N. 932 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 2004
Ordinanza emessa il 3 giugno 2004 dal giudice di pace di Milano nel procedimento civile vertente tra Fusari Alessandro contro Prefetto di Milano Circolazione stradale - Patente di guida - Patente a punti - Decurtazione del punteggio per violazioni del codice della strada - Applicazione a carico del proprietario del veicolo che non comunichi i dati dell'effettivo trasgressore - Violazione del principio di eguaglianza - Disparita' di trattamento tra proprietari (a seconda che siano persone fisiche o giuridiche, e che siano muniti o meno di patente) - Lesione del diritto di difesa, nonche' della «parita' delle armi» e del «giusto processo» - Violazione della presunzione di innocenza e del principio della responsabilita' personale (applicabili agli illeciti depenalizzati soggetti a sanzioni non meramente pecuniarie) - Compressione della tutela giurisdizionale contro gli atti della P.A. - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 126-bis, paragrafo [recte: comma] 2, introdotto dall'art. 7 del d.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9. - Costituzione, artt. 3, 24, 27 e 113.(GU n.48 del 15-12-2004 )
IL GIUDICE DI PACE Nel ricorso ex art. 22 legge n. 689/1981 promossa da Alesandro Fusari, con l'avv. Piero Alderighi, attore opponente; Contro Prefetto di Milano, con il funzionario delegato, resistente; ha emesso la seguente ordinanza ex art. 22 legge n. 689/1981 depositato il 9 gennaio 2004, chiedeva l'annullamento del verbale di contestazione, notificatogli dalla Polizia della Strada di Milano, n. ATX0000220641, e con il quale gli veniva addebitata la assenta violazione dell'art. 142, comma ottavo del codice della strada. Il ricorrente, a conforto del ricorso, sosteneva, fra l'altro, che l'art. 126-bis n. 2 del codice della strada - ed in forza del quale, in aggiunta alla sanzione pecuniaria, gli erano stati tolti alcuni punti sulla patente - doveva ritenersi incostituzionale. Allegava al riguardo il ricorrente di non essere stato alla guida del proprio veicolo al momento dell'infrazione, accertata con autovelox e non immediatamente contestata, e di aver, cio' malgrado, subito la decurtazione dei punti sulla propria patente ai sensi del richiamato par. 2 dell'art. 126-bis del c.d.s. Si costituiva, sia pure fuori termine, il Prefetto di Milano chiedendo il rigetto della opposizione e la conferma del verbale di accertamento impugnato. Essendo il thema decidendum del presente processo incentrato sulla legittimita' costituzionale, o meno, dellart. 126-bis c.d.s. in ragione dei modi con cui detta norma sancisce la perdita dei punti sulla patente, questo giudice, deve osservare al riguardo, quanto segue. L'eccepita incostituzionalita' appare a questo giudice profilabile con riferimento agli articoli della Carta costituzionale qui di seguito indicati. 1. - Violazione dell'art. 3 che assicuri l'eguaglianza dei soggetti di fronte alla legge. A) Come e' noto, l'articolo in esame detta una diversa disciplina a seconda che il proprietario della vettura, il cui conducente risulta aver commesso una infrazione tale da dover sottrarre punti alla patente, sia una persona fisica oppure una persona giuridica. Ed infatti, nel caso di persona fisica, l'art. 126-bis commina la perdita dei punti al proprietario del veicolo ancorche' non fosse affatto alla guida dello stesso al momento dell'accertata infrazione, salvo che la stessa comunichi, entro un determinato termine, all'organo di Polizia i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Nel caso invece che il proprietario risulti una persona giuridica, la norma in esame dispone che, qualora nello stesso termine di cui sopra, il legale rappresentante non fornisca alla Polizia i medesimi dati, si applichi a suo carico la diversa sanzione di cui all'art. 180, comma 8 c.d.s. (il quale infligge una sanzione pecuniaria da Euro 343,35 ad Euro 1.376,55 a chiunque non ottemperi all'invito, rivoltogli dall'autorita', di fornire i dati richiesti). Sotto questo primo profilo e' evidente la discriminazione che la norma sancisce, fra le persone fisiche e le persone giuridiche, a fronte del medesimo comportamento (e cioe' la omessa indicazione della persona e della patente di colui che era alla guida del veicolo). B) Il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge appare inoltre violato sotto altro profilo. L'art. 126-bis par. 2 infatti discrimina i proprietari di veicoli dotati di patente da quelli che ne sono invece privi, ogni qualvolta l'infrazione sia compiuta da un soggetto diverso da loro. Ed invero detta norma sancisce automaticamente la sottrazione dei punti in danno dei proprietari muniti di patente, ancorche' non conducenti, salvo che costoro forniscano i dati sulla persona e sulla patente del conducente effettivo. Da tale sanzione sono peraltro sicuramente indenni coloro i quali, pur essendo proprietari di un veicolo, non sono muniti di patente. Ipotesi quest'ultima per nulla intrequente in quanto e' ben noto che molte persone acquistano la vettura, pur essendo prive di patente, disponendo che la stessa sia guidata da propri congiunti o da un autista all'uopo assunto. E' quindi del tutto evidente che, nel caso di infrazione al codice della strada che comporti la perdita di punti sulla patente e che venga accertata in capo a soggetto non individuato, colui il quale e' titolare di una patente risulta colpito da una sanzione afflittiva (quella della sottrazione dei punti) che viceversa risulta totalmente inapplicabile a colui il quale, pur essendo proprietario di un veicolo, e' privo di patente. 