N. 320 SENTENZA 28 ottobre - 5 novembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Ricorso  regionale  -  Prospettazione  di  questioni  di legittimita'
  costituzionale  -  Trattazione  separata  -  Riserva  di  ulteriori
  decisioni.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Bilancio  e contabilita' pubblica - Finanza regionale - Trasferimenti
  erariali   di   parte  corrente  alle  Regioni  -  Procedimento  di
  ricognizione   dei   trasferimenti   erariali  di  parte  corrente,
  successiva  confluenza in un fondo unico, determinazione di criteri
  di   riparto   ad   opera  di  d.P.C.m.  -  Ricorsi  delle  Regioni
  Emilia-Romagna   e   Toscana   -   Denunciato  eccesso  dei  poteri
  legislativi   statali   in  tema  di  «armonizzazione  dei  bilanci
  pubblici»  e di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema
  tributario»,   lesione   dell'autonomia  finanziaria  -  Disciplina
  transitoria  per  una  parziale  razionalizzazione - Non fondatezza
  della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 30, comma 1.
- Costituzione, artt. 117, terzo comma, e 119.
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  -  Finanza  regionale - Fondo di
  offerta turistica - Criteri di riparto da parte di organi statali -
  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  - Denunciata lesione della
  competenza  legislativa  residuale  e  della  autonomia finanziaria
  delle Regioni - Non fondatezza della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 30, comma 2.
- Costituzione, artt. 117 e 119.
Bilancio  e  contabilita' pubblica - Finanza regionale - Ripartizione
  fra  le Regioni di un fondo corrispondente alla perdita del gettito
  per  la  riduzione  dell'accisa sulla benzina - Coinvolgimento solo
  consultivo  della  Conferenza  permanente  Stato-Regioni  - Ricorso
  della  Regione Emilia-Romagna - Denunciata lesione della competenza
  legislativa  e della autonomia finanziaria delle Regioni - Avvenuta
  attuazione  della  disposizione  censurata  con  il  parere unanime
  favorevole  dei  rappresentanti  delle  Regioni  - Cessazione della
  materia del contendere.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 30, comma 5.
- Costituzione, artt. 117 e 119.
Bilancio  e  contabilita'  pubblica  - Finanza regionale - Divieto di
  ricorrere  all'indebitamento per finanziare spese diverse da quelle
  di investimento - Nullita' degli atti e dei contratti in violazione
  del  divieto  e sanzioni pecuniarie a carico degli amministratori -
  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna  - Denunciata lesione della
  competenza  legislativa  regionale e particolarmente della potesta'
  residuale  in  tema  di  ordinamento  del  proprio  personale - Non
  fondatezza della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 30, comma 15.
- Costituzione, art. 117.
Asili  nido  nei luoghi di lavoro - Deducibilita' di alcuni oneri dai
  redditi  imponibili  dei  genitori e dei datori di lavoro - Ricorsi
  delle  Regioni  Emilia-Romagna, Toscana e Veneto - Ritenuta lesione
  della  potesta' normativa delle Regioni - Irrilevanza della censura
  in carenza di specifica argomentazione - Inammissibilita' .
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 91, comma 6.
- Costituzione, art. 117.
Bilancio e contabilita' pubblica - Finanza regionale - Asili nido nei
  luoghi  di  lavoro  -  Fondo  ministeriale per il finanziamento dei
  datori  di lavoro - Ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e
  Veneto  -  Lesione  della  competenza  legislativa  regionale nelle
  materie  dell'istruzione e della tutela del lavoro, introduzione di
  un   fondo  settoriale  in  violazione  dell'autonomia  finanziaria
  regionale - Illegittimita' costituzionale.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 91, commi 1, 2, 3, 4 e 5.
- Costituzione, artt. 117 e 119.
(GU n.44 del 10-11-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco
AMIRANTE,  Ugo  DE  SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei   giudizi   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 30,
commi 1,  2,  5  e  15,  e  91  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  Legge  finanziaria 2003), promossi con ricorsi della
Regione Toscana, della Regione Emilia-Romagna e della Regione Veneto,
notificati  il  26 febbraio,  il  1°  marzo  e  il  25 febbraio  2003
depositati in cancelleria il 5 e il 7 marzo successivi ed iscritti ai
nn. 15, 25 e 26 del registro ricorsi 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 settembre  2004 il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi   gli   avvocati   Lucia   Bora  per  la  Regione  Toscana,
Giandomenico  Falcon  per la Regione Emilia-Romagna, Mario Bertolissi
per  la  Regione Veneto e gli avvocati dello Stato Giancarlo Mando' e
Glauco Nori per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ricorsi iscritti rispettivamente al n. 15 (notificato il
26 febbraio  2003 e depositato il 5 marzo 2003), al n. 25 (notificato
il 1° marzo 2003 e depositato il 7 marzo 2003) e al n. 26 (notificato
il  25 febbraio  2003  e  depositato  il  7 marzo  2003) del registro
ricorsi  del  2003,  le  Regioni  Toscana,  Emilia-Romagna  e Veneto,
nell'impugnare  numerose  disposizioni  della legge 27 dicembre 2002,
n. 289  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  Legge finanziaria 2003), censurano, tra
l'altro,   alcuni  commi  dell'art. 30  (Disposizioni  varie  per  le
regioni) e l'art. 91 (Asili nido nei luoghi di lavoro).
    2.  -  In particolare, la Regione Toscana ha impugnato l'art. 30,
comma 1, della citata legge n. 289 del 2002, il quale dispone che «al
fine  di  avviare l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione e
in  attesa  di  definire  le modalita' per il passaggio al sistema di
finanziamento  attraverso la fiscalita', entro sei mesi dalla data di
entrata  in vigore della presente legge, il Ministero dell'economia e
delle finanze, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e
con  il  Ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione e con
le  amministrazioni  statali interessate e d'intesa con la Conferenza
unificata  (...),  procede alla ricognizione di tutti i trasferimenti
erariali  di  parte corrente, non localizzati, attualmente attribuiti
alle  regioni  per  farli  confluire  in  un fondo unico da istituire
presso il Ministero dell'economia e delle finanze».
    La norma statale, inoltre, prevede che «i criteri di ripartizione
del fondo sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri,  su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto  con  il Ministro per gli affari regionali e con il Ministro
per  le  riforme  istituzionali  e  la  devoluzione  d'intesa  con la
Conferenza unificata (...)».
