N. 79 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 agosto 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 5 agosto 2004 (della Regione Friuli-Venezia Giulia)

Porti  -  Autorita' portuale - Nomina del Presidente - Procedimento -
  Prevista   possibilita'   del   Ministro,   in   caso   di  mancato
  perfezionamento nei termini dell'intesa con la Regione interessata,
  di  chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre
  la  questione  al Consiglio dei ministri, che provvede con delibera
  motivata - Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciato
  eventuale  ripristino  anche  nella  Regione  ricorrente del potere
  ministeriale di nomina - Violazione delle competenze costituzionali
  regionali.
- Decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, art. 6.
- Costituzione,  artt. 117,  comma  terzo, e 118, in collegamento con
  art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Porti  -  Autorita' portuale - Nomina del Presidente - Procedimento -
  Disciplina   -   Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -
  Denunciata  possibilita'  di  procedere  alla  nomina  senza previa
  intesa  con  la  Regione  interessata  -  In  subordine: Denunciata
  possibilita'  che  il  conflitto  venga  risolto  con  la  semplice
  prevalenza  di una delle parti - In ulteriore subordine: Denunciata
  previsione  che  il semplice passaggio di trenta giorni consenta la
  sostituzione  del  Governo all'intesa - Violazione delle competenze
  costituzionali   regionali   -   Lesione  del  principio  di  leale
  collaborazione.
- Decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, art. 6.
- Costituzione,  artt. 117,  comma  terzo, e 118, in collegamento con
  art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
(GU n.38 del 29-9-2004 )
    Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona del
Presidente   della   Giunta  regionale  pro  tempore  Riccardo  Illy,
autorizzato  con  deliberazione della Giunta regionale n. 1562 del 18
giugno  2004  (doc.  1),  rappresentata  e  difesa, come da mandato a
margine  del  presente  atto,  dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di
Padova,   con   domicilio   eletto   in   Roma  presso  l'Ufficio  di
rappresentanza della regione, piazza Colonna, 355,

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione   di   illegittimita'   costituzione   dell'art. 6  del
decreto-legge  28 maggio  2004,  n. 136,  «Disposizioni  urgenti  per
garantire   la   funzionalita'   di  taluni  settori  della  pubblica
amministrazione»,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 28
maggio 2004, per violazione:
        della  legge  costituzionale  n. 1  del 1963 e delle relative
norme di attuazione;
        degli  artt.  117  e  118  della  Costituzione,  in relazione
all'art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001;
        del  principio  di  leale  collaborazione  tra  lo Stato e le
regioni.

                              F a t t o

    In  base  a  quanto  stabilito  dall'art. 70, ultimo comma, dello
statuto  («con  legge della Repubblica, entro un anno dall'entrata in
vigore  del presente statuto, saranno emanate norme per l'istituzione
dell'ente  del  porto  di  Trieste  e  per il relativo ordinamento»),
l'art. 1 della legge n. 589/1967 costituiva l'Ente autonomo del porto
di  Trieste  quale  ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza
del Ministero della marina mercantile.
    La  legge  n. 84/1994,  nel  riformare  l'ordinamento  dei porti,
all'art. 6  previde  nel  porto  di  Trieste  (come  in  altri porti)
l'Autorita'  portuale,  ente  pubblico  autonomo.  Nella stessa legge
l'art. 8, comma 1, disciplina la nomina del Presidente dell'Autorita'
portuale,  stabilendo  che  «il presidente e' nominato, previa intesa
con  la  regione interessata con decreto del Ministro dei trasporti e
della  navigazione,  nell'ambito di una terna di esperti di massima e
comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei
trasporti  e  portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai
comuni   e  dalle  camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura,  la  cui competenza territoriale coincide, in tutto o in
parte, con la circoscrizione di cui all'art. 6, comma 7».
    La  disposizione  precisa che la terna deve essere «comunicata al
Ministro  dei  trasporti  e  della  navigazione  tre mesi prima della
scadenza  del  mandato»,  che  «il  Ministro, con atto motivato, puo'
chiedere  di  comunicare  entro  trenta  giorni  dalla  richiesta una
seconda  terna  di  candidati  nell'ambito  della quale effettuare la
nomina»,   e   che,   «qualora   non   pervenga  nei  termini  alcuna
designazione,  il Ministro nomina il presidente, previa intesa con la
regione  interessata, comunque tra personalita' che risultano esperte
e  di  massima  e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia dei trasporti e portuale».
    Dunque,  gia'  l'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994 assegnava alla
Regione  un  ruolo  di  codeterminazione nella nomina del presidente,
attraverso  la  necessaria  intesa.  A  provincia, comuni e camere di
commercio  era  pure  assegnato  un  ruolo  importante  attraverso la
designazione  di  una  prima ed eventualmente di una seconda terna di
candidati:  fermo restando che, ove nessuna terna fosse pervenuta, la
determinazione  spettava  comunque  all'intesa  tra  lo  Stato  e  la
Regione.
