N. 96 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 7 ottobre 2004 (della Regione Marche)

Bilancio   e  contabilita'  pubblica  -  Interventi  urgenti  per  il
  contenimento della spesa pubblica - Estensione alle Regioni ed agli
  enti locali dell'obbligo di comunicare in via preventiva alla Corte
  dei   conti   le   direttive  adottate  dalla  amministrazione  per
  conformarsi  alla  regolamentazione  stabilita  dallo  stesso comma
  nell'esercizio  dei  diritti  dall'azionista  nei  confronti  delle
  societa'  di capitali a titolo di partecipazione pubblica - Ricorso
  della  Regione  Marche  -  Denunciata  violazione  della  sfera  di
  competenza della regione e del principio e di autonomia finanziaria
  regionale - Lesione del principio di ragionevolezza.
- Decreto-legge  12 luglio  2004,  n. 168, art. 1, comma 9, nel testo
  convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119.
Bilancio   e  contabilita'  pubblica  -  Interventi  urgenti  per  il
  contenimento  della  spesa  pubblica - Limiti di spesa per missioni
  all'estero  e  di  rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni -
  Obbligo  per  le  pubbliche  amministrazioni  di  comunicare in via
  preventiva  alla  Corte  dei  conti  le direttive per conformarsi a
  detti limiti - Ricorso della Regione Marche - Denunciata violazione
  della  sfera  di  competenza regionale e del principio di autonomia
  finanziaria regionale - Lesione del principio di ragionevolezza.
- Decreto-legge  12 luglio  2004, n. 168, art. 1, comma 10, nel testo
  convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119.
Bilancio   e  contabilita'  pubblica  -  Interventi  urgenti  per  il
  contenimento   della   spesa  pubblica  -  Limiti  alla  spesa  per
  l'acquisto   di   beni   e  servizi  -  Obbligo  per  le  pubbliche
  amministrazioni  di  comunicare  in  via  preventiva alla Corte dei
  conti  le  direttive per conformarsi a detti limiti - Ricorso della
  Regione  Marche  -  Denunciata violazione della sfera di competenza
  regionale  e  del  principio  di  autonomia finanziaria regionale -
  Lesione del principio di ragionevolezza e di leale collaborazione.
- Decreto-legge  12 luglio  2004, n. 168, art. 1, comma 11, nel testo
  convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119.
Bilancio   e  contabilita'  pubblica  -  Interventi  urgenti  per  il
  contenimento  della  spesa  pubblica  -  Limiti  per  le regioni al
  ricorso    all'indebitamento   per   finanziare   contributi   agli
  investimenti  a privati - Ricorso della Regione Marche - Denunciata
  violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  -  Lesione del
  principio di autonomia finanziaria regionale.
- Decreto-legge  12 luglio 2004, n. 168, art. 3, nel testo convertito
  dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.
- Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119.
(GU n.42 del 27-10-2004 )
    Ricorso  ai  sensi  dell'art. 127,  secondo  comma  Cost.,  della
Regione  Marche,  in  persona del presidente pro tempore della giunta
regionale,   a   cio'  autorizzato  con  deliberazione  della  giunta
regionale  n. 1.091  del  21  settembre  2004, rappresentato e difeso
dall'avv.  prof.  Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente
domiciliato  presso  lo  studio  di  quest'ultimo,  in  Roma,  piazza
Barberini  n. 12,  come  da  procura  speciale  per  atto  del notaio
Simonetta Sabatini di Ancona n. rep. 40.150 del 21 settembre 2004;

    Contro  lo  Stato,  in  persona  del Presidente del Consiglio dei
ministri   pro   tempore,  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  commi  9, 10, 11 e dell'art. 3, comma 1
del   d.l.   12  luglio  2004,  n. 168  (Interventi  urgenti  per  il
contenimento   della   spesa   pubblica,  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale   n. 161  del  12  luglio  2004  suppl.  ord.),  nel  testo
convertito  dalla  legge  30  luglio  2004,  n. 191 (pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  n. 178  del  31  luglio  2004  suppl. ord.), per
violazione degli artt. 3, 117, terzo comma e 119 Cost.