    Secondo  la Regione Toscana la norma configurerebbe un sistema di
finanziamento  regionale in manifesto contrasto con i principi di cui
all'art. 119  Cost., poiche' quest'ultimo riconoscerebbe alle Regioni
autonomia finanziaria e di spesa non piu' dipendente e limitata dalla
legislazione  statale in materia di finanza pubblica, ma direttamente
derivante dalle prescrizioni costituzionali.
    La  norma censurata si porrebbe inoltre in contrasto con il terzo
comma  dell'art. 117 Cost., che include nelle materie di legislazione
concorrente  l'armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento
della  finanza  pubblica  e del sistema tributario, riservando quindi
allo  Stato di fissare «esclusivamente i principi fondamentali» della
materia,  mentre  competerebbe  alle  Regioni  la  legislazione  e il
coordinamento  in  relazione  al  sistema  finanziario  regionale nei
rapporti con quello statale e con quello locale.
    3.   -  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 30, commi 1, 2, 5
e 15, della legge n. 289 del 2002.
    In  riferimento  al  comma 1,  la  Regione  motiva  il rilievo di
incostituzionalita'  sul fatto che la disposizione in esame, lungi da
esprimere un principio di coordinamento, si limiterebbe semplicemente
a  rinviare  l'attuazione  dell'art. 119  Cost., con cio' rinviando a
data indeterminata la realizzazione di una vera autonomia finanziaria
delle  Regioni  ed  eliminando  quindi di fatto ogni possibilita' che
queste possano assumere autonomamente le decisioni di spesa.
    In  riferimento  al  comma 2,  la  ricorrente  sostiene  che tale
disposizione,   nella   parte   in  cui  prevede  come  debba  essere
regolamentato  «il  fondo  di  offerta  turistica»  disciplinandone i
criteri  di  riparto,  interverrebbe  in  una  materia  di competenza
esclusiva  regionale  ai  sensi del quarto comma dell'art. 117 Cost.,
«senza che sia ravvisabile alcun principio giustificativo» per questa
intromissione del legislatore nazionale.
    A  sua  volta, il comma 5 risulterebbe illegittimo in quanto, «di
fronte  alla  delicata decisione circa la ripartizione tra le Regioni
dell'importo  con  cui  si  deve  fare fronte alla perdita di gettito
conseguente   alla   riduzione   dell'accisa   sulla   benzina»,   la
disposizione  prevede  un  coinvolgimento  a  livello solo consultivo
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
    Infine,  il  comma 15, nel prevedere la nullita' degli atti e dei
contratti  in  violazione del divieto di indebitamento per finanziare
spese diverse da quelle di investimento e la condanna ad una sanzione
pecuniaria  da parte della Corte dei conti degli amministratori degli
enti   territoriali  che  vi  ricorrano,  lederebbe  le  attribuzioni
regionali,   «in   quanto   la   disciplina   dettata   non   rientra
nell'ordinamento  processuale, ma attiene ad un profilo sanzionatorio
che  necessariamente  inerisce  (...) alla competenza sostanziale per
cui    la    disciplina    dell'ordinamento   e   dell'organizzazione
amministrativa  e  contabile puo' essere dettata dallo Stato solo per
cio' che riguarda l'amministrazione dello Stato e degli enti pubblici
nazionali (art. 117, secondo comma, lettera g), e non certo anche per
l'amministrazione regionale».
    4.  -  La  Regione Toscana, inoltre, ha impugnato l'art. 91 della
legge n. 289 del 2002, per violazione degli articoli 117 e 119 Cost.
    La   norma  impugnata  prevede  l'istituzione  di  un  «fondo  di
rotazione  per  il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano,
nei luoghi di lavoro, servizi di asilo nido e micro-nidi».
    In  particolare,  la  ricorrente  ritiene che la disciplina degli
asili  nido  rientri  nella  materia  dei  servizi  sociali  e dunque
appartenga alla potesta' legislativa residuale delle Regioni ai sensi
dell'art. 117,  quarto  comma,  Cost.  Sarebbe pertanto precluso allo
Stato  disciplinare la erogazione di finanziamenti in una materia non
rientrante tra le sue attribuzioni.
    L'istituzione   del  fondo,  inoltre,  contrasterebbe  anche  con
l'art. 119  Cost.,  che  non  ammetterebbe  la istituzione di fondi a
destinazione  vincolata,  potendo lo Stato solo trasferire le risorse
finanziarie   alle   Regioni,   le   quali   sarebbero   chiamate   a
«disciplinare,  nell'ambito  della  normativa  del  settore, anche la
procedura di erogazione delle risorse stesse».
    Anche  la  Regione  Emilia-Romagna  ha  impugnato l'art. 91 della
legge n. 289 del 2002, censurando in particolare i commi 1, 2, 3 e 4,
per  violazione  degli  artt. 117, quarto e sesto comma, 118, secondo
comma,  e  119  Cost., «nella parte in cui attribuiscono al Ministro,
con  norme  di dettaglio, poteri normativi ed amministrativi relativi
al  fondo»,  anziche'  limitarsi  a  disporne  la ripartizione tra le
Regioni.
    In  subordine, la ricorrente censura l'art. 91 nella parte in cui
non  prevede  che  i  poteri normativi previsti dai commi 3 e 4 siano
esercitati previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, dal momento
che  «nelle  materie  regionali  il principio di leale collaborazione
impone un coordinamento fra i soggetti interessati».
    La  Regione  Veneto ha impugnato il medesimo art. 91 in relazione
all'art. 117  Cost., dal momento che gli asili nido, ritenuti facenti
parte  della  materia  dell'assistenza  e  beneficenza  gia' sotto la
vigenza  del precedente Titolo V, costituirebbero oggetto di potesta'
legislativa   residuale   regionale.   Ad   escludere   la  lamentata
incostituzionalita'   non   varrebbe   il   rilievo   che   l'art. 91
prevederebbe  finanziamenti  aggiuntivi,  dal  momento  che  «essi si
fondano  -  allo stato delle cose - sulla compressione dell'autonomia
finanziaria regionale piuttosto che su una addizione coerente con una
rigorosa lettura dell'art. 119 Cost.».
    5.  -  Il  Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato si e' costituito in tutti
i giudizi.
