N. 80 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 agosto 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  6  agosto  2004  (del  Presidente  del Consiglio dei
ministri)

Caccia  -  Regione  Molise - Cacciatore di altra Regione - Obbligo di
  pagamento,  a  carico dello stesso per l'esercizio della caccia nel
  territorio  di  una Provincia della Regione Molise, per ogni ambito
  territoriale  di  caccia concesso, di una «quota» determinata dalla
  Provincia interessata in un importo compreso tra quello della tassa
  di  concessione governativa ed il triplo della stessa - Ricorso del
  Presidente del Consiglio dei ministri - Denunciata violazione della
  sfera di competenza statale in materia tributaria - Esorbitanza dai
  limiti dell'autonomia finanziaria regionale.
- Legge  della Regione Molise 20 maggio 2004, n. 15, art. 1, comma 19
  [sostitutivo dell'art. 22, comma 8, della legge regionale 10 agosto
  1993, n. 19].
- Costituzione, artt. 117, comma secondo, lett. e), e 119.
(GU n.38 del 29-9-2004 )
    Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato in Roma contro Regione
Molise  in persona del presidente della giunta regionale pro tempore,
con  sede  in  Campobasso,  per  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 19 della l.r. Molise 20 maggio 2004
n. 15,  pubblicata  nel  Bollettino Ufficiale della Regione 1° giugno
2004 n. 11.
    La  legge  regionale  Molise 20 maggio 2004 n. 15, pubblicata nel
Bollettino Ufficiale della Regione 1° giugno 2004 n. 11, e intitolata
Modifiche  ed  integrazioni alla legge regionale 10 agosto 1993 n. 19
recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per
il  prelievo venatorio», al comma 19 del suo art. 1 - che sostituisce
il comma 8 dell'art. 22 della l.r. n. 19/1993 cit. - cosi' dispone:
        «Il  cacciatore  di  altre  regioni, che intenda praticare la
caccia  nel territorio di una provincia del Molise, deve fare apporre
dalla  provincia  stessa  sul  tesserino  rilasciato dalla regione di
residenza,  le  indicazioni  dell'ambito territoriale in cui e' stato
ammesso. Inoltre e' tenuto al pagamento, per ogni ambito territoriale
di  caccia  concesso,  di  una  quota,  determinata  dalla Provincia,
compresa  fra  l'importo  della  tassa  di concessione governativa al
netto dell'addizionale ed il triplo della stessa tassa. Il trenta per
cento   delle   suddette   entrate   deve  essere  destinato  per  il
miglioramento  dell'ambiente  e  per  le colture a perdere, di cui al
comma 2 dell'art. 21».
    Tale   disposizione  appare  costituzionalmente  illegittima,  in
riferimento  ai  parametri  costituzionali in appresso specificati, e
pertanto,  ex  art. 127  Cost.  e sulla base della delibera 16 luglio
2004  del  Consiglio  dei  ministri  (doc. 1),  il Governo propone il
presente ricorso, deducendo i seguenti