                              F a t t o

    1.  -  Il  d.l.  12 luglio 2004, n. 168 (Inteventi urgenti per il
contenimento  della spesa pubblica), nel testo convertito dalla legge
30  luglio  2004,  n. 191 contiene alcune disposizioni che la Regione
Marche   ritiene   lesive   della   propria   sfera   di   competenza
costituzionalmente garantita.
    Si  tratta,  in particolare, della disposizione di cui all'art. 1
(Interventi   correttivi   di  finanza  pubblica),  relativamente  ai
seguenti commi:
        comma  9,  per  il  quale «la spesa annua sostenuta nell'anno
2004  dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto  legislativo  30  marzo 2001, n. 165, escluse le universita',
gli  enti  di  ricerca  e  gli  organismi  equiparati,  per  studi ed
incarichi    di    consulenza    conferiti    a   soggetti   estranei
all'amministrazione,  deve  essere  non  superiore  alla  spesa annua
mediamente sostenuta nel biennio 2001-2002, ridotta del 15 per cento.
L'affidamento  di  incarichi  di  studio  o  di  ricerca,  ovvero  di
consulenze  a  soggetti estranei all'amministrazione in materie e per
oggetti  rientranti  nelle  competenze  della  struttura  burocratica
dell'ente,   deve  essere  adeguatamente  motivato  ed  e'  possibile
soltanto  nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi
straordinari.  In ogni caso va preventivamente comunicato agli organi
di   controllo   ed   agli  organi  di  revisione  di  ciascun  ente.
L'affidamento  di  incarichi  in  assenza  dei  presupposti di cui al
presente   comma   costituisce   illecito  disciplinare  e  determina
responsabilita'     erariale.     Le    pubbliche    amministrazioni,
nell'esercizio   dei   diritti  dell'azionista  nei  confronti  delle
societa'  di  capitali  a totale partecipazione pubblica, adottano le
opportune  direttive  per  conformarsi ai principi di cui al presente
comma.  Le  predette direttive sono comunicate in via preventiva alla
Corte  dei  conti.  La  disposizione  di cui al presente comma non si
applica   agli   organismi   collegiali  previsti  per  legge  o  per
regolamento,  ovvero  dichiarati  comunque  indispensabili  ai  sensi
dell'art. 18 della legge 28 dicembre 2001, n. 448»;
        comma  10,  per il quale: «la spesa annua sostenuta nell'anno
2004  dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del
decreto  legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per missioni all'estero e
spese  di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, deve essere
non  superiore  alla  spesa annua mediamente sostenuta negli anni dal
2001  al 2003, ridotta del 15 per cento. Gli atti e i contratti posti
in  essere,  dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in
violazione   della  disposizione  contenuta  nel  primo  periodo  del
presente  comma  costituiscono  illecito  disciplinare  e determinano
responsabilita'  erariale.  Gli  organi  di controllo e gli organi di
revisione  di  ciascun  ente vigilano sulla corretta applicazione del
presente  comma. Il limite di spesa stabilito dal presente comma puo'
essere  superato  in casi eccezionali, previa adozione di un motivato
provvedimento  adottato  dall'organo di vertice dell'amministrazione,
da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi
di revisione dell'ente»;
        comma 11, per il quale «in coerenza con le riduzioni di spesa
per  consumi  intermedi previste dal presente articolo, ai fini della
tutela  dell'unita'  economica  della  Repubblica, ciascuna regione a
statuto   ordinario,   ciascuna   provincia   e  ciascun  comune  con
popolazione  superiore a 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione
degli  obiettivi  di  finanza  pubblica  per  il  triennio  2004-2006
assicurando  che  la  spesa per l'acquisto di beni e servizi, esclusa
quella  dipendente  dalla  prestazione di servizi correlati a diritti
soggettivi  dell'utente,  sostenuta  nell'anno 2004 non sia superiore
alla  spesa  annua  mediamente sostenuta negli anni dal 2001 al 2003,