    Con riguardo alle censure rivolte all'art. 30, comma 1, la difesa
dello  Stato evidenzia che tale disposizione non sarebbe in contrasto
con i principi di autonomia finanziaria e con le competenze regionali
in  tema  di  finanza e di sistema tributario regionale, in quanto si
tratterebbe  di  un principio di coordinamento della finanza pubblica
in  un  periodo  transitorio  e  che  non  inciderebbe  negativamente
sull'autonomia di entrata e di spesa delle singole Regioni.
    Per  quanto concerne la censura relativa al comma 5, l'Avvocatura
sostiene che non vi sarebbe nessun principio dal quale dedurre che la
ripartizione  di  proventi  compensativi debba avvenire previa intesa
con la Conferenza permanente.
    Infondata   sarebbe   poi   la   censura   riferita  al  comma 15
dell'art. 30,  in  quanto  la  dichiarata  nullita'  degli atti e dei
contratti  in violazione di tale divieto non costituirebbe «altro che
esplicitazione  della  conseguenza  derivante  dalla  violazione  del
precetto   costituzionale»,   ne'   la  previsione  di  una  sanzione
pecuniaria  a  carico degli amministratori determinerebbe una lesione
delle attribuzioni regionali.
    Da  ultimo, con riferimento alle censure mosse avverso l'art. 91,
l'Avvocatura  sostiene  che il fondo per gli asili nido e' alimentato
con  risorse  statali  e  la  sua  istituzione  non  pregiudicherebbe
comunque  le prerogative regionali in materia di assistenza pubblica,
prevedendo  soltanto  un  intervento  di sostegno dello Stato che «si
aggiunge  alle iniziative regionali». D'altra parte, la dichiarazione
di incostituzionalita' della norma determinerebbe il venir meno dello
stanziamento  e  dunque un peggioramento della situazione complessiva
delle Regioni.
    6. - In prossimita' della data fissata per l'udienza pubblica, la
Regione  Toscana  ha  depositato una memoria illustrativa nella quale
ribadisce le censure mosse - tra l'altro - avverso l'art. 30, comma 1
della   legge  n. 289  del  2002,  nella  parte  in  cui  dispone  la
ricognizione da parte dello Stato dei trasferimenti erariali di parte
corrente  non  localizzati,  attualmente  attribuiti alle Regioni. In
particolare,   la   ricorrente  richiama  la  recente  giurisprudenza
costituzionale  (sentenza n. 37 del 2004) nella quale e' affermato il
principio  del  divieto di interventi normativi statali «peggiorativi
dell'assetto  delle  relazioni  finanziarie  fra i diversi livelli di
governo attualmente in essere».
    Inoltre,  ad  avviso  della ricorrente, la disposizione impugnata
non  potrebbe  essere  ricondotta nell'ambito del coordinamento della
finanza  pubblica  -  materia  per  la  quale  lo  Stato  ha potesta'
legislativa  concorrente - dal momento che essa non porrebbe principi
fondamentali  della  materia, contenendo viceversa norme di dettaglio
autoapplicative, incidenti sulla autonomia finanziaria regionale.
    Con  riferimento  alle  censure concernenti l'art. 91, la Regione
Toscana sostiene che esse troverebbero conferma nella sentenza n. 370
del  2003  di  questa  Corte,  concernente proprio gli asili nido, la
quale  ha  affermato in primo luogo che gli asili nido rientrerebbero
nell'ambito  della materia dell'istruzione e della tutela del lavoro,
affidate  alla  legislazione  concorrente  di  Stato e Regioni, ed in
secondo  luogo  che  la  configurazione  di  un  fondo  settoriale di
finanziamento  gestito  dallo  Stato viola in modo palese l'autonomia
finanziaria  di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti locali.
Di  qui  la conferma della illegittimita' costituzionale del fondo di
rotazione previsto dalla norma impugnata.
    7. - Anche la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria in
prossimita'  dell'udienza. Quanto alle censure concernenti l'art. 30,
comma 1,   la  ricorrente  sostiene  che  tale  disposizione  farebbe
«sistema» con gli artt. 2 e 3 della medesima legge, anch'essi oggetto
di  impugnazione.  Il  primo comma dell'art. 30, infatti, conterrebbe
disposizioni volte a rinviare l'attuazione del federalismo fiscale di
cui   all'art. 119   Cost.,   mentre   i   menzionati   artt. 2  e  3
eliminerebbero  del  tutto  l'autonomia  impositiva delle Regioni. Il
quadro  -  anche  alla  luce  del  comma 15 dell'art. 30, che prevede
sanzioni   per   la   violazione   del   divieto   di   fare  ricorso
all'indebitamento  per  spese  differenti da quelle di investimento -
sarebbe  di  estremo  sfavore per le autonomie regionali. Inoltre, la
considerazione  delle  ulteriori  disposizioni  del  medesimo art. 30
impugnate,  ossia  i commi 2 e 3, induce la ricorrente a ritenere che
al  quadro  sommariamente  descritto  si  aggiungerebbe  un ulteriore
aspetto  fortemente  lesivo  delle  prerogative c ostituzionali delle
Regioni,   ossia   la   «deroga»   alle   «garanzie  di  cooperazione
istituzionale»,   che   sarebbero  invece  «proprie  del  federalismo
fiscale».
    In  relazione  alla impugnazione dell'art. 91, invece, la Regione
osserva che la fondatezza delle proprie ragioni sarebbe provata dalla
sentenza  n. 370  del  2003  di  questa  Corte, con la quale e' stata
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  di un analogo fondo con
vincolo di destinazione. Alla disposizione annullata in quella sede -
nota  la  memoria  -  la  disciplina  attualmente in contestazione si
richiama espressamente.
    L'unica  differenza  rispetto  al  caso deciso dalla Corte con la
menzionata  sentenza  sarebbe  la  circostanza  secondo  la  quale il
precedente  fondo  era  destinato ad essere ripartito tra le Regioni,
mentre  quello  istituito  dall'art. 91  dovrebbe  essere distribuito
direttamente  ai  privati  che  abbiano  diritto a beneficiarne: tale
differenza,   tuttavia,   non   varrebbe  ad  evitare  la  violazione
dell'art. 119  Cost.,  dal  momento  che  «il  fatto  stesso  di  non
trasferire  alle  Regioni  i  fondi  per  l'esercizio delle funzioni»
violerebbe  la  richiamata  disposizione costituzionale. Peraltro, ad
essere  violato  sarebbe  anche  l'art. 117,  terzo comma, Cost., dal
momento che - come gia' riconosciuto dalla citata sentenza n. 370 del
2003  -  le  disposizioni  de  quibus ricadrebbero nell'ambito di una
materia  affidata  alla  legislazione  concorrente, non potendo certo
qualificarsi  come  «principi  fondamentali», e non essendo del resto
giustificabili  in  nome  di  esigenze unitarie o della necessita' di
«sostenere la competitivita' del sistema economico ».
