N. 607 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 2004
Ordinanza emessa il 22 gennaio 2004 dal tribunale di Arezzo nel procedimento penale a carico di Ibrir Nabil Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Attribuzione alla polizia giudiziaria di un potere autonomo e superiore rispetto a quello riconosciuto alla autorita' giudiziaria - Lesione del principio della riserva di giurisdizione in materia di liberta' personale - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, art. 13, commi secondo e terzo.(GU n.27 del 14-7-2004 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Ibrir Nabil, nato 17 gennaio 1982 Annaba (Algeria) e' stato tratto in arresto in flagranza del reato di cui all'art. 14/5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, e presentato all'udienza per il giudizio di convalida dell'arrestato ed il giudizio direttissimo, con la contestazione di essersi trattenuto senza giustificato motivo nel territorio delle Stato in violazione dell'ordine impartitogli dal questore di Roma in data 20 ottobre 2003, di cui ha avuto regolare notificazione, di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni. Il pubblico ministero ha chiesto la convalida dell'arresto e la liberazione dell'indagato non potendo avanzare richiesta di applicazione di misura cautelare, la difesa nulla ha opposto alla convalida dell'arresto associandosi alla richiesta di remissione in liberta'. L'oggetto della convalida consiste nella verifica da parte del giudice della presenza nel caso delle condizioni di legge che potevano consentire o imporre alla polizia giudiziaria di procedere all'arresto. Nel caso trattasi di soggetto trovato privo di documenti, che ha declinato le proprie generalita' consentendo alla polizia ferroviaria di identificarlo per la persona cui e' stato notificato il decreto di espulsione emesso a suo carico dal Prefetto di Ferrara e l'ordine di allontanamento dal territorio nazionale entro cinque giorni successivamente adottato dal questore di Roma quando e' cessato il suo trattenimento presso il centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria. Nessun dubbio quindi quanto al ricorrere esattamente dei presupposti per l'arresto ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, n. 286/1998. Impregiudicata ogni valutazione nel merito, ovverosia quanto alla sussistenza della fattispecie, riservata al giudizio direttissimo, sin d'ora appare pero' chiaro che l'integrazione o meno della contravvenzione contestata dipende da un lato dalla verifica dei presupposti di legittimita' dell'emanazione dell'ordine di espulsione e della sua corretta motivazione, dall'altro dalla presenza o meno di un giustificato motivo che avrebbe eventualmente impedito all'indagato di allontanarsi dall'Italia. Sotto il primo profilo ha ad esempio la mancanza di traduzione dell'ordine di allontanamento in arabo o francese, uniche lingue conosciute dall'indagato, che non conosce la lingua inglese nella quale il provvedimento gli e' stato invece tradotto, sotto il secondo e' rimessa in sostanza al giudice di valutare se le condizioni personali ed economiche dell'arrestato ne abbiano giustificato la permanenza in Italia oltre i cinque giorni, considerato altresi' che egli ha dichiarato di essere gia' stato respinto alla frontiera francese di Ventimiglia, in uscita dall'Italiae che, al momento in cui e' stato fermato sul treno, stava tentando nuovamente di espatriare in Francia in direzione di Nizza, e che dall'ordine di allontanamento del questore si apprende che, durante tutto il tempo in cui e' stato trattenuto presso il centro di permanenza temporanea, non e' stato possibile munirlo di documento di identita' necessario per l'espatrio. Dunque da un lato e' sicura la presenza dei requisiti per convalidare l'arresto, ma e' anche concreta la possibilita' che l'indagato venga poi assolto in sede di giudizio direttissimo, e cio' fonda il giudizio di rilevanza della questione di costituzionalita' della norma in esame che si intende sollevare, ed avvalora altresi' le considerazioni che si andranno a svolgere circa il rapporto tra privazione della liberta' personale tramite arresto in flagranza e controllo giurisdizionale sull'attivita' della polizia giudiziaria. Non appare infatti manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' della previsione di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui prevede, per il reato previsto al comma 5-ter del medesimo articolo, l'arresto obbligatorio dell'indagato. Trattasi in particolare del contrasto tra l'art. 14/5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 (nella vigente formulazione) con l'art. 13 della Costituzione. Si osserva in proposito, in primo luogo, che l'art. 13 della Costituzione, dopo avere stabilito al primo comma che «la liberta' personale e' inviolabile», ammette al secondo comma che restrizioni alla detta liberta' (detenzione, ispezione e perquisizione) siano operabili solo «per atto motivato dell'autorita' giudiziaria», e, al terzo comma, consente all'autorita' di pubblica sicurezza, «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza» di adottare «provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati (...) all'autorita' giudiziaria e, se questa non li convalida (...) si intendono revocati e restano privi di ogni effetto». La norma dunque attribuisce alla sola autorita' giudiziaria la