N. 627 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2004
Ordinanza emessa il 26 gennaio 2004 dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nel procedimento civile vertente tra Paratore Irene Carmela ed altro contro S.I.A.D. S.p.A. (ora Aurora Assicurazioni S.p.A.) ed altri Procedimento civile - Interruzione del processo per morte o perdita di capacita' della parte costituita - Efficacia dal momento della dichiarazione dell'evento interruttivo fatta dal procuratore - Mancata previsione che, (almeno) nei casi in cui sorga contestazione circa l'esistenza o l'idoneita' dell'evento dichiarato, l'interruzione operi dal momento della decisione del giudice - Violazione del principio di eguaglianza - Lesione del diritto di difesa delle parti non dichiaranti - Irragionevolezza. - Cod. proc. civ., art. 300, comma secondo. - Costituzione, artt. 3 e 24. Procedimento civile - Interruzione del processo per morte o perdita di capacita' della parte costituita - Termine semestrale per la riassunzione - Decorrenza (secondo il «diritto vivente») dalla dichiarazione dell'evento interruttivo fatta dal procuratore - Mancata previsione che, in caso di contrasto e di decisione differita del giudice circa la portata interruttiva dell'evento dichiarato, il termine decorra dalla comunicazione della decisione stessa - Ingiustificata equiparazione fra interruzione pronunciata con ordinanza riservata e interruzione pronunciata immediatamente in udienza - Irragionevole disparita' di trattamento rispetto alla decorrenza di altri termini decadenziali previsti dall'ordinamento processuale - Limitazione del diritto di difesa - Irragionevole imposizione alla parte di oneri processuali non ancora necessari. - Cod. proc. civ., art. 305. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.28 del 21-7-2004 )
IL TRIBUNALE Nella causa iscritta al n. 606/1995 r.g. e vertente tra Paratore Irene Carmela e Paratore Alberto, con gli avv. Antonio Strangi e Francesco Munafo', attori; Contro 1) Siad S.p.A., oggi Aurora Ass.ni S.p.A. convenuta, con l'avv. Corrado Martelli; 2) Alessandro Luigi, convenuto, con l'avv. Francesco Aurelio Chillemi; 3) Biondo Antonino, convenuto, con l'avv. Luigi Autru Ryolo; letti gli atti e sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 22 ottobre 2003, ha pronunciato la seguente ordinanza. 1. - Con precedente ordinanza del 27 marzo 2002 questo giudice aveva dichiarato «non manifestamente infondata la sollevata questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 300, secondo comma, e 305 c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione»; ed aveva, di conseguenza, disposto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la pronuncia di sua competenza. Senonche' la Corte, con ordinanza n. 118 del 10 aprile 2003, ha poi ritenuto la questione inammissibile, perche' carente «di un'autonoma motivazione». All'udienza del 22 ottobre 2003, il procuratore degli attori ha reiterato la questione, chiedendo a questo giudice di rimettere nuovamente gli atti alla Corte costituzionale, previa l'integrazione della motivazione ritenuta carente. Invero, le pronunce di semplice inammissibilita' della Corte costituzionale, come quella in oggetto, non impediscono di riproporre la stessa questione di (eventuale) illegittimita' della norma gia' denunciata, sulla scorta di una diversa motivazione ovvero di profili nuovi o aggiuntivi. Questo giudice ritiene che permangono i forti dubbi d'illegittimita' costituzionale degli artt. 300, secondo comma, e 305 c.p.c., per i motivi che vengono rassegnati con la presente ordinanza. 