N. 871 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 giugno 2004

Ordinanza  emessa  il  10  giugno  2004  dalla  Corte  di  appello di
Caltanissetta  nel  procedimento  penale  a  carico  di Piazza Giulio
Cesare

Processo  penale  - Termine per la difesa - Possibilita' di richiesta
  da parte del difensore designato d'ufficio in mancanza della nomina
  del  difensore  di  fiducia  o  in  assenza  dello stesso - Mancata
  previsione  - Lesione del principio di uguaglianza e del diritto di
  difesa.
- Cod. proc. pen., artt. 97 e 108.
- Costituzione, artt. 3 e 24, comma secondo.
(GU n.45 del 17-11-2004 )
                         LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale
contro  Piazza  Giulio  Cesare,  nato  a Caltanissetta il 29 novembre
1953, residente in Gela, imputato:
        A)  del  delitto  p.  e  p. dall'art. 640 c.p. per avere, con
l'artifizio  ed il raggiro consistente nel riferire falsamente, quale
avvocato procuratore e difensore di Frasca Giuseppe di avere proposto
un  ricorso  per Cassazione nel suo interesse, inducendo in errore il
Frasca  che  gli  consegnava  due milioni di lire a titolo di acconto
sull'onorario  professionale  dovuto,  procurato  a  se'  un ingiusto
profitto,  costituito  dalla  predetta  somma  che  non  veniva  piu'
restituita al Frasca con danno per quest'ultimo.
    Fatti commessi in Gela dal 1° aprile 1999 al 20 agosto 1999;
        B)  del  delitto  p. e p. dall'art. 380 c.p. per avere, nella
qualita' e con la condotta descritte al precedente capo a), omettendo
di  proporre  il  ricorso  per  Cassazione  nell'interesse  di Frasca
Giuseppe  e cosi' cagionando il passaggio in giudicato della sentenza
che  avrebbe  potuto  essere  impugnata,  rendendosi infedele ai suoi
doveri  professionali,  arrecato  nocumento a Frasca Giuseppe, da lui
assistito,  difeso  e  rappresentato  innanzi  alla  suprema Corte di
cassazione.
    Fatti  commessi  in Gela dal 1° aprile 1999 al 20 agosto 1999; in
Gela, dal mese di maggio 1995;
sentiti  il  difensore  designato  d'ufficio per l'appellante, che ha
chiesto  la  concessione di un termine a difesa, ed il rappresentante
dell'ufficio  del  procuratore  generale,  che  ha  dichiarato di non
opporsi all'accoglimento della richiesta.
    Premesso   che  all'udienza  dibattimentale  odierna,  l'imputato
appellante  compariva senza l'assistenza di un difensore designato di
fiducia,  cosicche'  la  Corte  designava un difensore d'ufficio, per
quanto previsto dall'art. 97 C.p.p.: all'esito della designazione, il
suddetto  difensore  d'ufficio  chiedeva alla Corte di concedergli un
termine  per  apprestare la difesa dell'appellante, ed il conseguente
rinvio della trattazione dibattimentale del procedimento.
    Il   Collegio   decidente,  assunte  le  richieste  delle  parti,
riservava la deliberazione.
    All'esito della deliberazione camerale, la Corte

