N. 895 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2004

Ordinanza  del  16 marzo 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale il
12 ottobre 2004) emessa dal giudice di pace di Trani nel procedimento
civile vertente tra Tannoja Francesco Paolo contro comune di Trani

Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al   giudice   di   pace  avverso  il  verbale  di  accertamento  -
  Improponibilita'  in  caso  di  avvenuto  pagamento  (nella  misura
  ridotta  consentita)  della  sanzione  amministrativa  pecuniaria -
  Compressione  del  diritto di agire in giudizio - Preclusione della
  tutela   giurisdizionale   in   conseguenza   di  un  comportamento
  esclusivamente  finalizzato  ad  evitare  piu'  pesanti conseguenze
  economiche  - Incidenza sulla facolta' del coobbligato solidale non
  trasgressore di opporsi all'irrogozione delle sanzioni accessorie.
- Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), artt. 204-bis,
  comma 1, e 126-bis, comma 2 (in combinato disposto).
- Costituzione, artt. 3 e 24.
Circolazione  stradale  - Infrazioni al codice della strada - Ricorso
  al   giudice   di   pace  avverso  il  verbale  di  accertamento  -
  Inammissibilita'   in   caso   di   mancato  versamento  presso  la
  cancelleria  di  una  cauzione pari alla meta' del massimo edittale
  della  sanzione inflitta dall'organo accertatore - Compressione del
  diritto  di  azione  e  dell'esercizio della tutela giurisdizionale
  contro  gli  atti  della  P.A. - Discriminazione fra i cittadini in
  base  alle  condizioni economico-sociali - Violazione dei principio
  di uguaglianza.
- Codice  della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis,
  comma 3.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.46 del 24-11-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Esaminati gli atti, rileva:
        Con ricorso ex art. 204-bis c.d.s., depositato il 20 febbraio
2004,   il   ricorrente   ha  chiesto  accertarsi  e  dichiararsi  la
illegittimita'   del  verbale  di  contravvenzione  notificatogli  il
31 gennaio  2004, disponendosene l'annullamento e l'archiviazione con
la  condanna del comune di Trani a rimborsargli quanto corrisposto in
base  allo stesso in quanto illegittimo ed infondato e, in subordine,
dichiarata  estinta  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria, sentir
dichiarare  non  dovute  le  sanzioni amministrative accessorie della
sospensione della patente e della decurtazione di punti dalla stessa;
        Deduce  il  ricorrente  che  con  verbale di accertamento del
15 gennaio  2004,  notificatogli a mezzo posta il 31 gennaio 2004, la
Polizia   municipale   di   Trani   gli   contestava   la  violazione
dell'art. 142,  comma  9  del  codice  della  strada per aver in data
27 dicembre   2003   l'autovettura  BMW  targata  CC926  XA,  di  sua
proprieta',  superato di oltre 40 Km orari la velocita' consentita su
un   tratto   della  s.s.  16  come  da  rilevazione  effettuata  con
apparecchio Autovelox;
        Il  ricorrente  in  data 19 febbraio 2004, a mezzo bollettino
postale,   provvedeva  al  pagamento  della  sanzione  amministrativa
pecuniaria, con salvezza di ripetizione;
        Nel  merito  il  ricorrente  eccepisce:  di  non essere stato
l'autore  materiale  della violazione in quanto quel giorno trovavasi
fuori  Trani,  a centinaia di chilometri di distanza; di non sapere e
comunque di non essere in grado di sapere chi potesse aver utilizzato
la sua autovettura; varie irregolarita' ed illegittimita' del rilievo
della   violazione,   del   verbale   di  accertamento  e  della  sua
contestazione.
        Il ricorrente non ha peraltro costituito nei modi di legge la
cauzione prevista dall'art. 204-bis, comma 3 del c.d.s.
