N. 199 SENTENZA 24 - 28 giugno 2004

Giudizio per conflitto di attribuzione tra enti.

Edilizia  e urbanistica - Condono edilizio straordinario adottato dal
  legislatore  nazionale  -  Regione  Campania  - Deliberazione della
  Giunta  che nega efficacia nel territorio regionale alla disciplina
  nazionale  -  Ricorso  del  Governo - Eccezione di inammissibilita'
  prospettata  dalla  Regione  -  Asserita  carenza  di motivazione e
  mancata  individuazione  del  parametro  costituzionale  violato  -
  Reiezione dell'eccezione.
Edilizia  e urbanistica - Condono edilizio straordinario adottato dal
  legislatore  nazionale  -  Regione  Campania  - Deliberazione della
  Giunta  che nega efficacia nel territorio regionale alla disciplina
  nazionale  -  Ricorso  del  Governo - Eccezione di inammissibilita'
  prospettata  dalla  Regione  -  Asserita  carenza  di  un interesse
  attuale al ricorso conseguente alla mancanza di lesivita' dell'atto
  regionale - Reiezione dell'eccezione.
Edilizia  e urbanistica - Condono edilizio straordinario adottato dal
  legislatore  nazionale  -  Regione  Campania  - Deliberazione della
  Giunta  che nega efficacia nel territorio regionale alla disciplina
  nazionale  -  Ricorso  del  Governo - Eccezione di inammissibilita'
  prospettata dalla Regione - Asserita carenza di tono costituzionale
  del conflitto - Reiezione dell'eccezione.
Edilizia  e urbanistica - Condono edilizio straordinario adottato dal
  legislatore  nazionale  -  Regione  Campania  - Deliberazione della
  Giunta  che nega efficacia nel territorio regionale alla disciplina
  nazionale  -  Ricorso  del  Governo  -  Riferimento  a parametri di
  costituzionalita'  che  attengono  alla  titolarita' della potesta'
  legislativa  in  tema  di  condono edilizio di tipo straordinario -
  Inammissibilita' della censura.
- Deliberazione  della  Giunta  della  Regione  Campania 30 settembre
  2003, n. 2827.
- Costituzione,  artt. 117,  secondo comma, lettera l), e 81, primo e
  quarto comma, 119, secondo comma e 120, secondo comma, in combinato
  disposto.
Edilizia  e urbanistica - Condono edilizio straordinario adottato dal
  legislatore  nazionale  -  Regione  Campania  - Deliberazione della
  Giunta  che nega efficacia nel territorio regionale alla disciplina
  nazionale  -  Ricorso  del Governo - Lesione del canone della leale
  cooperazione  tra istituzioni della Repubblica - Non spettanza alla
  Regione  del  potere  di  adottare  l'atto  impugnato e conseguente
  annullamento dello stesso.
- Deliberazione  della  Giunta  della  Regione  Campania 30 settembre
  2003, n. 2827.
- Costituzione, art. 127.
(GU n.26 del 7-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Ugo  DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Alfio
FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della
delibera della Giunta della Regione Campania n. 2827 del 30 settembre
2003   (Integrazione   alle   linee   guida   per  la  pianificazione
territoriale  regionale  in  Campania, di cui alla delibera di Giunta
regionale  n. 4459  del  30 settembre  2002,  in materia di sanatoria
degli  abusi  edilizi),  promosso  con  ricorso  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, notificato il 28 novembre 2003, depositato in
cancelleria  il  3 dicembre  2003  ed  iscritto al n. 36 del registro
conflitti 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Campania;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'11 maggio  2004  il  giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri e l'avvocato Vincenzo Cocozza per la Regione
Campania.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ricorso notificato il 28 novembre 2003 e depositato il
3 dicembre   2003,   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
sollevato  conflitto  di attribuzioni in relazione alla deliberazione
della  Giunta  della  Regione  Campania  30 settembre  2003,  n. 2827
(Integrazione  alle  linee  guida  per la pianificazione territoriale
regionale  in  Campania,  di  cui  alla  delibera di Giunta regionale
n. 4459  del  30  settembre 2002, in materia di sanatoria degli abusi
edilizi),  pubblicata  nel  Bollettino  ufficiale n. 46 del 2 ottobre
2003.
