N. 290 ORDINANZA 13 - 28 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Possesso  - Procedimenti possessori - Facolta' di instaurare giudizio
  petitorio  prima della definizione della controversia possessoria e
  della esecuzione della decisione in caso di pregiudizio (o pericolo
  di   pregiudizio)   irreparabile   per   il  convenuto  -  Asserito
  ingiustificato  trattamento di favore rispetto alla generalita' dei
  convenuti  proprietari  nei cui confronti non sia ravvisabile detto
  pregiudizio  -  Auspicata  proponibilita'  di  una  mera  eccezione
  petitoria  nel giudizio possessorio, al solo fine del rigetto della
  domanda  possessoria - Questione interpretativa devoluta al giudice
  del rapporto processuale - Manifesta infondatezza.
- Cod.  proc.  civ.,  art. 705,  comma 1,  nel testo risultante dalla
  sentenza n. 25/1992 della Corte costituzionale.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.30 del 4-8-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 705, primo
comma,  del  codice  di  procedura civile, promosso con ordinanza del
20 marzo  2003  dal  Tribunale  di  Grosseto  nel procedimento civile
vertente  tra  Corsini Mario e Pecciarini Agostino ed altre, iscritta
al  n. 370  del  registro  ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 25, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 28 aprile 2004 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che,  con  l'ordinanza  in  epigrafe,  il  Tribunale di
Grosseto  ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 705, primo comma, del codice di
procedura  civile, nel testo risultante dalla sentenza n. 25 del 1992
della   Corte   costituzionale,   nella  parte  in  cui  consente  la
proposizione  del  giudizio  petitorio  prima della definizione della
controversia  possessoria e della esecuzione della decisione nel caso
che  ne  derivi  o  possa  derivarne  un  pregiudizio irreparabile al
convenuto,  anziche'  limitarsi  a  consentire la deducibilita' delle
ragioni  petitorie davanti al giudice del possessorio al solo fine di
chiedere la reiezione della domanda possessoria;
        che al giudice rimettente, con ricorso ex art. 700 cod. proc.
civ.,  e'  stato  chiesto,  in  pendenza  di procedimento possessorio
davanti  ad  altro,  di  disporre la sospensione del provvedimento di
reintegrazione  nel  possesso,  adottato da quest'ultimo, assumendosi
che  il diritto alla conservazione delle opere realizzate derivava da
accordo  intervenuto  tra  le  parti,  e invocandosi, alla luce della
sentenza  di  questa  Corte  n. 25  del  1992,  l'irreparabilita' del
pregiudizio quale presupposto per la deroga al divieto di iniziare il
giudizio   petitorio   prima  della  definizione  della  controversia
possessoria;
        che   il   giudice   adito   ha  sollevato  la  questione  di
legittimita'  costituzionale, motivando la rilevanza della questione,
sul  rilievo  che il pericolo di pregiudizio irreparabile prospettato
da parte ricorrente (distruzione del manufatto realizzato) integra la
fattispecie  di pericolo in presenza del quale la richiamata sentenza
n. 25  del  1992  della  Corte costituzionale giustifica, appunto, la
deroga  al divieto di introduzione del giudizio petitorio in pendenza
del possessorio;
        che lo stesso rimettente, affermata la propria legittimazione
a  sollevare  la  questione di costituzionalita', non avendo emesso o
respinto  il  richiesto  provvedimento  cautelare,  deduce  che nella
disciplina  vigente, al fine di contrastare la richiesta di reintegra
- beninteso, ove dall'esecuzione di questa possa derivare il pericolo
di  un  pregiudizio irreparabile - le ragioni petitorie possono esser
fatte  valere  attraverso  un  autonomo  giudizio  petitorio,  a cio'
inducendo:  a)  il  tenore  letterale  dell'art. 705 cod. proc. civ.,
risultante  dalla pronuncia di incostituzionalita'; b) la parte della
motivazione   della   sentenza   n. 25  del  1992  in  cui  la  Corte
costituzionale  considera  inammissibile la questione di legittimita'
dell'art. 1168,  quarto  comma,  cod. civ., ed esclude che le ragioni
petitorie  debbano  esser  necessariamente  fatte  valere  davanti al
giudice  del  possessorio;  c) la possibilita' consentita dalla Corte
costituzionale  di  invocare  il  rimedio  del sequestro giudiziario,
facendo  valere lo ius possidendi, cio' presupponendo l'instaurazione
autonoma   del   giudizio   petitorio;   d)   la   giurisprudenza  di
legittimita',  che  ha  sempre  affermato  che  le  ragioni petitorie
possono  essere dedotte nel giudizio possessorio, purche' l'eccezione
sia  finalizzata  al  solo  rigetto  della  domanda possessoria e non
implichi deroga alle ordinarie regole di competenza, senza che questo
significhi  che  le eccezioni petitorie debbano essere esclusivamente
sollevate nel giudizio possessorio;
        che    nel    diritto    vivente    consolidato    attraverso
l'interpretazione  della  Corte  di  cassazione,  se  vige, in via di
