N. 961 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 agosto 2004
Ordinanza del 9 afosto 2004 emessa dal Tribunale di L'Aquila sulle istanze riunite di fallimento proposte da Daicom s.a. ed altre nei confronti di P. F. Notificazioni e comunicazioni (in materia civile) - Notificazione di atti giudiziari a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti - Adempimenti dell'ufficiale giudiziario - Deposito di copia dell'atto presso la casa comunale - Necessita' che sia effettuato in busta chiusa e sigillata - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto ad altre fattispecie di notificazione (le cui modalita' sono state adeguate all'esigenza di protezione dei dati personali) - Lesione del diritto alla riservatezza. - Cod. proc. civ., art. 143, comma primo. - Costituzione, art. 3 (in relazione agli artt. 137, 139, comma quarto, e 140 cod. proc. civ., come rispettivamente modificati dai commi 1, 3 e 4 dell'art. 174, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, ed all'art. 14, comma quarto, della legge 24 novembre 1981, n. 689). Notificazioni e comunicazioni (in materia civile) - Notificazione di atti giudiziari a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti - Adempimenti dell'ufficiale giudiziario - Affissione di altra copia dell'atto nell'albo dell'ufficio giudiziario innanzi al quale si procede - Soppressione pura e semplice di tale obbligo da parte della normativa sulla protezione dei dati personali - Violazione del diritto di difesa (non sussistendo possibilita' per il destinatario di venire a conoscenza dell'atto notificato). - D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 174, comma 6 (nella parte in cui ha eliminato l'ultimo inciso del comma primo dell'art. 143 cod. proc. civ.). - Costituzione, art. 24, comma secondo.(GU n.48 del 15-12-2004 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Viste le istanze di fallimento presentate nei confronti di F. P.; Disposta la comparizione personale del fallendo ai sensi dell'art. 15 l.f. innanzi al giudice incaricato con decreto in data 7 aprile 2004 del Presidente del tribunale e, quanto al procedimento iscritto al n. 41 del registro delle istanze di fallimento, con decreto in data 28 maggio 2004; Esaminata la documentazione in atti; Ritenuta la propria competenza; Udita la relazione del dott. Mario Montanaro; Rilevato Con istanza depositata in data 6 aprile 2004 la «Daicom s.a.», rappresentata dall'avv. Carlo Flacco del Foro di Chieti, ha chiesto che questo tribunale dichiari il fallimento di F. P., imprenditore, essendo rimaste insoddisfatte le proprie ragioni creditorie e dovendo desumersi l'insolvenza di cui all'art. 5 l.f. anche dallo stato di irreperibilita' del fallendo. Con decreto del giudice incaricato in data 22 aprile 2004 e' stata disposta la riunione alla suddetta istanza di quella presentata in data 21 aprile 2004 dalla «Cartiera Lucchese S.p.a.», rappresentata dall'avv. Enrico Lattanzi del Foro di Lucca e dall'avv. Francesco Bafile del Foro di L'Aquila. Disposta la comparizione personale del fallendo per il 28 giugno 2004 e disposta la comunicazione di entrambe le istanze a cura di ciascun creditore istante, all'esito dell'udienza in camera di consiglio il giudice incaricato ha dichiarato la nullita' della notificazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c. di entrambe le istanze riunite, poiche' in ciascuna relazione di notificazione l'ufficiale giudiziario non ha indicato le ricerche svolte, e ha disposto, quindi, la rinnovazione delle stesse, fissando nuovamente per la comparizione personale del fallendo l'udienza in camera di consiglio del 26 luglio 2004. Verificata la ritualita' della notificazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c. alla luce della disciplina in vigore, nonche' disposta la riunione alle suddette istanze di quella della «Fiam Andreoni & C. S.r.l.», rappresentata dall'avv. P. Mario Tigano del Foro di Ancona e dall'avv. Fausto Corti del Foro di L'Aquila, fissata per la medesima udienza, ed in relazione alla quale nessuno e' comparso, il giudice incaricato ha riservato di riferire al collegio in camera di consiglio. Ritenuto 1. - La materia della tutela dei dati personali e' stata oggetto di normazione nel nostro ordinamento solo di recente con la legge 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali). Contemporaneamente il legislatore ha delegato il Governo, con la legge 31 dicembre 1996, n. 676 (Delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali), ad emanare una serie di decreti legislativi