    Nella  materia  e'  poi intervenuta la riforma del Titolo V della
parte seconda della Costituzione, operata dalla legge, cost. n. 3 del
2001. Infatti, il nuovo testo dell'art. 117, terzo comma, attribuisce
alle regioni ordinarie competenza concorrente sui «porti». Come noto,
le  disposizioni  del  nuovo  Titolo  V  sono  applicabili anche alle
regioni  speciali  la'  dove  prevedano forme di autonomia piu' ampie
rispetto agli statuti speciali (art. 10, legge cost. n. 3 del 2001).
    Nonostante  l'espansione  costituzionale  della  competenza delle
regioni,  e  tra  queste  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  la
disposizione  qui  impugnata  -  l'art. 6 del decreto-legge 28 maggio
2004,  n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di
taluni    settori   della   pubblica   amministrazione),   intitolato
Modificazioni  alla  legge  28  gennaio  1994,  n. 84  -  in  realta'
restringe  e  sminuisce il ruolo della regione, rendendo l'intesa con
essa  meramente  facoltativa.  Essa  infatti  dispone, aggiungendo il
comma  1-bis all'art. 8, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84,
che  «esperite  le  procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta
giorni  non  si  raggiunga  l'intesa  con  la regione interessata, il
Ministro  puo'  chiedere  al Presidente del Consiglio dei ministri di
sottoporre  la  questione al Consiglio dei ministri, che provvede con
deliberazione motivata».
    La  disposizione  legislativa qui impugnata, pur avendo carattere
generale  ed astratto - e riferendosi percio' in generale ai porti, e
non  specificamente  a quello di Trieste - si inserisce pero' in modo
specifico  nel  quadro della vicenda che da oltre un anno impedisce -
la  Regione  ricorrente ritiene senza sua responsabilita' - la nomina
del  Presidente  dell'Autorita'  portuale  di  Trieste:  e  di questa
vicenda converra' qui rammentare i tratti essenziali.
    Essendo  prossimo  a  scadenza  (13  ottobre 2003) il mandato del
Presidente  dell'Autorita' portuale del porto di Trieste, il Ministro
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  con nota del 22 aprile 2003
richiedeva  alla  Provincia  di  Trieste, alla Camera di commercio di
Trieste ed ai comuni di Trieste e di Muggia (cioe' agli enti previsti
dall'art.  8  della  legge n. 84/1994) la designazione della terna di
esperti di rispettiva competenza.
    Gli  enti  in  questione,  tuttavia, anziche' indicare una terna,
entro  la quale Ministero e Regione potessero fare la propria scelta,
hanno  indicato  - con nota congiunta dell'8 maggio 2003 sottoscritta
da tutti i legali rappresentanti degli stessi - quale candidato unico
la  dott.ssa Marina Monassi. E' evidente la plateale violazione della
legge, ed in pratica l'abnorme pretesa di tali enti di scegliere essi
in   modo   vincolante  e  definitivo  il  Presidente  dell'Autorita'
portuale.
    E'  evidente  anche  la  lesione,  da  parte  di tali enti, delle
competenze  della Regione, e dello stesso Ministero, il cui ambito di
scelta sarebbe venuto a ridursi ad un solo nome.
    Tuttavia, il Ministro, anziche' rilevare la lesione e fare quanto
necessario  ad eliminarla, inopinatamente con nota del 4 luglio 2003,
indirizzata  alla  Regione,  riteneva  «di  poter  concordare  con la
volonta' espressa dagli enti locali» e segnalava il suo «orientamento
sul  nominativo  della  dott.ssa  Monassi»,  restando  «in  attesa di
conoscere  le  valutazioni  della  Regione  per  l'acquisizione della
prescritta intesa e la prosecuzione del procedimento di nomina» (doc.
2).
    La  Regione,  con  nota  dell'8  luglio  2003 (doc. 3), dopo aver
ricordato  l'importanza  della  procedura delineata dall'art. 9 della
legge  n. 84/1994  e  aver  richiamato  il  curriculum della dott.ssa
Monassi,  comunicava  di non poter «esprimere l'intesa sulla proposta
della  dott.ssa  Monassi  quale Presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste».  Con la medesima nota, anche alla luce delle considerazioni
rappresentate  dal  Presidente della Regione al Ministro nel corso di
un  incontro  precedente, veniva richiesto il rinnovo della procedura
di nomina.
    A  questo  punto,  con  nota  del  18  luglio  2003  (doc. 4), il
Ministro,  rilevato  il  mancato  raggiungimento  dell'intesa  con la
Regione,  chiedeva  agli  enti  «di  voler  nuovamente procedere alla
designazione del candidato entro trenta giorni dal ricevimento» della
nota  stessa. Il Ministro richiamava l'art. 8 legge n. 84/1994 ma non
precisava  la necessita' di proporre una tema, ed utilizzava anche la
curiosa   (rispetto   alle   previsioni  di  legge)  espressione  (il
«candidato») sopra evidenziata in corsivo.