                            O s s e r v a

    Il  quadro normativo di riferimento per decidere sulla fondatezza
dell'istanza    formulata    nell'interesse   dell'imputato   odierno
appellante  e'  costituito  dagli  artt. 97  e  108 cod. di procedura
penale.
    La  prima  delle disposizioni richiamate, prevede che «L'imputato
che  non ha nominato un difensore di fiducia o ne e' rimasto privo e'
assistito  da  un  difensore  di  ufficio»  (primo  comma), e che «Il
difensore  di  ufficio  ha l'obbligo di prestare il patrocinio e puo'
essere sostituito solo per giustificato motivo» (quinto comma).
    L'art. 108 c.p.p. («Termine per la difesa»), stabilisce che, «Nei
casi  di  rinuncia,  di  revoca,  di  incompatibilita', e nel caso di
abbandono,  il  nuovo  difensore  dell'imputato  o  quello  designato
d'ufficio  che  ne fa richiesta ha diritto ad un termine congruo, non
inferiore  a  sette  giorni  per prendere cognizione degli atti e per
informarsi sui fatti oggetto del procedimento» (primo comma).
    Non  e'  dunque  formalmente  previsto che il difensore designato
d'ufficio ai sensi dell'art. 97 c.p.p. possa in ogni caso chiedere la
concessione  di  un  termine  finalizzato  ad  acquisire una compiuta
«cognizione  degli  atti  e  per  informarsi  sui  fatti  oggetto del
procedimento», come e' invece espressamente previsto per il difensore
designato  d'ufficio  nelle  ipotesi  di  «rinuncia,  di  revoca,  di
incompatibilita', e nel caso di abbandono» della difesa.
    La  rilevata  lacuna normativa, ad avviso della Corte remittente,
configura  una  possibile violazione dei parametri costituzionali che
assumono  rilievo  ai  fini della deliberazione demandata al Collegio
decidente,  in  quanto  l'omessa  previsione nell'art. 108 c.p.p. (e,
correlativamente,  nell'art. 97  c.p.p.),  della  ipotesi  in cui sia
designato un difensore individuato d'ufficio all'imputato privo di un
difensore  designato di fiducia, configura una lesione del diritto di
difesa    costituzionalmente    garantito    (art. 24   della   Carta
fondamentale),   e   dell'art.  3  Cost.  (principio  di  uguaglianza
sostanziale),   dato   che   non  si  rinvengono  ragioni  di  ordine
sistematico  (  e  neppure di ordine logico) che possano giustificare
l'esclusione  del difensore d'ufficio designato ai sensi dell'art. 97
c.p.p.  dall'esercizio  della  facolta'  espressamente attribuita dal
citato art. 108 c.p.p.
    Maggiormente,  poi,  la  rilevata  lacuna  normativa si configura
incongrua  nella  fattispecie  che  si  esamina,  in quanto lo stesso
art. 97  c.p.p.  configura l'ufficio prestato dal difensore d'ufficio
come  «obbligatorio»:  cosicche'  del  tutto  irrazionale  appare  la
mancata previsione anche di questa ipotesi fra quelle per le quali il
citato  art. 108  c.p.p.  ammette  il (nuovo) difensore a chiedere la
concessione del termine a difesa.
    Osserva,  infine,  la Corte remittente che la suddetta lacuna, in
quanto  preclude  almeno  formalmente  la  concessione  del termine a
difesa  nel  caso  che  interessa  la presente decisione, appare pure
preclusiva  della  decisione  dell'appello  nel  merito, ed e' dunque
certamente  rilevante per la decisione che il Collegio decidente deve
assumere,  dato  che  il  diniego del termine richiesto dal difensore
designato  d'ufficio  nell'interesse  del  Piazza  determinerebbe  la
nullita' degli atti processuali compiuti in violazione del diritto di
difesa  che  deriverebbe  dal diniego di concessione del termine, per
quanto  e'  previsto  dall'art.  179 c.p.p., in quanto la menomazione
delle  facolta'  difensive  che  conseguirebbe  dalla  negazione  del
termine  a  difesa  richiesto  dal  difensore  designato d'ufficio ex
art. 97   c.p.p.,   vanificherebbe   l'efficacia   della   assistenza
difensiva,  rendendola  sostanzialmente  inutile,  e  quindi potrebbe
essere  assimilata alla ipotesi dell'«assenza» dello stesso difensore
(espressamente   individuata   quale  causa  di  «nullita'  assoluta»
dall'art. 179, primo comma c.p.p.).
    Considera,  infatti,  il  Collegio  deliberante  che la decisione
della  rilevata  questione  di  compatibilita' costituzionale, appare
rilevante  e  necessaria,  ai  fini  della  definizione  del presente
giudizio  pendente  nella fase dibattimentale, non essendo consentita
all'a.g.  remittente  - per le considerazioni svolte - l'adozione (in
via  diretta)  dell'interpretazione  conforme ai richiamati parametri
costituzionali    della    norma   applicabile   nella   fattispecie,
risolvendosi   in   una  interpretazione  additiva  della  previsione
normativa,  riservata al giudice costituzionale: essendo in ogni caso
preliminare  alla  definizione del giudizio dibattimentale, nel quale
evidentemente  -  anche  per  la  particolare  delicatezza  dei fatti
oggetto   delle  imputazioni  in  riferimento  alle  quali  e'  stata
esercitata  l'azione penale nei riguardi dell'odierno appellante (che
investono   le   modalita'   di   esercizio   della   sua   attivita'
professionale)  - appare in ogni caso necessario che venga assicurata
all'imputato una effettiva assistenza difensiva.
    Per le considerazioni che precedono, deve quindi essere sollevata
ex  officio  questione  di  costituzionalita'  del combinato disposto
degli  artt. 97  e 108 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 secondo
comma  della  Carta  costituzionale,  nella  parte  in  cui  le norme
processuali richiamate non prevedono che anche il difensore designato
d'ufficio   all'imputato   che   deve  essere  giudicato  nella  fase
dibattimentale il quale non abbia nominato un difensore di fiducia, o
sia  comunque privo dell'assistenza difensiva all'udienza fissata per
la  celebrazione  del  relativo  giudizio,  abbia diritto, qualora lo
richieda,  di usufruire della concessione di un termine «per prendere
cognizione  degli  atti  e  per  informarsi  sui  fatti  oggetto  del
procedimento».
    La  trattazione  del  giudizio deve essere dunque sospesa, con la
rimessione  degli  atti  alla  Consulta  competente  a delibarla, per
quanto prevede la legge 11 marzo 1953, n. 87.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Dichiara  d'ufficio  rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione  agli  artt. 3,  24,  comma  secondo della Costituzione, la
questione  di  costituzionalita'  degli  artt. 97  e  108  codice  di
procedura  penale,  nella  parte  in  cui  non prevedono che anche il
difensore  designato d'ufficio all'imputato che deve essere giudicato
nella fase difensore designato d'ufficio all'imputato che deve essere
giudicato  nella  fase  dibattimentale il quale non abbia nominato un
difensore  di fiducia, o sia comunque privo dell'assistenza difensiva
all'udienza  fissata per la celebrazione del relativo giudizio, abbia
diritto,  qualora  lo  richieda, di usufruire della concessione di un
termine  «per  prendere  cognizione  degli  atti e per informarsi sui
fatti oggetto del procedimento»;
    Sospende il giudizio penale in corso;
    Ordina  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale in
Roma;  ordina  che che la presente ordinanza venga notificata, a cura
della  cancelleria,  al  Presidente  del Consiglio dei ministri e sia
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Caltanissetta, nella Camera di consiglio della
Corte, il 10 giugno 2004.
                        Il Presidente: Maffa
Il consigliere estensore: De Nicola
04C1176