che vi dessero attuazione. La data di scadenza per l'esercizio di tale delega ha subito una serie di proroghe, l'ultima con la legge 24 marzo 2001, n. 127 (Differimento del termine per l'esercizio della delega prevista dalla legge 31 dicembre 1996, n. 676 in materia di trattamento dei dati personali), il cui art. 1, comma 4, inoltre, recependo un'esigenza di semplificazione di un corpo normativo ormai stratificatosi in norme di diverso rango (nove decreti legislativi e due d.p.r.), ha previsto altresi' che «il Governo [...] emana [...] un testo unico delle disposizioni in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali e delle disposizioni connesse, coordinandovi le norme vigenti ed apportando alle medesime le integrazioni e modificazioni necessarie al predetto coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione» entro il 31 dicembre 2002, termine successivamente prorogato al 30 giugno 2002 dall'art. 26 della legge 3 febbraio 2003, n. 14 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria 2002). La disciplina delle notificazioni e comunicazioni giudiziarie, su cui non ha inciso la legge n. 675 del 1996, si e' rilevata non compatibile con la tutela della riservatezza dei dati personali. Con la nota in data 22 ottobre 1998 (in Bollettino, 1998, n. 6, p. 13 e segg.) il Garante per la protezione dei dati personali, traendo spunto da alcune segnalazioni, ha infatti affermato che l'assetto normativo delle notificazioni e comunicazioni giudiziarie era inadeguato a garantire pienamente la riservatezza, e con essa anche la dignita', dei cittadini, esponendo gli stessi ad interferenze nella loro vita privata. Individuando nell'art. 1, comma 1, lett. i) della legge n. 676 del 1996 - e quindi nella legge 6 ottobre 1998, n. 344, che ha prorogato il termine per l'esercizio della delega - il fondamento normativo legittimante «l'emanazione per decreto delegato di alcune norme integrative che dovrebbero armonizzare la complessa disciplina dell'attivita' degli uffici giudiziari con la nuova normativa in materia di protezione di dati personali», ha cosi' chiesto (nuovamente) al(l'allora) Ministero di grazia e giustizia di modificarne la disciplina, prevedendo specificamente che le notificazioni e le comunicazioni di atti personali avvenissero in busta o plico chiuso, quando non effettuate direttamente a mani del destinatario o di una persona da lui eventualmente indicata, sollecitando che nel frattempo vi fosse un maggiore ricorso alle notificazioni a mezzo posta, proprio perche' la busta chiusa contenente l'atto da notificare a mezzo posta reca un numero circoscritto di indicazioni. Con il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) il Governo ha dato attuazione alla delega conferita dal suddetto art. 1 della legge n. 127 del 2001 per l'emanazione di un testo unico in materia di trattamento dei dati personali. In particolare, con l'art. 174 di detto decreto e' stata modificata la disciplina dettata dal codice di procedura civile in materia di notificazioni, cercando di attuare un bilanciamento tra pubblicita' e certezza degli atti giudiziari, da un lato, e il diritto degli interessati a non subire un'indebita divulgazione dei propri dati personali, quali quelli relativi alle «pendenze processuali civili», dall'altro, intendendo cosi' recepire le osservazioni svolte dal Garante nella suddetta analisi con cui si sollecitava l'intervento del legislatore delegato. Nel modificare la disciplina dettata dal codice di procedura civile in ordine alla notificazione e comunicazione di atti giudiziari, esercitando cosi' il potere di conformare la legislazione vigente conferito dal citato art. 1, comma 4, della legge n. 127 del 2001, il legislatore delegato del 2003 ha inciso anche la disciplina dell'art. 143 c.p.c., che viene in rilievo nel caso all'esame di questo Tribunale. Nell'ipotesi in cui sia ignoto il luogo dove possa essere eseguita la consegna dell'atto, quale appunto la fattispecie disciplinata dalla suddetta disposizione del codice di rito, si determina ab initio, in mancanza anche di un procuratore nominato ex art. 77 c.p.c., il venir meno della possibilita' di individuare un qualsiasi consegnatario, il che impone al notificante di ricorrere a quelli che la dottrina indica come «consegnatari ex lege»: la casa comunale del luogo dell'ultima residenza o, se questa e' ignota, del luogo di nascita o, se anche questa e' ignota, l'ufficio del pubblico ministero. La disposizione in vigore fino al 1° gennaio 2004 - ossia prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 