    La  Provincia,  i  Comuni  di  Trieste  e  Muggia  e la Camera di
commercio,  con  note  tutte  eguali  del  30  luglio  2003 (doc. 5),
nuovamente incuranti del dettato legislativo, ma pronti a cogliere il
nascosto  suggerimento  del  Ministro, non solo riproponevano un solo
nominativo,  ma addirittura incredibilmente riproponevano lo stesso e
solo  nominativo  della dott.ssa Monassi, senza neppure menzionare il
disaccordo   della   Regione   e  sottolineando  la  propria  «unita'
d'intenti»: come se questa potesse sostituire il rispetto delle leggi
e   delle  competenze  costituzionali.  Avuta  notizia  di  cio',  il
Presidente della Regione con nota del 7 agosto 2003 (doc. 6) ribadiva
la  necessita'  che  il  presidente fosse nominato nell'ambito di una
tema  di esperti, chiedendo al Ministro «di espletare gli adempimenti
prescritti    verificando,    se   ne   sussistono   i   presupposti,
l'inadempienza  degli  enti  tenuti alle indicazioni della terna», al
fine  di  «attivare...  entro  il  termine  di  scadenza dell'attuale
presidente,  la  procedura di nomina prevista dall'ultimo periodo del
comma 1, dell'art. 8 della citata legge n. 84/1994».
    A  questa nota del Presidente della Regione rispondeva il Capo di
gabinetto  del  Ministro  in data 12 settembre 2003 (doc. 7). In tale
nota,  si  prospettava  una  teoria,  ad avviso della Regione davvero
singolare  -  secondo la quale l'art. 8 legge n. 84/1994 non richiede
una  «tema»  di  candidati  per  dare  al  Ministro e alla Regione la
possibilita'  di  scegliere  fra  persone diverse ma solo perche' gli
enti  proponenti  appartengono  a tre «tipi» diversi, per cui, se gli
enti  concordano  su  un unico nome, sarebbe legittima la proposta di
quest'ultimo. Il Capo di Gabinetto, dunque, affermava la legittimita'
del  procedimento  fin  li'  seguito,  precisava di voler evitare «il
ricorso   alle  forme  procedurali  garantiste»  (sic)  e  concludeva
rappresentando  «l'inalterato  intento  di  questa Amministrazione di
pervenire  quanto  prima  al  raggiungimento  di  un  accordo» con la
Regione:  nel  senso,  evidentemente,  di  costringere  la  Regione a
consentire sull'unico candidato prospettato.
    Ed infatti il 17 settembre 2003 (doc. 8), il Ministro riproponeva
alla  Regione  il  nominativo  della dott.ssa Monassi, sul quale gia'
nella   prima   tornata   la   Regione   aveva  espresso  valutazione
motivatamente negativa.
    Tale  valutazione veniva reiterata con nota del 19 settembre 2003
(doc.  9).  Con  tale nota si ribadiva l'illegittimita' di una nomina
effettuata  sulla  base della designazione di un solo candidato (alla
luce  della lettera e della ratio dell'art. 8, legge n. 84/1994) e si
sottolineava  «la  inequivocabile mancanza del possesso dei requisiti
di  legge da parte della dott.ssa Monassi», dato che (oltre ad «altre
valutazioni   desumibili   dal  curriculum»)  «la  candidata  risulta
laureata   in  biologia  e  quindi  e'  sprovvista,  de  iure,  della
preparazione  universitaria  essenziale  per  rispondere al requisito
della  «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia dei trasporti e portuali».
    La    Regione,   peraltro,   confermava   «l'intendimento...   di
contribuire  a  scegliere il nuovo presidente dell'Autorita' portuale
entro i termini di scadenza previsti dalla legge, esercitando appieno
le  competenze  e  i  poteri  ad essa riservati anche nel merito, sia
nell'ambito  della  procedura  ordinaria  prevista  nella prima parte
dell'art.  8,  primo  comma, sia nella procedura alternativa prevista
seconda    parte    della   medesima   norma»,   e   assicurava   «la
disponibilita'..  a concorrere, con la propria intesa, anche ad altre
procedure   che   eventualmente  il  Ministero  ritenesse  necessario
adottare  per  far  fronte  ad  eventuali  situazioni di necessita' e
urgenza.