    2.  - Il ricorrente espone che l'atto impugnato, il quale integra
le  linee  guida  per  la pianificazione del territorio approvate con
delibera  della Giunta regionale del 30 settembre 2002, n. 4459, reca
una prescrizione, intitolata «divieto di sanatoria», secondo cui «non
e'  ammessa  la  sanatoria delle opere edilizie realizzate in assenza
dei  necessari  titoli  abilitativi,  ovvero  in  difformita'  o  con
variazioni  essenziali  rispetto  a  questi  ultimi,  e  che siano in
contrasto con gli strumenti urbanistici generali vigenti».
    In  relazione  a  tale prescrizione, nel ricorso si evidenzia: a)
che  le  «difformita»  nell'atto impugnato menzionate «parrebbero non
includere  anche  le  "parziali difformita'" di cui all'art. 12 della
legge   28 febbraio  1985,  n. 47  (Norme  in  materia  di  controllo
dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria
delle  opere edilizie) e all'art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia   edilizia);   b)   che  la  «assenza  dei  necessari  titoli
abilitativi»   sembrerebbe   «non   includere   l'assenza  di  titolo
abilitativi  diversi  [...]  dalla  concessione  edilizia»; c) che il
riferimento  agli  «strumenti  urbanistici generali vigenti» parrebbe
«non  escludere  la sanabilita' delle opere edilizie in contrasto con
strumenti   generali   solo  adottati  o  con  strumenti  urbanistici
attuativi vigenti o adottati».
    L'Avvocatura  osserva  inoltre come, mentre le linee guida di cui
alla   deliberazione  della  stessa  Giunta  della  Regione  Campania
30 settembre 2002, n. 4459, sarebbero state «confermate» con la legge
della Regione Campania 18 ottobre 2002, n. 26 (Norme ed incentivi per
la  valorizzazione  dei  centri  storici  della  Campania  e  per  la
catalogazione  dei  beni ambientali di qualita' paesistica. Modifiche
alla  legge  regionale  19 febbraio  1996,  n. 3), l'atto oggetto del
presente conflitto non sarebbe stato «legificato».
    3. - Secondo il ricorrente, la deliberazione n. 2827 in questione
sarebbe   lesiva  delle  competenze  dello  Stato,  dal  momento  che
mirerebbe   «ad   indurre   dirigenti  e/o  amministratori  locali  a
disapplicare  l'art. 32  del  decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269
[...]  e  cioe'  a  sottrarre effettivita' a disposizioni legislative
prodotte  dallo  Stato».  Cio'  determinerebbe,  in  primo luogo, una
violazione  del  principio  di  leale cooperazione. In secondo luogo,
risulterebbe  violata la competenza statale a porre la disciplina dei
titoli abilitativi ad edificare (al riguardo viene citata la sentenza
di  questa  Corte n. 303 del 2003). Ancora, la deliberazione in esame
ometterebbe  di  considerare  che il fondamento dell'art. 32 del d.l.
n. 269  del  2003 andrebbe reperito, oltre che nell'art. 117, secondo
comma,  lettera l),  Cost., che attribuisce alla potesta' legislativa
statale  la  disciplina  dell'ordinamento  penale  e dell'ordinamento
civile,  anche  nel  combinato  disposto  degli  articoli 81, primo e
quarto  comma,  119,  secondo  comma  e  120, secondo comma, Cost. La
deliberazione  neppure  terrebbe  conto  del  fatto che l'art. 81 del
d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616  (Attuazione  della  delega  di  cui
all'art. 1  della  legge  22 luglio  1975, n. 382), ha riservato allo
Stato  il  potere  di  fissare le linee fondamentali dell'assetto del
territorio nazionale.