196 del 2003 (art. 186) - prevedeva, poi, che in ogni caso una copia dovesse essere affissa all'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede, ma tale ultimo adempimento e' stato eliminato a seguito della modifica operata dall'art. 174, comma 6, del suddetto decreto all'art. 143 c.p.c. all'evidente fine di garantire la tutela della riservatezza dei dati personali del destinatario dell'atto. 2. - Nel disegnare un sistema delle notificazioni e delle comunicazioni che intende garantire la riservatezza dei dati personali del destinatario di notificazioni e comunicazioni giudiziarie, prevedendo che, nelle forme in cui il contenuto dell'atto possa venire a conoscenza di soggetti diversi rispetto al destinatario, lo stesso venga contenuto in busta chiusa e sigillata, e cosi' recependo le indicazioni contenute nella suddetta nota del Garante del 22 ottobre 1998, il legislatore delegato del 2003 non ha, pero', modificato la disciplina del deposito di copia dell'atto presso la casa comunale. In particolare: l'art. 137 c.p.c., cosi' come modificato dall'art. 174, comma 1, del d.lgs. n. 196 del 2003, dispone che «Se la notificazione non puo' essere eeguita a mani del destinatario, [...] l'ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto stesso»; l'art. 139, comma 4, c.p.c., a seguito della modifica operata dal comma 3 del suddetto art. 174, non prevede piu' che la sottoscrizione da parte del portiere o del vicino debba essere apposta su «l'originale» dell'atto da notificare, ma su di «una ricevuta», proprio in relazione a quanto disposto dal nuovo testo dell'art. 137; l'art. 140 c.p.c. prevede, a seguito della modifica operata dal comma 4 dell'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003, che l'affissione «alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario» dell'avviso del deposito presso la casa comunale venga effettuata «in busta chiusa e sigillata»; la disposizione dell'art. 14, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche a sistema penale), e successive modificazioni ed integrazioni, che dispone l'osservanza delle modalita' previste dall'art. 137 c.p.c. «Quando la notificazione non puo' essere eseguita in mani proprie del destinatario». Nella fattispecie di cui all'art. 143, comma 1, c.p.c. (cosi' come, in verita', anche nella fattispecie di cui all'art. 140 c.p.c.), invece, il testo unico non ha ritenuto, nel modificare la disciplina in vigore, di dover prevedere che anche le copie da depositare presso la casa comunale debbano essere chiuse in una busta sigillata, come peraltro aveva suggerito - seppure con riferimento all'art. 140 c.p.c., che parimenti detto adempimento prevede - il Garante nella piu' volte menzionata analisi del 22 ottobre 1998, rilevando che «non vi e' ragione di renderle accessibili a chiunque ne', tantomeno, di sottoporle all'esame del sindaco». Ad avviso di questo Giudicante, nell'ambito di un sistema processuale ridisegnato dal legislatore perseguendo l'obiettivo di tutelare il diritto del destinatario alla riservatezza dei dati personali e, in particolare, realizzando cio' mediante l'inserimento in busta chiusa delle copie degli atti consegnati a persone diverse dal destinatario, il comma 1 dell'art. 143 c.p.c., non prevedendo tale modalita' in relazione all'adempimento del deposito di copia dell'atto presso la casa comunale, sebbene anche il suddetto adempimento determini l'ostensione del contenuto dell'atto a chiunque ne venga in contatto, si pone in contrasto con la norma parametro dell'art. 3 della Costituzione. La fattispecie in esame, ossia quella di persona di cui non siano conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio, e non vi sia un procuratore ai sensi dell'art. 77 c.p.c., ed in cui copia dell'atto da notificare deve essere depositata presso la casa comunale, infatti, subisce un trattamento deteriore rispetto ad altre in cui, invece, il legislatore ha garantito, mediante l'inserimento in busta chiusa e sigillata, la tutela del diritto alla riservatezza del destinatario. Conseguentemente, la persona di cui non siano conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio, e non vi sia un procuratore ai sensi dell'art. 77 c.p.c., laddove divenga destinataria di una notificazione o di una comunicazione giudiziaria, pur essendo titolare, al pari di tutte le altre tipologie di destinatari, del diritto alla riservatezza dei propri dati personali (riconosciuto dall'art. 1 del d.lgs. n. 196 del 2003, ma gia' ritenuto esistente nel nostro ordinamento: cfr. Cass. civ., Sez. III, 9 giugno 1998, n. 5658), e' sottoposto ad una disciplina che determina invece una lesione di tale diritto. Orbene, la rilevata non omogeneita' di trattamento del diritto alla riservatezza nelle varie fattispecie di notificazione disciplinate si atteggia a vera e propria disparita' di trattamento: la situazione giuridica soggettiva tutelata e' la medesima, ma cio' nonostante nelle ipotesi in cui il procedimento notificatorio preveda il deposito presso la casa comunale, come appunto nella fattispecie in esame di cui al comma 1 dell'art. 143 c.p.c., il contenuto dell'atto diviene ostensibile a soggetti diversi dal destinatario, peraltro ad un numero di soggetti che e' tendenzialmente (o solo potenzialmente) maggiore rispetto ad altre fattispecie, quale, ad esempio, la consegna al coniuge o ad un familiare convivente ovvero ancora al portiere. Ne' puo' ritenersi che, venendo l'atto da notificare o comunicare necessariamente a conoscenza dell'ufficiale giudiziario nella forma ordinaria di effettuazione di detto adempimento, la conoscenza anche solo da parte del sindaco o del funzionario comunale si giustifichi in considerazione della natura pubblica di tale soggetto, assimilabile pertanto a quella dell'ufficiale giudiziario, cosi' al contempo elidendo le esigenze di tutela della riservatezza. Se la conoscenza dell'atto da parte dell'ufficiale giudiziario si pone in relazione di necessita' con l'effettuazione della notificazione stessa, che - come espressamente previsto dall'art. 137 c.p.c. - e' appunto atto dell'ufficiale giudiziario ove sia effettuata con le forme di cui agli artt. 137-149 c.p.c., la conoscenza del contenuto dell'atto da parte di tutti gli altri soggetti che pure si inseriscono nel procedimento notificatorio come consegnatari dello stesso, invece, non e' funzionale all'adempimento processuale in parola. A cio' si aggiunga che il diritto alla riservatezza dei dati personali e' tutelato non solo nei confronti dei soggetti privati, ma anche di quelli pubblici. Ed e' appena il caso di rilevare che, laddove la notificazione degli atti giudiziari avvenga nelle forme speciali previste e disciplinate dalla legge (si vedano la legge 21 gennaio 1994, n. 53 e la legge 7 giugno 1993, n. 183, ma da ultima anche la previsione dell'art. 2, comma 1, lett. b) e dell'art. 4, comma 1, ultimo periodo, del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), i soggetti che vengono a conoscenza dell'atto, da un lato sono soggetti notificatori, proprio come l'ufficiale giudiziario, sicche' la conoscenza dell'atto da parte degli stessi e' necessitata, dall'altro si tratta comunque di soggetti per i quali la conoscenza e' funzionale all'esercizio del diritto di difesa delle parti, prevedendo il nostro ordinamento (a parte la limitata eccezione di cui all'art. 82, comma 1, c.p.c.) la regola dell'obbligatorieta' della difesa tecnica in giudizio. Conseguentemente, il Collegio ritiene che, proprio a seguito della modificazione delle disposizioni in materia di comunicazioni e notificazioni operata dall'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003, sia non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 143, comma 1, c.p.c. in relazione all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che la copia dell'atto che viene depositata presso la casa comunale dell'ultima residenza o, se questa e' ignota, del luogo di nascita, debba essere chiusa in plico o busta sigillato. 3. - Ad avviso di questo Giudicante, pero', deve ritenersi non conforme al dettato costituzionale anche l'art. 174, comma 6, del d.lgs. n. 196 del 2003 nella parte in cui ha eliminato l'adempimento dell'affissione di copia dell'atto da notificare a persona irreperibile all'albo dell'ufficio giudiziario presso cui si procede, in particolare vendendo la stessa a porsi in contrasto con il comma secondo dell'art. 24 Cost., secondo cui «La difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento», vera e propria norma cardine del sistema della tutela giurisdizionale. Non ignora questo Giudicante che le modalita' di notificazione previste dall'art. 143 c.p.c., tra cui quella all'esame di questo tribunale, non garantiscono che il destinatario venga effettivamente a conoscenza dell'atto notificato. «Cio', peraltro, si giustifica nell'ambito del contemperamento del diritto di azione e di difesa. Non si puo' bloccare la richiesta di tutela di una parte per il fatto che la controparte se ne e' andata senza lasciare il recapito». Come ha avuto modo di sottolineare la migliore dottrina, infatti, «La