    Da   ultimo,   la   ricorrente   richiama,   in   relazione  alla
illegittimita'  delle norme dell'art. 91 che prevedono la adozione di
atti  «sostanzialmente» regolamentari in materie differenti da quelle
di  cui  al  secondo  comma dell'art. 117 Cost., la necessita' di far
ricorso al criterio «sostanziale» per determinare la natura normativa
o  non normativa degli atti in questione, che sarebbe stata affermata
dalla Corte con le sentenze n. 13 del 2004 e n. 88 del 2003.
    8.  -  Anche  la  Regione Veneto, in prossimita' dell'udienza, ha
depositato  una  memoria,  peraltro  senza  svolgere alcuna ulteriore
argomentazione a sostegno delle censure rivolte alle disposizioni qui
considerate.
    9. - L'Avvocatura dello Stato ha depositato una ulteriore memoria
difensiva nel giudizio instaurato dal ricorso della Regione Toscana.
    In  relazione  alle  censure  rivolte  nei  confronti del comma 1
dell'art. 30,  la  difesa statale osserva come da questa disposizione
non  potrebbero  in  ogni  caso derivare conseguenze dannose a carico
delle  prerogative  costituzionali delle Regioni. L'art. 30, comma 1,
infatti, prevedendo la ricognizione di tutti i trasferimenti di parte
corrente  non  localizzati operati dallo Stato alle Regioni e la loro
confluenza  in  un fondo unico da ripartire poi tra queste ultime con
criteri stabiliti d'intesa con la Conferenza unificata, costituirebbe
un  passo  verso la piena attuazione del federalismo fiscale previsto
dall'art. 119  Cost.  Rispetto  al  sistema  «a  regime»,  dunque, la
disposizione   impugnata   non  predisporrebbe  nient'altro  che  una
disciplina transitoria.
    In relazione alle doglianze svolte nei confronti dell'art. 91, la
difesa  erariale  ritiene invece che le differenze sussistenti tra la
disciplina  oggetto  del giudizio e quella caducata per effetto della
sentenza  n. 370  del  2003  varrebbero  a  sottrarre  la prima dalle
censure di incostituzionalita'. In particolare, quanto alla lamentata
violazione  dell'art. 119  Cost.,  la  circostanza  che  il  fondo di
rotazione  contemplato  dalla  disposizione  impugnata  debba  essere
ripartito  direttamente  tra  i  datori  di  lavoro  che  organizzino
all'interno  dei  luoghi  di  lavoro  servizi  di  asili  nido, senza
transitare dalle Regioni, renderebbe l'art. 91 del tutto indifferente
per  l'autonomia  finanziaria  di  entrata  e  di spesa, la quale non
verrebbe  in  alcun modo incisa. Ne' del resto potrebbe dirsi violato
l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  nella  parte  in cui assegna alla
competenza  concorrente di Stato e Regioni le materie dell'istruzione
e  della  sicurezza  del lavoro: infatti, le disposizioni oggetto del
giudizio,  pur  rientrando  in  tali  a mbiti, non comprimerebbero in
alcun  modo le competenze regionali, dal momento che si limiterebbero
ad   introdurre   un   beneficio   a   favore   di  soggetti  privati
«indipendentemente dagli (ed in chiave solo aggiuntiva rispetto agli)
interventi  (...)  disposti secondo le proprie scelte dal legislatore
regionale».  Inoltre  -  osserva  l'Avvocatura  - la norma statale si
collegherebbe  comunque a materie per le quali residua una competenza
del legislatore statale.
    Infine,  infondate  sarebbero anche le censure rivolte avverso la
previsione  del  potere, da parte del Ministro del lavoro, di fissare
con  decreti  non  regolamentari  i  criteri  per  la concessione dei
finanziamenti,  poiche',  «trattandosi  (...)  di sovvenzioni erogate
direttamente  allo  Stato su propri fondi a soggetti privati», non si
inciderebbe   nella  competenza  costituzionalmente  garantita  delle
Regioni.
    10. - L'Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria anche in
relazione   al   giudizio   instaurato   dal  ricorso  della  Regione
Emilia-Romagna.
    Quanto  al  comma 1  dell'art. 30,  la  difesa  erariale  propone
considerazioni  analoghe  a  quelle  svolte in riferimento al ricorso
della Regione Toscana e sopra richiamate.
    In  relazione  alle  censure  rivolte  nei  confronti del comma 2
dell'art. 30, l'Avvocatura ricorda come l'art. 6 della legge 29 marzo
2001,  n. 135  (Riforma  della  legislazione  nazionale del turismo),
abbia  previsto l'istituzione presso il Ministero dell'industria, del
commercio    e    dell'artigianato,   di   un   apposito   fondo   di
cofinanziamento,  alimentato  da  risorse  statali, volto «al fine di
migliorare  la qualita' dell'offerta turistica». Di tale fondo, il 70
per  cento  viene  ripartito tra le Regioni e le Province autonome ai
sensi   del   comma 2,  in  base  a  criteri  stabiliti  con  decreto
ministeriale  previa  intesa  con  la Conferenza unificata. Quanto al
restante  30  per cento, la disposizione impugnata (art. 30, comma 2)
stabilisce  che, in luogo della procedura originariamente contemplata
- basata su una graduatoria predisposta dal Ministero in relazione ad
appositi  bandi  annuali  di  concorso  e  sulla  scorta  di piani di
intervento  finalizzati  presentati dagli stessi enti «con impegni di
spesa, coperti con fondi propri, non in feriori al 50 per cento della
spesa  prevista» -, si proceda con le medesime modalita' del restante
70 per cento.