2. - In punto di fatto, occorre ricordare che all'udienza del 13 ottobre 1999 il procuratore costituito della Siad S.p.A., originariamente convenuta nel giudizio, dichiarava a verbale che tale societa' era stata incorporata dalla Aurora S.p.A. con atto di fusione del 9 dicembre 1998 e chiedeva, pertanto, che il giudizio venisse dichiarato interrotto. Essendo sorta controversia sul punto, questo giudice riservava la decisione sulla (eventuale) dichiarazione d'interruzione del processo, concedendo alle parti il termine di venti giorni per il deposito di note difensive. Senonche', come rilevato nella precedente ordinanza di rimessione del 27 marzo 2002, «a seguito di mero disguido di cancelleria, il fascicolo veniva consegnato al g.i., anzi da questi reperito in una carpetta contenente altri fascicoli relativi a cause assegnate a sentenza, con notevole ritardo». Per cui, «la riserva veniva sciolta» soltanto «con ordinanza del 3 aprile 2000, in pari data depositata in cancelleria, con la quale il Processo veniva dichiarato interrotto». Tale ordinanza, per quanto qui interessa, veniva comunicata al procuratore degli attori il 17 aprile 2000; dopo di che lo stesso, con ricorso depositato il 9 maggio 2000, provvedeva alla riassunzione del processo. A seguito delle rituali notifiche si costituivano la Aurora S.p.A. ed il convenuto Alessandro Luigi, eccependo la estinzione del processo perche' riassunto oltre il termine perentorio di sei mesi, a decorrere dal giorno (13 ottobre 1999) in cui era stata resa in udienza la dichiarazione dell'avvenuta incorporazione della Siad S.p.A. nella Aurora S.p.A. Il procuratore degli attori, a questo punto, sollecitava una diversa interpretazione delle norme incriminate e in subordine ne eccepiva l'illegittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta fondamentale. Da qui derivava la precedente rimessione degli atti alla Corte costituzionale, di cui si e' detto. 3. - Nella specie, l'ordinanza che ha dichiarato interrotto il processo e' stata pronunciata fuori udienza, in esito alla riserva assunta da questo giudice a causa del contrasto che era insorto tra le parti circa la portata interruttiva o meno dell'evento dichiarato dal procuratore della Siad S.p.A. Risulta dagli atti che tale riserva e' stata poi sciolta con la citata ordinanza del 3 aprile 2000, che e' stata comunicata al procuratore degli attori soltanto in data 17 aprile 2000. A tale data erano trascorsi piu' di sei mesi dall'udienza in cui era stata resa la dichiarazione dell'evento interruttivo. Secondo il secondo comma dell'art. 300 c.p.c. il processo e' interrotto «dal momento di tale dichiarazione ...». Anche la giurisprudenza di legittimita' ritiene che l'interruzione del processo intervenga dal momento della dichiarazione dell'evento fatta in udienza dal procuratore costituito e non da quello della comunicazione della successiva ordinanza che disponga l'interruzione medesima. Cio' perche' si attribuisce a tale ordinanza un valore meramente dichiarativo di un effetto (interruzione) gia' verificatosi automaticamente in virtu' della sola dichiarazione. L'interruzione di cui all'art. 300 cit. presuppone, da un lato, l'esistenza di un evento, certo, che sia idoneo a provocarla; dall'altro, la dichiarazione che di tale evento venga fatta in udienza dal procuratore costituito. L'evento e la dichiarazione sono entrambi elementi costitutivi della fattispecie; per cui l'effetto interruttivo non puo' aversi in mancanza di uno di essi. La sopra ricordata interpretazione, da assumere come «diritto vivente», finisce invece per disciplinare alla stessa maniera vuoi il caso in cui il procuratore dichiari un evento che sia pacificamente esistente ed idoneo, sia quello in cui risulti dubbio, perche' controverso (come nella specie), che l'evento, ancorche' dichiarato dal procuratore, sia realmente esistente o comunque idoneo a provocare l'interruzione. Secondo il cennato «diritto vivente», anche in questo secondo caso l'interruzione dovrebbe essere contestuale alla dichiarazione, pur risultando l'evento, in questo medesimo caso, privo del necessario requisito della certezza (almeno al momento della dichiarazione stessa). In tal modo, il legislatore accomuna sotto la stessa disciplina sia l'uno che l'altro caso, benche' diversi tra di loro. Cio' appare palesemente in contrasto con l'art. 3 Cost., perche' a due situazioni diverse non possono che corrispondere due regimi giuridici diversi. Viola il principio di uguaglianza, invero, il fatto che a produrre il