N. 23 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 ottobre 2004
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 23 ottobre 2004 (del Tribunale di Milano) Parlamento - Immunita' parlamentari - Giudizio civile promosso dai magistrati Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo e Francesco Greco per il risarcimento dei danni a seguito di dichiarazioni rese dall'on. Vittorio Sgarbi, riportate su alcuni quotidiani - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Milano, prima sezione civile - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra opinioni espresse ed attivita' parlamentare. - Deliberazione della Camera dei deputati del 30 maggio 2000. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.47 del 1-12-2004 )
Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 12039 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 1997 vertente tra Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Francesco Greco (rappresentati e difesi dagli avv. Francesco Borasi e Giovanni Brambilla Pisoni), attori, Vittorio Sgarbi (rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Lupis, Giampaolo Cicconi e Daniele Giusto), convenuto, Societa' Europea di Edizioni S.p.A. (rappresentata e difesa dagli avv. Romano Vaccarella e Achille Saletti), convenuta, Avvenire Nuova Editoriale Italiana S.p.A. (rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Beretta e Salvatore Trifiro). Rilevato che il presente giudizio civile e' stato promosso dagli attori, tutti magistrati in Milano, per il risarcimento dei danni asseritamente subiti a causa delle dichiarazioni rese dall'on. Sgarbi e riportate sui quotidiani L'Avvenire e Il Giornale nelle date del 15, 16 e 19 luglio 1994, del seguente tenore: «Di Pietro, Colombo, Davigo e gli altri sono degli assassini che hanno fatto morire della gente ed e' giusto quindi che se ne vadano. Nessuno li rimpiangera'. Vadano anzi in chiesa a pregare per tutta quella gente che hanno fatto morire. Moroni, Gardini, Cicogna: hanno tutte queste croci sulla loro coscienza»; «... sono degli assassini»; «... vanno processati e arrestati. Sono un'associazione a delinquere con liberta' di uccidere»; Rilevato che la Camera dei deputati, nella seduta del 30 maggio 2000, ha deliberato nel senso che i fatti per i quali e' in corso il procedimento civile concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma Cost.; Ritenuto che alla deliberazione della Camera che riconosce l'applicabilita' dell'art. 68 Cost. e' coessenziale l'effetto inibitorio della prosecuzione del giudizio o dell'emissione di una pronuncia giudiziale difforme, salvo il controllo che il giudice puo' promuovere con il mezzo del conflitto di attribuzione (Corte cost., sentenze nn. 129/1996, 1150/1988); Ritenuto che nella fattispecie - da annoverare tra i casi in cui l'identificazione della linea di confine tra i comportamenti dei parlamentari garantiti ex art. 68 Cost. e quelli che non possono sfuggire al diritto comune e' piu' problematica per il contrasto che si viene a porre tra alcuni beni morali della persona (onore, reputazione, pari dignita) che e' la stessa Costituzione nei suoi principi fondamentali a qualificare inviolabili e l'insindacabilita' dell'opinione espressa dal parlamentare come momento insopprimibile della liberta' della funzione (cosi' Corte cost., sentenza 379/1996) - non sembra a questo giudice che il potere valutativo sia stato dalla Camera legittimamente esercitato a motivo dell'inesistenza nella condotta del parlamentare del necessario nesso funzionale fra le opinioni espresse e l'esercizio di funzioni parlamentari, nel senso che la garanzia prevista dall'art. 68, primo comma Cost. puo' riguardare solo quei comportamenti strettamente funzionali all'esercizio indipendente delle attribuzioni proprie del potere legislativo (cosi' Corte cost. 379/1996 citata); che in tale contesto si e' precisato che non e' sufficiente ad integrare tale nesso funzionale il semplice collegamento di argomento e di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione - in quanto le opinioni in tal modo espresse rientrerebbero nell'esercizio della liberta' di espressione comune a tutti i cittadini - ma che invece l'ambito di operativita' della prerogativa costituzionale attiene alle opinioni manifestate dal parlamentare nel corso dei lavori della Camera e dei suoi vari organi, in occasione dello svolgimento di ogni