N. 738 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 gennaio - 26 febbraio 2004

Ordinanze  738 e 739 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse
il   19   gennaio  e  il  26  febbraio  2004  (pervenute  alla  Corte
costituzionale  il  7  settembre  2004)  dal  Tribunale di Arezzo nei
procedimenti penali a carico di Smadu Mariana Ionica (R.O. 738/2004),
e Cogosanu Constantin ed altro (R.O. 739/2004).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Attribuzione  alla  polizia  giudiziaria  di  un  potere autonomo e
  superiore rispetto a quello riconosciuto alla autorita' giudiziaria
  -  Lesione  del principio della riserva di giurisdizione in materia
  di  liberta'  personale - Carenza del requisito della necessita' ed
  urgenza  per  l'adozione  da  parte  della  polizia  giudiziaria di
  provvedimenti  provvisori  destinati  ad  incidere  sulla  liberta'
  personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, art. 13, commi secondo e terzo.
(GU n.39 del 6-10-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Pronunciandosi sulla richiesta di convalida dell'arresto di Smadu
Mariana  Ionica,  nato  a  Galati  (Romania)  il  26 dicembre 1973 ha
pronunciato la seguente ordinanza:
    Smadu  Mariana  Ionica  e'  stato tratto in arresto il 17 gennaio
2004  ad opera dei Carabinieri di Badia al Pino (Arezzo) in flagranza
del  reato  di  cui  all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, in
relazione  al  mancato  allontanamento  dal  territorio  nazionale in
violazione  dell'ordine  impartitagli dal questore di Vicenza in data
19 settembre 2003;
    Rilevato   che   il  difensore  dell'arrestato  ha  sollevato  la
questione  di  costituzionalita' della previsione di cui all'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs. n. 286/1998, la questione di legittimita'
della  predetta  norma con riferimento al disposto di cui all'art. 13
della Costituzione;
    Che,  essendo  chiamato questo giudice a decidere sulla convalida
dell'arresto, la rilevanza della questione e' in re ipsa;
    Che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della questione
devono svolgersi le considerazioni che seguono;

                            O s s e r v a

    Il  reato di cui all'art. 14, comma 5-ter del decreto legislativo
n. 286/1998  sanziona  la  condotta del cittadino straniero che, dopo
essere  stato  raggiunto  da  decreto  prefettizio di espulsione e da
ordine  del  Questore  di  allontanamento  dal territorio dello Stato
entro cinque giorni a mente dell'art. 14, comma 5-bis predetta legge,
si trattenga, in violazione di tale ordine, senza giustificato motivo
nel territorio stesso.
    La  pena  prevista e' quella dell'arresto da sei mesi ad un anno.
Discende  dalla  natura  di  reato  contravvenzionale  dell'anzidetta
fattispecie  l'impossibilita'  di  applicazione  di  qualsiasi misura
cautelare  personale  ai sensi degli artt. 272 e seguenti c.p.p., non
essendo  operativa  neppure  la  deroga  prevista,  a prescindere dai
limiti  di  pena  ma per i soli delitti, dall'art. 391, quinto comma,
ultima parte, del codice di rito.
    Si  viene  dunque  a  realizzare una situazione per la quale alla
privazione della liberta' personale operata dalla polizia giudiziaria
in  forza  dell'obbligatorieta'  dell'arresto  previsto dall'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998,  non  puo'  mai  conseguire
l'applicazione  di  una  misura  coercitiva  da  parte dell'autorita'
giudiziaria.
    Viene  allora  in  rilievo  la  questione circa la conformita' al
dettato costituzionale della previsione normativa in parola.
    Il   contrasto   appare   riferibile   all'art. 13   della  Carta
costituzionale,   laddove,   dopo  la  preliminare  enunciazione  del
fondamentale  principio della inviolabilita' della liberta' personale
e dell'inammissibilita' di qualsiasi forma di detenzione, ispezione o
perquisizione   personale   che  non  intervenga  per  atto  motivato
dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge,
ammette  e  regolamenta  le  ipotesi  in  cui, in casi eccezionali di
necessita'   ed   urgenza   tassativamente   indicati   dalla  legge,
l'autorita'   di   pubblica  sicurezza  puo'  adottare  provvedimenti
provvisori  nelle  anzidette materie, provvedimenti che devono essere
comunicati  entro  quarantotto  ore  all'autorita' giudiziaria per la
convalida, in difetto della quale i provvedimenti stessi si intendono
revocati e restano privi di ogni efficacia.
    L'impianto  della norma costituzionale in parola configura dunque
un  sistema  in  cui  viene  riconosciuto alla polizia giudiziaria un
potere  in materia di restrizione della liberta' personale esercitato
in  via  meramente  anticipatoria  e  di supplenza, e per i soli casi
eccezionali  di necessita' ed urgenza, rispetto a quello riconosciuto
in via ordinaria ed esclusiva all'autorita' giudiziaria.
    Il  provvedimento della polizia giudiziaria pertanto e' destinato
sin   dall'inizio  ad  essere  superato  e  sostituito  dall'atto  di
convalida  dell'autorita'  giudiziaria in temporanea vece della quale
la stessa ha agito.
    Se  cosi'  e',  non  puo'  che  risultare  dubbia la legittimita'
costituzionale  di  una  norma  come l'art. 14, comma 5-quinquies che
impone  alla  polizia  giudiziaria  l'adozione  di  un  provvedimento
restrittivo  della  liberta'  personale in un'ipotesi di reato in cui
mai  l'autorita'  giudiziaria potrebbe, per le ragioni sopra esposte,
applicare una misura cautelare personale.
    Viene  dunque  ad  infrangersi  in  questa situazione il nesso di
strumentalita' e provvisorieta' che secondo il dettato costituzionale
deve   legare   il   potere   della   polizia  giudiziaria  e  quello
dell'autorita'  giudiziaria  venendosi  a configurare in favore della
prima,  anziche'  un  potere  precautelare,  un  potere  autonomo  di
restrizione   della  liberta'  personale  che  e'  insuscettibile  di
conferma  da  parte  della  seconda,  vincolata  dal  vigente sistema
normativo  in  materia di limiti all'applicazione di misure cautelari
personali alla remissione in liberta' dell'arrestato.
    Per  tali  motivi,  in  presenza  di  seri  dubbi  in ordine alla
legittimita'  della  norma in esame, la stessa deve essere rimessa al
vaglio della Corte costituzionale.
    Dovendosi,  secondo  legge,  sospendere il presente procedimento,
deve   essere  immediatamente  disposta  la  remissione  in  liberta'
dell'arrestato in mancanza di adeguato titolo detentivo.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134,  Costituzione  e  23, della legge 11 marzo
1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies  del
d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002 per
violazione  dell'art. 13,  secondo  e terzo comma della Costituzione,
nella  parte  in  cui  prevede per il reato di cui all'art. 5-ter del
predetto decreto legislativo, l'arresto obbligatorio dell'indagato;
    Sospende il presente procedimento;
    Dispone  la  trasmissione degli atti del procedimento della Corte
costituzionale;
    Ordina  l'immediata  liberazione  dell'imputato, se non ristretto
per altra causa;
    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
        Arezzo, addi' 19 gennaio 2004
                         Il giudice: Crolla
04C1045