N. 220 SENTENZA 7 - 9 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione  Sardegna  -  Caccia  -  Autorizzazione venatoria - Rinnovo -
  Cacciatori  non residenti nel territorio della Regione - Esclusione
  -  Ritenuta ingiustificata disparita' di trattamento, ostacolo alla
  libera circolazione delle persone - Non fondatezza della questione.
- Legge Regione Sardegna 29 luglio 1998, n. 23, art. 98, comma 2.
- Costituzione, artt. 3 e 120, primo comma.
(GU n.27 del 14-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 98, comma 2,
della  legge  della Regione Sardegna 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per
la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in
Sardegna),  promosso  con  ordinanza  del 7 luglio 2003 dal Tribunale
amministrativo regionale della Sardegna sul ricorso proposto da Colzi
Roberto  contro  Regione  Sardegna  ed  altro, iscritta al n. 919 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto l'atto di costituzione di Colzi Roberto;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  25 maggio  2004  il  giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  gli  avvocati Pier Francesco Lotito e Raffaele Bifulco per
Colzi Roberto.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Sardegna
solleva,  su  eccezione  della  parte  ricorrente nel giudizio a quo,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 98, comma 2, della
legge  della  Regione  Sardegna 29 luglio  1998,  n. 23 (Norme per la
protezione  della  fauna  selvatica e per l'esercizio della caccia in
Sardegna),  nella parte in cui esclude i cacciatori non residenti nel
territorio    della   Regione   dalla   possibilita'   di   rinnovare
l'autorizzazione venatoria.
    La   questione   e'  sollevata  nel  corso  di  un  giudizio  per
l'annullamento   di   un   provvedimento  della  Regione  Sardegna  -
Assessorato  della difesa dell'ambiente (n. 13847 del 13 maggio 2002)
recante  diniego  dell'autorizzazione  all'esercizio  della caccia in
Sardegna,  con  il  quale si negava al ricorrente nel giudizio a quo,
non  residente nella Regione Sardegna, il rinnovo dell'autorizzazione
regionale  per  l'esercizio della caccia in detta Regione, in quanto,
per   l'effetto   della   norma  impugnata,  «il  rilascio  di  nuove
autorizzazioni   o  il  rinnovo  di  quelle  scadute,  a  favore  dei
cacciatori non residenti in Sardegna, e' sospeso fino all'attivazione
degli  ambiti  territoriali  di  caccia previsti dal piano faunistico
venatorio    regionale,    attualmente   in   fase   di   preliminare
elaborazione».
    Il Tribunale amministrativo regionale sottolinea che la questione
e'  rilevante,  nell'ambito  della  controversia  sottoposta  al  suo
giudizio, in quanto il provvedimento impugnato costituisce attuazione
vincolata della norma impugnata.
    Secondo  il  giudice  a  quo  la previsione contenuta nella norma
censurata  e'  dettata  da  esigenze di programmazione, di competenza
della  Regione,  che possono giustificare limitazioni nel rilascio di
nuove  autorizzazioni  fino all'attivazione degli ambiti territoriali
di   caccia  (ATC)  previsti  dal  piano  faunistico  regionale,  con
determinazione  dell'indice  di  densita' venatoria territoriale, che
concludera' il procedimento di pianificazione.
    Rileva  il Tribunale amministrativo regionale che l'interesse dei
cittadini  all'esercizio dell'attivita' venatoria non puo' esplicarsi
liberamente,  in  quanto  necessariamente  confligge  con l'interesse
pubblico  alla  conservazione  della  fauna.  Di  conseguenza, il suo
esercizio   deve   essere   assoggettato   al   potere   conformativo
dell'amministrazione  la  quale,  nei  limiti dettati dalla legge, e'
chiamata   ad  assicurare  modalita'  d'esercizio  dell'attivita'  in
questione compatibili con gli interessi pubblici coinvolti.