    Osserva il giudicante:
        e'  stata  rilevata a carico del conducente della autovettura
targa CC 926 XA la violazione dell'art. 142, comma 9 del c.d.s.;
        la  contestazione  della  violazione  non e' stata effettuata
all'atto del rilievo;
        il   verbale  di  contestazione  della  violazione  e'  stato
notificato  ai sensi dell'art. 201 c.d.s. al proprietario del veicolo
«...  obbligato  in solido con l'autore della violazione...» ai sensi
dell'art. 196 c.d.s.;
        la  violazione  dell'art. 142,  comma  9  c.d.s.  comporta la
sanzione  amministrativa  pecuniaria  del  pagamento  di una somma da
Euro 343,35   a  Euro 1.376,55  nonche'  la  sanzione  amministrativa
accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi
e  la decurtazione, ai sensi dell'art. 126-bis c.d.s., di dieci punti
dal punteggio attribuito alla patente di guida.
    L'art. 126-bis  citato  prescrive altresi' che la segnalazione ai
fini  della  decurtazione  del punteggio dalla patente di guida venga
effettuata  a  carico  del  proprietario  del veicolo laddove non sia
stato  identificato  il reponsabile della violazione. Il proprietario
del   veicolo,  nel  caso  in  cui  non  sia  il  responsabile  della
violazione,  per esimersi dalla irrogazione delle sanzioni accessorie
deve  comunicare  le  generalita' del conducente del veicolo all'atto
dell'accertamento della violazione.
    A norma dell'art. 204-bis c.d.s. il ricorso al giudice avverso la
contestazione  della violazione e' sottoposto alla duplice condizione
del   mancato  pagamento  della  sanzione  amministrativa  pecuniaria
relativa  e del deposito di una cauzione, pari alla meta' del massimo
edittale della sanzione amministrativa pecuniaria stessa.
    Ai  sensi del combinato disposto di cui agli artt. 204-bis, primo
comma e 126-bis, comma 2 del c.d.s. questo giudice deve dichiarare de
plano la improponibilita' del ricorso avendo il ricorrente provveduto
nel  termine di legge, e prima del deposito del ricorso, al pagamento
della   sanzione   amministrativa  pecuniaria  nella  misura  ridotta
consentita,  circostanza  che si pone come causa ostativa, secondo la
legge,  non  solo all'esame nel merito del ricorso ma alla sua stessa
proponibilita'.
    A  norma  del  terzo comma dell'art. 204-bis c.d.s. il ricorso va
poi dichiarato inammissibile non essendo stata costituita la cauzione
ivi prevista.
    Recita   infatti   il   primo  comma  dell'art. 204-bis  «...  il
trasgressore o gli altri soggetti indicati nell'art. 196, qualora non
sia  stato  effettuato il pagamento in misura ridotta nei casi in cui
e'   consentito,   possono   proporre  ricorso  al  giudice  di  pace
competente...»  mentre il secondo comma dell'art. 126-bis recita «...
la contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento
della   sanzione   amministrativa   pecuniaria  o  siano  conclusi  i
procedimenti  dei  ricorsi  amministrativi  e giurisdizionali ammessi
ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi».
    A  parere  del  giudicante  le  disposizioni  de quibus ledono il
diritto   costituzionale  alla  tutela  giurisdizionale  dei  «propri
diritti  e  interessi  legittimi»  garantito  a chiunque dall'art. 24
della  Costituzione,  facendo  derivare  l'esercizio  del  diritto di
azione,    e    quindi   l'esercizio   in   concreto   della   tutela
giurisdizionale,  garantito  a chiunque, dal mero fatto di una scelta
tra  il  pagare  nei  termini  di  legge  la sanzione, cosi' evitando
l'aggravamento economico della stessa ma subendo la irrogazione della
sanzione  accessoria  laddove prevista per la violazione contestata e
comunque  impedendo la tutela giurisdizionale, e il non pagare, cosi'
consentendo  detta  tutela  ma  col rischio di un suo aggravamento in
termini  economici,  ferma  restando  la  irrogazione della eventuale
sanzione accessoria nel caso di rigetto della opposizione.
    Ma,  sempre  a parere del giudicante, al mero fatto del pagamento
della  sanzione  non  consegue  il  riconoscimento  di fondatezza nel
merito  e in diritto della contestazione, essendo evidente che con il
pagamento  il presunto contravventore, o il coobbligato solidale, non
fa  altro  che  prevenire  ulteriori  piu'  onerose conseguenze della
contestazione,  senza che a tale comportamento possa riconoscersi una
volonta' abdicativa alla tutela giudiziaria.
