N. 943 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 maggio 2004
Ordinanza emessa il 7 maggio 2004 dalla Corte di appello di Brescia nel procedimento penale a carico di Gnutti Emilio ed saltro Reati e pene - Intermediazione finanziaria - Reato di abuso di informazioni privilegiate - Trattamento sanzionatorio - Previsione di una pena notevolmente superiore a quella prevista dall'analoga disposizione vigente in precedenza, contenuta nell'art. 2 della legge n. 157/1991 - Eccesso di delega. - D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 180, comma 1. - Costituzione, art. 76.(GU n.48 del 15-12-2004 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penate a carico di Gnutti Emilio e Lonati Ettore, imputati del delitto di cui all'art. 180, d.lgs. n. 58 del 1998; preso atto delle eccezioni di incostituzionalita' della norma incriminatrice e dell'art. 3 della legge delega n. 52/1996 sollevate dalla difesa degli appellanti all'odierna udienza; O s s e r v a Preliminarmente deve escludersi dal campo di indagine l'esame della pretesa incostituzionalita' dell'art. 3, legge n. 52/1996, che, in tesi, costituisce la norma sulla base della cui delega e' stata poi operata la previsione incriminatrice di cui all'art. 180 cit. In realta', come si ricava dalla lettura dell'art. 1 della legge delega, la stessa prevedeva una delega al Governo ad emanare «entro il termine di un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazioni alle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato A», allegato in cui non e' incluso il riferimento alla direttiva comunitaria in materia di insider trading, occupandosi le direttive ivi citate del riassetto di settori relativi al credito e risparmio, quali le previsioni di adeguatezza patrimoniale delle imprese creditizie e di risparmio (direttiva 93/6/CEE), il servizio di investimento nell'ambito dei valori mobiliari (direttiva 93/22/CEE), il sistema di garanzia dei depositi (direttiva 94/19/CEE), discipline volte tutte all'individuazione di regole comuni per lo svolgimento dell'attivita' che ne costituisce l'oggetto, nelle cui disposizioni non vi e' alcun riferimento alla fattispecie penale in esame. A cio' consegue che la previsione incriminatrice di cui all'art. 180 cit. non possa considerarsi emanata in applicazione della delega legislativa di cui all'art. 1 della legge n. 52 del 1996, sicche' la stessa non puo' essere esaminata sulla base dei limiti tracciati dalla disposizione dell'art. 3 della medesima legge, che espressamente circoscrive il suo ambito di applicazione «ai decreti legislativi di cui all'art. 1». La disposizione penale applicata nel concreto trova la sua fonte legittimatrice nella disposizione di cui all'art. 8 della legge n. 52/1996, che espressamente delega il Governo «ad emanare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, testi unici delle disposizioni dettate in attuazione della delega prevista dall'art. 1, coordinandovi le norme vigenti nelle stesse materie, ed apportando alle medesime le integrazioni e modificazioni necessarie al predetto coordinamento». Di conseguenza nel d.lgs. n. 58 del 1998 e' stata prevista la nuova figura del delitto di insider trading, che ha definito meglio la fattispecie gia' in precedenza delineata, integrandola alla luce dei principi comunitari che avevano successivamente inciso sul sistema del credito e risparmio. Tranciante e' in argomento il richiamo al titolo della legge «Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli artt. 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996 n. 52». E' stato poi rilevato dalle parti il contrasto della fattispecie penale, come prevista dall'art. 180 cit., con gli articoli 3 e 25 Cost. Si assume che l'individuazione della nozione di notizia privilegiata, cosi' come formulata dal legislatore, ai fini della rilevanza penale, non sia sufficientemente delineata, poiche' si richiede che la notizia abbia la possibilita' di influenzare sensibilmente il prezzo, in tal modo assegnando all'interprete l'individuazione di cio' che e' penalmente rilevante, in violazione dell'art. 25 Cost. che prevede la riserva di legge per la tipizzazione degli illeciti, e dell'art. 3 Cost. per la potenziale lesione del principio di uguaglianza, che difformi applicazioni della legge puo' produrre. L'eccezione non appare fondata, ne' in ogni caso rilevante nella specie. Sotto il primo profilo deve rilevarsi che la delimitazione della rilevanza penale alla sola notizia idonea a mutare sensibilmente il prezzo era gia' contenuta nella direttiva 89/592/CEE (di cui costituiva attuazione l'art. 2 della legge n. 157/1992, poi trasfuso nella disposizione in esame, che ne costituisce la riproposizione adeguata ai