    Il  coordinamento fra l'esercizio della caccia e la conservazione
della  fauna  puo'  essere  attuato  solo sulla base della conoscenza
della  cosiddetta  pressione  venatoria,  e  quindi  del  numero  dei
cacciatori   che   impegnano   il  territorio.  E  il  principio  del
collegamento  del  cacciatore con il territorio, recepito dalla legge
statale  11 febbraio 1992, n. 157 (in particolare, art. 14, comma 5),
costituirebbe   principio   fondamentale   vincolante   la   potesta'
legislativa  anche  delle  Regioni  ad  autonomia differenziata, come
affermato da questa Corte nella sentenza n. 4 del 2000.
    Ad avviso del giudice a quo, dunque, il legislatore regionale non
e'  necessariamente  vincolato  ad  assicurare  integrale  parita' di
trattamento  fra  i  cacciatori  residenti  in  Sardegna e quelli che
provengono da altre parti del territorio nazionale.
    Tuttavia, le eventuali differenziazioni di trattamento dovrebbero
essere giustificate sulla base di considerazioni oggettive, che nella
specie  non  ricorrerebbero,  in  quanto la Regione conosce il numero
delle  autorizzazioni  rilasciate  in  precedenza ai non residenti, e
quindi di quelle potenzialmente rinnovabili. Dovrebbe essere pertanto
escluso che il rinnovo delle autorizzazioni a suo tempo rilasciate ai
non   residenti   introduca  un  elemento  imprevedibile,  che  possa
scardinare  la  logica  sulla  quale  si  fonda la programmazione del
prelievo venatorio.
    Non   sussisterebbero,   pertanto,  elementi  che  consentano  di
differenziare il rinnovo delle autorizzazioni rilasciate ai residenti
da  quelle  rilasciate  ai  non residenti, in vista del completamento
della   procedura   di   programmazione   del   prelievo   venatorio,
disciplinata  dalla  legge  regionale n. 23 del 1998. In conclusione,
secondo il giudice a quo, la norma censurata sarebbe in contrasto con
l'art. 3  della Costituzione, nella parte in cui esclude i cacciatori
non  residenti  nel  territorio  della  Regione dalla possibilita' di
rinnovare   l'autorizzazione  venatoria,  in  difetto  di  dimostrate
ragioni di differenziazione con i cacciatori residenti nella Regione,
nonche'  con l'art. 120 della Costituzione (secondo e terzo comma del
testo  vigente  all'epoca  della  entrata  in  vigore della normativa
regionale  di cui ora si tratta; primo comma dopo l'entrata in vigore
della   legge   costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3),  il  quale
specifica,  nell'ambito dei rapporti fra le Regioni, il principio del
divieto   di   discriminazione,   dettato,   in   termini   generali,
dall'art. 3,   vietando   ai   legislatori   regionali   di  adottare
provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione
delle  persone  e  delle  cose  fra le Regioni (Corte costituzionale,
sentenza  n. 195  del  1993).  Ad avviso del Tribunale amministrativo
regionale  non  puo'  invece  essere  invocato,  quale  parametro  di
costituzionalita'  -  diversamente da quanto richiesto dal ricorrente
nel giudizio a quo - l'art. 16 della Costituzione, in quanto la norma
di  cui  si discute non ostacola la circolazione delle persone fra le
regioni,  ma  stabilisce  una differenziazione di trattamento in base
alla  regione  di  residenza, della cui ragionevolezza puo' dubitarsi
nei termini sopra riferiti.
    2. - La parte ricorrente nel giudizio a quo ha depositato atto di
intervento   per   chiedere   l'accoglimento   della   questione   di
costituzionalita'  sollevata  dal  Tribunale amministrativo regionale
della Sardegna.