notificazione e' un[o] [...] di quegli istituti, rispetto ai quali possono entrare in contrasto il diritto di azione e quello di difesa: se si volesse garantire sempre e comunque la conoscenza dell'atto da parte del destinatario, si potrebbe pregiudicare il diritto di azione. Peraltro, e correlativamente, la possibilita' di notificazioni «formali», effettuate con il compimento di attivita' che non garantiscono l'effettiva conoscenza dell'atto da parte del destinatario, deve essere ristretta nei limiti indispensabili, cioe' proprio quando non se ne puo' fare a meno». Orbene, non vi sono dubbi che quella del soggetto di residenza, domicilio e dimora sconosciuti sia senz'altro una di tali ipotesi «patologiche» in cui si rende necessario il ricorso a notificazioni «formali», ma proprio in considerazione della necessita' di conseguire il contemperamento di due diritti entrambi costituzionalmente tutelati, anche laddove il destinatario dell'atto versi nelle condizioni descritte dalla disposizione in esame, tale bilanciamento deve avvenire in modo che le formalita' previste dal legislatore siano tali da mettere, seppure in astratto, il destinatario in condizione di entrare in possesso del documento a lui destinato (cfr. Cass. civ., Sez. I, 25 giugno 1979, n. 3527). Sennonche', a differenza del sistema disegnato dal legislatore del 1940, quello conseguente all'eliminazione da parte dell'art. 174, comma 6, del d.lgs. n. 196 del 2003 dell'ultimo inciso del comma 1 dell'art. 143 c.p.c. determina un procedimento che non consente, neanche formalmente, che il destinatario dell'atto possa venire a conoscenza dello stesso, e cosi' facendo elide del tutto il diritto di difesa del soggetto notificato, anziche' cercare di attuare il necessario contemperamento tra lo stesso e il diritto di azione della controparte. E cosi' facendo si pone in insanabile contrasto con la disciplina di cui all'art. 24, comma secondo, della Costituzione. Nel sistema del codice di rito del 1940, infatti, il deposito presso la casa comunale dell'atto notificato si accompagna sempre ad altro adempimento dell'ufficiale notificante finalizzato a portare a conoscenza del notificato l'avvenuto deposito, e quindi alla possibilita' per lo stesso di venire a conoscenza dell'atto notificato. In tal senso, si veda la disposizione dell'art. 140 c.p.c., in cui dell'avvenuto deposito di copia dell'atto presso la casa comunale «gliene da' notizia con raccomandata con avviso di ricevimento», nonche' mediante affissione dell'«avviso del deposito alla porta della abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario». La giurisprudenza formatasi in relazione al testo antevigente dell'art. 143 c.p.c., del resto, riteneva, ai fini del perfezionamento della notificazione, il compimento di entrambe le formalita' indicate dal comma 1 dell'art. 143 c.p.c., e cioe' sia il deposito dell'atto presso la casa comunale che della sua affissione nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede (cfr. Cass. civ., Sez. II, 10 dicembre 1974, n. 4158), a pena dell'inesistenza della notificazione stessa (cfr. Cass. civ., Sez. I, 25 giugno 1979, n. 3527). Conseguentemente, l'eliminazione sic et simpliciter dell'affissione di copia presso l'albo dell'ufficio giudiziario presso cui si procede, se garantisce la tutela della riservatezza dei dati personali del destinatario dell'atto, finisce, pero', nell'economia complessiva della fattispecie di cui all'art. 143 c.p.c., per rendere non conoscibile l'atto stesso, seppure in via «formale», al destinatario, poiche' viene eliminato l'unico modo tramite il quale il destinatario possa venire a conoscenza dell'avvenuto deposito presso la casa comunale. E' opportuno sottolineare - anche con riferimento all'ammissibilita' della questione - come la censura di incostituzionalita' del comma 6 dell'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003 ravvisata da questo Giudicante non sia volta ad ottenere un bilanciamento di interessi, in tesi, piu' opportuno di quello realizzato dalla norma denunciata, e cosi' facendo risolvendosi nella denuncia di un vizio di merito attinente all'esercizio della discrezionalita' legislativa, come tale non sindacabile dalla Corte costituzionale (cfr. Corte cost., ord. 23 maggio 1995, n. 188), quanto piuttosto a denunciare la completa elisione del diritto di difesa del destinatario della notificazione al fine di conseguire la tutela alla riservatezza dei dati personali dello stesso. Deve anche rilevarsi che il comma 1 dell'art. 143 c.p.c. si limita