    La   difesa  erariale  evidenzia  come  la  disciplina  impugnata
determini  la attribuzione di risorse, prima vincolate all'impegno di
spesa  per  almeno  il 50 per cento con fondi degli enti destinatari,
assoggettate  solo  ad un vincolo generico per la loro utilizzazione,
quale  quello  della  destinazione  al  fine del «miglioramento della
qualita'  dell'offerta  turistica,  ivi  compresa  la promozione e lo
sviluppo dei sistemi turistici locali».
    Infine,  per  il  principio  di  continuita' dell'ordinamento, si
dovrebbe  escludere  che «la intera normativa del 2001 istitutiva del
predetto   fondo   di   cofinanziamento   sia  divenuta  di  per  se'
incompatibile  con  il  nuovo assetto costituzionale». In base a tali
argomenti, la proposta censura di legittimita' costituzionale sarebbe
da respingere.
    Anche   le   censure  rivolte  avverso  il  comma 5  dell'art. 30
sarebbero,  secondo  la  difesa  erariale,  infondate. Cio' in quanto
l'operazione cui e' chiamato il decreto ministeriale previsto da tale
disposizione  sarebbe meramente «tecnico-contabile», estranea ad ogni
valutazione  di  carattere  politico e discrezionale. In conseguenza,
sarebbe da ritenere senz'altro sufficiente lo strumento collaborativo
del  parere  e  comunque  sarebbero  da  considerare  fatte  salve le
iniziative  delle singole Regioni che si ritenessero in concreto lese
dal provvedimento in questione.
    Quanto   al   comma 15   dell'art. 30,   anch'esso   oggetto   di
impugnazione  da  parte  della  Regione  Emilia-Romagna, l'Avvocatura
ritiene  che  la  nullita'  degli  atti  e  dei  contratti degli enti
territoriali   posti   in   essere   in   violazione   del   precetto
costituzionale  che  vieta di far ricorso all'indebitamento per spese
diverse  da  quelle  di  investimento  costituirebbe  nient'altro che
«piana attuazione» del sesto comma dell'art. 119 Cost.
    D'altra  parte, osserva la difesa erariale, non si comprenderebbe
«quale  potrebbe  essere  al  proposito  il fondamento costituzionale
della  rivendicata potesta' legislativa regionale, nulla avendo a che
fare   siffatta   disciplina  con  l'ordinamento  e  l'organizzazione
amministrativa della Regione e degli enti locali».
    La ulteriore conseguenza prevista dalla disposizione impugnata in
caso di violazione del detto divieto - consistente nella comminatoria
di una sanzione pecuniaria a carico degli amministratori inadempienti
-  non  determinerebbe  in  alcun  modo  una violazione dell'invocato
parametro   costituzionale.  Tale  sanzione  (che  comunque,  secondo
l'Avvocatura,  non  andrebbe confusa con la eventuale responsabilita'
amministrativa   o   contabile   delle   medesime  persone  fisiche),
costituirebbe, infatti, la «enunciazione di un principio fondamentale
di coordinamento della finanza pubblica».
    L'Avvocatura  dello  Stato,  da  ultimo, espone alcuni rilievi in
relazione  alle censure proposte avverso l'art. 91 della legge n. 289
del  2002  del  tutto  analoghi  a quelli, gia' richiamati, contenuti
nella  memoria  depositata  nel giudizio introdotto dal ricorso della
Regione Toscana.
    11.  -  L'Avvocatura  dello Stato ha presentato una memoria anche
nel giudizio introdotto dal ricorso della Regione Veneto.
    In  tale memoria sono contenute alcune argomentazioni difensive -
in  parte  differenti rispetto a quelle gia' esposte - riguardanti la
pretesa compatibilita' costituzionale dell'art. 91 della legge n. 289
del 2002.
    In  particolare, si sostiene che la predisposizione di asili nido
rientrerebbe  nella  politica  aziendale  del  lavoro, rendendo «piu'
appetibile»  il  posto  di  lavoro,  di  modo  che  non si verterebbe
nell'ambito della «istruzione pubblica» (pur essendo presente un fine
di istruzione), bensi' in quello «di un servizio reso prevalentemente
a  tutela dei lavoratori giovani»; l'intervento dello Stato, esteso a
tutto  il  territorio  nazionale,  sarebbe  in grado di assicurare la
uniformita'  del  mercato  del  lavoro  mediante  la  omogeneita' dei
criteri  utilizzati  e la circostanza della unicita' degli uffici che
vi   provvedono;   cio'   -  evitando  le  distorsioni  derivanti  da
«discipline   sbilanciate»  delle  singole  Regioni  -  perseguirebbe
l'obiettivo  di  tutelare  la  concorrenza;  la  disciplina in esame,
inoltre,  sarebbe volta «non solo alla determinazione, ma soprattutto
alla  realizzazione»  dei livelli minimi essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali; tali obiettivi non potrebbero
essere  perseguiti  efficacemente  se  n on da parte dello Stato, per
esigenze   di   unitarieta'   e   questo   evidenzierebbe,  ai  sensi
dell'art. 118  Cost.,  il  titolo dell'intervento, anche legislativo,
dello Stato; la difesa erariale, in sintesi, ritiene che l'intervento
contemplato   dalle   disposizioni   impugnate  rientrerebbe  tra  le
«iniziative  di  ordine macroeconomico» che non potrebbero essere che
di competenza statale.

                       Considerato in diritto

    1.  - Le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Veneto, nell'impugnare
numerose   disposizioni   della   legge   27 dicembre   2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - Legge finanziaria 2003), hanno censurato, tra l'altro,
i commi 1, 2, 5 e 15 dell'art. 30 (Disposizioni varie per le Regioni)
e l'art. 91 (Asili nido nei luoghi di lavoro) di tale legge.
    In   particolare,  le  Regioni  Emilia-Romagna  e  Toscana  hanno
impugnato  il  comma 1  dell'art. 30  della legge n. 289 del 2002, in
quanto   la   previsione  di  un  procedimento  di  ricognizione  dei
trasferimenti  erariali  di  parte  corrente,  di una loro successiva
confluenza in un fondo unico, nonche' della determinazione di criteri
di  riparto  ad  opera di un decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri,  urterebbe esplicitamente con quanto previsto nell'art. 119
Cost.   e  comunque  eccederebbe  i  poteri  legislativi  statali  in
relazione  alla  determinazione  dei principi fondamentali in tema di
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici»  e  di  «coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario».