funzione svolta dalla Camera medesima, ovvero manifestate in atti, anche individuali, costituenti estrinsecazione delle facolta' proprie del parlamentare in quanto membro dell'assemblea e che detta immunita' puo' estendersi anche alla riproduzione esterna di tale opinione ove pero' essa sia sostanzialmente riproduttiva del contenuto di una dichiarazione espressa in sede parlamentare (in tal senso Corte cost. 10/2000); che nel caso di specie la stessa Giunta per le autorizzazioni a procedere nella sua relazione ha riconosciuto che le dichiarazioni in oggetto «... esulano in via assoluta dall'esercizio delle funzioni di membro del Parlamento, secondo i criteri sanciti dalle recenti sentenze della Corte costituzionale» osservando come non potesse «... certo ravvisarsi una sostanziale corrispondenza di contenuti tra il dibattito parlamentare e le dichiarazioni dell'onorevole Sgarbi, proprio per i contenuti e i toni delle medesime, che mai e in alcun modo avrebbero potuto trovare ingresso in un'aula parlamentare» (v. Atti Camera dei deputati, Doc. IV-quater n. 130); che peraltro all'esito della votazione la proposta della Giunta e' stata respinta dall'Assemblea; che, le valutazioni espresse dalla Giunta a parere di questo giudice devono essere condivise, posto che le dichiarazioni in oggetto non sono state espresse in sede parlamentare ne' costituivano alcuna forma di divulgazione delle opinioni espresse dal deputato nell'ambito di atti parlamentari tipici; che infatti dette dichiarazioni attenevano a valutazioni dell'on. Sgarbi espresse in riferimento al contenuto di un comunicato sottoscritto dagli attori che, commentando l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del c.d. decreto Biondi e i presumibili effetti di tale provvedimento sulle indagini in materia di corruzione, avevano preannunciato il loro intendimento di chiedere di essere assegnati alla trattazione di procedimenti penali di diversa natura; che tali dichiarazioni devono ritenersi pertanto certamente attinenti ad un generico contesto politico ma prive di alcun nesso funzionale con atti rientranti nel mandato parlamentare; che cio' non appare contraddetto da alcun elemento rilevabile dagli atti di causa, ne' lo stesso on. Sgarbi nelle proprie difese ha offerto alcun contributo a confutazione di tale circostanza, e pertanto sembra doversi fondatamente desumere che dette dichiarazioni, diffuse ad agenzie di stampa, devono ritenersi rese al di fuori dell'esercizio di attivita' funzionale riconducibile alla qualita' di membro della Camera dei deputati; che pertanto la cognizione in merito alla effettiva idoneita' di tali dichiarazioni ad integrare o meno l'illecito dedotto in causa, anche in forza di precetti costituzionali (art. 24, 101 e 102), dovrebbe essere riservata all'autorita' giudiziaria ordinaria; Ritenuto, pertanto, che sembra necessario a questo giudice sollevare conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, conflitto ammissibile sia sotto il profilo soggettivo - il tribunale essendo organo competente a decidere definitivamente, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali attribuite, sull'assenta illiceita' delle condotte oggetto delle doglianze dell'attore - sia sotto quello oggettivo - trattandosi qui, per un verso, della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68, primo comma Cost. e, per altro verso, della lesione di attribuzioni giurisdizionali costituzionalmente garantite (cfr. Corte cost., ordinanze nn. 269/1996 e 6/1996);
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 37, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dispone la sospensione del giudizio in corso e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e ricorre alla Corte perche': 1) dichiari che non spettava alla Camera dei deputati il potere di qualificare come insindacabili le dichiarazioni contestate all'on. Vittorio Sgarbi, in quanto esercitato al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 68, primo comma Cost.; 2) annulli la relativa deliberazione della Camera dei deputati adottata in data 30 maggio 2000. Si comunichi alle parti costituite ed alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente. Cosi' deciso in Milano, in data 12 maggio 2003. Il giudice: Marangoni Avvertenza: L'ordinanza n. 304/20004 e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - 1ª serie speciale - n. 39 del 6 ottobre 2004. 04C1226