ridotta  del 10 per cento. Tale riduzione si applica anche alla spesa
per  missioni all'estero e per il funzionamento di uffici all'estero,
nonche'  alle spese di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni
ed alla spesa per studi di incarichi di consulenza conferiti ai sensi
del   comma   6   dell'art.   110   del   testo   unico  delle  leggi
sull'ordinamento  degli  enti locali di cui al decreto legislativo 18
agosto  2000,  n. 267. Si applicano il secondo, il terzo ed il quarto
periodo  del  comma  10.  Per  le regioni e gli enti locali che hanno
rispettato,  per  l'anno 2003 e fino al 30 giugno 2004, gli obiettivi
previsti  relativamente  al Patto di stabilita' interno, la riduzione
del  10 per cento non si applica con riferimento alle spese che siano
gia'  state  impegnate  alla  data  di entrata in vigore del presente
decreto»;
    nonche'  della  disposizione  di  cui all'art. 3 (Disposizioni in
materia  di  finanza regionale), relativamente al primo comma, per il
quale  «1.  All'art.  3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il
comma  21,  sono  inseriti  i  seguenti.  "21-bis. In deroga a quanto
stabilito dal comma 18, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano possono ricorrere all'indebitamento per finanziare contributi
agli investimenti a privati entro i seguenti limiti:
        a)  impegni  assunti  al 31 dicembre 2003, al netto di quelli
gia'  coperti  con  maggiori  entrate  o  minori  spese, derivanti da
obbligazioni  giuridicamente  perfezionate,  finanziati  con  ricorso
all'indebitamento e risultanti da apposito prospetto da allegare alla
legge di assestamento del bilancio 2004.
        b)  impegni  assunti  nel  corso dell'anno 2004, derivanti da
obbligazioni     giuridicamente     perfezionate     e     risultante
dall'elencazione  effettuata nei prospetti dei mutui autorizzati alla
data  di  approvazione  della  legge di bilancio per l'anno 2004, con
esclusione  di  qualsiasi variazione in aumento che dovesse apportata
successivamente.
    21-ter.  L'istituto  finanziatore  puo' concedere i finanziamenti
destinati  ai  contributi  agli  investimenti  a  privati soltanto se
compresi nei prospetti di cui al comma 21-bis; a tale fine, e' tenuto
ad acquisire apposita attestazione dall'ente territoriale».
    2.  -  La Regione Marche, con deliberazione della giunta n. 1.091
del  21  settembre  2004  ha deliberato di impugnare davanti a questa
Corte  le  norme  sopra  richiamate,  perche'  illegittime  e  lesive
dell'autonomia   costituzionalmente  riconosciuta  e  garantita  alla
stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    3.  -  Illegittimita' dell'art. 1, commi 9, 10 , 11 e del d.l. 12
luglio 2004, n. 168, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004,
n. 191, per violazione dell'art. 3 Cost. e per lesione della sfera di
competenza  legislativa  regionale,  particolarmente  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost.
    L'art. 1,  commi 9, 10 e 11 del decreto-legge 12 luglio 2004, nel
testo   convertito  dalla  legge  191/2004,  prevede  una  disciplina
esaustiva che stabilisce le specifiche categorie di spesa sulle quali
gli enti devono operare, che vengono cosi' privati della possibilita'
di effettuare scelte autonome all'interno dei propri bilanci.
    Il  legislatore  statale,  con  tali  disposizioni  vincolanti  e
dettagliate  viola  l'autonomia di spesa costituzionalmente garantita
dall'art. 119  Cost.  e il riparto di competenze di cui all'art. 117,
terzo  comma  Cost.,  dal  momento  che spetta allo Stato, in sede di
legislazione   concorrente,  la  sola  «determinazione  dei  principi
fondamentali  nella  materia  compresa  nella  endiadi espressa dalla
indicazione  di  "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento
della  finanza  pubblica  e  del  sistema tributario (art. 117, terzo
comma;  art. 119,  secondo  comma,  della  Costituzione riguardante i
"tributi  e  le entrate propri" delle regioni ed enti locali)» (Corte
costituzionale, 10 gennaio 2004, n. 17, punto 3.2 parte in diritto).