    Da  ultimo,  l'Avvocatura evidenzia come la deliberazione oggetto
del  giudizio  sarebbe  «illegittima  ed  inidonea a produrre effetti
giuridici»:  cio',  da un lato, in quanto l'art. 14 della legge della
Regione  Campania  n. 26  del  2002 non attribuirebbe alla Giunta «la
potesta' di variare le linee guida da esso "legificate"»; dall'altro,
in  quanto «dirigenti ed amministratori» non potrebbero «disattendere
disposizioni  legislative  poste  dall'art. 32 citato sol perche' una
deliberazione  amministrativa  (neppur fonte secondaria) della Giunta
regionale   si  e'  espressa  in  senso  opposto».  La  deliberazione
impugnata,  dunque,  sarebbe  «destinata  a  rimanere improduttiva di
effetti giuridici».
    4.  - Si e' costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo
che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
    In  particolare, il ricorso sarebbe inammissibile per genericita'
dei  motivi,  in  quanto  l'Avvocatura  non  avrebbe  individuato  il
parametro  violato,  ne'  avrebbe  indicato le motivazioni a sostegno
dell'asserita     violazione     dell'ambito    delle    attribuzioni
costituzionali dello Stato.
    Ulteriore  causa  di  inammissibilita'  sarebbe  costituita dalla
carenza del «tono costituzionale» del conflitto, dal momento che cio'
di cui si lamenta il ricorrente sarebbe sostanzialmente la violazione
dell'art. 32    del    decreto-legge    30 settembre   2003,   n. 269
(Disposizioni  urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento  dei  conti pubblici), in tema di condono edilizio, da
parte  della  delibera  regionale:  circostanza  che  determinerebbe,
semmai,   un  vizio  dell'atto  amministrativo  denunciabile  dinanzi
all'autorita' giudiziaria.
    Nel  merito,  sostiene  la Regione, la delibera impugnata avrebbe
natura  di  linea  guida  della  politica  regionale  nell'ambito del
«governo  del  territorio», e costituirebbe «naturale conseguenza» di
quanto  imposto  a  livello statale attraverso l'Accordo raggiunto in
data  19 aprile  2001  tra  lo  Stato  e  le  Regioni,  in attuazione
dell'art. 52   del   decreto   legislativo   31 marzo   1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo  1977,  n. 59), e in coerenza con la Convenzione europea del
paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000.
    L'atto  impugnato,  inoltre, sarebbe stato adottato in attuazione
dell'art. 14  della  legge  regionale  n. 26  del 2002, non impugnata
dallo  Stato;  l'articolo  citato  disporrebbe infatti che, fino alla
adozione del piano territoriale regionale, la Giunta regionale adotta
le linee guida della pianificazione regionale, redatte in conformita'
con il citato Accordo del 19 aprile 2001.
    5. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Campania ha
depositato una ulteriore memoria, nella quale insiste soprattutto per
l'inammissibilita' del ricorso. In particolare, la contraddittorieta'
e   la   genericita'   delle   argomentazioni  poste  a  sostegno  di
quest'ultimo  comporterebbero  la  violazione  del  diritto di difesa
della  parte  resistente,  determinandosi  una  sorta  di  inversione
dell'onere della prova sulla legittimita' dell'atto impugnato.
    La    Regione    ribadisce    anche    l'ulteriore   ragione   di
inammissibilita'  gia'  fatta  valere in precedenza, costituita dalla
asserita mancanza del «tono costituzionale» del conflitto, nonche' le
argomentazioni  a  sostegno  della  tesi  secondo cui, in realta', lo
Stato lamenterebbe la presunta violazione della normativa statale sul
condono edilizio. Aggiunge, infine, la Regione che la circostanza che
la stessa Avvocatura riconosca l'inidoneita' della delibera impugnata
a produrre effetti giuridici, renderebbe evidente la assoluta carenza
di interesse attuale alla proposizione del conflitto.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri ha sollevato
conflitto  di  attribuzione  nei  confronti della Regione Campania in
relazione  alla deliberazione della Giunta 30 settembre 2003, n. 2827
(Integrazione  alle  linee  guida  per la pianificazione territoriale
regionale  in  Campania,  di  cui  alla  delibera di Giunta regionale
n. 4459  del  30  settembre 2002, in materia di sanatoria degli abusi
edilizi),  poiche' tale atto mirerebbe a disapplicare nell'ambito del
territorio  regionale  la  disciplina  del condono edilizio contenuta
nell'art. 32    del    decreto-legge    30 settembre   2003,   n. 269
(Disposizioni  urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento dei conti pubblici).
