N. 690 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 2004
Ordinanza emessa il 10 maggio 2004 dal G.U.P. del Tribunale di Pescara nel procedimento penale a carico di Reale Luigi Reati e pene - Reati elettorali - Falsita' in autenticazione di liste di candidati - Sanzioni - Disparita' di trattamento rispetto alla falsita' in atti fidefacenti suscettivi della medesima efficacia. - Legge 2 marzo 2004, n. 61, art. 1. - Costituzione, art. 3.(GU n.33 del 25-8-2004 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Visti gli atti del procedimento penale a carico di Reale Luigi, nato a Pescara il 28 marzo 1960, residente in Cepagatti, via Sardegna n. 6, imputato del reato p. e p. dall'art. 90 del d.P.R. n. 570/1960, cosi' come sostituito dall'art. 1, secondo comma, della legge 2 marzo 2004, n. 61, perche' in qualita' di consigliere comunale di Pescara, addetto all'autentica delle sottoscrizioni delle firme apposte sulle liste elettorali per l'elezione diretta a sindaco di Pescara del 25/26 maggio 2003, attestava falsamente che la firma riportata sulla lista «Sempre fidelis luci» in data 24 aprile 2003 in Cepagatti, fosse stata apposta da Mancini Vittorio nato a Pesca il 1° gennauio 1968 del quale attestava falsamente di aver accertato l'identita' mediante documenti. In Cepagatti il 24 aprile 2003. R i l e v a t o Che con atto depositato il 29 aprile 2004 la Procura della Repubblica presso l'intestato Tribunale avanzava richiesta di emissione di decreto penale di condanna nei confronti dell'imputato per il reato ascrittogli in rubrica alla pena di euro 200,00 di ammenda; che, in pari data, il medesimo ufficio del p.m. formulava richiesta di proposizione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 30 marzo 2004, n. 61 per evidente contrasto con il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge sancito dall'art. 3 della Costituzione; O s s e r v a La questione appare rilevante e determinante per la decisione, ne' si rileva manifestamente infondata. Osserva infatti il giudicante, che con la modifica normativa il legislatore ha di fatto stabilito una diversita' di trattamento della falsita' in autenticazione di liste di candidati, rispetto alle falsita' in atti fidefacenti suscettivi della medesima efficacia. Orbene, non appare ricorrere alcuna ragione valida per sostenere che le due condotte abbiano diverso disvalore giuridico con riferimento alle falsita' commesse in un medesimo tipo di autenticazione. Unica motivazione del diverso trattamento sanzionatorio, andrebbe individuato nella diversa funzione di autenticazione che in un caso avrebbe ad oggetto la veridicita' delle sottoscrizioni di liste dei candidati, mentre negli altri casi avrebbe ad oggetto falsita' di altre sottoscrizioni. Tutto cio' appare assolutamente irragionevole perche' sembrerebbe che la materia elettorale renda meno importante la valenza della pubblica autenticazione rispetto agli altri casi disciplinati dagli artt. 476 e 479 del codice penale. Ne' puo' dubitarsi che l'autenticazione fatta dal pubblico ufficiale delle sottoscrizioni delle liste elettorali o dei candidati costituisca atto pubblico, nel rispetto della definizione fornita dall'art. 2699 del codice civile, essendo esso destinato a far prova di quanto nell'atto medesimo contenuto o meglio di quanto attestato per scienza diretta del p.u., sino a querela di falso. Si aggiunga, inoltre, che gia' in precedenza, come opportunamente evidenziato dal p.m., la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che la ragionevolezza costituisce un limite necessario della discrezionalita' legislativa. Cosi', ad esempio, nella nota sentenza n. 84/1997 con cui si dichiarava la infondatezza della questione della legittimita' costituzionale dell'art. 93, del d.P.R. n. 570/1960, la Corte ha evidenziato che la differenza di trattamento sanzionatorio della doppia sottoscrizione di liste elettorali avvenuta nell'ambito delle elezioni amministrative e quella avvenuta nell'ambito delle elezioni politiche, sarebbe stata difficilmente giustificabile ove fosse dipesa da una diversa valutazione in astratto effettuata dal legislatore della gravita' dei comportamenti, di per se' identici, piuttosto che dalla particolare tecnica legislativa utilizzata». Ancora, con la sentenza n. 403/1988, in occasione della sollevata questione di costituzionalita' in ordine all'art. 2, comma uno della legge 23 dicembre 1986, n. 898, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione in relazione al diverso piu' lieve trattamento sanzionatorio di un comportamento uguale a quello gia' previsto e sanzionato piu' duramente dall'art. 640-bis del codice penale, la Corte - pur dichiarando la questione non fondata - ha ritenuto ragionevole la diversita' di trattamento sulla base della diversita' delle condotte in esame, sul presupposto che l'art. 2 della citata legge sia volto a reprimere le false erogazioni pubbliche ottenute con il semplice mendacio documentale, elemento, questo, di per se' non idoneo ad integrare il reato p.e p. dall'art. 640-bis del codice penale, cosicche' le due norme sarebbero in rapporto di sussidiarieta' e non di specialita', dovendo l'art. 2 sanzionare una ipotesi altrimenti sfornita di sanzione penale. Ebbene, alla luce delle suddette sentenze della Corte costituzionale, non pare che nel caso di specie possano individuarsi i presupposti che hanno portato la Corte a rigettare la questione di incostituzionalita' per i casi trattati con le sentenze sopra citate. Deve, infatti, concludersi, a parere del giudicante, che il legislatore con l'art. 1 della legge n. 6l/2004, che non opera certamente in regime di specialita' rispetto alla norma generale, abbia effettuato solo ed esclusivamente una diversa valutazione in astratto della gravita' del falso tra quello commesso in relazione alla falsa autenticazione delle sottoscrizioni di liste elettorali e di candidati e quelle piu' genericamente sanzionate dagli artt. 476 e 479 del codice penale. Quanto sopra detto non puo', infine, non evidenziarsi la rilevanza della questione sollevata ove si consideri che Reale Luigi, in base alla nuova normativa vigente, sarebbe soggetto esclusivamente alla pena pecuniaria dell'ammenda essendo la fattispecie penale una mera contravvenzione, laddove - in caso di dichiarata incostituzionalita' della legge - l'imputato dovrebbe rispondere di un delitto con ovvia conseguente diversa sanzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, si proceda alla notifica del presente provvedimento alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e si dia comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pescara, addi' 10 maggio 2004 Il giudice per le indagini preliminari: Romandini 04C0933