N. 350 ORDINANZA 15 - 19 novembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  -  Opposizione  a decreto ingiuntivo - Notifica
  oltre  il  termine  determinata da caso fortuito o forza maggiore -
  Rimessione  in  termini  -  Esclusione  -  Denunciata disparita' di
  trattamento  rispetto  all'ordinanza-ingiunzione  in corso di lite,
  lesione del diritto di azione e di difesa del creditore - Manifesta
  infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., artt. 184-bis e 644.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.46 del 24-11-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 184-bis e 644
del  codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 19 maggio
2003  dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra la
FONDERIT  s.r.l.  e la ALBAURO s.r.l., iscritta al n. 44 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 9, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 luglio 2004 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza del 19 maggio 2003 (pervenuta alla
Corte  il  26 gennaio  2004),  il Tribunale di Milano - nel corso del
giudizio  di  opposizione  ad  un  decreto  ingiuntivo notificato dal
creditore richiedente oltre il termine di cui all'art. 644 del codice
di  procedura  civile  (in  forza  di  un contestato provvedimento di
rimessione  in  termini  adottato dal Presidente del Tribunale per la
dimostrata  irreperibilita'  del  fascicolo della procedura monitoria
dopo  la  registrazione  del  decreto) - ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,  questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. 184-bis  e  644  del codice di procedura
civile,   «nella   parte   in   cui   il  primo  prevede,  anche  per
interpretazione   di  diritto  vivente,  che  non  siano  oggetto  di
rimessione  in termini decadenze in cui e' incorsa la parte per causa
ad   essa   non  imputabile  che  si  siano  verificate  prima  della
instaurazione  del  processo;  e  il  secondo  nella parte in cui non
prevede  che  il  creditore  che  ottiene un decreto ingiuntivo e non
riesca a notificarlo tempestivamente per cause ad esso non imputabili
non possa ottenere un provvedimento che lo rimetta in termini ai fini
della ulteriore notificazione»;
        che il rimettente rileva come l'art. 184-bis cod. proc. civ.,
nella  sua attuale formulazione, consenta alla parte, che sia incorsa
in  decadenza  per causa ad essa non imputabile, di essere rimessa in
termini  nelle sole ipotesi in cui le parti costituite siano decadute
dal   potere   di   compiere  attivita'  difensive  nel  corso  della
trattazione  della  causa,  onde  la  rimessione  in  termini  non e'
invocabile per le «situazioni esterne» allo svolgimento del giudizio,
rispetto  alle quali vige tuttora la regola dell'improrogabilita' dei
termini  perentori  (quale  quello  dell'art. 644  cod.  proc.  civ.)
disposta dall'art. 153 cod. proc. civ;
        che il rimettente - pur consapevole che, con ordinanza n. 276
del  1989,  questa  Corte  ha  dichiarato  infondata  la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 644  cod.  proc.  civ., nella
parte  in  cui non escludeva l'inefficacia del decreto ingiuntivo ove
la notifica oltre il termine fosse stata determinata da caso fortuito
o  forza  maggiore  -  sostiene  che  la  questione  potrebbe  essere
rimeditata  a seguito della modifica del panorama normativo provocata
dall'introduzione   dell'art. 184-bis   cod.   proc.  civ.,  e  dalla
conseguente  apertura verso una clausola generale di salvaguardia del
diritto  di difesa ove accertate situazioni di fatto abbiano impedito
alla  parte  di  esercitare un potere processuale secondo l'ordinaria
diligenza;
        che,  secondo  il  rimettente, tale situazione di incertezza,
lesiva  dell'art. 24  Cost.,  puo'  essere rimossa solo attraverso un
intervento  del  Giudice  delle leggi che riconosca la prevalenza del
diritto della parte a non vedere l'esercizio di attivita' processuali
ostacolato da eventi esterni alla condotta sua o del suo difensore;
        che   inoltre  -  essendo  l'art. 184-bis  cod.  proc.  civ.,
applicabile anche alla fattispecie di cui all'art. 186-ter cod. proc.