    A  tale  nota  della  Regione,  di data 19 settembre, non seguiva
alcuna  risposta  da  parte  ministeriale:  nonostante  la  ricordata
solenne  affermazione  con  cui  si chiudeva la nota del 12 settembre
2003  circa  «l'inalterato  intento» dello Stato «di pervenire quanto
prima  al raggiungimento di un accordo» con la Regione. Invece, il 10
ottobre  il  Ministro,  senza  alcuna  consultazione  con la Regione,
procedeva  alla  nomina  di un Commissario dell'Autorita' portuale di
Trieste.  La  nomina  del  Commissario decorreva dal 14 ottobre 2003,
giorno successivo alla scadenza del mandato del presidente in carica,
senza  neppure consentire la ordinaria prorogatio dello stesso per la
durata  prevista  dal  d.l.  n. 293/1994, conv. in legge n. 444/1994.
L'atto di nomina veniva impugnato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia
avanti  al  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Friuli-Venezia
Giulia.
    Nel  frattempo,  anche  in  relazione alle difficolta' incontrate
nello  svolgimento  della  procedura  prevista  dalla legge n. 84 del
1994,  la Regione veniva elaborando una propria legge che, approvata,
diveniva  la  legge  regionale  24 maggio 2004, n. 17 (pubblicata nel
suppl.  straordinario  al  BUR n. 8 del 26 maggio 2004, ed entrata in
vigore  il  giorno  della  pubblicazione),  il cui art. 9 dispone ora
(ovviamente in relazione al solo porto di Trieste) quanto segue:
        «1.  -  Ai  fini  della  nomina del presidente dell'Autorita'
portuale  di  Trieste, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste,
il  comune di Muggia e la Camera di commercio, industria, artigianato
e  agricoltura  di  Trieste  individuano tre nominativi di esperti di
massima   e   comprovata  qualificazione  professionale  nei  settori
dell'economia,   dei  trasporti  e  portuale.  Tali  nominativi  sono
comunicati,  tre mesi prima della scadenza del mandato del Presidente
dell'Autorita'  portuale  di  Trieste, al presidente della regione il
quale,  con  atto  motivato,  puo'  chiedere  ai  succitati  Enti  di
comunicare  entro  trenta  giorni  dalla richiesta, la canditatura di
ulteriori  tre  soggetti al fine di effettuare la nomina. Ricevute le
proposte,  il  presidente  della  regione promuove, in attuazione del
principio  di  leale  cooperazione,  le procedure per l'intesa con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
        2.  -  Qualora  nei  termini  di  cui al comma 1 non pervenga
alcuna  designazione,  il presidente della regione, previa intesa con
il  Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nomina comunque il
presidente  dell'Autorita'  portuale  di Trieste tra personalita' che
risultano   esperte   e   di   massima  e  comprovata  qualificazione
professionale nei settori dell'economia, dei trasporti e portuali.
        3.  -  La  revoca  del  mandato del presidente dell'Autorita'
portuale  di  Trieste,  lo  scioglimento  del  comitato portuale e le
eventuali   nomine   commissariali  sono  disposte  con  decreto  del
presidente   della   regione   d'intesa   con   il   Ministro   delle
infrastrutture  e dei trasporti, nel rispetto delle previsioni di cui
all'art.  7  della  legge  28  gennaio  1994,  n. 84  (Riordino della
legislazione in materia portuale).
        4.  -  In  fase  di  prima applicazione, la comunicazione dei
nominativi di cui al comma 1 avviene entro trenta giorni dall'entrata
in  vigore  della  presente  legge».  In  pratica,  in attuazione dei
principi costituzionali di cui all'art. 117 e 118 della Costituzione,
come   innovata   dalla   legge   costituzionale  n. 3  del  2001,  e
nell'esercizio  della  propria  potesta'  legislativa  concorrente in
materia di porti (spettante ex art. 117, comma 3, in collegamento con
l'art. 10  legge  cost.  n. 3/2001), la Regione Friuli-Venezia Giulia
invertiva  i  ruoli  assegnati  dalla  legge n. 84/1994 al presidente
della  regione ed al Ministro, conferendo al primo la responsabilita'
del procedimento ed il compito finale della nomina, al secondo quello
di  dare  l'intesa  a ulteriore garanzia degli interessi generali del
sistema portuale.
    Risulta  alla  Regione  -  dalla  nota  del  Dipartimento  affari
regionali 9 giugno 2004, prot. n. 4877/04, che con determinazione del
3  giugno  2004  il  Consiglio  dei ministri ha deciso l'impugnazione
della  legge  regionale  in  questione davanti a codesta ecc.ma Corte
costituzionale.
    A  soli  due  giorni  di distanza dalla pubblicazione della legge
regionale,  il Governo, su proposta concertata (per questa parte) con
il  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  adottava  il
decreto-legge qui impugnato, n. 136 del 28 maggio 2004, il cui art. 6
inseriva il comma 1-bis nell'art. 8, legge n. 84/1994, statuendo che,
«esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni
non  si  raggiunga  l'intesa con la regione interessata entro i brevi
termini in esso definiti, il Ministro puo' chiedere al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  di  sottopone la questione al Consiglio dei
ministri, che provvede con deliberazione motivata».