    La  Regione  Emilia-Romagna  ha impugnato il comma 2 dell'art. 30
della  legge  n. 289  del 2002, che disciplina e prevede i criteri di
riparto  da parte di organi statali del «fondo di offerta turistica»,
poiche'  questa  disciplina  sarebbe in contrasto con gli artt. 117 e
119  Cost., intervenendo in una materia riconducibile al quarto comma
dell'art. 117 Cost.
    Sempre   la   Regione  Emilia-Romagna  ha  impugnato  il  comma 5
dell'art. 30   della   legge  n. 289  del  2002,  che  disciplina  la
ripartizione  fra  le  Regioni  dell'importo,  determinato per legge,
corrispondente alla perdita del gettito corrispondente alla riduzione
dell'accisa sulla benzina, poiche' in relazione agli atti governativi
di riparto si prevede un coinvolgimento soltanto a livello consultivo
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
    La  Regione  Emilia-Romagna,  infine,  ha  impugnato  il comma 15
dell'art. 30  della  legge  n. 289  del 2002, che prevede la nullita'
degli  atti  e  dei  contratti in violazione del divieto di ricorrere
all'indebitamento   per   finanziare   spese  diverse  da  quelle  di
investimento, nonche' la eventuale irrogazione di sanzioni pecuniarie
a  carico  degli  amministratori  che  abbiano  assunto  le  relative
delibere,  in  quanto questa disciplina non troverebbe legittimazione
nell'art. 117  Cost.  ed  anzi derogherebbe alla potesta' legislativa
regionale  di  tipo  residuale  in  tema  di  ordinamento del proprio
personale.
    Le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Veneto hanno impugnato anche
l'art. 91 della legge n. 289 del 2002, che prevede e disciplina, come
fondo  ministeriale,  un  fondo di rotazione per il finanziamento dei
datori di lavoro che realizzano servizi di asilo nido o micro-nidi; i
rilievi di costituzionalita' muovono dall'affermazione che la materia
degli  asili  nido sarebbe estranea a quelle di competenza statale ai
sensi   dell'art. 117  Cost.  e  che  comunque  il  fondo  in  parola
costituirebbe un fondo settoriale, escluso dall'art. 119 Cost.
    Per   ragioni   di   omogeneita'  di  materia,  le  questioni  di
costituzionalita'  indicate  debbono  essere  trattate  separatamente
dalle  altre,  sollevate  con i medesimi ricorsi, oggetto di distinte
decisioni.
    Considerata   la   sostanziale   analogia   delle   questioni  di
costituzionalita'  relative agli artt. 30 e 91 della legge n. 289 del
2002,  i  giudizi promossi dai tre ricorsi, per questa parte, possono
essere riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
    2.   -   Le   questioni   sollevate   dalle   Regioni  ricorrenti
relativamente al comma 1 dell'art. 30 della legge n. 289 del 2002 non
sono fondate.
    Questa disposizione, infatti, appare esplicitamente finalizzata a
disciplinare  -  in  via  del  tutto  transitoria  -  i trasferimenti
erariali  di  parte  corrente  alla finanza delle Regioni, peraltro a
condizione   che   si   manifesti  una  convergenza  fra  gli  organi
governativi  e  la  Conferenza unificata di cui all'art. 8 del d.lgs.
28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le  province  autonome  di  Trento  e Bolzano ed unificazione, per le
materie  ed  i  compiti  di  interesse  comune  delle  regioni, delle
province  e  dei  comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie
locali),  sia  sull'esito  dell'opera di ricognizione di questi fondi
che  sui  criteri  di  riparto  fra  le  Regioni  dei fondi confluiti
nell'apposito fondo unico.
    Come  questa  Corte  ha  gia' rilevato, il processo di attuazione
dell'art. 119    Cost.   esige   necessariamente   l'intervento   del
legislatore  statale  che,  «al  fine  di  coordinare l'insieme della
finanza   pubblica,   dovra'  non  solo  fissare  i  principi  cui  i
legislatori  regionali  dovranno  attenersi,  ma anche determinare le
grandi linee dell'intero sistema tributario, e definire gli spazi e i
limiti  entro  i  quali  potra'  esplicarsi  la  potesta' impositiva,
rispettivamente,  di  Stato, Regioni ed enti locali» (sent. n. 37 del
2004). Questa attuazione appare tuttora lontana e sintomo evidente di
cio'   sono  -  tra  l'altro  -  i  rinvii  del  termine  dei  lavori
dell'apposita  Alta  Commissione  di  studio,  da  ultimo spostati al
30 settembre 2005 (cfr. art. 1-quinquies della legge 19 ottobre 2004,
n. 257 di conversione del decreto-legge 3 agosto 2004, n. 220 recante
«Disposizioni  urgenti  in  materia di personale del Centro nazionale
per   l'informatica   nella   pubblica  amministrazione  (CNIPA),  di
applicazione  delle  imposte  sui mutui e di agevolazioni per imprese
danneggiate da eventi alluvionali»). In questa situazione transitoria
e'   consentita   l'adozione  da  parte  dello  Stato  di  discipline
parzialmente  modificative,  purche'  evidentemente  non peggiorative
della   situazione   preesistente  o  contraddittorie  rispetto  alle
caratteristiche   essenziali   dell'autonomia  finanziaria  regionale
configurata  nel  nuovo Titolo V della Costituzione (sentenze n. 37 e
n. 241 del 2004).
    Da  questo  punto  di vista, la disposizione oggetto del presente
giudizio  appare  finalizzata  ad  introdurre  in via transitoria una
parziale  razionalizzazione  di alcuni tipi di trasferimenti erariali
alle  Regioni,  inoltre  con  la previsione di un necessario consenso
della Conferenza unificata sulle eventuali determinazioni governative
(peraltro  finora  -  a  quanto risulta - mai intervenute neppure per
cio' che concerne la fase della ricognizione).
    Ne'  si tratta - come asserito dalle ricorrenti - di un improprio
esercizio  da  parte  statale  del  potere  legislativo  in  tema  di
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica  e  del  sistema  tributario»,  dal  momento che, invece, si
tratta   di  una  disciplina  transitoria  in  vista  dell'attuazione
dell'art. 119 della Costituzione.
    3.  - La questione sollevata in relazione al comma 2 dell'art. 30
della legge n. 289 del 2002 non e' fondata.
