N. 846 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 giugno 2004
Ordinanza emessa il 17 giugno 2004 dal tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Cioca Geani Ion contro Ministero dell'interno ed altri Straniero - Espulsione amministrativa - Revoca del provvedimento - Esclusione in caso di lavoratore extracomunitario destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo dell'eguale trattamento di situazioni non omogenee - Irragionevolezza. - Decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195 (convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222), art. 1, comma 8, lett. a). - Costituzione, art. 3.(GU n.44 del 10-11-2004 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 884/2004 proposto da Cioca Geani Ion, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Arman con elezione di domicilio presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale, ex art. 35 r.d. n. 1054/1924; Contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, la Prefettura di Treviso, in persona del prefetto pro tempore, la Questura di Treviso, in persona del questore pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato domiciliataria ex lege e notiziandone al sig. Adelchi Finotello, non costituito in giudizio per l'annullamento del provvedimento del Prefetto di Treviso di reiezione della domanda di regolarizzazione, nonche' del diniego di nulla osta di cui al decreto 26 novembre 2003 del Questore di Treviso: Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la segreteria con i relativi allegati; Visti gli atti della causa; Udito alla camera di consiglio dell'8 aprile 2004 (relatore il consigliere Riccardo Savoia) l'avvocato dello Stato Gasparini per la pubblica amministrazione; Richiamato quanto esposto dalle parti nel ricorso e nei loro scritti difensivi; Fatto e diritto Osserva il collegio che la presente controversia riguarda la legittimita' o meno, previa delibazione della domanda incidentale di sospensiva, del decreto del Prefetto di Treviso prot. n. 3767/03 del 19 dicembre 2003, con cui e' stata respinta la domanda di regolarizzazione presentata, ai sensi dell'art. 1 della legge 9 ottobre 2002 n. 222, dal datore di lavoro del lavoratore extracomunitario ricorrente, e degli altri atti amministrativi connessi indicati in epigrafe. L'impugnato decreto prefettizio costituisce, in realta', mera applicazione della rigorosa disposizione normativa contenuta nell'art. 1 comma 8 lettera a) della citata legge 9 ottobre 2002 n. 222 (di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre 2002 n. 195), che esclude dalla «regolarizzazione» (introdotta dalla medesima legge) i lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali non possa essere disposta la revoca del provvedimento di espulsione gia' emesso in loro danno, in quanto statuito con la modalita' dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all'art. 13, comma 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni. Con l'ordinanza cautelare n. 373/2004 pronunciata in esito alla camera di consiglio dell'8 aprile 2004, la sezione ha accolto interinalmente, vale a dire sino alla restituzione degli atti del giudizio da parte della Corte costituzionale in seguito alla decisione della questione di legittimita' costituzionale sollevata con separata ordinanza, l'istanza di sospensiva presentata, in via incidentale, dal ricorrente. Con ordinanza n. 219 del 2004 la sezione aveva gia' sollevato analoga questione: rilevava il tribunale che la soprarichiamata norma dell'art. 1 comma 8 lettera a) della legge 9 ottobre 2002 n. 222 («Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari») - statuente che «le disposizioni del presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale; la revoca... non puo' essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo... ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ...» - susc ita seri dubbi circa la sua conformita' all'art. 3 primo comma della Carta costituzionale. Il collegio osservava, infatti, il contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione - che, notoriamente, vieta anche al legislatore di trattare in modo eguale situazioni soggettive profondamente diverse - nella misura in cui sbrigativamente equipara, ai fini dell'aprioristica esclusione dalla «regolarizzazione» (precludendo la possibilita' di attribuire rilievo all'esistenza di circostanze obiettive attestanti l'avvenuto inserimento sociale dello straniero), la ben differente posizione dell'extracomunitario che sia stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perche' ritenuto socialmente pericoloso, con quella del lavoratore extracomunitario che (come di consueto avviene) si sia semplicemente trattenuto nel territorio dello Stato italiano oltre il termine di quindici giorni fissato nell'intimazione scritta di espulsione o sia entrato clandest inamente nel territorio dello Stato privo di un valido documento di identita', non commettendo reati e senza rendersi in alcun modo concretamente pericoloso per la sicurezza pubblica. In tal modo, la norma appare porsi anche in .contrasto con il generale precetto, desumibile dallo stesso articolo 3 della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative. Ma le dette osservazioni paiono a fortiori applicabili al caso in esame, posto che la causa ostativa contenuta nel diniego e' fondata sul disposto del medesimo articolo 1 della legge n. 222/2002, nell'ultima parte, laddove, dopo aver considerato la ricordata ipotesi di accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica, individua quale causa di irrevocabilita' della disposta espulsione chi «abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all'art. 13, comma 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286/1998», il quale prevede come «Lo straniero espulso non puo' rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno. In caso di trasgressione lo straniero e' punito con l'arresto da sei mesi ad un anno ed e' nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera.». Si puo' verificare allora l'aberrante situazione che il soggetto colpito da provvedimento espulsivo resti sul territorio nazionale, non ottemperando all'ordine dell'amministrazione o del giudice, inizi attivita' lavorativa ante 10 giugno 2002 e ottenga, essendo incensurato, la regolarizzazione, mentre non puo' ottenerla chi spontaneamente abbia ottemperato all'ordine di espulsione, ma sia poi rientrato senza richiedere' l'autorizzazione ministeriale: orbene entrambi i comportamenti risultano violare norme cogenti, ma altro e' patentemente sottrarsi al controllo dello Stato, altro e' ottemperare e successivamente rientrare stante la evidente facilita' a farlo. La sollevata questione di legittimita' costituzionale appare rilevante - gia' nella fase cautelare del presente giudizio - in quanto, da un lato, in base alla delibazione sommaria tipica della trattazione dell'incidente di sospensione, le censure prospettate nel ricorso appaiono prive di pregio giuridico in quanto l'impugnato decreto del Prefetto di Treviso costituisce - come detto - mera applicazione della soprariportata disposizione normativa e, dall'altro, l'esecuzione degli atti amministrativi gravati sarebbe suscettibile di provocare l'irreversibile e gravissimo pregiudizio delle posizioni giuridiche soggettive del ricorrente. In definitiva la presente fase cautelare della controversia, ad avviso del collegio, non puo' essere definita indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di legittimita' costituzionale (che, per le ragioni sinteticamente indicate, appare non manifestamente infondata), dal momento che l'istanza di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impugnati dovra' essere definitivamente accolta oppure respinta, a seconda che la disposizione normativa denunciata sara' o meno dichiarata incostituzionale in parte qua nella sede competente.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale, ordina la sospensione dell'ulteriore corso del giudizio iniziato con il ricorso indicato in epigrafe e deferisce alla Corte costituzionale la definizione della costituzionalita', in parte qua, dell'art. 1 comma 8 lettera a) della legge 9 ottobre 2002 n. 222 in relazione all'art. 3 della Carta costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio dell'8 aprile 2004. Il Presidente facente funzioni: Rovis L'estensore: Savoia 04C1159