medesimo effetto interruttivo possa essere, nel caso, la sola dichiarazione del procuratore, anche senza la presenza (attuale) di un evento (da considerare gia) certo o idoneo. Il che, per vero, sembra violare anche il diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, posto che le altre parti (rispetto a quella dichiarante) verrebbero a subire l'interruzione del processo, ancor prima della decisione del giudice, anche quando sia incerta l'idoneita' dell'evento dichiarato. Si avrebbe, allora, una sorta d'interruzione operante medio tempore in via provvisoria, per poi diventare definitiva o cadere del tutto dopo la decisione da parte del giudice. Tutto cio' appare irragionevole, in quanto tutte le parti hanno diritto a che il processo non abbia interruzioni ingiustificate, a causa di (eventuali) dichiarazioni equivoche o erronee. La tutela giurisdizionale non puo' dipendere, nel suo normale e ragionevole svolgimento, da dichiarazioni di tal genere. Per altro verso, e' parimenti irragionevole che un effetto interruttivo diventi operante di per se', ancorche' il giudice sia chiamato a pronunciarsi sulla esistenza e/o idoneita' dell'evento dichiarato. Per cui sembra che l'art. 300, secondo comma c.p.c., debba essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il processo e' interrotto non gia' dal momento della semplice «dichiarazione» del procuratore, bensi' da quello della decisione del giudice circa l'esistenza o l'idoneita' dell'evento dichiarato, almeno nei casi in cui sorga contestazione al riguardo. 4. - Non sfugge ad una valutazione negativa di legittimita' anche l'ulteriore corollario che la giurisprudenza fa discendere dal principio sopra affermato come «diritto vivente»: quello, cioe', di far decorrere il termine semestrale per la riassunzione, previsto dall'art. 305 c.p.c., dal momento stesso della dichiarazione del procuratore, anche nei casi in cui la decisione del giudice intervenga in un momento successivo, come nella specie. Tale corollario, invero, appare anchesso in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Cost. a) Il contrasto con l'art. 3 si delinea da ben due punti di vista. Il primo, e' interno allo stesso istituito, perche' il caso, invero particolare, dell'interruzione pronunciata con ordinanza riservata, a seguito di contrasto tra le parti, verrebbe ad essere disciplinato, quanto alla decorrenza del termine semestrale, alla stessa maniera del diverso caso in cui l'interruzione venga invece dichiarata nella stessa udienza in cui il procuratore ha reso la dichiarazione dell'evento. Diversi essendo i due casi, e' innegabile che ciascuno di essi debba fruire di un diverso meccanismo di decorrenza del termine per la riassunzione, in coerenza con i motivi della diversita'. Di modo che, nei casi in cui ancora non si conosca la decisione del giudice, tale coerenza fa si' che la decorrenza possa aversi soltanto a partire dalla decisione medesima, o, per meglio dire, dalla comunicazione della stessa, che il cancelliere e' tenuto a dare, ex art. 134 c.p.c., quando la pronuncia avviene «fuori dell'udienza». Non e' garantita la parita' di trattamento, se due situazioni cosi' diverse vengono regolate alla stessa maniera. Con riguardo, poi, all'intero ordinamento processuale, la violazione dell'art. 3 Cost. traspare da cio' che, mentre in tutti gli altri casi il termine per promuovere rimedi (impugnazioni, reclami, opposizioni, ecc.) si fa decorrere dalla comunicazione o notificazione del provvedimento del giudice, a prescindere dalla natura dichiarativa o meno dello stesso (v. tra i tanti, gli artt. 50; 178, terzo comma; 308; 326; 739, secondo comma; ecc. c.p.c.), soltanto nel caso in esame, invece, un termine decadenziale, imposto per un'attivita' d'impulso processuale, verrebbe a decorrere da una semplice dichiarazione della parte, a prescindere dalla conoscenza della decisione che il giudice e' tenuto ad assumere al riguardo. La disparita' di trattamento e' palese, e risulta alquanto irragionevole, non essendo peraltro espressione di alcun principio