a disporre la «notificazione mediante deposito presso la casa comunale», laddove nella fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 143 c.p.c., ossia nell'ipotesi in cui «non sono noti ne' il luogo dell'ultima residenza ne' quello di nascita», si prevede che «l'ufficiale giudiziario consegna una copia dell'atto al pubblico ministero». Autorevole dottrina ha cosi' ritenuto, esclusivamente in relazione a detta ultima fattispecie, che il consegnatario ex lege debba «disporre ulteriori ricerche per far recapitare ugualmente la copia al destinatario». Adempimento che non puo' certo ritenersi sussistere nell'ipotesi di cui al primo comma dell'art. 143 c.p.c.: infatti, il legislatore distingue, anche linguisticamente, tale fattispecie - che viene in rilievo innanzi a questo tribunale - da quella del comma seguente, riservando solo all'Ufficio del pubblico ministero la qualifica di vero e proprio consegnatario ex lege, mentre in caso di deposito presso la casa comunale si tratterebbe di mero «deposito» dell'atto, parimenti a quanto accade nella fattispecie di cui all'art. 140 c.p.c., senza cioe' che sussista un obbligo (e non a caso si fa riferimento alla casa comunale, e non al sindaco) di ricercare il destinatario al fine di consegnare l'atto. A ben vedere, anche la previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 143 c.p.c., per cui la notificazione in questa ipotesi «si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le modalita' prescritte», e' dettata proprio a tutela del diritto di difesa del destinatario che abbia residenza sconosciuta, concedendogli, proprio in considerazione della situazione particolarmente sfavorevole in cui puo' venire a conoscenza dell'atto con notevole ritardo, un margine di tempo maggiore per provvedere agli adempimenti processuali. Sennonche', nell'attuale sistema della notificazione ai sensi del comma 1 dell'art. 143 c.p.c., risultante a seguito della modifica legislativa operata dall'art. 174, comma 6, c.p.c., anche tale proroga di venti giorni degli effetti sostanziali e processuali, limitatamente al notificato, diviene priva di senso, poiche' in mancanza dell'affissione presso l'ufficio giudiziario innanzi al quale si proceda, il destinatario non potrebbe avere conoscenza in ogni caso dell'avvenuto deposito presso la casa comunale del luogo dell'ultima residenza o, se questa e' ignota, del luogo di nascita, di copia dell'atto. Pur essendo consapevole il Collegio che le modalita' di realizzazione della tutela del diritto alla riservatezza dei dati personali nel sistema della notificazione degli atti giudiziari rientri nella discrezionalita' del legislatore, e come esuli dalla competenza del giudice delle leggi «ogni valutazione di natura politica ed ogni sindacato dell'uso del potere discrezionale» del legislatore, non puo' non rilevarsi - al fine di escludere che la scelta legislativa di eliminazione dell'adempimento dell'affissione all'albo dell'ufficio giudiziario innanzi al quale si procede costituisca una modalita' di bilanciamento dei diritti in gioco (ovvero l'unica modalita' possibile) - come anche in tale ipotesi la tutela della riservatezza possa essere realizzata non necessariamente mediante l'eliminazione di detto adempimento. Se questo, infatti, cosi' come strutturato dal legislatore del codice di rito, senz'altro determina un'indebita divulgazione di dati personali dei destinatari dell'atto, anche di dati che potrebbero essere sensibili, il legislatore, pero', ben avrebbe potuto prevedere che anche tale affissione venisse effettuata con modalita' tali che, pur garantendo la conoscenza in capo al notificato della pendenza di un procedimento civile presso l'ufficio giudiziario medesimo e l'avvenuto deposito di copia dell'atto presso la casa comunale del luogo dell'ultima residenza nota ovvero del luogo di nascita, non determinasse di per se' la conoscenza terzi del contenuto dell'atto: ad esempio, come nell'affissione «alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario» di cui all'art. 140 c.p.c., anche l'affissione presso l'albo dell'ufficio giudiziario innanzi al quale si procede potrebbe essere effettuato «in busta chiusa e sigillata». In conclusione, questo tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 174, comma 6, del d.lgs. n. 196 del 2003 nella parte in cui ha eliminato l'adempimento dell'affissione di copia dell'atto da notificare a persona di residenza, domicilio o dimora sconosciuti all'albo dell'ufficio giudiziario presso cui si procede, ponendosi in contrasto con il comma secondo dell'art. 24 della Costituzione. 