N. 297 ORDINANZA 13 - 28 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Questione    di    legittimita'   costituzionale   -   Eccezione   di
  inammissibilita' per la estromissione di una parte del processo con
  l'ordinanza   di   rimessione   -   Reiezione  per  la  inincidenza
  dell'asserito    vizio    sull'ammissibilita'   del   giudizio   di
  costituzionalita'.
Imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche (IRPEF) - Accertamento
  sintetico  del  reddito  - Modalita' di determinazione induttiva ed
  elementi   indicativi   di   capacita'   contributiva  utilizzabili
  dall'ufficio  impositore  -  Individuazione interamente demandata a
  decreti  del  Ministro  delle  finanze  -  Asserita incidenza sulla
  capacita'     contributiva    -    Indebita    sottrazione    della
  discrezionalita'  ministeriale  ai  controlli  del  Parlamento, del
  Governo  e  del  Consiglio  di  Stato  -  Assenza  di direttive per
  l'autorita'  «delegata»  -  Asserito  contrasto con il principio di
  razionalita'   costituzionale   -   Manifesta   infondatezza  della
  questione.
- D.P.R.  29 settembre  1973,  n. 600, art. 38, quarto comma, secondo
  periodo,  come sostituito dall'art. 1 della legge 30 dicembre 1991,
  n. 413,   comma   ulteriormente  modificato  dall'art. 1  del  d.l.
  31 maggio  1994, n. 330, convertito, con modificazioni, nella legge
  27 luglio 1994, n. 473.
- Costituzione,  artt. 70,  76, 3 e 100, primo comma; legge 23 agosto
  1988, n. 400, art. 17.
(GU n.30 del 4-8-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:   Valerio   ONIDA,   Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 38, quarto
comma,   secondo   periodo,  del  d.P.R.  29 settembre  1973,  n. 600
(Disposizioni  comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui
redditi),  come  sostituito dall'art. 1 della legge 30 dicembre 1991,
n. 413   (Disposizioni   per   ampliare   le   basi  imponibili,  per
razionalizzare,  facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento;
disposizioni  per  la  rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale),  e  ulteriormente  modificato dall'art. 1 del decreto-legge
31 maggio  1994,  n. 330  (Semplificazione  di talune disposizioni in
materia  tributaria),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge
27 luglio  1994,  n. 473,  promosso  con ordinanza del 1 ottobre 2002
dalla  Commissione  tributaria  regionale  del  Piemonte  sul ricorso
proposto da Zanetta Franco ed altra contro l'Agenzia delle entrate di
Roma,  iscritta  al  n. 815  del registro ordinanze 2003 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale,
dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 giugno 2004 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto  che  la  Commissione tributaria regionale del Piemonte,
con  ordinanza  del 1° ottobre 2002 - in sede di appello proposto dal
contribuente   avverso   la  sentenza  della  Commissione  tributaria
provinciale  di  Novara  con  cui  era stata rigettata l'impugnazione
degli avvisi di accertamento i quali avevano rideterminato il reddito
del  contribuente per il 1989 e per il 1990 ai fini IRPEF e ILOR - ha
sollevato   questione   incidentale  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 38,  quarto comma, secondo periodo, del d.P.R. 29 settembre
1973,  n. 600  (Disposizioni  comuni in materia di accertamento delle
imposte   sui  redditi),  come  sostituito  dall'art. 1  della  legge
30 dicembre   1991,   n. 413   (Disposizioni  per  ampliare  le  basi
imponibili,  per  razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita'
di  accertamento;  disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
beni  immobili  delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e
per  la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
al  Presidente  della  Repubblica  per la concessione di amnistia per
reati  tributari;  istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del
conto   fiscale),  comma  ulteriormente  modificato  dall'art. 1  del
decreto-legge  31 maggio  1994,  n. 330  (Semplificazione  di  talune
disposizioni  in  materia tributaria), convertito, con modificazioni,
nella legge 27 luglio 1994, n. 473, in riferimento agli artt. 70, 76,
3  e  100, primo comma, della Costituzione e in relazione all'art. 17
della  legge  23 agosto  1988,  n. 400  (Disciplina dell'attivita' di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri);
        che  secondo il giudice rimettente gli avvisi di accertamento
impugnati   erano   fondati  esclusivamente  sulla  pura  e  semplice
applicazione  matematica  del  c.d.  redditometro  di  cui al decreto
ministeriale  10 settembre 1992 e al decreto ministeriale 19 novembre
1992,  non  risultando  neppure  enunciato  alcun diverso elemento di
fatto;
        che i suddetti decreti erano stati emanati dal Ministro delle
finanze   sulla   base   dell'art. 38,   comma   quarto,  del  d.P.R.