    Nell'atto  di intervento si premette che la legge regionale sarda
n. 23  del  1998  ha  predisposto  una  serie  di  strumenti  per  la
programmazione  e  il controllo dell'attivita' venatoria, tra i quali
il  piano  faunistico-venatorio  regionale  (art. 19)  e  gli  ambiti
territoriali  di caccia programmata (art. 52), ricompresi all'interno
del piano faunistico-venatorio. L'esercizio della attivita' venatoria
sul  territorio della Sardegna e' subordinato alla circostanza che il
cacciatore  sia  stato ammesso ad uno o piu' ATC (art. 56 della legge
regionale  n. 23  del 1998). L'ammissione agli ATC avviene di diritto
per  il  cacciatore che ha residenza anagrafica nel comune ricompreso
nell'ATC   (o   che  risulti  iscritto  all'Anagrafe  degli  italiani
residenti  all'estero),  mentre  le  residue licenze che risultassero
disponibili,  rispetto  a quelle che l'ATC dovrebbe fissare in via di
pianificazione,  sono  assegnate  preferendosi nell'ordine i soggetti
residenti  nella  Provincia  dove ha sede l'ATC, nelle altre Province
della Regione, in altre Regioni. Secondo il ricorrente nel giudizio a
quo   la   suddetta  scelta  legislativa,  implicante  una  meccanica
applicazione  del  «criterio della residenza», sarebbe irragionevole,
non  apparendo  ispirata  a nessun criterio di equita' e ponderazione
dei   diritti   e  interessi  in  gioco.  La  disposizione  contenuta
nell'art. 56  della  legge  regionale n. 23 del 1998 sarebbe pertanto
incostituzionale   per  violazione  dei  principi  di  eguaglianza  e
ragionevolezza.
    Ulteriore  discriminazione  soggettiva  sarebbe determinata dalla
previsione  contenuta  nell'art. 98,  comma 2, della legge regionale,
che  consente  il  rinnovo della autorizzazione per l'esercizio della
caccia al soggetto residente e non al soggetto «non residente» per il
quale  e'  prevista la «sospensione del rinnovo fino alla attivazione
degli  ATC».  La  norma  sarebbe  irragionevole  in quanto i suddetti
rinnovi,    dei    quali    l'Amministrazione    regionale    conosce
preventivamente il numero possibile, non possono interferire in alcun
modo  con  l'attivita'  di  programmazione, come del resto accade nel
caso  di  rinnovi  (consentiti,  anzi  dovuti)  delle  autorizzazioni
venatorie  in  favore  di soggetti residenti. Peraltro la sospensione
dei  rinnovi per i soggetti non residenti fino alla attivazione degli
ATC  sarebbe  di  fatto  sine  die,  tant'e' vero che, nonostante gli
artt. 20  e 52 della legge regionale contestata prevedano una precisa
scansione  temporale  del  procedimento diretto alla approvazione del
piano,  ad  oggi la Regione Sardegna non risulta aver approvato alcun
piano  faunistico-venatorio.  Difettando di ogni sanzione l'eventuale
condotta  omissiva  delle  amministrazioni competenti, la sospensione
delle  autorizzazioni  venatorie,  segnatamente in danno dei soggetti
«non residenti» che ne chiedano il rinnovo, si sarebbe trasformata in
un  definitivo  quanto  arbitrario  diniego permanente, con una grave
lesione  dei  diritti  individuali dei cacciatori «non residenti». La
norma  censurata  sarebbe altresi' in contrasto con l'art. 120, primo
comma,  della  Costituzione,  in  quanto  la prevista sospensione dei
rinnovi,  nei  termini  sopra  precisati,  accompagnata dall'inerzia,
ritenuta  non  sanzionabile, delle amministrazioni competenti in sede
di attivazione dei richiamati ATC, si tradurrebbe in un provvedimento
che,  di  fatto, ostacola la libera circolazione delle persone tra le
Regioni,  senza  alcun  ragionevole motivo e senza alcuna valutazione
della reale densita' di autorizzazioni venatorie per territorio.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Viene  all'esame  della Corte la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 98,  comma 2,  della  legge  della  Regione
Sardegna 29 luglio  1998,  n. 23 (Norme per la protezione della fauna
selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna), nella parte in
cui  esclude  i cacciatori non residenti nel territorio della Regione
dalla  possibilita'  di  rinnovare  l'autorizzazione  venatoria. Tale
disposizione,  ad avviso del Tribunale amministrativo regionale della
Sardegna,  contrasterebbe  con  gli artt. 3 e 120, primo comma, della
Costituzione,    in    quanto   determinerebbe   una   ingiustificata
differenziazione  di  trattamento  per  i cacciatori non residenti in
Sardegna, ostacolando, di fatto, la libera circolazione delle persone
tra le Regioni.