    E' da notare che, il 27 maggio 2004, la Conferenza dei Presidenti
delle  Regioni,  essendo  venuta  a  conoscenza  delle intenzioni del
Governo,  aveva  inviato una nota al Ministro delle infrastrutture ed
al  Ministro  per  gli  affari  regionali  (doc.  10), nella quale si
giudicava  illegittima  la  norma  qui  impugnata  e  si  chiedeva un
incontro  urgente per «individuare un percorso condiviso che consenta
di superare le "divergenze" registrate».
    In effetti, ll decreto-legge rende meramente facoltativa l'intesa
con  la  Regione,  in quanto, se non si raggiunge l'intesa nei trenta
giorni,  il  Consiglio  dei  ministri  puo' procedere ugualmente alla
norma:   cosi'   disponendo,   l'art. 6   risulta  costituzionalmente
illegittimo  e  lesivo  delle competenze costituzionali della Regione
Friuli-Venezia Giulia per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    Premessa.  La  situazione  giuridica dopo la l.r. 24 maggio 2004,
n. 17 e il decreto-legge 23 maggio 2004, n. 136.
    Come  detto  in  narrativa,  la  Regione Friuli-Venezia Giulia ha
esercitato la potesta' legislativa che la Costituzione le attribuisce
in  materia  di  porti nel quadro dei principi fondamentali stabiliti
dalla  legge statale, mantenendo nell'essenziale i principi stabiliti
dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994 - la terna ed eventualmente la
seconda  terna  proposta  dagli enti locali, la successiva intesa tra
Regione e Stato per l'individuazione del Presidente - ma assumendo su
di   se'  (la  Regione  ritiene  in  applicazione  del  principio  di
sussidiarieta'  di  cui  all'art. 118 Cost.) la responsabilita' della
procedura ed il compito della nomina, attuativa dell'intesa raggiunta
con il Ministero.
    Pur  rispettandone  -  si  ritiene  - i principi fondamentali, la
Regione  ha  dunque  dato  alla  nomina  del  Presidente del porto di
Trieste una disciplina autonoma e speciale, che ha determinato (salva
ovviamente  la  verifica  della sua - legittimita', costituzionale da
parte  di  codesta  ecc.ma  Corte costituzionale, dinanzi alla quale,
come  ricordato,  il  Governo  ha  gia' deliberato l'impugnazione) la
cessazione dell'applicazione, sul punto, della legge n. 84 del 1994.
    Il decreto-legge n. 136, qui impugnato, interviene a precisare un
elemento  della  procedura  prevista dalla legge n. 84 del 1994 - una
procedura  che  attualmente  non trova applicazione nella Regione. Di
qui  l'interrogativo se si debba intendere che la disciplina prevista
dal  citato  decreto-legge  per  l'ipotesi  della  mancata intesa sia
destinata ad applicarsi anche con riferimento al porto di Trieste.
    Tuttavia,  anche  qualora  la  risposta da darsi al quesito fosse
negativa  (il  comma 1-bis espressamente si riferisce alle «procedure
di  cui  al  comma  1», ovvero a quelle della stessa legge n. 84), la
ricorrente  Regione  ritiene  di avere comunque interesse al presente
ricorso:  e'  evidente  infatti  che  l'eventuale  accoglimento della
questione  di  legittimita' costituzionale della legge regionale gia'
prospettata dal Governo tornerebbe in ogni modo a rendere applicabile
anche  al  porto  di  Trieste  la  disciplina  generale,  e dunque la
disposizione qui impugnata.
    1)  Violazione  dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento  con  l'art. 10,  legge  cost.  n. 3/2001,  in relazione
all'eventuale  ripristino  anche  nella Regione Friuli-Venezia Giulia
della competenza ministeriale alla nomina.
    La  giurisprudenza  costituzionale ha chiarito che, nelle materie
regionali,  la  legge  statale puo' assegnare allo Stato (e regolare)
solo   funzioni   amministrative   che   debbano   essere  esercitate
unitariamente,  nel  rispetto  dei  principi  di  proporzionalita'  e
ragionevolezza,  e  che tale attribuzione di funzioni dovrebbe essere
frutto  di  un  accordo  con  le regioni. In mancanza di procedure di
concertazione  in sede legislativa, «l'esigenza di esercizio unitario
che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche
quella   legislativa,   puo'   aspirare   a  superare  il  vaglio  di
legittimita'  costituzionale  solo  in presenza di una disciplina che
prefiguri  un  iter  in  cui  assumano il dovuto risalto le attivita'
concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che
devono  essere  condotte  in  base  al  principio  di  lealta» (sent.
n. 303/2003,  punto  2.2  del  Diritto,  v. anche la sent. n. 6/2004,
punto 7 del Diritto).