2. - Violazione dell'art. 24 che assicura il diritto inviolabile di difesa in ogni fase del procedimento. Ad avviso di questo giudice la violazione di tale norma e' ravvisabile sotto molteplici profili che qui vengono separatamente esposti ed illustrati. A) Innanzitutto l'art. 126-bis par. 2, cosi' come formulato, viola sicuramente il diritto di difesa del proprietario non alla guida del veicolo perche' lo costringe ad indicare il responsabile dell'infrazione, nonche' gli estremi della di lui patente, quale unica via per evitare la sanzione afflittiva della perdita dei punti. In tal modo il diritto di difesa e' sicuramente pregiudicato, e comunque limitato in quanto chiunque sia incolpato di un infrazione deve essere posto nella condizione di dimostrare, con ogni mezzo, di non aver violato la legge senza dover subire, a tal fine, l'unico mezzo che l'art. 126-bis individua nella indicazione del vero responsabile. B) L'art. 126-bis inoltre viola il principio della «parita' delle armi» e del «giusto processo», chiaramente affermati nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Tali principi la dottrina prevalente ritiene «costituzionalizzati», sia in base all'art. 10 della Costituzione medesima, sia in base alla piu' pregnante interpretazione del diritto di difesa che essi imprimono all'art. 24. Al riguardo vi e' da domandarsi quale «parita' delle armi» e quale «giusto processo» possa ravvisarsi nella situazione delineata dal vigente testo dell'art. 126-bis par. 2 c.d.s. atteso che con esso la pubblica amministrazione nega la pienezza di difesa tanto da attribuire al proprietario di un veicolo, quale unico mezzo a tal fine, quello di comunicare il nome e gli estremi della patente dell'effettivo autore della trasgressione (e cio', si badi bene, anche allorquando il proprietario non fosse presente al momento della commessa infrazione). C) Come noto, la maggior parte delle contravvenzioni concernenti la trasgressione del limite di velocita' viene inflitta senza la contestazione immediata in quanto il meccanismo di accertamento e' affidato all'autovelox (e non invece alla contestazione materialmente rilevata e subito comunicata dall'agente di polizia al contravventore). Tale meccanismo di accertamento e' si' ammesso dalla legge, ma soltanto in via di eccezione al principio generale, che presidia le infrazioni al codice della strada, e secondo cui l'accertamento, da effettuarsi a cura dell'agente di polizia, deve essere immediatamente contestato al presunto trasgressore. E' quindi evidente che il meccanismo accertato con autovelox, per sua natura, comprime il diritto di difesa. Tale compressione peraltro, se appare ammissibile in ordine alle pene pecuniarie, non appare invece consentito per le sanzioni di diversa natura, soprattutto se limitative della sfera di azione del soggetto, tanto che lo stesso codice della strada (art. 196, comma 1, ed art. 210 n. 4) prevede la solidarieta' passiva del conducente del proprietario del veicolo solo per le sanzioni pecuniarie, e non invece per le altre. Non appare quindi conforme al principio costituzionale dell'inviolabilita' della difesa una norma che disponga la solidarieta' passiva anche del proprietario, per pene non pecuniarie, tutte le volte in cui quest'ultimo non sia stato individuato come trasgressore. Ed infatti se la sanzione pecuniaria, in ragione della sua indole, puo' colpire, anche secondo il diritto penale, i soggetti non autori del comportamento illecito, le sanzioni di diversa natura non possono dar luogo ad una solidarieta' passiva in capo a soggetti non individuati come responsabili, cosi' come invece si verifica in danno del proprietario del veicolo in forza del ricordato art. 126-bis par. 2 del c.d.s. D) Come sopra ricordato, l'art. 126-bis impone l'obbligo di autodenuncia in tutti i casi nei quali il conducente sia anche il proprietario. Tale obbligo viene sanzionato nel senso che, in mancanza di autodenuncia, il proprietario subisce sia la sanzione della decurtazione dei punti, sia la sanzione pecuniaria. Tale normativa appare incompatibile con il diritto di difesa in quanto il meccanismo dell'art. 126-bis in luogo di prevedere che sia l'autorita' amministrativa