principio,  il divieto per il convenuto in possessorio, di introdurre
questione  petitoria,  in  via  di  eccezione  o con autonoma azione,
viceversa,  ove  dall'esecuzione della decisione possessoria derivi o
possa derivare un pregiudizio irreparabile, il convenuto in petitorio
puo'  dedurre  ragioni  petitorie  davanti al giudice del possessorio
purche'  la  deduzione  sia  diretta  solo a far rigettare la domanda
possessoria,   ma   puo'   anche   far  valere  le  sue  ragioni  con
l'introduzione di autonomo giudizio petitorio;
        che,  ad  avviso  del giudice a quo, il sistema, che consente
l'instaurazione  autonoma  del  giudizio  petitorio  per  paralizzare
l'esecuzione  della  decisione possessoria, non va tuttavia esente da
dubbi  di  legittimita'  costituzionale,  dal momento che esso sembra
concedere   al   convenuto-proprietario   piu'   di   quanto  sarebbe
strettamente   necessario   a   soddisfare   la   specifica  esigenza
ispiratrice  della  pronuncia  di  incostituzionalita'  di  cui  alla
sentenza  n. 25  del  1992,  giacche'  determina  una  disparita'  di
trattamento  nei  confronti  di tutti gli altri convenuti-proprietari
nei  confronti  dei  quali - in assenza di pregiudizio irreparabile -
vige il divieto dell'art. 705 cod. proc. civ;
        che la pronuncia accertativa del diritto, idonea a passare in
giudicato  prima  dell'esito  del  giudizio  possessorio  (in  cui va
compresa  la  durata  della  fase  c.d.  del  merito possessorio), e'
conseguibile  - per il solo fatto della invocabilita' del pregiudizio
-  con  largo  anticipo  rispetto ai tempi con cui la generalita' dei
convenuti  ottiene lo stesso risultato, laddove la ratio della citata
pronuncia  costituzionale  era  di  impedire  che  il  sacrificio del
convenuto  proprietario  risultasse definitivo e irreparabile, mentre
lo   strumento   postulato  al  perseguimento  di  tale  obiettivo  -
l'autonoma proponibilita' di azione petitoria - appare sproporzionato
al  fine,  dal  momento  che  l'obiettivo  ben  puo' essere raggiunto
attraverso  la  deduzione  delle  ragioni  petitorie  nell'ambito del
giudizio  possessorio,  sia  pure  al  limitato  fine  di chiedere il
rigetto della domanda interdittale;
        che  la  sproporzione  risulta evidente ove si consideri che,
nel  caso di spoglio di immobili, l'autonoma proponibilita' di azione
possessoria  opererebbe  a  favore  di  chi  abbia posto in essere un
illecito possessorio di rilevante entita' (costruzione di manufatti),
onde   e'  necessaria  l'interpretazione  restrittiva  sulla  portata
derogatoria  della norma, tenendo conto, esemplificativamente, che il
diverso  trattamento  assicurato  dalla  deroga  al costruttore di un
grattacielo   rispetto   al   manipolatore   di   una  serratura,  e'
giustificato   solo   nella   misura   in   cui   si   impedisca  che
dall'esecuzione   della   decisione  possessoria  possa  derivare  un
pregiudizio  irreparabile,  non  anche  per  conseguire una pronuncia
petitoria  con  efficacia di giudicato, e che il primo risultato puo'
essere  ottenuto limitando l'ammissibilita' delle istanze possessorie
nell'economia   di   una  valutazione  incidenter  tantum  in  ambito
possessorio;
        che   non   vale   osservare  che  comunque  la  riconosciuta
ammissibilita'  dell'eccezione  consentirebbe  l'azione autonoma, non
mancando  nell'ordinamento  ipotesi di diversa regolamentazione delle
due facolta' (vedi art. 1442, secondo comma, cod. civ.);
        che la possibilita' riconosciuta al convenuto proprietario di
ottenere   il   rigetto   della  domanda  possessoria  con  eccezione
nell'ambito  di  quel  giudizio  sarebbe  di  per  se'  sufficiente a
soddisfare  l'esigenza  ispiratrice  della  pronuncia n. 25 del 1992,
laddove  il  consentire  l'azione  petitoria autonoma per bloccare la
decisione  possessoria  pare  dipendere  dalla  sola preoccupazione -
ammettendo  eccezioni  petitorie  in  ambito possessorio - di indurre
modifiche alle regole sulla competenza;
        che  la  diversa  esigenza  di  economia  processuale sarebbe
invece    applicabile    a    tutte    le    possibili   interferenze
possessorio-petitorio,   a   prescindere   dalla   previsione  di  un
pregiudizio,  tanto  piu' che in prosieguo di tempo, con l'abolizione
della  figura  del  pretore,  e  la concentrazione delle controversie
davanti   al  giudice  unico  del  tribunale,  l'eccezione  petitoria
rimarrebbe nell'ambito della competenza di questo giudice;
        che  il  rimettente  ritiene,  conclusivamente,  di non poter
risolvere  la  questione  in  via  interpretativa,  atteso  il tenore
letterale  dell'art. 705  cod.  proc.  civ., l'autorevole motivazione
della Corte costituzionale, l'orientamento della Corte di cassazione;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  chiede  dichiararsi  l'inammissibilita'  o  la manifesta
infondatezza della questione.