    Questa  disposizione,  infatti,  non  si  pone  in  contrasto con
l'art. 119  Cost.,  in  quanto  modifica l'utilizzazione di parte del
fondo  di  cui  all'art. 6 della legge 29 marzo 2001, n. 135 (Riforma
della legislazione statale del turismo) e non prevede nuove finalita'
per  tale fondo. Infatti, come nota esattamente l'Avvocatura generale
dello  Stato, questa disposizione si limita a modificare - in termini
non   peggiorativi   per  l'autonomia  finanziaria  regionale,  quale
disciplinata  in  attesa  dell'attuazione  dell'art. 119  Cost.  - le
modalita'  di  riparto  del  30  per  cento  del  fondo gia' previsto
dall'art. 6  della  legge n. 135 del 2001 (quota la cui distribuzione
era  originariamente  lasciata  alla  valutazione discrezionale delle
richieste  regionali  da  parte  del  Ministero sentita la Conferenza
unificata)  rendendole  omogenee  e  a quanto previsto per la residua
parte  del  «fondo  per il cofinanziamento dell'offerta turistica», e
quindi  rinviando  ad un decreto ministeriale, «previa intesa in sede
di  Conferenza  unificata»,  la  determ  inazione dei criteri e delle
modalita'  della  sua  ripartizione  fra  le  Regioni  e  le Province
autonome.
    4. - In relazione alla questione di costituzionalita' del comma 5
dell'art. 30 della legge n. 289 del 2002, va dichiarata la cessazione
della  materia del contendere, dal momento che l'attuazione di questa
disposizione  (censurata in riferimento al ruolo meramente consultivo
attribuito  alla  Conferenza  Stato-Regioni ai fini del riparto della
somma) si e' esaurita mediante l'adozione di due decreti ministeriali
adottati  con  il  parere unanime favorevole dei rappresentanti delle
Regioni:  il  d.m.  19  giugno 2003  (Ripartizione  tra  le regioni a
statuto  ordinario  del  finanziamento  di  euro 342.583.000 previsto
dalla  legge 27 dicembre 2002, n. 289, legge finanziaria 2003, per la
copertura  della  perdita  di  gettito  realizzata per l'anno 2001 in
conseguenza  della riduzione dell'accisa sulla benzina non compensata
dal  maggior  gettito  delle  tasse  automobilistiche)  e  il d.m. 18
giugno 2004  (Ripartizione  tra  le  regioni  a statuto ordinario del
finanziamento  di  euro  342.583.000 previsto dalla legge 27 dicembre
2002, n. 289, legg e finanziaria 2003, per la copertura della perdita
di  gettito realizzata per l'anno 2002 in conseguenza della riduzione
dell'accisa  sulla  benzina  non compensata dal maggior gettito delle
tasse automobilistiche).
    5. - La questione sollevata in relazione al comma 15 dell'art. 30
della legge n. 289 del 2002 non e' fondata.
    La  previsione della nullita' degli atti e dei contratti posti in
essere  in  violazione del divieto di ricorrere all'indebitamento per
finanziare spese diverse da quelle di investimento, di cui all'ultimo
comma dell'art. 119 Cost., e della possibile condanna, da parte della
Corte   dei   conti,   ad   una   sanzione   pecuniaria   (rapportata
all'indennita'   di   carica)   per  gli  amministratori  degli  enti
territoriali  che  vi  ricorrano,  non  inerisce,  come  sostiene  la
ricorrente,   alla   materia   della  disciplina  dell'ordinamento  e
dell'organizzazione  amministrativa e contabile delle Regioni e degli
enti  locali,  ma  trova il suo fondamento nella potesta' legislativa
dello  Stato  di  dare attuazione al sesto comma dell'art. 119 Cost.,
dal   momento   che  configura  esclusivamente  alcune  sanzioni  per
comportamenti   confliggenti   con   il   divieto   affermato   nella
disposizione costituzionale.
    6.  -  Le  censure  rivolte  avverso l'intero art. 91 della legge
n. 289   del   2002  si  fondano  sull'assunto  della  illegittimita'
costituzionale  sia  di un intervento legislativo dello Stato in tema
di  asili nido - e cioe' in una materia di competenza residuale delle
Regioni  o  concorrente  - sia della creazione di un fondo statale di
finanziamento  dei  datori  di  lavoro  che  realizzino  asili nido o
micro-nidi   nei   luoghi   di  lavoro,  in  quanto  tali  previsioni
contrasterebbero con gli artt. 117 e 119 Cost.
    Tali   rilievi,   peraltro,   non   sono  riferibili  al  comma 6
dell'art. 91,   che   contiene   semplicemente   una  interpretazione
autentica  del  comma 6  dell'art. 70  della  legge 28 dicembre 2001,
n. 448  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato, - Legge finanziaria 2002). Tale disposizione
prevede  la  deducibilita' di alcuni oneri dai redditi imponibili dei
genitori  e  dei  datori  di  lavoro  ed e' gia' stata considerata da
questa  Corte  come  concernente  profili  irrilevanti  rispetto alle
contestazioni regionali relative alla tutela della potesta' normativa
delle Regioni (cfr. sentenza n. 370 del 2003, punto 8 del Considerato
in diritto).
    Devono   pertanto   considerarsi  inammissibili,  in  quanto  non
sorrette   da   alcuna   specifica   argomentazione,  le  censure  di
costituzionalita'  sollevate  in  relazione  al  comma 6 dell'art. 91
della legge n. 289 del 2002.
    7.  - La questione di costituzionalita' sollevata in relazione ai
primi  cinque  commi  dell'art. 91  della  legge  n. 289  del 2002 e'
fondata.
    Questa  Corte,  con  la  richiamata  sentenza n. 370 del 2003, ha
negato  che  la  disciplina  degli asili nido possa essere ricondotta
alle  materie  di  competenza  residuale  delle  Regioni ai sensi del
quarto  comma  dell'art. 117  Cost., ma ha piuttosto ritenuto - sulla
base  di  una  ricostruzione  dell'evoluzione normativa del settore -
«che,  utilizzando  un criterio di prevalenza, la relativa disciplina
non possa che ricadere nell'ambito della materia dell'istruzione (sia
pure  in  relazione  alla  fase pre-scolare del bambino), nonche' per
alcuni profili nella materia della tutela del lavoro, che l'art. 117,
terzo  comma,  della  Costituzione,  affida alla potesta' legislativa
concorrente».   In   questi   ambiti   il  legislatore  statale  puo'
determinare  soltanto  i  principi  fondamentali  della materia e non
dettare   una  disciplina  dettagliata  ed  esaustiva,  quale  quella
contenuta  nei primi cinque commi dell'art. 91 della legge n. 289 del
2002,  mediante  la  quale  organi statali provvedono ad agevolare la
realizzazione di asili-nido nei luoghi di lavoro.
