N. 208 ORDINANZA 5 - 6 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Circolazione  stradale  -  Guida  di motociclo con patente diversa da
  quella  prescritta  -  Sanzione  identica  a quella prevista per la
  guida  di motociclo senza alcuna patente - Lamentata ingiustificata
  equiparazione  -  Mancata considerazione di precedente pronuncia di
  incostituzionalita'  e  della  possibilita'  di  pervenire  ad  una
  soluzione   interpretativa  conforme  a  Costituzione  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 116, comma 13.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.27 del 14-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 116, comma 13,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  promossi con ordinanze del 7 marzo 2003 dal giudice di pace
di  Sorgono  nel  procedimento  civile  vertente tra Zedde Marco e la
Prefettura  di  Nuoro  e  del 18 febbraio 2003 dal giudice di pace di
Roma  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Ciocca Raffaello e il
comune di Roma, iscritte ai nn. 365 e 623 del registro ordinanze 2003
e  pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25 e 26,
1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 24 marzo 2004 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto  che  il  giudice  di  pace  di  Roma, con ordinanza del
18 febbraio 2003 (r.o. n. 623 del 2003), ha sollevato, in riferimento
all'art. 3    della    Costituzione,    questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 116,  comma 13,  del  decreto  legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo codice della strada), nella parte in
cui prevede la sanzione amministrativa da lire quattro milioni a lire
sedici  milioni  a  carico  di chi guidi un motoveicolo di cilindrata
superiore  a  125  cc.,  essendo  titolare  di patente di categoria B
conseguita  prima  del 1988 (rectius: dopo il 1988), e non di patente
di  categoria  A  (richiesta,  per il periodo successivo al 1988, dal
combinato  disposto  degli  artt. 116 e 236 del codice della strada e
degli  artt. 3  e  5  del  decreto del Ministro dei trasporti e della
navigazione 8 agosto  1994,  recante «Recepimento della direttiva del
Consiglio  n. 91/439/CEE del 29 luglio 1991 concernente le patenti di
guida»);
        che,   in  punto  di  fatto,  il  remittente  espone  che  il
proprietario  di  un  motoveicolo  di  150 cc. titolare di patente di
categoria  B  conseguita  dopo il 1988 ha proposto ricorso avverso il
verbale  di  accertamento  con  il quale la polizia municipale gli ha
contestato  la  violazione  dell'art. 116, comma 13, del codice della
strada, perche' circolava sprovvisto della patente di categoria A;
        che,  in diritto, il remittente osserva che la fattispecie in
esame  ricadeva  in  origine  nella  previsione  di cui all'art. 125,
comma 3,  del  codice  della  strada,  il  quale  puniva  la guida di
qualsiasi  veicolo con patente diversa da quella prescritta ma che, a
seguito  dell'entrata  in vigore del decreto legislativo 10 settembre
1993,  n. 360 (Disposizioni correttive e integrative del codice della
strada, approvato con decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), il
quale ha sostituito alla parola «veicolo» la parola «autoveicolo», la
stessa   fattispecie   e'   stata   invece  attratta  nell'ambito  di
applicazione dell'art. 116, comma 13, dello stesso codice;
        che  il  medesimo  giudice  evidenzia, altresi', che la Corte
costituzionale,   con   sentenza   n. 3   del   1997,  ha  dichiarato
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 116, comma 13, del codice
della  strada,  nella  parte  in cui puniva con sanzione penale colui
che, munito di patente di categoria B, C o D, guidasse un veicolo per
il   quale   era   richiesta  la  patente  di  categoria  A,  e  che,
successivamente,  la  fattispecie  prevista  da  tale  norma e' stata
depenalizzata  con  il  decreto  legislativo 30 dicembre 1999, n. 507
(Depenalizzazione   dei   reati   minori   e   riforma   del  sistema
sanzionatorio,  ai  sensi dell'articolo 1 della legge 25 giugno 1999,
n. 205);
        che,  cio'  premesso, il remittente assume il contrasto della
norma  denunciata  con  l'art. 3  della  Costituzione,  perche'  essa
determinerebbe  una  irragionevole disparita' di trattamento tra chi,
con patente di categoria B, ma privo di patente di categoria A, guida
un  motoveicolo  superiore  a 125 cc., ed e' assoggettato dalla norma
denunciata  alla  sanzione  amministrativa  da lire quattro milioni a
lire  sedici  milioni,  e  chi,  munito di patente B, C o D, guida un
autoveicolo  che  richieda  una  patente  di categoria diversa, ed e'
assoggettato,  dall'art. 125,  comma 3, del codice della strada, alla
minore sanzione amministrativa da lire 254.030 a lire 1.016.140;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per l'infondatezza della questione;
        che  anche  il  giudice di pace di Sorgono, con ordinanza del
7 marzo  2003  (r.o.  n. 365  del 2003), ha sollevato, in riferimento
all'art. 3    della    Costituzione,    questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 116,  comma 13,  del  decreto  legislativo
n. 285 del 1992;
        che  la  norma  viene  denunciata  «nella  parte  in  cui non
differenzia  l'ipotesi  di guida di un motoveicolo di oltre 125 cc. e
11 kw con sola patente cat. B dalla piu' grave ipotesi di guida dello
stesso motociclo senza patente alcuna»;
        che,  in  punto  di  fatto, il giudice a quo espone di essere
stato  adito  dal  conducente di un motociclo che ha proposto ricorso
avverso  il  verbale con il quale i Carabinieri gli hanno contestato,
tra  l'altro, la violazione dell'art. 116, comma 13, del codice della
strada,   perche',  essendo  titolare  di  patente  di  categoria  B,
circolava  alla  guida  di  un  motociclo  di  600  cc.,  senza  aver
conseguito la patente di categoria A;
        che  il  remittente  evidenzia come l'art. 116, comma 13, del
codice  della  strada, irragionevolmente equipari, dal punto di vista
sanzionatorio,  chi  guida  senza  patente  e  chi  guida con patente
diversa da quella prescritta;
        che,  pertanto,  appare fondato, secondo il giudice a quo, il
dubbio  di legittimita' costituzionale della norma denunciata, «nella
parte  in  cui non differenzia l'ipotesi di guida di un motociclo con
patente diversa da quella richiesta, rispetto alla piu' grave ipotesi
di guida dello stesso motociclo senza patente alcuna».