    In  particolare,  il  comma  9  dell'art. 1 e' illegittimo per la
parte  in cui vincola le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1,
comma  2,  del  decreto  legislativo 30 marzo 2001 n. 165, escluse le
universita',  gli enti di ricerca e gli organismi equiparati (quindi,
per espressa disposizione della norma, «le aziende ed amministrazioni
dello  Stato  ad  ordinamento  autonomo,  le  regioni, le province, i
comuni, le comunita' montane e loro consorzi e associazioni ... tutti
gli  enti  pubblici  economici  nazionali,  regionali  e  locali,  le
amministrazioni,  le  aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale,  l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni  (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30
luglio  1999,  n. 300»)  a  determinate specifiche categorie di spesa
(«per  studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei
all'amministrazione»),  privandole  di  autonoma  scelta  decisionale
relativamente  ai  propri bilanci, in palese violazione dell'art. 119
Cost.
    Analoga censura deve essere operata con riferimento al successivo
comma  10,  che,  fra  l'altro,  non  opera  discriminazioni  tra  le
amministrazioni  pubbliche  di  cui  all'art. 1,  comma 2 del decreto
legislativo  30  marzo 2001, n. 165, ricomprendendo pertanto anche le
universita', gli enti di ricerca e gli organismi equiparati.
    Lo   stesso   comma   10,  nella  parte  introdotta  in  sede  di
conversione,  prevede  che «il limite di spesa stabilito dal presente
comma puo' essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un
motivato    provvedimento    adottato    dall'organo    di    vertice
dell'amministrazione,  da  comunicare  preventivamente agli organi di
controllo  ed  agli  organi  di  revisione  dell'ente»,  consentendo,
pertanto, di superare il limite di spesa in casi eccezionali solo per
le  missioni  all'estero,  le  spese  di rappresentanza, le relazioni
pubbliche ed i convegni (che per la circolare n. 31 del 3 agosto 2004
del Ministero dell'economia e delle finanze, Dip. Ragioneria generale
dello  Stato,  «sono  da considerare quali spese pr funzionamento per
consumi  intermedi  (SEC '95 - classificazione economica dei capitoli
di  spesa-  allegato  2)»), ma non per altre categorie attinenti agli
obiettivi   strategici   degli   enti,   comprimendo   in   tal  modo
ulteriormente   l'autonomia   degli   enti   stessi,   in  violazione
dell'art. 119 Cost.
    Inoltre,  il  comma  9,  il comma 10 e il comma 11 si riferiscono
all'esercizio dell'anno 2004, senza tenere conto della natura e della
struttura  delle entrate dei singoli enti, con obiettivi che pertanto
devono  essere  conseguiti nell'ultimo semestre, per cui incidono sui
criteri  di  programmazione  in  atto,  in  violazione  dell'art. 119
Cost.).
    Sempre  il comma 11, da un lato, impone una riduzione della spesa
privando  gli  enti  territoriali  di  un autonomo spazio decisionale
(nonostante  il  parere favorevole della VI Commissione Finanze della
Camera  dei  deputati  che  nella  seduta  del  21  luglio 2004 aveva
osservato «in riferimento all'art. 1, comma 11, valuti la Commissione
di merito l'opportunita' di prevedere che la riduzione, ivi prevista,
delle  spese  per  consumi intermedi da parte delle regioni a statuto
ordinario,  delle  province  e dei comuni con popolazione superiore a
5000  abitanti,  sia  riferita  alle spese correnti, limitatamente ai
beni  e servizi, al fine di garantire comunque a tali enti un residuo
ambito  di discrezionalita' nell'effettuazione medesima»), dall'altro
applica  un parametro rigido, il 10%, indiscriminatamente a tutti gli
enti,   senza   tenere  conto  delle  loro  effettive  disponibilita'
finanziarie  ne'  dell'andamento  delle  entrate  e  delle  spese, in
violazione  dell'art. 3  Cost. Infine il vincolo previsto dall'ultimo
periodo  del  comma  11,  introdotto  in sede di conversione («per le
regioni e gli enti locali che hanno rispettato, nell'anno 2003 e fino
al  30  giugno 2004, gli obiettivi previsti relativamente al Patto di
stabilita'  interno, la riduzione del 10 per cento non si applica con
riferimento  alle  spese  che siano gia' state impegnate alla data di
entrata  in  vigore  del  presente  decreto»)  si  aggiunge  a quelli
previsti  dal  Patto  di  stabilita'  interno, comportando una doppia
penalizzazione  a  carico  degli  enti  piu'  virtuosi, in violazione
dell'art. 3 Cost.