    Ne' si possono condividere le tesi dell'Avvocatura generale dello
Stato  secondo le quali l'art. 91 della legge n. 289 del 2002 sarebbe
riconducibile all'esercizio di alcuni poteri legislativi di esclusiva
competenza statale, di cui al secondo comma dell'art. 117 Cost.
    In  particolare,  appare  immotivata  l'opinione  che ci si trovi
dinanzi  ad  una  «iniziativa di ordine macroeconomico», incidente in
molteplici  settori  produttivi,  che  potrebbe  alterare  i  fattori
concorrenziali  ove non fosse disciplinata da una normazione statale;
e',  al  contrario,  evidente  che  si  tratta di iniziativa estranea
all'ambito  degli interventi riguardanti il mercato, senza dire della
limitatezza   dei  mezzi  economici  impegnati  rispetto  all'estrema
vastita' dei settori aziendali interessati, della volontarieta' delle
iniziative  da parte degli imprenditori di creazione degli asili nido
aziendali,  della  stessa  diversita'  delle situazioni di necessita'
nelle  diverse aree territoriali a causa delle realizzazioni da parte
degli  enti  locali  di  asili nido anche a servizio dei genitori che
lavorano.
    Comunque,  anche  ove  si  fosse  dinanzi ad interventi incidenti
sulle   attivita'   produttive,   questa  Corte,  a  proposito  della
competenza  esclusiva statale in tema di tutela della concorrenza, di
cui  al secondo comma dell'art. 117 Cost., ha chiarito nella sentenza
n. 14  del  2004  che  spetta  allo  Stato  la competenza ad adottare
provvedimenti   idonei   «ad   incidere   sull'equilibrio   economico
generale»,   mentre   appartengono   «alla   competenza   legislativa
concorrente  o  residuale  delle  Regioni gli interventi sintonizzati
sulla  realta'  produttiva  regionale  tali  comunque  da  non creare
ostacolo  alla  libera circolazione delle persone e delle cose fra le
Regioni  e  da  non  limitare  l'esercizio  del  diritto al lavoro in
qualunque  parte  del  territorio  nazionale  (art. 120, primo comma,
Cost.)».
    Inoltre,  e'  del  tutto  estranea al secondo comma dell'art. 117
Cost.  la  trasformazione,  ipotizzata  dall'Avvocatura generale, del
potere  statale di predeterminazione normativa dei livelli essenziali
delle  prestazioni  concernenti  i diritti civili e sociali in questa
particolare  materia  in  una  loro  diretta «realizzazione» da parte
dello  Stato,  a  correzione  di  ipotetiche «discipline sbilanciate»
poste  in  essere  dalle singole Regioni. Ai sensi del nuovo Titolo V
della  seconda  parte  della  Costituzione, lo Stato dispone di altri
strumenti  per  garantire un uso corretto dei poteri regionali: a tal
fine rilevano, in particolare, proprio la eventuale predeterminazione
normativa   da   parte  dello  Stato  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni   concernenti   i   diritti  civili  e  sociali,  nonche'
l'attribuzione  al  Governo, ai sensi del secondo comma dell'art. 120
Cost.,  del  potere  di intervenire in via sostitutiva pure a «tutela
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali».
    Del    pari    non   convincenti   appaiono   le   argomentazioni
dell'Avvocatura  generale  relativamente  al  fatto che un fondo come
quello  di  cui  all'art. 91 non violerebbe l'art. 119 Cost., poiche'
sarebbe aggiuntivo rispetto alla finanza regionale e comunque sarebbe
destinato ad essere ripartito fra soggetti privati «indipendentemente
dagli  (ed  in chiave solo aggiuntiva rispetto agli) interventi (...)
disposti  secondo  le  proprie  scelte  dal  legislatore  regionale»:
anzitutto,  la  definizione dell'ampiezza della finanza regionale, in
conformita'  al nuovo Titolo V, deve essere ancora operata, ma dovra'
necessariamente  riferirsi  alla effettiva capacita' delle Regioni di
«finanziare  integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro attribuite»
(art. 119,  quarto  comma,  Cost.).  In questa valutazione occorrera'
considerare  che  le  funzioni  attribuite alle Regioni ricomprendono
pure  la  possibile  erogazione  di  contributi finanziari a soggetti
privati,  dal momento che in numerose materie di competenza regionale
le  politiche  pubbliche  consistono  appunto nella determinazione di
incentivi  economici  ai  diversi  soggetti  che  vi  operano e nella
disciplina delle modalita' per la loro erogazione.
    D'altra  parte, il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e
Regioni  di cui all'art. 117 Cost., vieta comunque che in una materia
di  competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano
interventi  finanziari  statali  seppur destinati a soggetti privati,
poiche'   cio'   equivarrebbe   a  riconoscere  allo  Stato  potesta'
legislative  e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di
riparto delle rispettive competenze.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimita'
costituzionale della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge
finanziaria  2003), sollevate dalle Regioni Emilia-Romagna, Toscana e
Veneto con i ricorsi indicati in epigrafe;
    Riuniti  i  giudizi  relativi  agli  artt. 30  e  91  della legge
27 dicembre 2002, n. 289;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 91, commi 1,
2, 3, 4 e 5, della legge n. 289 del 2002;
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30, comma 5, della
legge  n. 289 del 2002, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 30,  comma 1,  della legge n. 289 del 2002, sollevata dalle
Regioni  Toscana  ed  Emilia-Romagna, per violazione degli artt. 117,
terzo  comma,  e  119  della  Costituzione, con i ricorsi indicati in
epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 30,  comma 2,  della legge n. 289 del 2002, sollevata dalla
Regione  Emilia-Romagna,  per  violazione degli artt. 117 e 119 della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 30,  comma 15, della legge n. 289 del 2002, sollevata dalla
Regione    Emilia-Romagna,   per   violazione   dell'art. 117   della
Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 5 novembre 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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