    Con  l'art. 6,  d.l. n. 136/2004, lo Stato - oltre a «declassare»
l'intesa   prevista   dall'art. 8,   comma   1,   legge   n. 84/1994,
trasformandola  da  forte  a debole - ha anche ribadito la competenza
ministeriale.
    Ora, come visto, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la propria
specifica  legislazione,  e  precisamente  con la l.r. n. 17/2004, ha
attribuito  al  Presidente  della Regione il compito della nomina del
Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste: e cio' in applicazione
dell'art. 118   Cost.,   che   attribuisce  all'ente  titolare  della
competenza  legislativa  il  potere  di  allocazione  delle  funzioni
amministrative.  Naturalmente,  la  legge  regionale ha conservato il
potere  di  codeterminazione  del  Ministro  delle infrastrutture, in
considerazione  del principio fondamentale espresso dalla legge n. 84
del 1994, tenendo percio' ferma la necessaria intesa preventiva.
    Risulta  ad  avviso  della  Regione  evidente  che  la nomina del
Presidente  dell'Autorita'  portuale  non  e'  una funzione che possa
richiedere un necessario esercizio centrale per essere svolta in modo
adeguato.   Al   contrario,  il  principio  di  sussidiarieta'  e  di
proporzionalita'  sono senz'altro soddisfatti da una nomina regionale
alla  quale  lo  Stato  dia il suo consenso; ed anzi, il principio di
adeguatezza,  pure stabilito dall'art. 118 Cost., rende evidentemente
preferibile  che le valutazioni di base partano dalla realta' locale,
del  resto  secondo  un criterio gia' insito nella stessa legge n. 84
per  la formulazione delle «terne» di partenza: criterio che non v'e'
ragione di non far valere anche per la competenza regionale.
    Si  badi  che  la  titolarita'  statale o regionale del potere di
nomina  involge anche la complessiva responsabilita' del procedimento
di  nomina:  nel  caso  dell'Autorita' portuale di Trieste, il blocco
della  procedura  e'  dipeso  dal  fatto che il Ministro ha, in prima
battuta,  accettato  un'unica  designazione  dagli  enti locali e, in
seguito, non ha sollecitato la designazione della terna.
    Dunque,  qualora  si  ritenga  che  l'art.  6,  d.l. n. 136/2004,
ripristini il potere ministeriale di nomina, abrogando l'art. 9, l.r.
n. 17/2004,  esso  risulta  illegittimo  (in  relazione  alla Regione
Friuli-Venezia  Giulia)  per  violazione  dell'art. 118, commi 1 e 2,
Cost.,  alla  luce  delle  sentt.  n. 303/2003 e n. 6/2004 di codesta
Corte.
    2)  Violazione  dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in
collegamento con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, e del principio di
leale  collaborazione,  in relazione alla possibilita' di procedere a
nomina senza intesa della Regione.
    E'  pacifico che la norma impugnata rientra in una materia in cui
la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia ha potesta' legislativa, salva la
determinazione del principi fondamentali da parte dello Stato.
    Non   puo'   essere  dubbio  che,  entro  il  proprio  ambito  di
applicazione,  l'art. 6 rende facoltativa l'intesa prima obbligatoria
ai  sensi dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994. Si e' visto che, in
base  alla  giurisprudenza  costituzionale,  nel caso in cui lo Stato
eserciti   una  funzione  amministrativa  in  materia  regionale,  e'
necessaria  l'intesa  con  le  regioni  o  la  regione specificamente
interessata.
    Si  tratta  di  un'intesa  forte: cio' risulta dall'insieme delle
considerazioni  svolte  dalla  Corte  costituzionale  e  anche  dalla
sentenza n. 6 del 2004, che ha considerato legittima la norma statale
impugnata  perche'  prevedeva  l'intesa "forte", nel senso che il suo
mancato   raggiungimento   costituisce   ostacolo  insuperabile  alla
conclusione  del  procedimento»  (punto  7 del Diritto). Ma la stessa
sent.  n. 303/2003  ha  ritenuto  che  la mancanza dell'intesa per la
individuazione  e  la localizzazione delle «grandi opere» da inserire
nel  programma  comporta  l'inefficacia  del  programma nella regione
interessata. E tali concetti sono stati puntualmente confermati dalla
recentissima,   sentenza   n. 233  del  2004,  con  riferimento  alla
decisione   di   realizzazione   e  alla  approvazione  del  progetto
preliminare  della  Metropolitana  di  Bologna,  per la quale codesta
ecc.ma Corte ha confermato la necessita' dell'intesa regionale.
    Comunque,  se  anche  potesse  essere  concepibile  che,  in casi
particolari,   il   coinvolgimento   della   regione   nell'esercizio
«unitario»  delle  funzioni  amministrative assuma forme meno intense
rispetto  a  quelle  dell'intesa  «forte»  il  caso  della nomina dei
presidenti  delle  Autorita'  portuali non potrebbe costituire uno di
quei casi particolari.