                             M o t i v i

    Violazione  degli  artt. 117,  comma  2, lett. e) e comma 3 e 119
Cost.
    Con  la  disposizione  ora  in  esame - ed in particolare nel suo
secondo  periodo  -  e'  stato  innovativamente  previsto (rispetto a
quanto  disposto  nel  sostituito  comma  8  dell'art. 22  della l.r.
n. 19/1993)  che il cacciatore di altre regioni, per essere ammesso a
praticare  la  caccia  nel  territorio di una provincia della Regione
Molise,  sia  «tenuto  al pagamento», per ogni ambito territoriale di
caccia   concesso,   di   una  «quota»  determinata  dalla  Provincia
interessata  in  un  importo  compreso  tra  quello  della  tassa  di
concessione governativa ed il triplo della stessa.
    Tale  previsione normativa appare costituzionalmente illegittima,
in relazione ai parametri costituzionali indicati in rubrica.
    Non pare dubbio che, nonostante la «neutralita» della espressione
letterale  usata,  la  «quota»  indicata  nella  norma costituisce un
prelievo  tributario e precisamente una tassa, la cui determinazione,
nei limiti minimo e massimo prefissati nella norma stessa, e' rimessa
alla   provincia   nel   cui   ambito   territoriale   il  cacciatore
extraregionale  intende  essere  ammesso a praticare la caccia: ancor
piu' propriamente, la disposizione in discussione configura una nuova
tassa  di  concessione  istituita  dalla  regione  - della quale sono
soggetti  passivi i soli cacciatori extraregionali, che e' pretesa in
correlazione  all'atto  amministrativo  consistente  nella prescritta
apposizione sul tesserino regionale del cacciatore delle «indicazioni
dell'ambito territoriale in cui e' ammesso a cacciare» da parte della
provincia  (alla quale le funzioni in materia sono delegate) ed e' da
ragguagliare  ad  un  importo  tra  il  100% e il 300% della tassa di
concessione  governativa - da versare all'amministrazione provinciale
competente,  per  il  successivo  accredito ai rispettivi comitati di
gestione,  ai  fini  del  loro  utilizzo  per le finalita' prefissate
(comma 8-bis, aggiunto dalla l.r. n. 15/2004).
    Siffatto   tributo,  in  considerazione  degli  evidenziati  suoi
elementi  distintivi,  e'  autonomo e distinto rispetto alle tasse di
concessione  regionali  che l'art. 23 della legge statale 11 febbraio
1992 n. 157 (contenente norme per la protezione della fauna selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio), con richiamo all'art. 3 della
legge  n. 281  del  1970,  autorizza,  ma solo nei precisi limiti ivi
indicati attinenti sia alla individuazione degli atti «tassabili» sia
alla  misura  minima  e  massima  delle previste tasse, le regioni ad
istituire in materia (e in effetti istituite dalla Regione Molise: v.
anche  art. 34, l.r. n. 19/1993): ne' la stessa legge statale ammette
la possibile istituzione da parte delle regioni di ulteriori prelievi
tributari  in  relazione  ad (altri) atti amministrativi pur inerenti
l'attivita'  venatoria  ne'  tanto meno prevede che la determinazione
dell'ammontare  degli  stessi  sia operata come invece disposto dalla
norma  qui  contestata  (dalla  Provincia  e  nella suindicata misura
rapportata alla tassa di concessione governativa).
    La  disposizione  regionale  de  qua  non solo non trova pertanto
alcun fondamento nella legge statale ma anzi si pone in contrasto con
la  stessa  per  quanto  essa  fissa  i  precisi  confini  in  cui e'
autorizzata  la  istituzione  di  tasse  regionali in materia (e, nel
contempo,  pone  il  principio  che il provvedimento per il quale sia
stata  corrisposta  la tassa di concessione regionale non puo' essere
soggetto ad analoga tassa in altra regione, anche se l'atto spieghi i
suoi  effetti  al  di  fuori  del  territorio della regione che lo ha
adottato:  comma  3,  art. 3,  legge  n. 281  del  1970) e travalica,
incidendo  sulla competenza legislativa dello Stato, i confini in cui
puo' costituzionalmente esplicarsi la potesta' legislativa tributaria
della regione.
    Nell'attuale  sistema  di riparto delle competenze legislative di
cui  ai vigenti artt. 117 e 119 Cost., compete alla legge dello Stato
la  previa  (e  ancor  non  intervenuta)  enunciazione  dei  principi
fondamentali  di  coordinamento  della finanza pubblica e dell'intero
sistema tributario ai quali il legislatore regionale deve attenersi e
piu' in generale la determinazione delle grandi linee di tale insieme
unitario  e  degli spazi e dei limiti entro i quali potra' esplicarsi
la  potesta'  impositiva  rispettivamente  dello  stesso Stato, delle
regioni  e  degli  enti  locali,  con  la  definizione  anche  di una
disciplina  «transitoria»  del  passaggio  al nuovo sistema disegnato
dalla  legge cost. n. 3/2001 (cfr. sent. n. 37/2004): di modo che non
e' tuttora ammissibile la piena esplicazione della potesta' regionale
autonoma  in  materia  tributaria  nella  carenza  della fondamentale
legislazione  di  coordinamento  dettata  dal  Parlamento  nazionale,
essendo  preclusa  alle regioni - al di fuori dei limiti ad esse gia'
espressamente riconosciuti dalla legislazione nazionale (e come si e'
gia'  accennato,  la  legge  statale  non attribuisce alle regioni la
facolta'  di  istituire tasse di concessione, quale la «quota» qui in
discussione,  diverse  e  ulteriori  rispetto  a quelle espressamente
previste  in  materia)  -  anche  la istituzione di ulteriori tributi
«propri»,  spettando  del  resto  al legislatore nazionale tuttora la
potesta' di dettare la disciplina dei tributi locali esistenti.
                              P. Q. M.
    Si chiede che l'ecc.ma Corte voglia, in accoglimento del presente
ricorso,  dichiarare  la  illegittimita'  costituzionale dell'art. 1,
comma 19, della legge della Regione Molise 20 maggio 2004, n. 15.
    Si  produce  la  copia  conforme  della  delibera  (per estratto)
Consiglio dei ministri 16 luglio 2004, con il richiamato allegato.
        Roma, addi' 24 luglio 2004
               Avvocato dello Stato: Giancarlo Mando'
04C0996