    L'atto  impugnato - emanato allorche' si aveva gia' notizia della
approvazione  del  suddetto  decreto-legge da parte del Consiglio dei
ministri  -  consiste  in  una integrazione alle «linee guida» per la
pianificazione   territoriale   regionale   in   Campania,   previste
dall'art. 14  della  legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26 (Norme ed
incentivi  per  la valorizzazione dei centri storici della Campania e
per  la  catalogazione  dei  beni  ambientali di qualita' paesistica.
Modifiche  alla  legge  regionale  19 febbraio 1996, n. 3), che erano
state  approvate con deliberazione n. 4459 della Giunta regionale del
30 settembre  2002. Nell'atto censurato, con il quale viene approvato
un  allegato  dal  titolo  «Integrazione  alle  linee  guida  per  la
pianificazione   regionale,  in  materia  di  sanatoria  degli  abusi
edilizi.  Divieto  di  sanatoria»,  si  stabilisce  che  «al  fine di
salvaguardare  l'identita'  e  l'integrita' del territorio regionale,
non  e'  ammessa  la  sanatoria  delle  opere  edilizie realizzate in
assenza dei necessari titoli abilitativi, ovvero in difformita' o con
variazioni  essenziali  rispetto  a  questi  ultimi,  e  che siano in
contrasto con gli strumenti urbanistici generali vigenti»; cio' sulla
base  della  premessa  «che,  al  fine di salvaguardare l'identita' e
l'integrita'  del  territorio  regionale, sempre piu' compromesso dal
dilagante  fenomeno  dell'abusivismo  edilizio, occorre prevedere che
non  saranno ammesse ipotesi di condono edilizio ulteriori rispetto a
quelle  previste  dal  Capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e
dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724».
    Il  Governo  lamenta  che  in  tal  modo  la Regione intenderebbe
disapplicare  sul  territorio  regionale  una legge statale, con cio'
violando  il  principio  di  leale  cooperazione  fra  le istituzioni
repubblicane,  nonche'  la competenza statale a disciplinare i titoli
abilitativi   ad   edificare.   La   delibera   regionale,   inoltre,
trascurerebbe che il fondamento dell'art. 32 del d.l. n. 269 del 2003
andrebbe  ravvisato nella competenza esclusiva dello Stato in materia
di  ordinamento  civile  e  penale,  nonche'  negli artt. 81, primo e
quarto  comma, 119, secondo comma, e 120, secondo comma, Cost. L'atto
della  Giunta  regionale,  infine,  sarebbe  illegittimo e inidoneo a
produrre effetti giuridici.
    2.  -  Preliminarmente,  devono  essere esaminate le eccezioni di
inammissibilita'  del  ricorso  governativo prospettate dalla Regione
Campania.
    Innanzitutto,   secondo   la  Regione,  l'atto  introduttivo  del
giudizio  non individuerebbe il parametro costituzionale violato, ne'
motiverebbe  la  asserita  lesione  di  norme costituzionali da parte
della  delibera  regionale,  cosi'  oltretutto ponendo a carico della
difesa  regionale  l'onere  di  dimostrare la «legittimita» dell'atto
impugnato.
    Pur  senza negare un non sempre chiaro sovrapporsi di motivazioni
diverse  nelle  memorie dell'Avvocatura (la maggior parte delle quali
riferite,  in  realta',  al  problema  della  titolarita'  del potere
legislativo in materia), il rilievo va respinto, poiche' i motivi del
ricorso  emergono con sufficiente chiarezza. La censura fondamentale,
prospettata  dallo  Stato,  e'  costituita  dal  rilievo  che  l'atto
regionale  -  come  si esprime il ricorso governativo - «mira [...] a
sottrarre  effettivita'  a  disposizioni  legislative  prodotte dallo
Stato;  esso  appare  percio'  atto che contrasta anche con il canone
della  leale  cooperazione  tra  istituzioni  della  Repubblica».  La
giurisprudenza  di  questa  Corte  e' costante nel riconoscere che il
principio della leale collaborazione costituisca parametro invocabile
nel  conflitto di attribuzione, in quanto la sua violazione determini
la  lesione  delle  competenze riconosciute allo Stato e alle Regioni
(cfr. sentenze n. 255 del 2002 e n. 133 del 2001).