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Grosseto,  in pendenza di un
giudizio  introdotto  con ricorso ex art. 700 del codice di procedura
civile  e con il quale si chiede la sospensione dell'esecuzione di un
provvedimento   possessorio,   adottato  in  altro  procedimento,  ha
sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 705,
primo  comma,  del  codice  di procedura civile, nel testo risultante
dalla  sentenza  n. 25  del 1992 della Corte costituzionale, la' dove
consente   la   proposizione   del  giudizio  petitorio  prima  della
definizione  della  controversia possessoria e della esecuzione della
decisione  nel  caso  che  ne derivi o possa derivarne un pregiudizio
irreparabile  per  il  convenuto,  anziche' limitarsi a consentire la
deducibilita'   delle   ragioni  petitorie  davanti  al  giudice  del
possessorio  al  solo  fine  di  chiedere  la reiezione della domanda
possessoria,  per  violazione  dell'art. 3  della  Costituzione,  per
ingiustificato  trattamento  di  favore rispetto alla generalita' dei
convenuti  proprietari  nei  cui  confronti  non  sia  ravvisabile il
pregiudizio;
        che  questa  Corte,  con  la  sentenza  n. 25  del  1992,  ha
dichiarato   l'illegittimita'   costituzionale  dell'art. 705,  comma
primo,   cod.   proc.   civ.,  nella  parte  in  cui  subordinava  la
proposizione   del   giudizio   petitorio   alla   definizione  della
controversia  possessoria  e all'esecuzione della decisione, nel caso
che  ne  derivi  o  possa  derivarne  un  pregiudizio irreparabile al
convenuto,  sulla base del rilievo della non coerenza - e percio' del
contrasto  col  principio  di  razionalita' di cui all'art. 3 Cost. -
dell'assolutezza  del  divieto  di  invocare  il  proprio diritto che
l'art. 705  cod.  proc.  civ. imponeva al convenuto, impedendogli non
solo  la  proposizione  di  eccezioni  ex  iure  proprio nello stesso
processo  possessorio,  ma anche, fino a quando il processo non fosse
conchiuso  e  la  decisione  eseguita, la proposizione di un separato
giudizio petitorio davanti al giudice competente;
        che  la  stessa  decisione  ha  poi  osservato  che  la norma
impugnata   non   tiene  conto  che,  secondo  la  ratio  sottesa  ai
procedimenti  regolati  dagli  artt. 703  e seguenti cod. proc. civ.,
l'autonomia e' bilanciata, e quindi limitata, dalla condizione che il
pregiudizio  arrecato  al convenuto possa essere riparato mediante un
altro  giudizio,  con  la  conseguenza  che,  in materia immobiliare,
l'esecuzione   del   provvedimento   possessorio   arreca   un  danno
irreparabile  quando  lo  spoglio si concreta nella costruzione di un
manufatto, sicche' l'onere di eseguire la decisione prima di proporre
il  giudizio  petitorio costringe il convenuto a distruggere un'opera
che,  come  risultera'  dal  successivo  giudizio petitorio, aveva il
diritto di costruire, ravvisando, in cio' la violazione del principio
di cui all'art. 3 della Costituzione;
        che  nella  specie, il giudice rimettente, in presenza di una
situazione  legittimante la deroga al divieto di cumulo del petitorio
con  il  possessorio,  chiede  che  sia  affermata l'esclusione della
proponibilita'  del giudizio petitorio in via autonoma anche nei casi
di pregiudizio o di pericolo di pregiudizio irreparabile, denunciando
una   irragionevole   diversita'   di   trattamento   «rispetto  alla
generalita'  delle ipotesi in cui, paradossalmente, l'atto di spoglio
risulti di minore gravita»;
        che  la  questione  proposta  e' manifestamente infondata dal
momento  che  con  la  stessa  il  giudice  rimettente,  da  un lato,
prospetta  la  violazione  dell'art. 3  della  Costituzione proprio a
seguito  della pronuncia di questa Corte n. 25 del 1992, che ha posto
un ragionevole limite al generale divieto della domanda petitoria nel
giudizio  possessorio  e,  dall'altro,  chiedendo che in quest'ultimo
giudizio la tutela del proprietario si realizzi attraverso il ricorso
alla  eccezione  petitoria  e  sia  affermata  la  proponibilita' del
petitorio  come  eccezione  e non a mezzo di una azione autonoma, non
pone  una questione di costituzionalita', ma di interpretazione della
normativa, devoluta al giudice del rapporto processuale.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 705  del  codice di procedura
civile,  sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal
Tribunale di Grosseto con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta il 13 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 luglio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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