generale che sia rinvenibile nell'ordinamento. b) Il contrasto con l'art. 24 cost. non e' meno evidente. Secondo il delineato sistema, la parte interessata si troverebbe di fronte due vie: o riassumere il giudizio senza attendere la decisione del giudice, con il rischio di andare a svolgere un'attivita' che potrebbe risultare inutilmente onerosa, se l'interruzione non dovesse essere dichiarata; ovvero attendere quella decisione, e cosi' vedersi privata, una volta dichiarato (eventualmente) interrotto il processo, di una parte del termine semestrale, o anche della sua intera durata, come nella specie. Se questa seconda via appare gravemente limitativa del diritto di difesa, che sarebbe aleatoriamente compresso entro margini temporali estremamente ridotti o addirittura annullati del tutto, l'altra via e' quanto meno irragionevole, e come tale parimenti illegittima, dal momento che la parte sarebbe gravata di onerosi adempimenti processuali ancora non necessari, nell'attesa di conoscere la decisione del giudice. Da un altro punto di vista, si deve ricordare che la Corte costituzionale, proprio a proposito della riassunzione del processo interrotto, ha ribadito piu' volte che il relativo termine puo' decorrere soltanto dalla «conoscenza legale» dell'evento interruttivo. Anche se tali pronunce sono intervenute con specifico riguardo a fattispecie diverse, esse comunque consentono di enucleare un principio generale, valido, a ben vedere, anche nella vicenda in oggetto. Invero, la «conoscenza legale» del fatto interruttivo puo' aversi soltanto al momento della comunicazione della decisione del giudice, appunto perche' e' tale decisione che, interpretando la norma, attribuisce alla dichiarazione del procuratore costituito il valore giuridico previsto dall'art. 300 c.p.c. ai fini dell'interruzione. Ed allora, se prima della decisione la dichiarazione e' priva del valore giuridico di cui sopra, non puo' parlarsi neppure di conoscenza legale di un evento, che ancora non e' stato classificato giuridicamente. Ma se la conoscenza non e' «legale», la stessa giurisprudenza costituzionale esclude che il termine possa incominciare a decorrere. Per cui anche l'art. 305 c.p.c. appare costituzionalmente illegittimo, ex artt. 3 e 24 Cost., laddove non prevede che in caso di contrasto e di decisione differita da parte del giudice sull'interruzione o meno del giudizio, il termine semestrale debba decorrere dalla comunicazione della decisione stessa, anziche' dalla dichiarazione del procuratore. 5. - Pertanto, questo giudice ritiene che la questione di illegittimita' costituzionale, nei sensi sopra specificati, non sia manifestamente infondata, si' da legittimare una nuova rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Per vero, non sfugge a questo giudice la diversa opzione interpretativa che potrebbe scaturire dal combinato disposto dell'att. 305 con gli artt. 134 e 176 c.p.c. Posto, infatti che tali ultimi articoli stabiliscono espressamente che «il cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza», si potrebbe da cio' argomentare che l'onere della comunicazione, essendo previsto a tutela del diritto di difesa, non possa che implicare, di per se', la decorrenza del termine dalla comunicazione stessa. Tuttavia, la giurisprudenza della Corte di cassazione sul punto e' alquanto univoca, nel senso gia' considerato; e questo rende inevitabile la verifica di compatibilita' con la Costituzione da parte della Corte costituzionale.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la sollevata questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 300, secondo comma, e 305 c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nei sensi sopra indicati. Dispone che a cura della cancelleria gli atti vengano trasmessi alla Corte costituzionale per l'adozione della pronuncia di sua competenza, previa notificazione della presente ordinanza a cura della cancelleria ai procuratori delle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Barcellona P.G., addi' 26 gennaio 2004 Il g.o.a.: Paratore 04C0819