    Altro   motivo   di   inammissibilita'   eccepito  dalla  Regione
deriverebbe   dalla  carenza  di  un  interesse  attuale  al  ricorso
conseguente  alla  mancanza di lesivita' dell'atto regionale. Questo,
infatti, sarebbe in realta' inidoneo a produrre effetti giuridici.
    Anche tale eccezione deve essere respinta. Occorre infatti tenere
distinto  il  profilo  della  concreta efficacia dell'atto regionale,
rispetto  alla  lesione  della  sfera di attribuzioni dello Stato che
comunque  si  produce  attraverso  l'adozione di un atto regionale di
indirizzo  che nega efficacia giuridica ad un atto normativo statale.
L'atto  impugnato,  in  sostanza,  in  quanto  volto espressamente ad
escludere  l'applicazione  della  normativa  statale  nel  territorio
regionale,  risulta  idoneo  ad incidere sulle competenze rivendicate
dallo  Stato.  E  tanto  e'  sufficiente  a  ritenere  ammissibile il
ricorso.
    Infine,  secondo  la difesa regionale, il conflitto sarebbe privo
di  «tono  costituzionale»,  in  quanto  il  ricorrente  lamenterebbe
semplicemente l'illegittimita' dell'atto regionale, che costituirebbe
un  vizio  dell'atto  amministrativo censurabile avanti all'autorita'
giudiziaria.
    In  realta',  la delibera della Giunta della Regione Campania non
viola   semplicemente  un  decreto-legge  dello  Stato,  ma  contiene
addirittura   un   rifiuto  di  riconoscere  efficacia  ad  un'intera
normativa   statale,   pur  disponendo  la  Regione  degli  strumenti
costituzionali    per   contestarne   la   eventuale   illegittimita'
costituzionale;  cio' che poi e' avvenuto con il ricorso della stessa
Regione  Campania n. 76 del 2003, proposto avverso l'art. 32 del d.l.
n. 269  del  2003,  nonche'  con  il  ricorso n. 14 del 2004, avverso
l'art. 32  del  medesimo  d.l.,  cosi' come convertito in legge dalla
legge   24 novembre   2003,   n. 326   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante
disposizioni  urgenti  per  favorire  lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento dei conti pubblici).
    3.  -  Deve  invece  essere  dichiarata inammissibile la censura,
formulata  dal  ricorrente,  secondo  cui  la  delibera impugnata non
terrebbe  conto  del  fatto  che  l'art. 32  del d.l. n. 269 del 2003
sarebbe    fondato    sull'art. 117,   secondo   comma,   lettera l),
sull'art. 120,   secondo   comma,   nonche'  sul  combinato  disposto
dell'art. 81,  primo  e quarto comma, e dell'art. 119, secondo comma,
Cost.
    E'   evidente   infatti  come  il  richiamo  di  tali  norme  non
costituisca  riferimento  ad un parametro di costituzionalita' su cui
valutare  la  delibera  della  Giunta  regionale  della  Campania, ma
attenga   al   diverso  problema  della  titolarita'  della  potesta'
legislativa  in  tema  di condono edilizio di tipo straordinario, che
non  e'  oggetto del presente giudizio, bensi' dei ricorsi decisi con
sentenza  di questa Corte n. 196 del 2004. Il problema che si pone in
questa  sede,  invece,  prescinde dalla legittimita' o illegittimita'
costituzionale del decreto-legge che disciplina il condono edilizio e
al  quale  si  riferisce  l'atto  regionale  impugnato,  ma  riguarda
semplicemente   la   sussistenza  della  potesta'  della  Regione  di
dichiarare, in un provvedimento amministrativo, l'inapplicabilita' di
un atto con forza di legge nel proprio territorio.