civ.  (che  richiama  espressamente il regime dell'inefficacia di cui
all'art. 644  dello  stesso codice) - ne consegue, per il rimettente,
anche la violazione dell'art. 3 Cost., giacche' sarebbero trattate in
modo diseguale situazioni fra loro omogenee, in quanto - a differenza
del  creditore  in caso di decreto ingiuntivo emesso ante causam - il
creditore che ottiene un'ordinanza-ingiunzione e, per causa a lui non
imputabile,  non  la notifica alla parte contumace nel termine di cui
al citato art. 644, puo' invece aspirare alla rimessione in termini;
        che  il rimettente ritiene la questione rilevante, poiche' il
suo  accoglimento  legittimerebbe  la condanna del debitore opponente
anche  alle  spese del procedimento monitorio puro, qualora alla fine
del  processo  la pretesa creditoria venisse accertata, mentre il suo
rigetto  comporterebbe invece, pur in presenza di quell'accertamento,
il  diritto  del  debitore  a  non  essere  condannato alle spese del
procedimento di ingiunzione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo   -   in   rito   -   per   la  declaratoria  di
inammissibilita'  della  questione  per  difetto di motivazione sulla
rilevanza e per mancanza di ragioni ostative all'applicabilita' della
rimessione  in  termini  di cui all'art. 184-bis cod. proc. civ., e -
nel merito - per l'infondatezza della questione medesima.
    Considerato,   preliminarmente,   che   le   due   eccezioni   di
inammissibilita'  della  questione, proposte dall'Avvocatura generale
dello Stato, sono infondate;
        che, infatti, non implausibilmente il rimettente ricollega la
rilevanza nel giudizio a quo alla considerazione che egli - all'esito
del  processo  di  opposizione  ex  art. 645  del codice di procedura
civile,  relativo  alla  fondatezza  della  pretesa creditoria - deve
applicare  le  norme  censurate  al fine di ripartire tra le parti le
spese della fase monitoria;
        che,  d'altro  canto,  la questione - lungi dal risentire del
mancato  assolvimento  da  parte del rimettente dell'onere di tentare
un'interpretazione  costituzionalmente conforme delle norme impugnate
-  si  basa proprio sulla motivata impossibilita' di leggere in senso
estensivo l'art. 184-bis cod. proc. civ. (ritenuto non invocabile per
sanare  «situazioni  esterne» alla fase di trattazione della causa in
cui   la  decadenza  si  e'  verificata),  e,  quindi,  di  applicare
l'istituto  della rimessione in termini disciplinato dalla norma alla
notificazione  del  decreto  ingiuntivo  effettuata  oltre il termine
perentorio di cui all'art. 644 cod. proc. civ.;
        che,  nel merito, quanto alla dedotta violazione dell'art. 24
della  Costituzione, il rimettente e' consapevole che altra questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 644 cod. proc. civ., nella
parte  in  cui  non  esclude  l'inefficacia  del  decreto  ingiuntivo
notificato  tardivamente  per caso fortuito o forza maggiore, e' gia'
stata  ritenuta  manifestamente  infondata  dall'ordinanza  di questa
Corte  n. 276 del 1989, la quale ha escluso la lesione del diritto di
difesa,  ribadendo,  peraltro,  la  ragionevolezza  del bilanciamento
compiuto  dal  legislatore  tra  l'interesse  alla  perentorieta' dei
termini  e  quello alla salvaguardia del diritto di difesa (ordinanze
n. 97  del  1989  e  n. 855  del 1988; in tal senso, successivamente,
sentenza n. 18 del 2002 e ordinanza n. 559 del 2000);
        che la sopravvenuta nuova ipotesi di rimessione in termini di
cui  all'art. 184-bis  cod.  proc. civ., non giustifica di per se' la
«rimeditazione»  richiesta  dal  rimettente,  in quanto si risolve in
un'evidente  deroga  alla  regola  generale dell'improrogabilita' dei
termini  perentori  sancita dall'art. 153 cod. proc. civ., e pertanto
un    eventuale    ampliamento   della   deroga   sarebbe   soluzione