29 settembre  1973,  n. 600,  come  sostituito  dall'art. 1, comma 1,
lettera b), della legge 30 dicembre 1991, n. 413, comma ulteriormente
modificato   dall'art. 1,   comma 1,  lettera q),  del  decreto-legge
31 maggio  1994,  n. 330,  convertito, con modificazioni, nella legge
27 luglio 1994, n. 473;
        che  l'articolo  citato  demanda  ad  una norma regolamentare
subordinata  l'individuazione  delle  modalita' di determinazione del
maggior  reddito  in  relazione  ad  elementi indicativi di capacita'
contributiva da individuarsi dallo stesso decreto;
        che, ad avviso del remittente, tale delega non contiene alcun
criterio  direttivo  ne'  in ordine all'individuazione degli elementi
indicativi  della  capacita'  contributiva, demandati totalmente alla
discrezionalita'  del  ministro,  ne'  in  ordine  alle  modalita' di
deduzione  da  tali  elementi  dei parametri di confronto del reddito
dedotto dalla ricorrenza di quegli elementi indicativi;
        che  pertanto  in concreto la scelta e' rimessa totalmente al
ministro delegato;
        che  i  decreti ministeriali di approvazione del redditometro
hanno  natura  secondaria,  sottraendosi  al controllo del Parlamento
(Cass. 11 settembre 2000, n. 15045);
        che  l'assenza di direttive incide sulla determinazione della
capacita' contributiva di cui all'art. 53 Cost., con il risultato che
tanta   discrezionalita'  in  concreto  modella  il  contenuto  della
capacita'    suddetta,    con   un'incidenza   sostanziale   pur   se
apparentemente  proposta  come meramente procedimentale, come ritiene
la giurisprudenza (Cass. n. 15045 del 2000 citata);
        che   la   giurisprudenza   costituzionale  ha  costantemente
affermato  che  gli  strumenti  di  attuazione  della pretesa fiscale
possono   ritenersi   parte  integrante  della  normativa  tributaria
(sentenze  n. 51  del  2000,  n. 37 del 1997 e n. 11 del 1995), cosi'
sottolineando  la  specularita'  fra  norma  sostanziale impositiva e
norma di attuazione della pretesa fiscale;
        che l'amministrazione finanziaria ha sempre inteso il ricorso
a  detto  strumento  come  modo per determinare un reddito matematico
asseritamente  sottratto all'imponibile, piuttosto che come strumento
per identificare un possibile evasore nei cui confronti esercitare un
accertamento adeguato;
        che  l'emanazione  dei  citati  decreti ministeriali ha avuto
luogo  al di fuori sia del controllo del Parlamento ex art. 70 Cost.,
sia  del  procedimento  di  delega  di norme aventi forza di legge ex
art. 76 Cost., applicabile a maggior ragione ad un atto di normazione
secondaria;
        che  inoltre  la  norma  in bianco, delegando la sua concreta
determinazione  contenutistica  ad un d.m. e non ad un d.P.R., ha per
cio'  stesso  reso inapplicabile il disposto dell'art. 17 della legge
n. 400  del  1988,  con  l'effetto  di sottrarre detti atti, che pure
hanno  natura  regolamentare,  al  controllo  del  Governo  nella sua
collegialita' ed al controllo di legittimita' del Consiglio di Stato;
        che  detta ultima norma integra uno dei principi fondamentali
dell'ordinamento   costituzionale,   in  quanto  garantisce  uno  dei
controlli  di  legittimita'  che connota lo Stato di diritto, onde la
sua disapplicazione puo' essere giustificata solo da evidenti ragioni
di  razionalita' costituzionale ex art. 3 Cost., che nella specie non
si rinvengono;
        che   «pertanto  l'art. 38,  quarto  comma,  secondo  periodo
citato,  appare  in conflitto, quanto alla fonte normativa prescelta,
con  il  principio  di  formazione  delle  leggi di cui agli artt. 70
Cost.,  in  quanto  formato al di fuori del controllo del Parlamento;
dell'art. 76  Cost.,  in  quanto  non  contiene  alcuna direttiva per
l'autorita'  delegata;  nonche'  con  il  principio  di  razionalita'
costituzionale  di  cui  agli  artt. 3, 100, primo comma, Cost., e 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400»;
        che  la questione e' rilevante nel giudizio a quo, perche' il
suo   accoglimento  determinerebbe  l'automatica  illegittimita'  dei
decreti  ministeriali  suddetti,  i  quali,  peraltro, sulla base del
diritto  vivente  sono  applicabili  a tutti i rapporti tributari non
definiti (c.d. retroattivita), pur se riferiti ad anni antecedenti la
loro entrata in vigore;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che la Corte dichiari la questione inammissibile -
per avere la Commissione estromesso una parte dal processo (l'Ufficio
di Borgomanero dell'Agenzia delle Entrate) con l'ordinanza con cui e'
stata sollevata un'eccezione di legittimita' costituzionale e non con
sentenza  -  e  comunque  manifestamente  infondata,  ribadendo  tali
conclusioni con una memoria illustrativa.