    4.  -  Illegittimita' dell'art. 3, primo comma del d.l. 12 luglio
2004,  n. 168,  nel  testo  convertito  dalla  legge  30 luglio 2004,
n. 191,  per lesione della sfera di competenza legislativa regionale,
particolarmente per violazione dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost.
    L'art. 3,  comma  1  del  d.l.  12 luglio 2004, n. 168, nel testo
convertito  dalla  legge  30  luglio  2004,  n. 191,  prevede che «1.
All'art.  3  della  legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il comma 21,
sono  inseriti  i seguenti. "21-bis. In deroga a quanto stabilito dal
comma  18,  le  Regioni  e  le  Province autonome di Trento e Bolzano
possono  ricorrere  all'indebitamento  per finanziare contributi agli
investimenti a privati entro i seguenti limiti:
        c)  impegni  assunti  al 31 dicembre 2003, al netto di quelli
gia'  coperti  con  maggiori  entrate  o  minori  spese, derivanti da
obbligazioni  giuridicamente  perfezionate,  finanziati  con  ricorso
all'indebitamento e risultanti da apposito prospetto da allegare alla
legge di assestamento del bilancio 2004.
        d)  Impegni  assunti  nel  corso dell'anno 2004, derivanti da
obbligazioni     giuridicamente     perfezionate     e     risultante
dall'elencazione  effettuata nei prospetti dei mutui autorizzati alla
data  di  approvazione  della  legge di bilancio per l'anno 2004, con
esclusione  di  qualsiasi variazione in aumento che dovesse apportata
successivamente.
    21-ter.  L'istituto  finanziatore  puo' concedere i finanziamenti
destinati  ai  contributi  agli  investimenti  a  privati soltanto se
compresi nei prospetti di cui al comma 21-bis; a tale fine, e' tenuto
ad acquisire apposita attestazione dall'ente territoriale».
    E' cosi' prevista una deroga all'art. 3, comma 18, della legge 24
dicembre  2003, n. 350, norma che, ai fini di cui all'art. 119, sesto
comma, delimita la nozione di investimenti, ricomprendendovi:
        a)  l'acquisto,  la  costruzione,  la  ristrutturazione  e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
        b)  la  costruzione,  la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
        c)   l'acquisto   di   impianti,   macchinari,   attrezzature
tecnico-scientifiche,  mezzi  di  trasporto  e  altri  beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
        d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
        e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
        f)  le  parteczazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei  limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
        g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla  realizzazione  degli  investimenti  a  cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
        h)  i  trasferimenti  in conto capitale in favore di soggetti
concessionari  di  lavori  pubblici  o  di  proprietari  o gestori di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici   o  di  soggetti  che  erogano  servizi  pubblici,  le  cui
concessioni  o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti   agli   enti  committenti  alla  loro  scadenza,  anche
anticipata.  In  tale  fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore  del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
        i)  gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani  urbanistici  attuativi,  esecutivi,  dichiarati  di preminente
interesse  regionale  aventi  finalita'  pubblica volti al recupero e
alla valorizzazione del territorio».