a provare la asserita violazione della legge, dispone che sia il supposto colpevole a dimostrare che l'infrazione e' stata commessa da altri: situazione quest'ultima chiaramente incompatibile con il sistema accusatorio in quanto palesemente riplasma il sistema inquisitorio, vigente prima dell'Illuminismo, e secondo cui era l'imputato a dover dimostrare la propria innocenza. E) L'art. 126-bis in esame appare incompatibile con la inviolabilita' del diritto di difesa anche in quanto impone, onde evitare la duplice sanzione - pecuniaria e della sottrazione dei punti - una attivita' obiettivamente impossibile. Detta norma impone infatti al proprietario di comunicare i dati personali e quelli della patente del conducente. E' tuttavia evidente che il proprietario non puo' materialmente, a distanza di tempo dalla presunta infrazione, ricordare, e quindi comunicare, la persona del trasgressore. Si pensi al riguardo, a tutti i casi, tutt'altro che infrequenti, di vetture aziendali che appartengono ad una impresa individuale od ad una persona giuridica e nella quale coloro i quali si servono di dette vetture sono moltissimi dipendenti o collaboratori. In proposito si osservi che il proprietario, per lo stesso meccanismo che disciplina la comunicazione delle sanzioni accertate con autovelox, riceve notizia della asserita infrazione soltanto molti giorni dopo, con conseguente impossibilita', anche per tale ragione, di poter concretamente ricostruire la persona del conducente. Infine, ed a riprova della oggettiva impossibilita' imposta dalla norma in esame, si consideri il caso del soggetto che dia in comodato la propria vettura a quattro amici, tutti dotati di patente, per una gita e che, in occasione di quest'ultima, risulti accertato, con autovelox, la trasgressione del limite di velocita'. E' evidente che il proprietario non e' nella materiale possibilita' di conoscere, non avendo partecipato alla gita, chi fosse al volante al momento dell'infrazione, mentre, neppure gioverebbe all'accertamento del responsabile, la comunicazione da lui fatta alla Polizia di tutti i nomi degli amici ai quali diede la vettura in comodato. In altri termini, mentre qualsiasi soggetto, ancorche' imputato del piu' grave delitto, conserva il diritto di provare in ogni modo la propria innocenza, e quindi anche offrendo un attendibile «alibi», il proprietario di un veicolo, che non fosse alla guida dello stesso al momento dell'accertata infrazione, non potrebbe, alla stregua dell'art. 126-bis c.d.s., liberarsi dalla sanzione, a lui oltretutto inflitta senza prove, provando in modo plausibile, e quindi anche con un «alibi», il non compimento dell'illecito, in quanto detta norma gli consente, a tal fine, unicamente di indicare i dati personali dell'effettivo responsabile, anche se da lui non conoscibili. Lungi quindi dal consentire il diritto di difesa, cosi' come delineato dalla Carta costituzionale, l'art. 126-bis impone una attivita' sicuramente incompatibile con la Costituzione, oltre che tendenzialmente impossibile. 3. - Violazione dell'art. 27 che istituisce la presunzione di innocenza e la personale responsabilita' dell'imputato. Ritiene questo giudice di evocare, anche nella presente fattispecie, i principi costituzionali di cui all'art. 27, in quanto i fatti ora sanzionati in via amministrativa, ed ai quali si riferisce l'art. 126-bis, erano stati previsti e qualificati come reati, ancorche' contravvenzionali. Per tali fatti tuttavia sono conservate sanzioni afflittive, non pecuniarie, le quali risultano incisive della sfera di liberta' della persona. Cio' chiaramente risulta dallo stesso codice della strada il quale tuttavia, agli artt. 196 e 210 n. 4, ribadisce il principio secondo cui la responsabilita' solidale vale solo per le sanzioni pecuniarie e non per tutte le altre, fra le quali e' certamente compresa quella della sottrazione dei punti alla patente. Risulta cosi' confermato che, proprio in ragione del carattere afflittivo e ad personam, le sanzioni non pecuniarie non possono in alcun modo gravare su soggetti diversi dall'autore del comportamento illecito. Una ulteriore conferma della conservata matrice penalistica dell'intero impianto sanzionatorio ora qualificato come illecito amministrativo, emerge dal penultimo comma dell'art. 23 della legge n. 689/1981 il quale, disponendo che «il giudice accoglie l'opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilita' dell'opponente», ribadisce il principio costituzionalmente garantito, della presunzione di innocenza. Le considerazioni che precedono, valutate nel loro complesso, portano a ritenere che i principi costituzionali ispiratori del diritto penale, e racchiusi nel ricordato art. 27 della Costituzione, debbano applicarsi anche a quegli illeciti, gia' di indole penale ed ora depenalizzati, e che, tuttavia, prevedono sanzioni non pecuniarie e comunque limitative della