    Considerato  che la Commissione tributaria regionale del Piemonte
dubita  della legittimita' costituzionale dell'art. 38, quarto comma,
secondo  periodo,  del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni  in  materia  di accertamento delle imposte sui redditi), come
sostituito   dall'art. 1   della   legge   30 dicembre  1991,  n. 413
(Disposizioni  per  ampliare  le basi imponibili, per razionalizzare,
facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento; disposizioni per
la  rivalutazione  obbligatoria  dei  beni  immobili  delle  imprese,
nonche'  per  riformare il contenzioso e per la definizione agevolata
dei   rapporti   tributari   pendenti;  delega  al  Presidente  della
Repubblica  per  la  concessione  di  amnistia  per  reati tributari;
istituzioni  dei  centri  di assistenza fiscale e del conto fiscale),
comma   ulteriormente   modificato   dall'art. 1   del  decreto-legge
31 maggio  1994,  n. 330,  convertito, con modificazioni, nella legge
27 luglio  1994,  n. 473,  in riferimento agli artt. 70, 76, 3 e 100,
primo  comma,  della  Costituzione  e  in relazione all'art. 17 della
legge  23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e
ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri);
        che,   contrariamente   all'assunto  della  difesa  erariale,
l'asserito  vizio  dell'ordinanza  di  rimessione, emessa malgrado la
pretesa  illegittimita' della estromissione dal giudizio di una delle
parti,    non    incide    sull'ammissibilita'    del   giudizio   di
costituzionalita';
        che  la  norma  impugnata  introduce  e  disciplina  il  c.d.
redditometro,  che  e' uno strumento che permette all'amministrazione
finanziaria   di   determinare   presuntivamente   il   reddito   del
contribuente  sulla  base  di parametri che, alla luce di consolidate
massime   di  esperienza,  sono  indici  rivelatori  di  reddito  del
contribuente,  e demanda ad un regolamento del Ministro delle finanze
la   determinazione  dei  parametri  in  base  ai  quali  determinare
presuntivamente il reddito;
        che  la  legge  stabilisce  che  l'ufficio delle imposte puo'
determinare induttivamente il reddito mediante elementi e circostanze
di fatto certi, quando il reddito dichiarato si discosti di almeno un
quarto  da  quello complessivo netto accertabile e questo scostamento
sia avvenuto per due o piu' periodi di imposta;
        che  nessuna  violazione  dell'art. 53  della  Costituzione -
invocato   nella   motivazione   della  ordinanza  e  non  anche  nel
dispositivo   -  e'  ravvisabile  nella  norma  impugnata,  dovendosi
confermare  quanto  gia'  statuito  da  questa  Corte con la sentenza
n. 283 del 1987;
        che  in  tale  sentenza  la  Corte,  nell'esaminare  il testo
originario della norma impugnata, molto meno garantista dell'attuale,
ha   affermato  che  i  metodi  di  accertamento  induttivo  previsti
dall'art. 38,  quarto  comma,  del  d.P.R.  n. 600  del  1973, pur se
fondano  l'accertamento  su presunzioni - iuris tantum e non iuris et
de  iure (v. ordinanza n. 7 del 2001) -, sono rispettosi dell'art. 53
della Costituzione, in quanto ancorano l'accertamento ad elementi che
debbono  essere  rigorosamente  dimostrati e sono idonei a costituire
fonte   sicura   di   rilevamento   della   capacita'   contributiva:
l'accertamento  fondato  sulla  prova  della esistenza di «elementi e
circostanze  di  fatto  certi», i quali dimostrino l'inattendibilita'
della  quantificazione  del  reddito  risultante dalla determinazione
analitica  e  la  correlativa  sussistenza  di un maggior reddito, si
palesa quindi come «un accertamento presuntivo che, lungi dal violare
il   principio   costituzionale   della  correlazione  tra  capacita'