    La  norma  di  cui  all'art. 3, comma 1 del d.l. n. 168/2004, pur
ammettendo    l'indebitamento    per   finanziare   contributi   agli
investimenti  a  privati,  concede  la  facolta' di ricorrervi in via
transitoria e subordinatamente a condizioni precise e dettagliate. La
norma  cosi' introdotta, finalizzata a dare attuazione e integrare un
principio   presente   nell'art. 119,   ultimo   comma  Cost.,  viola
l'autonomia di spesa costituzionalmente riconosciuta e garantita alle
regioni   dal  primo  comma  dell'art. 119  Cost.  Ne'  il  principio
costituzionale  di  cui all'art. 119, ultimo comma, Cost. puo' essere
oggetto  di  autonoma  interpretazione  del  legislatore  nazionale e
definito  nei  suoi  aspetti  applicativi  direttamente  dalla  legge
statale, escludendo l'intervento o una possibilita' di definizione da
parte del legislatore regionale.
    In  particolare, nel disciplinare l'indebitamento delle regioni e
degli  enti  locali  con previsioni di dettaglio non riconducibili ai
principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del sistema
tributario di cui all'art. 119 della Costituzione, la norma impugnata
viola l'autonomia finanziaria garantita agli enti sub-statali proprio
dall'art. 119 della Costituzione.
    L'art. 119, secondo comma Cost. prevede, infatti, che l'autonomia
finanziaria   delle   regioni   si   muova  «secondo  i  principi  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema tributario»,
presupponendo  l'applicazione  dell'art. 117,  terzo comma Cost., che
ricomprende  il  coordinamento tra le materie oggetto di legislazione
concorrente.
    Cosi',  al  fine  di  delimitare la portata del coordinamento, si
deve   ritenere   che   il   confronto  con  la  precedente  versione
dell'art. 119  impedisce  di intendere questa locuzione nel senso che
il  potere  impositivo  e'  conferito dalla legge statale che fissa i
principi  del  coordinamento:  infatti,  mentre  il  precedente testo
conferiva  alla  legge  statale il duplice compito di disciplinare le
forme ed i limiti dell'autonomia finanziaria e, una volta fatto cio',
di   coordinare   tale   autonomia;  in  base  alla  nuova  versione,
l'autonomia  finanziaria,  comprensiva questa volta dell'autonomia di
entrata,   e'   attribuita  direttamente  dalla  Costituzione  ed  il
coordinamento,  eventualmente  effettuato  dallo Stato, interviene su
una potesta' gia' preesistente.
    In  altri  termini,  lo  Stato,  in quanto non sovraordinato alle
regioni  nelle  materie  di  legislazione  concorrente (e, quindi, in
materia di coordinamento), resta di conseguenza titolare di un potere
di coordinamento nei confronti delle regioni e degli enti locali solo
per  quanto  attiene alla determinazione dei principi fondamentali. E
tale  potere  svolge  non  in  quanto Stato-persona e cioe' come ente
equiordinato  rispetto  agli  ordinamenti  coordinati (tra i quali e'
compreso  lo  stesso  Stato-persona) bensi' quale Stato-ordinamento e
cioe'  in nome e nell'interesse (non della finanza statale, ma) della
finanza  pubblica  nel  suo  complesso.  I  limiti  alla «competenza»
finanziaria  regionale  imposti dalla legge statale derivano, quindi,
solo  dalla  tutela  di  interessi  pubblici  generali che fanno capo
all'ordinamento    generale   e   non   all'ordinamento   particolare
concorrente dello Stato-persona.