nuovi criteri), ed e' attualmente riportata nella nuova direttiva in materia del 2000/6/EC e, nella parte introduttiva della direttiva piu' recente, si e' valutata la conformita' del suo dettato ai principi della Comunita', tra i quali rientra quello di legalita' contenuto nell'art. 25 Cost. Invero il riferimento alla natura della notizia, ed alla sua idoneita' a incidere sensibilmente sul prezzo, se resa pubblica, riguarda esclusivamente le condizioni obiettive di punibilita', individuando il momento a partire dal quale, ferma restando l'illegittimita' del comportamento realizzato, e' ritenuto opportuno l'intervento penale. Tale tecnica legislativa e' stata attuata nei piu' vari settori, ed ha superato, con gli argomenti richiamati, il vaglio di costituzionalita'. 1) Si deve inoltre osservare che il riferimento alla natura sensibile della notizia da un canto delimita, in maniera favorevole per l'agente, una soglia di non punibilita', dall'altro, data la struttura della materia alla quale la disciplina legislativa si applica, non e' evitabile con il riferimento a parametri fissi, in ragione dell'estrema variabilita' strutturale del dato, la cui valutazione va necessariamente agganciata agli elementi spazio temporali nei quali l'azione si svolge, e non tollera quindi definizioni quantitative preventive, come osservato dalla dottrina. Si osserva inoltre che anche dal punto di vista linguistico il termine sensibilmente non puo' che riferirsi ad una entita' idonea ad essere percepita, e tale significato restringe notevolmente l'ambito di irrilevanza penale della fattispecie e di discrezionalita' dell'interprete, in maniera sicuramente maggiore di quanto non avviene per altri concetti generici (quali ad esempio la modica quantita' o la lieve entita' prevista per la detenzione di sostanze stupefacenti), ritenuti pienamente legittimi al dettato costituzionale. Per completezza si aggiunge che la questione sollevata non appare comunque rilevante nel concreto, poiche' nel caso di specie la sensibilita' delle notizie riservate delle quali, in tesi di accusa, si sarebbe avvalso Lonati, e' dimostrata in concreto dall'intervenuta sospensione delle contrattazioni, immediatamente prima della diffusione delle stesse. Le eccezioni sollevate dalle difese, sia perche' incentrate sulla illegittimita' dell'art. 3 legge n. 752/1996, che, per quanto detto, e' inapplicabile nella specie, sia per i motivi di merito sopra indicati, devono essere respinte. Esaurito l'esame delle eccezioni sollevate dalle difese, deve porsi, di ufficio, la valutazione del rispetto dei limiti della delega nella configurazione del nuovo reato di cui all'art. 180, cioe' se gli aggiustamenti apportati alla normativa, rientrino nelle modificazioni ed integrazioni necessarie al coordinamento con le nuove disposizioni, di cui all'art. 8, che si sopra e' ritenuto fonte delegante. Il raffronto tra vecchia e nuova fattispecie consente di risolvere positivamente il quesito della costituzionalita' della norma, sotto questo specifico profilo. Infatti il legislatore delegato risulta aver attuato proprio un aggiustamento della disposizione penale previgente, finalizzata al coordinamento con le nuove discipline. Si e' provveduto ad una definizione della fattispecie, con riferimento all'oggetto degli scambi, che dalla dizione generica di valori mobiliari, e' passata a comprendere, in linea con la terminologia delle direttive in materia, gli strumenti finanziari. Si e' poi circoscritto maggiormente il concetto di informazione riservata, disegnando specificamente quello di informazione privilegiata, generalizzando il riferimento all'idoneita' della stessa ad influenzare sensibilmente il prezzo, previsione che era prima limitata all'ipotesi, piu' grave, prevista per il reato proprio - degli azionisti di controllo, degli amministratori, liquidatori direttori generali, dirigenti o sindaci della societa' - commesso dopo la convocazione dell'organo deliberativo e prima che la deliberazione venisse resa pubblica, e che adesso risulta esteso a tutti, riducendo quindi l'ambito di incriminazione. Il raffronto tra le due fattispecie impone pero' di sollevare il rilievo di incostituzionalita' della nuova disciplina, nella sua previsione sanzionatoria, per violazione dell'art. 76 Cost. poiche' mentre l'art. 8 autorizza le integrazioni e modificazioni necessarie al coordinamento, tra queste non sembra possibile inquadrare la parificazione delle sanzioni penali prima previste dall'art. 2, legge n. 157/1991 per le due fattispecie in esso delineate, e quindi il loro complessivo aggravamento. Invero nella disposizione di cui all'art. 2 cit. era prevista la punizione per il reato base con la pena della reclusione