    Da  un  lato,  infatti,  non  si puo' ipotizzare che, per casi di
questo  genere,  l'intesa  risulti  impossibile.  Trattandosi  di una
nomina,   e'   evidente   che,   se  le  parti  ispirano  il  proprio
comportamento  al  principio  di  leale  cooperazione,  esse dovranno
necessariamente  giungere ad un accordo su una persona fra le tre (o,
eventualmente,  le  ulteriori tre) proposte dagli enti locali. Seppur
in  riferimento  ad  un caso diverso (si trattava di un conflitto fra
CSM  e  Ministro della giustizia in relazione ad un «concerto» che il
Ministro  doveva  dare  ad una commissione del CSM), codesta Corte ha
avuto  occasione  di  precisare in modo analitico cosa si intenda per
leale collaborazione in occasione di un procedimento di nomina (v. la
sent. n. 379 del 1992, punto 7 del Diritto).
    E'   opportuno,  inoltre,  ricordare  che  lo  Stato  non  rimane
sprovvisto  di  tutela  in  caso  di intesa «forte», perche' anche la
regione   deve  comportarsi  rispettando  il  principio  della  leale
collaborazione,  per cui, di fronte ad un'inerzia regionale o ad - un
diniego di intesa incongruamente motivato, lo Stato potrebbe attivare
gli opportuni rimedi giurisdizionali davanti a codesta ecc.ma Corte.
    Dall'altro   lato,   la   previsione  di  meccanismi  alternativi
all'intesa  potrebbe  giustificarsi  quando  alle  esigenze di tutela
dell'autonomia   costituzionale  della  regione  si  contrapponessero
preminenti esigenze di rango costituzionale, nel senso che il mancato
esercizio  della  funzione  «accentrata»  ex  art. 118  Cost. nuoccia
gravemente  ad  interessi  di  rango  costituzionale: ma non e' certo
questo  il  caso  della  mancata nomina del presidente dell'Autorita'
portuale.  Da  un  lato,  infatti, l'art. 9, comma 1, lett. b), legge
n. 84/1994,  assegna la funzione di vice-presidente al comandante del
porto  sede  dell'autorita'  portuale e l'art. 9, comma 4, stabilendo
che  «per  la  validita'  delle sedute e' richiesta la presenza della
meta' piu' uno dei componenti in prima convocazione e di un terzo dei
medesimi  in  seconda  convocazione»,  consente  il funzionamento del
Comitato  portuale  anche  senza  il  presidente  ed i membri da esso
nominati.
    Dall'altro lato, qualora gia' non operasse tale disposizione, non
vi  sarebbe  in  ogni  modo alcuna necessita' operativa di provvedere
alla  nomina  del  presidente dal momento che le necessita' immediate
potrebbero  essere soddisfatte attraverso la nomina di un commissario
straordinario,  nomina che codesta ecc.ma Corte ha ritenuto possibile
qualora  sia  effettuata  in ragione dell'urgenza una volta che siano
lealmente avviate le trattative per l'intesa (sent. n. 27 del 2004)
    Se  non  si  vuole  rendere  apparente  la  «tutela compensativa»
riconosciuta  dalla  Corte  costituzionale, attraverso l'intesa, alle
regioni  in  caso  di  alterazione  della ripartizione costituzionale
delle  competenze  legislative, occorre limitare al massimo i casi in
cui  si  puo'  rinunciare  all'intesa: la nomina del presidente di un
ente  pubblico  e' un tipico caso in cui all'intesa si deve mantenere
carattere forte, per le ragioni appena viste.
    Dunque,  l'art. 6, d.l. n. 136/2004, lede la sfera costituzionale
di  competenza  regionale  perche'  non  solo  diminuisce  la  tutela
dell'autonomia  regionale rispetto alla norma previgente (il che gia'
potrebbe  considerarsi  contrastante  con  l'art. 5  Cost.)  ma opera
questa  deminutio  dopo che la Regione Friuli-Venezia Giulia e' stata
dotata  di  competenza costituzionale in materia di porti, competenza
costituzionale    che,   anche   alla   luce   della   giurisprudenza
costituzionale,    puo'    essere    derogata   (sotto   il   profilo
dell'allocazione  e  della regolazione delle funzioni amministrative)
solo  prevedendo  un'intesa  «forte»  con  la regione (e, come detto,
rispettando   i   principi   di   ragionevolezza  e  proporzionalita'
nell'applicazione dell'art. 118, comma 1).
    Pertanto, l'art. 6, d.l. n. 136/04, viola gli artt. 117, comma 3,
e  118,  commi  1 e 2, Cost. ed il principio di leale collaborazione,
alla  luce  delle  sentt.  n. 303/2003, n. 6/2004 e n. 233/2004 della
Corte costituzionale.