    Il  legislatore  statale  puo'  dettare  principi,  ma  - proprio
perche'  diretti ad attuare il previsto coordinamento - tali principi
debbono   essere   inseriti   in   una   disciplina   che   determini
contestualmente  i  «principi  generali», «non potendosi ammettere in
mancanza  di  cio'  l'emanazione di discipline autonome delle singole
regioni» (Corte costituzionale, 16 gennaio 2004, n. 16, punto 6 parte
in  diritto;  in  precedenza  sentenze  26 settembre 2003, n. 296; 26
settembre  2003,  n. 297;  15  ottobre  2003,  n. 311).  E', infatti,
evidente   come   «cio'  richieda  altresi'  la  definizione  di  una
disciplina transitoria che consenta l'ordinato passaggio dall'attuale
sistema,  caratterizzato  dalla permanenza di una finanza regionale e
locale  ancora  in non piccola parte «derivata», cioe' dipendente dal
bilancio  statale,  e  da  una disciplina statale unitaria di tutti i
tributi,  con  limitate  possibilita'  riconosciute a regioni ed enti
locali  di  effettuare  autonome  scelte, ad un nuovo sistema» (Corte
costituzionale, 26 gennaio 2004, n. 37).
    La determinazione di norme, per di piu' di dettaglio, nell'ambito
delle  esigenze  di  coordinamento  della finanza pubblica, risulta -
anche  sotto  questo  profilo  -  illogica  e lesiva delle competenze
regionali.
    Il  coordinamento  della  finanza  pubblica costituisce un ambito
residuale  di  intervento sulla autonomia finanziaria delle regioni e
degli   enti   locali,  che  investe  tutto  cio'  che  non  riguarda
direttamente  i  tributi  propri,  che non puo' comprimere e comunque
ledere  le  competenze  regionali  con una puntuale elencazione degli
«investimenti» e degli «indebitamenti» ammessi, di cui al primo comma
dell'art. 3  della legge impugnata, che finiscono per condizionare in
termini  stringenti  -  e,  come  tali,  inammissibili  -  la  stessa
capacita'  di  esercizio  autonomo  delle  competenze  legislative ed
amministrative delle regioni.
    La  finanza  derivata che il vecchio art. 119 Cost. prevedeva per
gli   enti   locali   e'   divenuta   con   la  riforma  una  finanza
autosufficiente   correlata   alle  nuove  responsabilita'  dell'ente
regione,    che    trova    stabilita'   proprio   nel   collegamento
dell'indebitamento  con  le spese di investimento, considerato che il
finanziamento  con  debito  degli  investimenti  locali  e' del tutto
fisiologico.
    La  tipologia  del  soggetto  destinatario non modifica la natura
economica  della spesa e i trasferimenti in conto capitale ai privati
non  possono  ragionevolmente essere esclusi dal concetto consolidato
di  investimento.  La  compressione  della  competenza  regionale  e'
pertanto  evidente per la parte in cui la norma impugnata prevede una
restrizione  non  giustificata  per il finanziamento mediante ricorso
all'indebitamento  degli  interventi  destinati alla realizzazione di
investimenti  riferiti ai trasferimenti in conto capitale a favore di
privati   e,  quindi,  produce  -  in  assenza  di  qualsiasi  previo
meccanismo  di coordinamento o di intesa - un'alterazione consistente
degli  equilibri  dei  bilanci regionali: dati i ristretti margini di
autofinanziamento  delle  regioni,  la  quasi  totalita'  delle spese
regionali    di    investimento   sono,   infatti,   finanziate   con
l'indebitamento.
    In  definitiva,  la  disciplina  posta  dallo  Stato  si  pone in
contrasto  con il sistema costituzionale vigente che attribuisce alle
regioni  potesta'  normativa  nel  quadro  dei  principi fondamentali
stabiliti  dalla  legge  statale,  che  deve essere pertanto legge di
coordinamento e non di dettaglio.
    Allo  Stato  deve  spettare  il  compito di dettare gli indirizzi
fondamentali   della   finanza  pubblica  nel  suo  complesso,  senza
intaccare  con  disposizioni  precettive  e  di dettaglio l'autonomia
delle  regioni e degli enti locali, rimanendo la disciplina specifica
oggetto  di  disposizioni  di  rango  regionale,  nel  rispetto delle
prerogative  degli  enti  locali  e della loro autonomia normativa di
rango  regolamentare,  questo  perche'  il  ruolo proprio dello Stato
(dello  Stato-ordinamento)  sia  quello di garante di ultima istanza;
esso  ha, cioe', la funzione di definire e concretamente implementare
sistemi  che  garantiscano  il  cittadino  rispetto a distorsioni nei
meccanismi  attraverso i quali le scelte pubbliche sono decise, fermo
restando  il  coinvolgimento  delle  regioni nelle decisioni di spesa
necessarie  al  rispetto dei parametri economici comunitari, compresi
quelli  relativi  al Patto di stabilita' e l'onere per il legislatore
ordinario  di  autolimitare  responsabilmente  la portata del proprio
spazio normativo.