    Considerato  che  i  giudici  di  pace di Roma e di Sorgono hanno
sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 116,  comma 13,  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella
parte  in  cui  tale  norma  punisce  con la sanzione da lire quattro
milioni a lire sedici milioni (ora, da Euro 2.168,25 a Euro 8.676,15)
la  condotta  di chi guida un motociclo con patente diversa da quella
prescritta, non differenziando tale ipotesi da quella, piu' grave, di
guida di un motociclo senza patente alcuna;
        che,  per  la  sostanziale identita' delle censure, i giudizi
possono essere riuniti e definiti con unica pronuncia;
        che  la  questione sollevata si fonda sul presupposto secondo
il  quale  -  avendo  l'art. 63  del decreto legislativo 10 settembre
1993, n. 360 (Disposizioni correttive ed integrative del codice della
strada,  approvato  con  decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285),
sostituito   la   parola   «veicolo»   con  la  parola  «autoveicolo»
nell'art. 125,  comma 3,  del  decreto  legislativo n. 285 del 1992 -
tale  norma  non  sarebbe  piu' applicabile alla condotta di guida di
motociclo  con  patente inidonea, la quale sarebbe invece punibile in
base alla norma relativa alla guida senza patente;
        che  peraltro  la  disciplina  che  sanzionava  la  guida con
patente  inidonea  di un motoveicolo (art. 116, comma 13, del decreto
legislativo  n. 285  del  1992)  allo  stesso  modo della guida senza
patente  e'  gia'  stata censurata da questa Corte, osservando che la
guida  di  motoveicolo  con patente inidonea non poteva essere punita
(all'epoca,  con  sanzione penale) allo stesso modo della guida senza
patente (sentenza n. 3 del 1997);
        che  la  circostanza che, successivamente, la sanzione di cui
all'art. 116,  comma 13, sia stata depenalizzata (art. 19 del decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507 recante «Depenalizzazione dei
reati   minori   e   riforma  del  sistema  sanzionatorio,  ai  sensi
dell'articolo 1  della  legge  25  giugno 1999,  n. 205) non comporta
certamente  la  conseguenza  secondo  la  quale dovrebbero ora essere
nuovamente   assoggettate   allo   stesso  trattamento  (sanzione  da
Euro 2.618,25  a  Euro 8.676,15)  le  due ipotesi - guida con patente
inidonea  e  guida senza patente - che gia' la Corte aveva dichiarato
di diversa gravita';
        che,  a  conferma  dell'esigenza  di  tenere  distinte le due
ipotesi,   recentemente   (con  l'art. 2,  comma 3,  lettera  b,  del
decreto-legge   27   giugno 2003,   n. 151,   recante   «Modifiche  e
integrazioni   al   codice  della  strada»,  convertito  nella  legge
1° agosto  2003,  n. 214), il legislatore ha espressamente ricondotto
l'ipotesi  di  guida  di motociclo con patente inidonea all'ambito di
applicazione dell'art. 125, comma 3, sanzionandola, come ogni ipotesi
di  guida  con  patente  inidonea, con la somma da Euro 137,55 a Euro
550,20;
        che  entrambi  i  remittenti, trascurando il novum costituito
dalla  richiamata  pronuncia  di incostituzionalita' e assumendo come
tuttora  presente  nell'ordinamento l'assimilazione gia' censurata da
questa  Corte,  omettono  del  tutto  di esaminare la possibilita' di
pervenire  ad una soluzione diversa - e idonea ad escludere il dubbio
di  costituzionalita'  -  attraverso  una interpretazione del sistema
legislativo  tale  da  ricondurre  la  disciplina alla sua originaria
impostazione;
        che  conseguentemente,  sotto  questo  profilo,  entrambe  le
ordinanze di remissione risultano carenti sul piano della motivazione
e   le   questioni   con  esse  sollevate  devono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 116,  comma 13,  del  decreto
legislativo  30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della strada),
sollevate,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal giudice
di  pace  di  Roma e dal giudice di pace di Sorgono, con le ordinanze
indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: Maddalena
                       Il cancelliere:Melatti
    Depositata in cancelleria il 6 luglio 2004.
                       Il cancelliere:Melatti
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