costituzionalmente  imposta  solo  se  l'inutile  decorso del termine
perentorio  (derivante  da  causa  non imputabile alla parte onerata)
determinasse   la   perdita   del   diritto   vantato  e  comportasse
l'impossibilita'  per  la  parte  di altrimenti agire e difendersi in
giudizio per la sua tutela (sentenza n. 120 del 1976);
        che  questa  impossibilita',  nella  specie,  non  ricorre in
quanto  il  creditore  - nell'ipotesi di tardiva notifica del decreto
ingiuntivo  - ben puo' far valere nuovamente il proprio diritto nelle
forme  ordinarie,  ovvero ricorrendo ancora al procedimento monitorio
(sia   nell'inerzia   del   debitore,   sia  dopo  che  costui  abbia
eventualmente  ottenuto, ai sensi dell'art. 188 delle disposizioni di
attuazione  del  codice  di  procedura  civile,  la  dichiarazione di
inefficacia  del  decreto  tardivamente  notificato),  ma  anche,  in
alternativa,   notificare   tardivamente   il  decreto  ed  attendere
l'eventuale  opposizione  del  debitore e, nel giudizio di cognizione
ordinaria   sulla   pretesa  creditoria  che  ne  consegue,  proporre
l'istanza di ordinanza-ingiunzione ex art. 186-ter cod. proc. civ.;
        che,  peraltro,  l'eventualita'  della  condanna  della parte
vittoriosa  nel  merito del giudizio di opposizione al rimborso delle
spese  del  procedimento  monitorio  (che il rimettente evoca al solo
scopo  di  affermare  la  rilevanza  della  questione) non incide sul
diritto  di  azione e di difesa del creditore, in quanto questa Corte
ha  ripetutamente  affermato  che  nel processo civile - unica regola
intangibile essendo l'impossibilita' di porre le spese a carico della
parte  vittoriosa  (ordinanza  n. 303 del 2002), e potendo il giudice
derogarvi  in presenza di giusti motivi - l'effettiva predisposizione
delle  difese  prescinde dalla possibilita' di conseguire l'eventuale
ripetizione delle spese di lite (sentenza n. 53 del 1998);
        che,  d'altronde,  e'  del  tutto  ragionevole (in termini di
bilanciamento  degli  interessi coinvolti) che all'attribuzione ad un
soggetto   del   vantaggio   di  ottenere  un  titolo  (eventualmente
esecutivo) al di fuori di un giudizio, si contrapponga l'onere per il
soggetto  medesimo di porre tempestivamente (e comunque in un congruo
lasso  di  tempo)  il  (presunto) debitore a conoscenza della pretesa
vantata,  per  consentirgli  di  far  valere con efficacia le proprie
difese;
        che,  quanto  alla  violazione del principio di uguaglianza -
denunciata  sotto il profilo del diverso trattamento riservato a chi,
ottenuta  l'ordinanza-ingiunzione  in  corso  di lite ex art. 186-ter
cod.  proc. civ. e non avendola notificata al convenuto contumace nei
termini   dell'art. 644  dello  stesso  codice,  puo'  aspirare  alla
rimessione in termini ai sensi dell'art. 184-bis cod. proc. civ. - e'
determinante  la  non  comparabilita'  di tali discipline, piu' volte
sottolineata  da  questa  Corte, in ragione della non omogeneita', in
termini di natura e di funzione, del provvedimento monitorio rispetto
all'ordinanza-ingiunzione  disciplinata  dall'art. 186-ter cod. proc.
civ.,  onde  essa  non  puo'  fungere  da tertium comparationis nella
prospettazione di un'asserita illegittimita' costituzionale della non
simmetrica  disciplina  applicativa,  restando comunque affidata alla
discrezionalita' del legislatore la differenziazione delle condizioni
di  accesso  alla  tutela  giurisdizionale (sentenze n. 180 del 2004,
n. 65 del 1996 e n. 295 del 1995; ordinanza n. 80 del 1998);
        che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli artt. 184-bis e 644 del codice di
procedura  civile,  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione,  dal  Tribunale  di Milano, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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