    3) In subordine al punto 2): violazione dell'art. 117, comma 3, e
dell'art.  118  Cost.,  in  collegamento  con  l'art. 10, legge cost.
n. 3/2001,  e  del  principio  di  leale collaborazione, in quanto si
prevede  che il conflitto venga risolto con la semplice prevalenza di
una delle parti.
    La  disposizione  qui  impugnata  prevede che, in caso di mancata
intesa, sia competente a provvedere il Consiglio dei ministri.
    La ricorrente Regione desidera sottolineare che non si tratta qui
di  una  questione  che  possa  coinvolgere l'indirizzo politico o le
massime scelte di governo, ma semplicemente della nomina del migliore
titolare dell'Autorita' portuale.
    In   situazioni   di   questa   natura,  non  vi  sono  interessi
costituzionali  preminenti  che  possano  richiedere  che  in caso di
mancata  intesa  tra  la regione e lo Stato, e nella denegata ipotesi
che si ritenga legittimo che possa provvedersi in assenza dell'intesa
- la decisione venga affidata al Governo, anziche' ad una istanza che
equilibratamente rappresenti le esigenze delle due parti.
    Infatti,  e'  di immediata evidenza che il Consiglio dei ministri
non  rappresenta certo una istanza «neutra», o realmente equidistante
tra  la  regione  e  il Ministro con il quale l'intesa avrebbe dovuto
essere  raggiunta,  ma  rappresenta piuttosto un'istanza dello stesso
segno  del  Ministro stesso, che non solo partecipa alla riunione, ma
vi assume la parte del proponente della deliberazione.
    Si  noti che la parita' tra lo Stato e la regione nella procedura
sostitutiva  dell'intesa  non  viene  ripristinata dalla possibilita'
data  alla  regione  di impugnare per conflitto la determinazione del
Governo:  essendo  evidente che altro e' una procedura amministrativa
di  paritario  esame  nel  merito della questione, altro un sindacato
successivo  di  legittimita'  sul  rispetto  del  principio  di leale
collaborazione.
    La  disposizione  in  questione risulta dunque costituzionalmente
illegittima  perche', in presenza di interessi costituzionali di pari
dignita',  e  di  natura  tale  da  non  mettere in gioco l'indirizzo
politico  del  Governo,  stabilisce che in caso di mancata intesa sia
chiamato semplicemente a decidere il Governo, anziche' stabilire sedi
e   procedure  di  decisione  che  siano  sostanzialmente  neutre  ed
equidistanti rispetto alle parti che non hanno raggiunto l'intesa.
    4)  In ulteriore subordine al punto 2): violazione dell'art. 117,
comma  3,  e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge
cost.  n. 3/2001,  e del principio di leale collaborazione, in quanto
si  prevede  che  il  semplice passaggio di trenta giorni consenta la
sostituzione del Governo all'intesa.
    Come  visto  sopra,  la  norma  impugnata consente di prescindere
dall'intesa,  con  delibera  del Consiglio dei ministri, «esperite le
procedure  di  cui  al  comma  1,  qualora entro trenta giorni non si
raggiunga l'intesa con la regione interessata».
    In  pratica,  si  puo'  sottoporre  la questione al Consiglio dei
ministri  dopo trenta giorni dal ricevimento della terna di candidati
(o  della  seconda terna di candidati, richiesta dal Ministro) o dopo
trenta  giorni  dalla  scadenza  del termine per le designazioni (tre
mesi  prima  della  scadenza  del mandato del presidente per la prima
terna).
    Dunque,  l'art. 6  non  richiede  altro, al fine di consentire la
procedura  sostitutiva  dell'accordo con la regione, che il passaggio
dei   trenta  giorni.  Sembra  dunque  evidente  che  esso  viola  le
competenze  costituzionali  della regione ed il principio della leale
collaborazione,  perche',  anche in caso di intesa «debole», lo Stato
puo'  decidere  unilateralmente  solo dopo aver cercato l'accordo con
«reiterate   trattative»   (secondo  l'espressione  ricorrente  nella
giurisprudenza costituzionale) e qualora, in sostanza, sia il mancato
atteggiamento collaborativo della Regione a bloccare il procedimento.
L'art. 6,  invece,  sembra  dare  allo  Stato  il potere di decidere,
unilateralmente  anche  in  assenza  dei  presupposti  richiesti  dal
principio di leale collaborazione.
    Ne  risulta la violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118
Cost.,  in  collegamento  con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001, e del
principio di leale collaborazione.
                              P. Q. M.
    Voglia    codesta    ecc.ma   Corte   costituzionale   dichiarare
costituzionalmente  illegittimo  l'art. 6 del decreto-legge 28 maggio
2004, n. 136, «Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di
taluni  settori della pubblica amministrazione», nelle parti, sotto i
profili e per le ragioni illustrate nel ricorso.
          Padova, addi' 22 luglio 2004
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon
04C0995