    La   questione   di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dal
Tribunale  amministrativo  regionale  della Sardegna trae origine dal
diniego  opposto dall'Assessorato della difesa dell'ambiente di detta
Regione  alla richiesta di rinnovo della autorizzazione regionale per
l'esercizio  della  caccia  in  Sardegna  presentata da un cacciatore
residente in Toscana, diniego motivato con specifico riferimento alla
norma   censurata,   in   base  alla  quale  «il  rilascio  di  nuove
autorizzazioni  per  l'esercizio della caccia, o il rinnovo di quelle
scadute a favore dei cacciatori non residenti in Sardegna, e' sospeso
fino all'attivazione degli ambiti territoriali di caccia previsti dal
piano  faunistico-venatorio regionale, con determinazione dell'indice
di densita' venatoria territoriale».
    2. - La questione non e' fondata.
    2.1 - Va anzitutto precisato che la questione e' circoscritta dal
giudice  a quo all'art. 98, comma 2, della legge n. 23 del 1998 della
Regione  Sardegna, non venendo pertanto in discussione (nonostante il
richiamo  operato nell'atto di intervento dal ricorrente nel giudizio
a  quo)  l'art. 56  della  medesima  legge  regionale, che disciplina
l'ammissione  agli  ambiti territoriali di caccia (A.T.C.) sulla base
del  criterio  della  residenza  e  che  presuppone  il completamento
dell'attivita' di programmazione venatoria.
    Per   comprendere   la  portata  della  norma  censurata  occorre
sottolineare   che  essa  e'  inserita  nel  Titolo  VI  della  legge
regionale, recante disposizioni finali, transitorie e finanziarie, ed
e'  rivolta  a  disciplinare  esclusivamente  la fase transitoria che
precede  l'attivazione  degli  ambiti territoriali di caccia previsti
dal piano faunistico regionale.
    Al  comma 1  dell'art. 98 della legge regionale n. 23 del 1998 si
precisa  che  «le  autorizzazioni  per  l'esercizio  della  caccia in
Sardegna,  di  cui alla legge regionale n. 32 del 1978, conservano la
loro validita' fino al naturale termine di scadenza» ovvero, ai sensi
dell'art. 22,  quinto  comma,  della  legge regionale 28 aprile 1978,
n. 32  (Sulla protezione della fauna e sull'esercizio della caccia in
Sardegna),  fino a sei anni dal rilascio (in quanto «l'autorizzazione
regionale  per  l'esercizio  della  caccia  ha la stessa durata della
licenza di porto di fucile anche per uso di caccia e scade con essa»;
il  che  vuol  dire,  appunto,  che  ha  durata di sei anni, ai sensi
dell'art. 22,  comma 9, della legge statale 11 febbraio 1992, n. 157,
recante  «Norme  per  la protezione della fauna selvatica omeoterma e
per  il  prelievo  venatorio»).  Il  comma 2 dell'art. 98 della legge
regionale  n. 23 del 1998, oggetto di censura, prevede la sospensione
del  rinnovo  delle  autorizzazioni gia' rilasciate ai cacciatori non
residenti in Sardegna, ai sensi della legge regionale n. 32 del 1978,
che siano nel frattempo scadute.
    In  sostanza,  nella  fase  transitoria che precede l'attivazione
degli  ATC,  l'esercizio  della  caccia  e' consentito, anzitutto, ai
soggetti,   residenti   o   non   residenti,   che  abbiano  ottenuto
l'autorizzazione  sulla  base  della  legge regionale n. 32 del 1978,
fino  al naturale termine di scadenza ivi previsto. Ferma restando la
sospensione  delle  nuove autorizzazioni, la possibilita' di ottenere
il  rinnovo  di  quelle scadute e' invece limitata ai soli cacciatori
residenti.