    La  contestazione  di una violazione amministrativa infatti altro
non   e'  se  non  una  manifestazione  di  volonta'  della  pubblica
amministrazione  di conseguire la prestazione patrimoniale imposta da
una  norma  che si assume violata, ma l'esistenza della norma e della
sua  violazione  ed  anche  della  stessa legittimita' e misura della
prestazione  sono,  in  caso di opposizione, e in definitiva, rimesse
alla   cognizione   dell'autorita'   giudiziaria.  Consapevole  della
diversita'  delle  situazioni  e della ampiamente riconosciuta, dalla
Corte   costituzionale,   facolta'   del   legislatore  di  regolarle
diversamente,  si  ricorda  che  in  sede  di  procedimento monitorio
provvisoriamente esecutivo l'ingiunto che paghi, dopo la notifica del
titolo  esecutivo,  la  somma portata dallo stesso senza attendere la
notificazione del precetto, e quindi paga subito per evitare di veder
aggravare  la  sua  posizione  debitoria,  non per questo e' impedito
dall'opporre  l'ingiunzione  e  all'esito  del giudizio potra' vedere
confermare  la  condanna  ovvero riformarla con eventuali conseguenti
obblighi restitutori a carico dell'attore.
    Ora,  e'  pur  vero  che  l'ordinamento prevede la possibilita' o
l'onere  di  adire  prima  del  giudice  altre  autorita' che possono
egualmente  conoscere  della  contestazione  della violazione e della
opposizione  alla stessa da parte del cittadino, ma in ultima analisi
l'art. 24 della Costituzione pone il principio cardine della civilta'
giuridica  del ricorso al giudice quale istanza suprema per la tutela
sia  dei  diritti  soggettivi  che  degli  interessi legittimi. Ed e'
proprio  cio'  che prevede il c.d.s. laddove consente, in alternativa
al ricorso al giudice, il ricorso al prefetto, dicendo comunque salva
la  possibilita'  di ricorrere al giudice avverso il provvedimento di
questo.   E  se  il  ricorso  al  giudice  e'  inammissibile  laddove
previamente  proposto ricorso al prefetto, non e' certo inammissibile
il ricorso al giudice avverso il provvedimento del Prefetto.
    Ma  il  sistema  delineato  dal  c.d.s.  importa  la conseguenza,
illogica,  che  nel  caso di adempimento tempestivo della prestazione
patrimoniale  sono  sic  et  simpliciter  impediti  sia il ricorso al
giudice  che  quello  al  prefetto,  mentre  in caso del ricorso alla
autorita'  amministrativa,  anche  questo pero' egualmente sottoposto
alla  condizione dell'omesso pagamento della sanzione amministrativa,
e' poi ammesso il ricorso al giudice.
    Orbene se non esiste l'obbligo giuridico di invocare in ogni caso
la  tutela sia amministrativa che giudiziaria, onde la facoltativita'
della stessa, con le ovvie conseguenze a carico di chi preferisca non
ricorrere,  certamente esiste l'obbligo giuridico, costituzionalmente
garantito,  di  non  frapporre  impedimenti all'esercizio del diritto
costituzionale  di agire in giudizio nel senso di rendere impossibile
il ricorso alla tutela giudiziaria.
    L'introduzione  dell'art. 204-bis  c.d.s. ha insomma stravolto il
previgente  regime  che,  sulla  scorta  delle  sentenze  della Corte
costituzionale  nn. 255  e 311 del 1994, consentiva sia il ricorso al
prefetto  che  il ricorso al giudice, questo non sottoposto ad alcuna
condizione  di  procedibilita'  e/o  inammissibilita'.  E  sembra  al
giudicante  che  le  norme  denunziate rendano impossibile il ricorso
alla   tutela   facendo   prevalere  sui  diritto  costituzionalmente
garantito  di agire in giudizio una situazione di fatto costituita da
un adempimento tempestivo di una prestazione patrimoniale che, se non
eseguita, porterebbe a piu' pesanti conseguenze economiche.