4. - Le questioni di legittimita' costituzionale che si sollevano con la presente ordinanza devono ritenersi ammissibili e rilevanti ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Preliminarmente si deve rilevare come la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio ai sensi dell'art. 15 l.f. per esercitare il diritto di difesa assuma carattere di obbligatorieta' a seguito della sentenza n. 141 resa in data 16 luglio 1970 dalla Corte costituzionale, pena la nullita' della sentenza di fallimento, dovendosi garantire anche al fallendo il diritto di difesa previsto dalla Costituzione. Vero e' che, nel sancire tale obbligatorieta', il giudice delle leggi ha considerato le peculiarita' della struttura e della funzione dell'istruttoria prefallimentare, precisando che il contraddittorio deve esplicarsi compatibilmente con le finalita' di interesse pubblico cui la procedura fallimentare e' preordinata, «che caratterizzano e giustificano il carattere sommario della procedura medesima, non tassativamente vincolata a speciali modalita' di svolgimento», aggiungendo ancora che l'obbligo di disporre la comparizione del debitore, con l'eventuale successiva audizione del medesimo e con la possibilita' di sue deduzioni e difese, deve essere inquadrato nell'ambito di un procedimento a cognizione sommaria e nell'ambito delle ragioni di urgenza e tempestivita' cui e' informato il procedimento di dichiarazione di fallimento. Cio' nondimeno, pero', anche a voler aderire ad una concezione minimale del diritto di difesa, non puo' ritenersi in ogni caso che la comunicazione dell'istanza di fallimento possa essere nulla o, tanto meno, inesistente. Nel caso all'esame di questo tribunale, infatti, la comunicazione al fallendo dell'udienza ai sensi dell'art. 15 l.f. e' stata effettuata mediante notificazione allo stesso di ciascuna istanza, del decreto di fissazione ovvero del decreto di riunione del giudice incaricato dal Presidente del tribunale, secondo le modalita' prevista dall'art. 143 c.p.c., cosi' come modificato dall'art. 174, comma 6, del d.lgs. n. 196 del 2003, sussistendo l'oggettiva impossibilita' per i notificanti di individuare il luogo di effettiva residenza, domicilio o dimora del destinatario, malgrado siano state esperite le indagini suggerite nel caso concreto dall'ordinaria diligenza, di cui e' stato dato atto nelle relazioni di notifica redatte dall'ufficiale giudiziario, cosi' come richiesto dalla giurisprudenza di legittimita' (cfr. Cass. civ., Sez. I, 6 aprile 2004, n. 6761; Cass. civ., Sez. I, 2 dicembre 2003, n. 18285; Cass. civ., Sez. II, 28 agosto 2002, n. 12589; Cass. civ., Sez. III, 21 febbraio 2002, n. 2504; Cass. civ., Sez. III, 26 marzo 2001, n. 4339; Cass. civ., Sez. II, 10 luglio 1997, n. 6257; Cass. civ., Sez. II, 2 maggio 1997, n. 3799; Cass. civ., Sez. I, 25 novembre 1995, n. 12223; Cass. civ., Sez. I, 28 marzo 1991, n. 3358; Cass. civ., Sez. L, 23 aprile 1980, n. 2693; Cass. civ., Sez. Il, 22 settembre 1977, n. 4053; Cass. civ., Sez. I, 8 maggio 1976, n. 1619; Cass. civ., Sez. III, 28 settembre 1973, n. 2448; Cass. civ., Sez. I, 30 maggio 1969, n. 1922; Cass. civ., Sez. III, 17 gennaio 1968, n. 124). Tanto in sede di notificazione dell'istanza presentata dalla «Daicom s.a.», effettuata in data 7 luglio 2004, quanto di quella depositata dalla «Cartiera Lucchese S.p.a.», in data 9 luglio 2004, infatti, l'ufficiale giudiziario ha fornito nella relata l'indicazione delle ricerche ed indagini compiute nel luogo di residenza del destinatario, come risultante da certificazione dell'Ufficio servizi demografici del comune di L'Aquila in atti, procedendo successivamente ad effettuare la notificazione ai sensi dell'art. 143 c.p.c. mediante deposito di copia dell'atto presso la casa comunale del luogo dell'ultima residenza. In particolare, nella relata di notificazione dell'istanza presentata dalla «Daicom s.a.», si legge che «da informazioni rilasciate dalla figlia lo stesso si e' trasferito altrove senza lasciare recapito». Ed e' opportuno rilevare che detto creditore procedente, assai opportunamente, ha ritenuto di procedere alla notificazione, unitamente alla propria istanza, anche di quella riunita presentata in data 21 aprile 2004 dalla «Cartiera Lucchese S.p.a.», che peraltro ha provveduto parimenti alla disposta rinnovazione. Risultando cosi' il suo allontanamento definitivo per destinazione non conosciuta dalla residenza anagrafica e non essendo possibile conoscere la nuova, sebbene la procedura di cui