    2.2.  - Il quadro normativo sopra descritto permette di affermare
che,   nella   fase   transitoria,  la  regola  e'  costituita  dalla
sospensione  delle  autorizzazioni  per l'esercizio della caccia - le
nuove  autorizzazioni  sono sospese per tutti - mentre l'eccezione e'
quella della possibilita' del rinnovo delle autorizzazioni scadute in
favore dei residenti. E la menzionata eccezione trova giustificazione
nel principio della preferenza del collegamento del cacciatore con il
territorio,  affermato  dalla legislazione statale (art. 14, comma 5,
della  legge n. 157 del 1992) e applicato anche nella legge regionale
censurata con riferimento al regime «ordinario», che si realizzera' a
seguito   della   attivazione   degli  ATC  (art. 56,  che,  ai  fini
dell'accesso  agli ATC, privilegia i cacciatori residenti, stabilendo
anche,  tra  essi, il seguente ordine di preferenza: prima i soggetti
residenti  nel comune ricompreso nell'ATC, poi i cacciatori residenti
nella Provincia dove ha sede l'ATC, quindi i soggetti residenti nelle
altre Province della Regione).
    Individuata  nel principio del collegamento del cacciatore con il
territorio  la  ratio  della  eccezione alla regola della sospensione
delle autorizzazioni per l'esercizio della caccia, la sospensione del
rinnovo  delle  autorizzazioni per i non residenti puo' considerarsi,
anche  in  ragione  della transitorieta' (fino alla attivazione degli
ATC),  come  il  frutto  di  una scelta discrezionale del legislatore
regionale che non trasmoda in manifesta irrazionalita'.
    2.3.  -  In  senso  diverso  non puo' valere il rilievo - addotto
nell'atto  di intervento dal ricorrente nel giudizio a quo -- secondo
il  quale, non avendo l'Amministrazione competente approvato il piano
faunistico-venatorio, la sospensione dei rinnovi delle autorizzazioni
venatorie  fino  alla attivazione degli ATC si sarebbe trasformata in
un definitivo quanto arbitrario diniego permanente di esercizio della
caccia  per  i  soggetti non residenti. La situazione discriminatoria
denunciata  non  si  collega  alla previsione contenuta nell'art. 98,
comma 2,  della  legge  regionale  ma  ad una condotta omissiva della
amministrazione  competente  nei  confronti  della  quale non mancano
nell'ordinamento rimedi di carattere giurisdizionale. Come piu' volte
affermato da questa Corte, rispetto agli atti amministrativi generali
di  pianificazione  e di programmazione sono infatti applicabili, con
specifico  riferimento  al  termine  di  conclusione del procedimento
amministrativo,  le  previsioni  contenute  nell'art. 2  della  legge
7 agosto  1990,  n. 241  (Nuove  norme  in  materia  di  procedimento
amministrativo  e di diritto di accesso ai documenti amministrativi),
potendo   quindi   i   soggetti   interessati  alla  conclusione  del
procedimento  utilizzare,  per  la  tutela  della  propria situazione
soggettiva, tutti i rimedi che l'ordinamento appresta in via generale
in simili ipotesi (sentenze n. 262 del 1997, n. 355 del 2002 e n. 176
del 2004).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 98,  comma 2,  della legge della Regione Sardegna 29 luglio
1998,  n. 23  (Norme  per  la  protezione della fauna selvatica e per
l'esercizio della caccia in Sardegna), sollevata, in riferimento agli
articoli 3  e  120,  primo  comma,  della Costituzione, dal Tribunale
amministrativo  regionale della Sardegna, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Melatti
    Depositata in cancelleria il 9 luglio 2004.
                       Il cancelliere:Melatti
04C0852