    E ancor piu' appare un vizio di legittimita' costituzionale delle
norme denunziate laddove si ponga mente al fatto che, come accade nel
caso  in  esame,  il  soggetto  attinto dalla sanzione nega di essere
stato  l'autore  materiale  della  violazione e in tanto ha pagato la
sanzione  in  quanto e', ex art. 196 c.d.s., coobbligato solidale per
la  stessa,  e d'altro canto si oppone acche' gli vengano irrogate le
sanzioni  accessorie.  Di  tal  che'  la  violazione,  che in ipotesi
potrebbe  essere stata commessa da altro soggetto, che il coobbligato
potrebbe  anche  non  individuare,  riverberebbe tutti i suoi effetti
sanzionatori,  in  primis quelli accessori, che potrebbero essere ben
piu'   afflittivi   della   stessa   sanzione  pecuniaria,  non  gia'
sull'effettivo   responsabile   ma   sul   coobbligato  solidale  che
inizialmente tale solo per la sanzione amministrativa pecuniaria, per
fictio  juris  diventa  responsabile  della violazione, nel senso che
questa  gli viene personalmente addebitata, ad ogni fine: di sanzione
amministrativa pecuniaria, sanzione accessoria e decremento di punti.
    A  dubbi di legittimita' costituzionale non si sottrae neppure il
comma  3  dell'art. 204-bis per la parte in cui prevede che «all'atto
del  deposito  del  ricorso,  il  ricorrente  deve  versare presso la
cancelleria  del  giudice  di  pace,  a  pena di inammissibilita' del
ricorso,  una  somma  pari  alla  meta'  del  massimo  edittale della
sanzione inflitta dall'organo accertatore».
    La   norma   chiaramente   introduce   un   limite   al   diritto
costituzionale  di  azione  tutelato dall'art. 24 della Costituzione,
che  ricorda  da  vicino nella sua struttura e nelle sue finalita' la
cautio  pro  expensis  gia'  dichiarata incostituzionale con sentenza
n. 67 del 1960. Detto versamento, imposto dalla norma denunziata, non
ha certamente natura di onere patrimoniale imposto alle parti (non e'
certamente  un onere contributivo per il processo) ne' costituisce un
onere  fiscale,  ma pare costituire, come peraltro fatto palese dalla
parola  che  la  qualifica al quinto comma, proprio una «cauzione» al
fine  di  consentire  alla  p.a.  un  immediato soddisfacimento delle
proprie   ragioni   creditorie  laddove  confermata,  a  seguito  del
giudizio, la legittimita' della contestazione.
    Sotto  altro  profilo  poi  la  norma  denunziata  pare  porsi in
contrasto  anche  con  l'art. 3  della  Costituzione  laddove  questo
prevede  che  tutti  i cittadini sono uguali davanti alla legge senza
distinzioni  di condizioni personali e sociali e che e' compito della
Repubblica  rimuovere  gli ostacoli di ordine economico e sociale che
limitino di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini. A questa
stregua   diventa   evidente  come  condizioni  personali  di  ordine
economico  possano rendere se non impossibile certamente estremamente
gravosa  la  tutela  giurisdizionale nei confronti di atti della p.a.
che si assumano essere illegittimi.
    Discende  la  rilevanza  delle  questioni ai fini della decisione
della  controversia:  questa  non puo' essere conosciuta e decisa nel
merito,  per  nessun  suo  profilo,  se non previa eliminazione delle
norme   denunziate  che,  allo  stato,  impongono  al  giudicante  di
dichiarare  improponibile  ed  inammissibile  il  ricorso alla tutela
giudiziaria.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
    Solleva di ufficio questione di legittimita' costituzionale degli
artt. 204,  commi  1  e  3 e 126-bis, comma 2 del decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  «nuovo codice della strada», nelle parti in
cui  dispongono  la  improponibilita'  e  la  inammissibilita'  della
opposizione, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
    Sospende il giudizio;
    Dispone   la   immediata   trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Trani, addi' 16 marzo 2004
                     Il giudice di pace: Piizzi
04C1198