contributiva  e  imposizione  tributaria,  ne costituisce un mezzo di
attuazione, in quanto e' reso ragionevole dal ricorso a indici idonei
a  dare  fondamento  reale  alla  corrispondenza  tra  imposizione  e
capacita' contributiva» (sentenza n. 283 del 1987 citata);
        che,  circa  l'obiezione  che  il  legislatore avrebbe dovuto
disciplinare   direttamente   il   «redditometro»  e  non  demandarne
l'attuazione ad una fonte subordinata, e' inconferente il richiamo ai
parametri  di  cui  agli  artt. 70 e 76 della Costituzione, in quanto
cio'  che e' oggetto di censura non e' la violazione di uno specifico
criterio direttivo, ma il merito della scelta operata dal legislatore
(sentenza n. 168 del 2001);
        che,  comunque,  anche  a volere ritenere che, per il tramite
del richiamo alle anzidette norme, si sia dedotta, nella sostanza, la
violazione  del  principio  della riserva di legge di cui all'art. 23
della  Costituzione,  e'  da  richiamare  la  costante giurisprudenza
costituzionale  secondo cui tale riserva va intesa in senso relativo,
ponendo  al  legislatore  l'obbligo  di determinare preventivamente e
sufficientemente  criteri  direttivi  di  base  e  linee  generali di
disciplina  della  discrezionalita'  amministrativa (v. sentenze n. 7
del 2001, n. 215 del 1998 e n. 111 del 1997);
        che  e'  stata  rispettata  la  riserva di legge relativa, in
quanto  l'art. 38  stabilisce  che  il  regolamento  deve prendere in
considerazione  elementi  e  circostanze di fatto certi e fissa delle
linee  direttive  a  cui  si  deve  attenere  l'accertamento compiuto
tramite  regolamento  perche' lo stesso sia valido (deve scostarsi di
almeno  un  quarto  da  quanto  dichiarato  per  almeno  due  periodi
imposta), con salvezza della prova contraria del contribuente;
        che  nessuna norma costituzionale o di legge stabilisce poi -
per  rispondere  alla censura mossa dal rimettente in ordine alla non
conformita'    dell'art. 38    al    principio    di    «razionalita'
costituzionale» dell'art. 3 e alla necessita' di un parere consultivo
sui  regolamenti  ex  art. 100  della  Costituzione  - che in materia
tributaria  i  regolamenti  debbano  essere  adottati con regolamento
governativo ai sensi dell'art. 17 della legge n. 400 del 1988, con la
conseguenza  che  nessun  vulnus costituzionale puo' ravvisarsi nella
scelta   di   un   regolamento  del  Ministro  delle  finanze,  senza
considerare  che  la norma da ultimo citata, nel fare un elenco delle
materie  che  devono  essere  disciplinate con il regolamento, non fa
menzione della materia tributaria;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 38,  quarto  comma,  secondo
periodo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in
materia  di  accertamento delle imposte sui redditi), come sostituito
dall'art. 1  della  legge  30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare   le  basi  imponibili,  per  razionalizzare,  facilitare  e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei
centri   di   assistenza   fiscale   e   del  conto  fiscale),  comma
ulteriormente  modificato  dall'art. 1  del  decreto-legge  31 maggio
1994,  n. 330  (Semplificazione  di  talune  disposizioni  in materia
tributaria),  convertito,  con  modificazioni,  nella legge 27 luglio
1994,  n. 473,  sollevata, in riferimento agli artt. 70, 76, 3 e 100,
primo  comma,  della  Costituzione  e  in relazione all'art. 17 della
legge  23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e
ordinamento  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri), dalla
Commissione  tributaria  regionale  del  Piemonte, con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 luglio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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