competenza ad operare restrizioni della liberta' personale, riservando all'autorita' di pubblica sicurezza non una analoga, seppur piu' limitata competenza, ma solo il potere di intervenire in supplenza ed anticipazione dell'operato dell'autorita' giudiziaria quando questa, per l'urgenza del caso, non sia in grado di intervenire tempestivamente. Depongono in questa direzione: la provvisorieta' del provvedimento adottato dall'autorita' di pubblica sicurezza, destinato cioe' fin dall'origine ad essere trasformato e superato da altro atto, la natura derogatoria dell'intervento della polizia rispetto al principio generale dell'intervento dell'autorita' giudiziaria, poiche' si tratta per il costituente di casi «eccezionali», la perdita di ogni effetto del provvedimento adottato dall'autorita' di pubblica sicurezza, qualora questo non sia tempestivamente comunicato o, soprattutto, convalidato, e la stessa configurazione dell'atto dell'autorita' giudiziaria come atto di «convalida», ovverosia atto diretto alla verifica ed eliminazione di eventuali vizi presenti un precedente atto. In tal senso si e' espressa anche la Corte costituzionale, allorche' ha osservato che vi e' una regola, che attribuisce all'autorita' giudiziaria la competenza ad emettere provvedimenti coercitivi della liberta' personale, ed una eccezione, rappresentata dal fatto «in se' previsto dal testo costituzionale, che gli organi di polizia debbono provvedere in sostituzione dell'autorita' giudiziaria», che «l'obbligo dell'atto motivato di convalida (...) e' disposto nell'art. 13/3 della Costituzione per ogni provvedimento provvisorio preso dall'autorita' di pubblica sicurezza in sostituzione del giudice e quindi per ogni provvedimento di arresto (obbligatorio o facoltativo) o di fermo» (cfr. Corte cost. n. 173/1971), e che le finalita' sottese all'arresto in flagranza sono perseguibili «soltanto attraverso l'immediato intervento dell'autorita' di polizia in temporanea vece dell'autorita' giudiziaria, lontana normalmente dalla flagranza o quasi flagranza dei reati» (cfr. Corte cost. n. 503/1989). Parimenti la Corte di cassazione ha affermato che, nel caso di arresto in flagranza, il titolo legittimo della detenzione e' costituito da una fattispecie complessa, in cui l'attivita' della polizia giudiziaria deve collegarsi al provvedimento di convalida dell'autorita' giudiziaria, il quale soltanto costituisce l'atto con cui si esercita il controllo della legittimita' dell'operato della polizia giudiziaria e, ad un tempo, il titolo formale della detenzione stessa, cui la legge conferisce efficacia ex tunc (cfr. cass. n. 297/1973). Coerentemente con i principi espressi dall'art. 13 Cost., nella lettura datane dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita' sopra richiamata, il vigente codice di procedura penale prevede infatti che la polizia giudiziaria che ha eseguito l'arresto ne dia immediata notizia al pubblico ministero (art. 386/1 c.p.p.), ponga l'arrestato a disposizione del pubblico ministero al piu' presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall'arresto (art. 386/3 c.p.p.), a pena di inefficacia dell'arresto medesimo (art. 386 ultimo comma c.p.p.), e, correlativamente, attribuisce al pubblico ministero il potere/dovere di sindacare da subito l'operato della polizia giudiziaria sotto il profilo della legittimita', disponendo l'immediata liberazione della persona che sia stata arrestata al di fuori dei casi consentiti (art. 389 c.p.p.), oppure sotto il profilo dell'insussistenza di esigenze cautelari, disponendo, anche in questo caso, l'mmediata liberazione dell'arrestato (art. 121 disp. att. c.p.p.). Anche le scelte operate dal legislatore nella materia in oggetto sembrano dunque orientate inequivocabilmente nel senso di configurare l'operato della polizia giudiziaria come mera anticipazione dell'attivita' giuridica dell'autorita' giudiziaria, la quale, infatti, in tempi tassativamente assai brevi, e' chiamata ad essere investita della questione e ad intervenire con le piu' ampie valutazioni, anche e soprattutto se dissonanti rispetto a quelle della polizia medesima. Pertanto sia il tenore letterale della norma costituzionale, sia la sua interpretazione giurisprudenziale, sia l'ordinamento positivo convergono nell'escludere che l'art. 13 della Costituzione attribuisca all'autorita' di pubblica sicurezza un autonomo potere di limitazione della liberta' personale, mentre invece inducono a ritenere che esso legittimi l'anzidetto potere esclusivamente in quanto anticipazione e supplenza del potere dell'autorita' giudiziaria: con l'ovvia, necessaria conseguenza che all'autorita' di pubblica sicurezza non puo' essere conferito un potere piu' esteso di quello riconosciuto all'autorita' giudiziaria. Ebbene, nei confronti di chi sia indagato per il reato previsto dall'art. 14/5-ter, d.lgs. n. 286/1998, nell'attuale formulazione, l'autorita' giudiziaria non dispone di alcun potere quanto alla limitazione della liberta' personale, perche' l'illecito e' configurato come contravvenzione, punita con pena dell'arresto da sei mesi ad un anno, e dunque per tale fattispecie non puo' essere adottata alcuna misura cautelare ai sensi degli artt. 272 e seguenti c.p.p. Appare dunque seriamente ipotizzabile un contrasto tra l'art. 14, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 286/1998, nella parte in cui, attribuendo