    Di  conseguenza  «l'autofinanziamento  delle  funzioni attribuite
alle  regioni  ed  enti  locali  non  costituisce  altro  se  non  un
corollario  della potesta' legislativa regionale esclusiva in materia
di  ordinamento  ed organizzazione amministrativa, affinche' per tale
via  possa  trovare  compiuta  realizzazione  il principio piu' volte
ribadito  ... circa il parallelismo fra responsabilita' di disciplina
della  materia  e responsabilita' finanziaria» (Corte costituzionale,
16 gennaio 2004, n. 17, punto 4.2 parte in diritto).
    Si deve anche rilevare che l'art. 3, commi da 16 a 20 della legge
n. 350,  precisa  quali siano le ipotesi nelle quali le regioni e gli
enti locali possono ricorrere all'indebitamento, esplicitamente dando
attuazione all'art. 119 Cost.
    Sotto questo profilo, la disciplina impugnata risulta illegittima
per  la  parte  in  cui precisa in modo dettagliato - con riferimento
essenzialmente  agli investimenti delle regioni e degli enti locali -
quale sia il concetto di spese di investimento.
    La   norma  costituzionale,  nel  porre  l'obbligo  di  ricorrere
all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, ha fatto
riferimento   al   concetto   di   spese   di  investimento  presente
nell'ordinamento  della contabilita' dello Stato. E cioe' ha inteso -
e  non poteva non intendere - le spese di investimento come le «spese
in  conto  capitale  (o  di investimento)» di cui all'art. 3, comma 2
della  legge  n. 62  del  1964.  E  la parte in conto capitale - come
precisa  l'art. 6, comma 2 della legge n. 468 del 1978 - comprende le
partite  che  attengono  agli  investimenti «diretti» ed «indiretti»,
ecc.
    Si  tratta  di  definizioni  dettate in via generale per l'intera
contabilita'  pubblica  che, come tali, costituiscono il limite posto
dalla norma costituzionale.
    La  fissazione  da parte della legge statale di che cosa si debba
intendere  per  spese  di  investimento,  con  specifico  riferimento
all'indebitamento  delle  regioni  e  degli  enti locali, implica una
interferenza del legislatore statale sulla gestione della spesa delle
regioni,   in   quanto   la  limitazione  delle  categorie  di  spese
classificabili   come   spese   di   investimento  orienta,  in  modo
vincolante,   la   capacita'   di   spesa   delle  autonomie  locali,
comprimendone in modo illegittimo l'autonomia finanziaria.
    Infatti,  la  determinazione  di specifiche spese di investimento
ammissibili  significa  porre un vincolo alle capacita' di gestire le
risorse  da  reperire  mediante  indebitamento.  Ed  in  sostanza  il
legislatore  statale  finisce  per  dettare  regole di gestione della
finanza  locale che non solo comprimono l'autonomia finanziaria delle
regioni,  ma che possono anche impedire ad esse spese di investimento
in  grado  di rendere «virtuosa» la gestione finanziaria, in funzione
dello sviluppo locale.
                              P. Q. M.
    Si  chiede  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  commi  9, 10, 11 e dell'art. 3, primo comma del d.l. 12
luglio  2004,  n. 168  (Interventi  urgenti per il contenimento della
spesa  pubblica),  nel  testo  convertito dalla legge 30 luglio 2004,
n. 191, per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma e 119 Cost.
      Roma, addi' 27 settembre 2004
                      Prof. avv. Stefano Grassi
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