all'art. 143 c.p.c. possa essere utilizzata solo in presenza di un'effettiva irreperibilita' che resista alle ricerche effettuate secondo la normale diligenza, deve tuttavia ritenersi che questa non debba spingersi fino ad una ulteriore e inesigibile ricerca in qualunque altra possibile localita' (cfr. Cass. civ., Sez. I, 19 gennaio 2001, n. 540). Ne' il Collegio ritiene che, in base alla documentazione in atti, i notificanti conoscessero o potessero conoscere, adottando la comune diligenza, la residenza, il domicilio o la dimora del destinatario. Essendo state ritualmente effettuate - secondo la disciplina legislativa in vigore, cosi' come interpretata dalla giurisprudenza di legittimita' - le notificazioni ai sensi dell'art. 143 c.p.c., la questione di costituzionalita' di tale disposizione e' dunque rilevante. Quanto alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 143, comma 1, c.p.c., poi, deve rilevarsi che con la stessa questo Giudicante richiede una sentenza additiva che comporti l'estensione della previsione della chiusura in busta chiusa e sigillata a fattispecie avente - come si e' detto sopra - identica ratio rispetto a quelle in relazione alle quali tale adempimento e' stato previsto dall'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003 recependo le indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali e modificando il sistema delle notificazioni e comunicazioni giudiziarie, in particolare - ma non solo - in materia civile. L'addictio chiesta al giudice delle leggi diviene cosi' l'unica possibile e, conseguentemente, costituzionalmente imposta in considerazione della perpetrata lesione al parametro dell'art. 3 Cost. da parte del testo in vigore denunciato di incostituzionalita'. In relazione al procedimento in esame, poi, il Collegio rileva che, laddove venga dichiarata l'incostituzionalita' per violazione della norma parametro dell'art. 24, comma secondo, della Costituzione del comma 6 dell'art. 174 del d.lgs. n. 196 del 2003, che ha eliminato l'adempimento dell'affissione di copia dell'atto all'albo dell'ufficio giudiziario innanzi al quale si procede, allora il Collegio - come si e' accennato sopra - dovra' dichiarare l'inesistenza (o, comunque, la nullita) della notificazione delle istanze di fallimento riunite a F. P. e, conseguentemente, disporre che venga fissata altra udienza innanzi al giudice incaricato perche' il fallendo venga sentito ai sensi dell'art. 15 l.f., di cui sia data allo stesso comunicazione. E laddove la stessa sia effettuata nelle forme della notificazione ai sensi dell'art. 143, comma 1, c.p.c., l'ufficiale giudiziario, una volta che la disposizione censurata abbia cessato di avere efficacia (art. 136 Cost.), dovra' provvedere ad effettuare anche il deposito di copia dell'atto presso la casa comunale. In conclusione, si ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 143, comma 1, c.p.c. con riferimento all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che il deposito di copia dell'atto presso la casa comunale debba essere effettuato in busta chiusa e sigillata, nonche' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 174, comma 6, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 nella parte in cui ha eliminato l'ultimo inciso del primo comma dell'art. 143 c.p.c., con cui si prevedeva che la notificazione a persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuti venisse effettuata anche «mediante affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si procede».
P. Q. M. Visti l'art. 134 Cost. e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 143, comma 1, c.p.c. con riferimento all'art. 3 Cost. nella parte in cui non prevede che il deposito di copia dell'atto presso la casa comunale debba essere effettuato in busta chiusa e sigillata; Dichiara, altresi', non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 174, comma 6, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 con riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost. nella parte in cui ha eliminato l'ultimo inciso del comma 1 dell'art. 143 c.p.c., con cui si prevedeva che la notificazione a persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuta dovesse avvenire anche «mediante affissione di altra copia nell'albo dell'ufficio giudiziario innanzi al quale si procede»; Dispone l'immediata trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale; Sospende il presente procedimento; Ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. L'Aquila, addi' 4 agosto 2004 Il Presidente: Gargarella 04C1300