sfera di liberta' delle persone. Premessi tali rilievi l'art 126-bis c.d.s. par. 2 viola, ad avviso di questo giudice, i principi della presunzione di innocenza e della responsabilita' personale sotto i seguenti profili. a) il dovere imposto dall'art. 126-bis c.d.s. al proprietario del veicolo di segnalare alla Polizia il nome del conducente e gli estremi della di lui patente, pena la sanzione in esso indicata, viola il principio della presunzione di innocenza soprattutto perche' risulta imposto al proprietario ogni qualvolta l'autorita' amministrativa non sia stata in grado di identificare la persona del conducente (e quindi del vero responsabile). Ed invero, mentre secondo il principio della presunzione di innocenza e della responsabilita' personale, deve essere colui che sostiene l'accusa ad offrire la prova della colpevolezza di una persona, il dettato dell'art 126-bis ribalta tale principio e sanziona, senza prove, la responsabilita' del proprietario disponendo che questi viene liberato dalla sanzione soltanto effettuando una segnalazione, che piu' spesso e' impossibile, e che comunque postula, per il suo contenuto, che sia il supposto colpevole a dover dimostrare di non essere tale. b) la norma in esame introduce inoltre il principio della responsabilita' oggettiva. Essa infatti afferma, sulla base di un postulato privo di fondamento, che il proprietario, in quanto tale e quindi ancorche' sia privo di patente, debba indicare, se intende evitare la sanzione inflittagli, la persona che effettivamente era alla guida del veicolo. L'introduzione, cosi' effettuata, del principio di una responsabilita' oggettiva, viola il principio della responsabilita' personale, vigente nel nostro ordinamento in forza del dettato costituzionale, oltre che del diritto penale (che non contempla reati se non commessi almeno per colpa). c) come dianzi ricordato, lo stesso sistema sanzionatorio, nel quale si colloca l'art. 126-bis c.d.s., prevede, in ossequio ai principi costituzionali dianzi evocati, che la solidarieta' passiva valga soltanto per le sanzioni pecuniarie. Per contro la sanzione comportante la perdita dei punti tale non e' tale e quindi non puo' essere consentito che la stessa possa venire applicata, in modo automatico e senza prove, in danno del proprietario del veicolo. Al riguardo e' appena il caso di ricordare che il titolo di proprieta' non e' affatto una prova di colpevolezza, ma, a tutto concedere, un indizio estremamente vago, mentre la sanzione della perdita dei punti e' sicuramente dotata di un carattere invasivo e limitativo della sfera di liberta' del soggetto: quest'ultimo infatti puo' venir privato, con la perdita dei punti, della liberta' di circolare alla guida del proprio veicolo e risultare cosi' impedito dall'usare un mezzo indispensabile per la propria vita lavorativa e di relazione. 4) - Violazione dell'art. 113 che disciplina i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione. Come e' noto, detta norma riconosce la piena tutela giurisdizionale dei diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione ed inibisce che tale tutela possa essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. Ritiene questo giudice che entrambi tali principi risultino violati dal paragrafo 2 dell'art. 126-bis c.d.s. Ed infatti della norma sancisce, sia la responsabilita' del proprietario, ancorche' assente al momento dell'illecito accertato, sia la necessita' della di lui comunicazione dei dati personali e della patente del conducente, quale unico mezzo per elidere le sanzioni inflitte. In tal modo detta norma limita vistosamente il diritto del proprietario, quantomeno per quella particolare categoria di atti costituita da determinate infrazioni al c.d.s. Ed invero l'obbligo di comunicare i dati anzidetti oltre a costituire un limite non costituzionalmente consentito, si profila inoltre, e per le ragioni dianzi ricordate, come una attivita' che, il piu' spesso, risulta impossibile. Osserva infine questo giudice che il presente giudizio proprio perche' incentrato sulla eccepita illegittimita' incostituzionale delle disposizioni di cui al paragrafo 2 dell'art. 126-bis c.d.s. non puo' essere definito indipendentemente dall'anzidetta questione di costituzionalita'. Detta questione inoltre non appare a questo giudice manifestamente infondata in ragione delle considerazioni esposte piu' sopra.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimita' Costituzionale dell'art. 126-bis, paragrafo 2, del codice della strada introdotto con l'art. 7, del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, per contrasto con gli artt. 3, 24, 27 e 113 della Costituzione; Ordina che gli atti del processo siano trasmessi alla Corte costituzionale e sospende il processo medesimo a mente dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle camere. Milano, addi' 1° giugno 2004 Il giudice di pace: Polastri Menni 04C1280