    4. - La fondamentale censura mossa avverso la deliberazione della
Giunta  regionale  della  Campania e' che tale atto manifesterebbe la
volonta'  della Regione di non dare efficacia ad un atto avente forza
di  legge  dello  Stato,  in tal modo violando «il canone della leale
cooperazione tra istituzioni della Repubblica».
    In questi termini, il ricorso e' fondato.
    Il  Titolo  V  della  Parte  II della Costituzione, cosi' come le
corrispondenti  parti degli statuti speciali, presuppongono, infatti,
che  l'esercizio  delle  potesta'  legislative da parte dello Stato e
delle  Regioni,  secondo  le  regole  costituzionali di riparto delle
diverse  competenze,  contribuisca a produrre un unitario ordinamento
giuridico,  nel  quale,  certo,  non  si  esclude  l'esistenza di una
possibile  dialettica fra i diversi livelli legislativi, anche con la
eventualita'  di  parziali  sovrapposizioni  fra  le  leggi statali e
regionali  che  possono  trovare  soluzione  mediante il promovimento
della  questione  di  legittimita'  costituzionale  dinanzi  a questa
Corte,  secondo le scelte affidate alla discrezionalita' degli organi
politici statali e regionali.
    Cio'  che e' implicitamente escluso dal sistema costituzionale e'
che  il  legislatore  regionale  (cosi'  come  il legislatore statale
rispetto  alle leggi regionali) utilizzi la potesta' legislativa allo
scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello
Stato  che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura
solo  dannosa  o  inopportuna,  anziche' agire in giudizio dinnanzi a
questa Corte, ai sensi dell'art. 127 Cost. Dunque ne' lo Stato ne' le
Regioni  possono  pretendere, al di fuori delle procedure previste da
disposizioni  costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali
conflitti  di  competenza tramite proprie disposizioni di legge (cfr.
sentenza  n. 198 del 2004) o, tanto meno, tramite atti amministrativi
di  indirizzo che dichiarino o presuppongano l'inapplicabilita' di un
atto legislativo rispettivamente delle Regioni o dello Stato.
    Cio'  e'  quanto  appunto  fa la deliberazione della Giunta della
Regione  Campania  30 settembre  2003,  n. 2827. Essa, infatti, da un
lato,  non  ammette  «la sanatoria delle opere edilizie realizzate in
assenza dei necessari titoli abilitativi, ovvero in difformita' o con
variazioni  essenziali  rispetto  a  questi  ultimi,  e  che siano in
contrasto con gli strumenti urbanistici generali vigenti»; dall'altro
lato,  dispone che da questo divieto restano escluse le opere abusive
che  risultino  ultimate  entro il 31 dicembre 1993, per le quali sia
stata  presentata domanda di rilascio di titolo edilizio in sanatoria
ai  sensi e nei termini previsti dalle disposizioni di cui al Capo IV
della  legge  28 febbraio  1985,  n. 47,  ed  all'art. 39 della legge
23 dicembre  1994, n. 724». In tal modo la delibera regionale esclude
l'applicazione   nel   territorio   della   Regione   Campania  delle
disposizioni  concernenti  il condono edilizio contenute nell'art. 32
del d.l. n. 269 del 2003.
    Tanto   basta   per   ritenere  che  essa  leda  le  attribuzioni
costituzionali   dello   Stato   e  debba  essere,  conseguentemente,
annullata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  non  spetta alla Regione Campania, e per essa alla
Giunta  regionale  adottare  un  atto con il quale si nega efficacia,
all'interno  del  proprio  territorio,  ad  un atto legislativo dello
Stato;  e  per  l'effetto annulla la deliberazione della Giunta della
Regione  Campania 30 settembre 2003, n. 2827 (Integrazione alle linee
guida  per  la  pianificazione territoriale regionale in Campania, di
cui  alla delibera di Giunta regionale n. 4459 del 30 settembre 2002,
in materia di sanatoria degli abusi edilizi).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: De Siervo
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 28 giugno 2004.
                      Il cancelliere: Fruscella
04C0804