alla polizia giudiziaria il potere/dovere di procedere all'arresto obbligatorio dell'indagato, conferisce alla stessa un potere autonomo di restrizione della liberta' personale sostanzialmente insuscettibile di conferma da parte dell'autorita' giudiziaria, obbligata alla remissione in liberta' dell'arrestato, il quale dunque risultera' comunque aver subito una restrizione della liberta' personale che, l'autorita' giudiziaria non poteva disporre e non potra' disporre. La circostanza che si tratti di una mera contravvenzione ad un ordine dell'autorita' di pubblica sicurezza nell'ambito di un complessivo sistema indirizzato a garantire la massima efficacia all'espulsione dello straniero (indicativa in questo senso e' la collocazione della fattispecie nell'ambito dell'art. 14, legge n. 189/2002 intitolato «esecuzione dell'espulsione», come una sorta di norma di chiusura laddove non sia stata eseguita in altro modo l'espulsione, tanto che «al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione», dopo l'inevitabile remissione in liberta' all'esito della convalida, ai sensi dello stesso comma 5-quinquies, seconda parte dell'art. 14 d.l. cit., il questore puo' disporre i provvedimenti di cui al comma primo del medesimo art. 14, e dunque il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza temporanea), induce a collocare pertanto tale caso di restrizione della liberta' personale all'interno di una problematica di normale efficienza o inefficienza dell'attivita' amministrativa, piuttosto che nei casi eccezionali previsti dall'art. 13 Cost. Si aggiunge inoltre che, diversamente da ogni altra ipotesi in cui sia possibile o doveroso l'arresto in flagranza, nel caso che occupa vi e' una divergenza significativa tra gli elementi che valuta l'autorita' di polizia giudiziaria per procedere all'arresto, con un sostanziale automatismo, la cui ricorrenza forma l'unico controllo possibile del giudice in sede di convalida, e quelli che dovra' valutare invece l'autorita' giudiziaria nel giudizio direttissimo per ritenere o meno l'integrazione del reato. Mentre infatti la polizia giudiziaria procede in base alla semplice verifica di due dati circostanziali obiettivi, quali la presenza di un ordine di allontanamento regolarmente notificato, e l'essere trascorsi piu' di cinque giorni da tale notificazione, la cui ricorrenza o meno e' oggetto del giudizio di convalida, il giudice dovra' invece valutare nel giudizio direttissimo circa la sussistenza della contravvenzione diversi e ulteriori elementi, quali la legittimita' dell'ordine di allontanamento e la presenza di un giustificato motivo per il mancato allontanamento, l'esame dei quali e' precluso per la polizia giudiziaria, vincolata a procedere all'arresto. Dunque il controllo giurisdizionale sulla legittimita' della restrizione della liberta' personale, da attuarsi con il giudizio di convalida di arresto, e', nel caso, completamente sganciato dall'accertamento della commissione o meno di un reato. Sul punto da un lato appare rilevante la non univoca interpretabilita' del termine «giustificato motivo», la cui valutazione certo non puo' essere rimessa agli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, dall'altro sconcerta che vi sia l'obbligo di arrestare comunque chi potrebbe aver avuto un giustificato motivo per non ottemperare all'ordine ricevuto, senza che questo possa essere valutato prima di operare la restrizione della liberta' personale. In altri termini il sistema normativo appare congegnato da un lato sul presupposto della sostanziale irrilevanza criminale della fattispecie non passibile dell'adozione di misure cautelari, e sull'indifferenza per l'ordinamento della sorte processuale dell'arrestato, essendo minima la sanzione comunque comminabile, aleatoria la condanna medesima, perche' affidata in sostanza ad un giudizio pressoche' solo equitativo, ed irrilevante la sua esecuzione, posto che, qualunque sia l'esito del processo, l'arrestato e' destinato (ove possibile) ad essere comunque espulso, come indicato dallo stesso art. 14/5-quinquies seconda parte d.lgs. n. 286/1998, e, dall'altro, sulla strumentalizzazione della possibilita' di privazione della liberta' personale da parte della Polizia giudiziaria per realizzare la diversa finalita' amministrativa dell'espulsione, con modalita' cosi' ingiustificatamente vessatorie nei confronti dei clandestini, quali l'arresto, da potersi fondatamente ipotizzare che siano funzionali altresi' a scoraggiarne l'ingresso in Italia. Per i motivi esposti si ritiene dunque che sussistano seri dubbi di legittimita' della norma in esame da sottoporre al giudice delle leggi. La necessita' di sospensione del procedimento impone comunque l'immediata remissione in liberta' dell'indagato in mancanza di adeguato titolo detentivo.
P. Q. M. Visti gli art. 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, per violazione dell'art. 13 secondo e terzo comma della Costituzione, nella parte in cui prevede, per il reato previsto al comma 5-ter del medesimo art. 14, d.lgs. n. 286/1998, l'arresto obbligatorio dell'indagato; Sospende il presente procedimento ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone l'immediata remissione in liberta' dell'indagato se non detenuto per altra causa. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Arezzo, addi' 22 gennaio 2004 Il giudice: Barlucchi 04C0774