fino ad un anno e della multa da dieci a trecento milioni. Il raddoppio della sanzione era consentito solo per il reato proprio, prima richiamato. Se l'unificazione della fattispecie incriminatrice puo' avere una finalita' di coordinamento con la nuova disciplina, e quindi rientrare nell'ambito della delega conferita, non altrettanto sembra potersi concludere per quel che riguarda l'unificazione del trattamento sanzionatorio all'ipotesi che prima era considerata piu' grave, significativamente scomparsa nella nuova disposizione. La scelta normativa, non solo non sembra discendere da alcuna necessita' di coordinamento con le disposizioni sopraggiunte, ma non e' imposta neppure dall'applicazione di direttive comunitarie in proposito, che si limitavano a richiedere l'applicazione di sanzioni «sufficientemente dissuasive»2). Inoltre, nel senso di escludere la previsione di qualsiasi aggravamento sembra muovere la disposizione di cui all'art. 21 della legge n. 52/1996, richiamata nel titolo del T.U., ove si prevede che, «In sede di riordinamento ... cui si provvedera' ai sensi dell'art. 8, le sanzioni amministrative e penali potranno essere coordinate con quelle gia' comminate da leggi vigenti in materia bancaria e creditizia, per violazioni che siano omogenee e di pari offensivita». E' ben possibile che in fatto si sia ritenuta, in relazione alla pericolosita' dei comportamenti, la necessita' di adeguare il trattamento sanzionatorio alla rinnovata sensibilita' per tali violazioni, ma questa valutazione non poteva essere operata dal Governo, in assenza di una espressa delega, ma doveva essere rimessa alla valutazione del Parlamento. Ne' risulta, dalle stesse deduzioni della CONSOB, che cio' sia stato fatto per la necessita' di revisione organica della previsione penale in materia, poiche' da un canto tale valutazione sconta inevitabilmente un alto tasso di aleatorieta', dall'altro l'unica traccia che in argomento e' dato rinvenire negli atti delle commissioni della Camera, cui era stato richiesto il parere, prodotti dall'intervenuta CONSOB, richiama, in senso contrario, la necessita' che le sanzioni siano mantenute nell'ambito di quanto previsto dalla delega, il che sembra muovere in senso inverso rispetto alle prospettive di aggravamento della sanzione. Si ritiene di conseguenza che la disposizione in esame, nella parte in cui ha determinato la pena in misura notevolmente superiore rispetto a quanto previsto dall'omologa disposizione, vigente in precedenza, contenuta nell'art. 2 n. 157/1991, non si sottrae al rilievo di incostituzionalita', per contrasto con l'art. 76 Cost., esulando l'inasprimento della sanzione dalle prescrizioni contenute nella legge delega. Si osserva che le richiamate questioni assumono rilievo specifico nel procedimento de quo, atteso che il primo giudice ha quantificato la pena nel massimo di quella prevista dalla vecchia disposizione di legge. Di conseguenza si ritiene che la questione, non manifestamente infondata, debba essere sollevata di ufficio, non potendo definirsi il procedimento in corso indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalita' prospettata.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge n. 87 del 1953, Dichiara rilevante ai fini della definizione del giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale relativa al contrasto dell'art. 180, comma 1, d.lgs. n. 58 del 1998 con l'art. 76 Cost. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e manda alla cancelleria per la notifica dell'ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Sospende il giudizio in corso. Brescia, addi' 4 maggio 2004 Il Presidente: Lapalorcia Il consigliere estensore: Petruzzellis ---- 1) 1) Negli esatti termini Corte cost. sent. n. 247 del 1989 che, esaminando la costituzionalita' dell'inciso contenuto nell'art. 4, comma 1, n. 7, legge n. 516/1982, «altera in misura rilevante» ha osservato «anche quando s'accetti la configurazione della fattispecie tipica in discussione quale delitto con evento (di pericolo) quest'ultimo non puo' che consistere nell'alterazione (del risultato della dichiarazione) prevista dalla fattispecie stessa. La misura rilevante di tale alterazione non potrebbe, dunque, se mai, che costituire modalita' realizzativa dell'evento e cioe' indicazione quantitativa dell'evento stesso: e non risulta che, per il rispetto degli artt. 3, primo comma e 25, secondo comma, Cost., tutte le modalita' quantitative dell'evento debbano esser legislativamente determinate allo stesso modo e per gli stessi fini degli elementi costitutivi del reato.». 2) Direttiva 89/592/CEE, in attuazione della quale peraltro, era stata gia' emanata la disposizione incriminatrice previgente. 04C1289