resistenza delle ragioni dell'istante alle contestazioni
della   controparte,  nell'ottica  della  decisione  definitiva:  una
valutazione  del  genere sarebbe infatti preclusa dalla diversita' di
disciplina delle due fasi decisionali.
    Inoltre   il   censurato  richiamo  alla  particolare  attitudine
probatoria  degli estratti delle scritture contabili - quando oggetto
del  credito  fatto valere dall'istante, come nel giudizio a quo, sia
una  prestazione  di servizi comporterebbe per la controparte l'onere
diabolico  della prova del fatto negativo di non aver mai ricevuto la
prestazione medesima.
    L'asserito  privilegio  probatorio  contrasterebbe  infine con il
principio  del contraddittorio e della «parita' delle armi» di cui ai
commi  primo  e  secondo dell'art. 111 della Costituzione, in quanto,
mentre  nel  procedimento monitorio, caratterizzato dalla adozione di
un  provvedimento  inaudita  altera  parte, ma condizionato nella sua
«validita»  dalla  volonta'  dell'ingiunto, non vi sarebbe violazione
del  contraddittorio,  perche'  e'  rimessa alla volonta' predetta la
decisione   se   instaurarlo,  ovvero  se  accettare  gli  esiti  del
procedimento  monitorio,  nel  caso  in  questione  - in cui la parte
avrebbe  gia'  manifestato, costituendosi in giudizio, la volonta' di
avvalersi  del diritto costituzionale al giusto processo - l'adozione
di   provvedimenti  (anche  interinali)  fondati  su  meri  privilegi
probatori risulterebbe lesiva dei principi suddetti.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   che   ha   concluso   per  l'infondatezza  della  questione,
richiamandosi  alla  sentenza  n. 295  del  1995  di  questa Corte ed
osservando  come  la  norma  (che  e'  comunque frutto di valutazione
discrezionale  del  legislatore  e  quindi  non  sindacabile come non
razionale  o  lesiva del principio di uguaglianza) sia finalizzata ad
attuare  la  pienezza  ed  effettivita' della tutela giurisdizionale,
laddove  l'avvenuta instaurazione del contraddittorio risulterebbe di
maggior  garanzia  per  il  debitore,  cui  e'  data  la  facolta' di
interloquire  e  controdedurre  rispetto  alla  richiesta  di  misure
cautelari formulata dal creditore.

                       Considerato in diritto

    1.   -  Il  Tribunale  di  Milano  dubita,  in  riferimento  agli
articoli 3,  24,  secondo  comma, e 111, primo e secondo comma, della
Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale dell'art. 186-ter,
primo  comma,  del  codice  di  procedura civile, nella parte in cui,
richiamando  «anche»  il secondo comma dell'art. 634 cod. proc. civ.,
considera  gli  estratti  autentici  delle scritture contabili di cui
agli  artt. 2214  e seguenti cod. civ. nonche' gli estratti autentici
delle  scritture  contabili  prescritte dalle leggi tributarie, quale
prova  scritta  idonea  all'emissione  dell'ordinanza-ingiunzione  di
pagamento o di consegna.
    Secondo  il  remittente,  detta  norma  sarebbe irragionevole nel
disciplinare in modo omogeneo ed ingiustificato procedimenti tra loro
non  confrontabili,  in  quanto l'esigenza di tutela dell'affidamento
nella  circolazione dei crediti, insita nei rapporti commerciali, non
ricorrerebbe  piu'  ove questi, per la pendenza di un giudizio, siano
ormai oggetto di contestazione.
    La   censurata  previsione  determinerebbe  inoltre  una  gravosa
inversione  dell'onere  probatorio  risultando  altresi'  lesiva  dei
principi del contraddittorio e della parita' delle parti, consentendo
l'adozione  di  provvedimenti  interinali  fondati  su meri privilegi
probatori in un giudizio a cognizione piena.
    2. - La questione non e' fondata.
    Questa  Corte  ha  piu' volte affermato che «e' da riconoscere al
legislatore un'ampia potesta' discrezionale nella conformazione degli
istituti   processuali,   col   solo  limite  della  non  irrazionale
predisposizione   di   strumenti   di   tutela,   pur   se  tra  loro
differenziati»  (v.,  per  tutte,  la sentenza n. 295 del 1995, punto
n. 3  del  Considerato  in  diritto).  D'altra  parte il principio di
eguaglianza  non  comporta  che  istituti  tra i quali si riscontrino
differenze  anche  rilevanti  non  possano  avere  per alcuni profili
comunanza  di  disciplina.  Non  vale  quindi,  al  fine  di  dedurre
l'irragionevolezza della norma denunciata, richiamare le decisioni di
questa  Corte  con le quali e' stato ritenuto che tra il procedimento
di cui agli articoli 633 e seguenti cod. proc. civ. e quello regolato
dall'art. 186-ter  cod.  proc.  civ.  esistono  rilevanti  diversita'
funzionali,  sicche'  l'uno non puo' costituire tertium comparationis
riguardo all'altro.
    Cio'  premesso,  l'impostazione  dell'ordinanza  di rimessione e'
frutto  di  una non corretta lettura del complesso delle disposizioni
in cui e' inserita la norma stessa.
    Il remittente, infatti, presuppone che l'ordinanza-ingiunzione in
questione venga sempre emessa in caso di contestazione del credito, e
stabilisce   altresi'   un'impropria  equivalenza  tra  instaurazione
virtuale del contraddittorio e contestazione del credito, trascurando
di  rilevare  che il comma quinto della norma censurata reca apposita
disciplina per l'ipotesi di contumacia del convenuto.
    Inoltre,  poiche'  l'ordinanza-ingiunzione puo' essere emessa dal
momento  in  cui  il  contraddittorio  e'  stato instaurato fino alla
precisazione  delle  conclusioni ed e' soggetta alla disciplina delle
ordinanze  revocabili  di  cui  agli articoli 177 e 178, primo comma,
cod.  proc. civ., gli estratti contabili, la cui efficacia probatoria
nel  procedimento  a  quo  il  remittente sospetta di illegittimita',
vanno  apprezzati  dal  giudice,  inizialmente  o  nel prosieguo, nel
quadro  complessivo delle emergenze processuali. Ne consegue che tali
estratti,  nel  caso di cui al giudizio a quo, finiscono per spiegare
per   vie   diverse  una  efficacia  non  dissimile  da  quella  loro
attribuita,  in  caso  di  opposizione,  nel  procedimento  monitorio
documentale.
    Nessuna  inversione  dell'onere  della  prova  deriva dalla norma
censurata, ma soltanto l'attribuzione di una ben circoscritta valenza
probatoria,  attribuita  a  determinati  documenti  in  ragione della
natura  dei  crediti  sui quali si controverte, in deroga alla regola
generale  secondo  cui  le  scritture in argomento fanno prova contro
l'imprenditore;  per cui l'anzidetta natura del credito, anche quando
esso  riguardi  una  prestazione di servizi, non e' elemento idoneo a
modificare tale conclusione.
    Anche  i parametri di cui agli articoli 24, secondo comma, e 111,
primo   e   secondo  comma,  della  Costituzione  risultano  pertanto
infondatamente evocati.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 186-ter,  primo  comma,  del  codice  di  procedura civile,
sollevata,  in riferimento agli articoli 3, 24, secondo comma, e 111,
primo  e  secondo  comma, della Costituzione, dal Tribunale di Milano
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 giugno 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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