N. 965 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 2004
Ordinanza emessa il 28 giugno 2004 dal giudice di pace di Cesena nel procedimento civile vertente tra ditta Casentino Trasporti & Spedizioni S.r.l. contro sindaco di Roncofreddo Circolazione stradale - Patente di guida - Patente a punti - Decurtazione del punteggio per violazioni del codice della strada - Obbligo del proprietario del veicolo di comunicare i dati dell'effettivo trasgressore per non subire egli stesso la decurtazione - Irragionevolezza in rapporto alle diverse conseguenze derivanti dalla mancata comunicazione (a seconda che il proprietario sia titolare o meno di patente e che sia persona fisica o giuridica) - Violazione del principio di eguaglianza - Lesione del diritto di difesa e del diritto al silenzio - Configurazione di un'ipotesi di responsabilita' oggettiva estranea al sistema sanzionatorio penale ed amministrativo - Violazione del principio della responsabilita' personale (estensibile agli illeciti amministrativi). - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 126-bis, comma 2, come modificato dal d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 214. - Costituzione, artt. 3, 24 e 27.(GU n.48 del 15-12-2004 )
IL GIUDICE DI PACE Nella causa civile distinta al n. 67/A/04 R.G., ha pronunciato la seguente ordinanza. Nella causa civile promossa da: ditta Casentino Trasporti & Spedizioni" S.r.l. - in persona del legale rappresentante pro tempore -, con avv. Paolo Raso ricorrente; Contro, Sindaco di Roncofreddo pro tempore, difeso dall'Ag. Sc. Katia Pierantozzi, resistente; in punto a: opposizione a sanzione amministrativa. Conclusioni del ricorrente: «Voglia l'ill.mo Giudice di pace di Cesena, preliminarmente dato atto dell'ammissibilita', rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 126-bis, comma 2 cd, per violazione dell'art. 24 Costituzione, voglia accogliere l'eccezione di incostituzionalita' sollevata e per l'effetto voglia sospendere il giudizio in corso e disporre la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; in via principale: voglia l'ill.mo giudice di pace di Cesena accogliere il ricorso e per l'effetto annullare il verbale di accertamento e contestazione di cui e' ricorso. In ogni caso voglia condannare l'amministrazione opposta al pagamento delle spese ed onorari di causa solo in caso di opposizione, stante l'assoluta incertezza giurisprudenziale in relazione alla fattispecie in oggetto. Con riserva di precisazione in giudizio dei motivi, all'esito della costituzione della convenuta. Con riserva di ogni altra produzione e deduzione istruttoria». Conclusioni del convenuto: «per quanto sopra esposto si chiede che la S.V. ill.ma ritenendo manifestamene infondata la questione di legittimita' sollevata dall'opponente voglia confermare la validita' e l'efficacia del verbale opposto anche nel merito. In subordine, qualora il giudice dovesse accogliere l'eccezione d'incostituzionalita' proposta, si chiede la prosecuzione del giudizio con riferimento all'applicazione della sanzione pecuniaria principale con convalida del verbale nella parte in cui irroga tale sanzione». Svolgimento del processo Con atto del ricorso depositato addi' 22 gennaio 2004, il legale rappresentante della ditta Casentino Trasporti & Spedizioni S.r.l. inoltrava ricorso in opposizione al verbale di contestazione della violazione dell'art. 126-bis comma 2 c.d.s., per non avere questi fornito le generalita' del soggetto alla guida del veicolo intestato alla ricorrente in data 2 settembre 2003, ovvero in concomitanza di una precedente infrazione al c.d.s. Preliminarmente, la difesa dell'opponente eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'articolo asseritamente violato, per contrarieta' ai dettati di cui all'art. 24 Cost.; nel merito, invece, contestava l'insussistenza degli estremi della contravvenzione in quanto la ricorrente aveva effettivamente adempiuto all'obbligo di legge, seppure comunicando di non essere a conoscenza dell'identita' del conducente, in quanto vettura aziendale a disposizione di tutti senza obbligo di firmare alcun tipo di registro di consegna, peraltro non esistente nella sede legale della societa'. Si costituiva la resistente, eccependo preliminarmente l'infondatezza dell'eccezione di incostituzionalita' basando i propri assunti di verita' sulla attuale assenza di pronunce in ordine all'incostituzionalita' della norma de quo e sul fatto che la sua giustificazione giuridica della contestazione deve essere ricercata nell'intrinseca riconducibilita' della stessa ai presupposti di cui agli artt. 196 c.d.s. e 2049 c.c. ed al principio di solidarieta'. Rassegnava, quindi, le conclusioni, come sopra riportate, che venivano ratificate in udienza di comparizione delle parti, unitamente alla reiterazione dell'eccezione preliminare formulata da parte ricorrente. M o t i v i La richiesta di sospensione dell'intero procedimento a seguito della sollevata eccezione preliminare, appare meritevole di accoglimento nel giudizio in corso, in quanto la questione di legittimita' costituzionale dedotta dal ricorrente appare rilevante nel giudizio in corso e, qualora il ricorso venisse accolto, cio' comporterebbe l'inoltro di istanza di restituzione della somma esatta quando ancora la sussistenza dei presupposti del credito vantato non sono stati accertati. Preliminarmente, occorre analizzare l'ipotesi di responsabilita' per la decurtazione dei punti della patente. Per la corretta impostazione del tema, occorre premettere che la responsabilita' solidale e' nota all'ordinamento giuridico civile (art. 1292 e segg. c.c.) e la sua estensione al campo delle sanzioni amministrative deriva dal fatto che per queste ultime sia stata prevista e determinata una sanzione di tipo pecuniario. La solidarieta', infatti, puo' essere in concreto attuata solo allorche' la prestazione ingiunta sia fungibile e non caratterizzata da elementi di natura personale. La caratteristica della solidarieta', infatti, risiede nell'indifferenza dell'adempimento da parte di uno qualsiasi dei coobbligati: il creditore di fronte a uno dei diversi soggetti obbligati potra' chiedere l'adempimento ad uno qualsiasi dei debitori, salvo il diritto di regresso che il debitore ha nei confronti degli altri. Qualora l'obbligazione non fosse fungibile ma personale, appare subito evidente che il debitore che ha pagato non potrebbe recuperare pro-quota la parte di competenza dei debitori solidali. Cio' spiega per quale motivo la solidarieta' nel pagamento di una somma non presenti particolari problemi di attuazione; ognuno dei debitori e' obbligato per l'intera somma ed il creditore ha il diritto di pretendere il pagamento dell'importo totale da uno qualsiasi dei debitori. Altrettanto non puo' dirsi per le prestazioni che non siano divisibili ne' fungibili, cioe' della stessa specie e qualita' ma non necessariamente le stesse. Nel momento in cui si affronta l'ipotesi della responsabilita' solidale dell'impresa, per le sanzioni derivanti dalle infrazioni al codice della strada, occorre tenere presente che il soggetto giuridico proprietario della vettura sara' corresponsabile con il conducente per il pagamento delle somme di danaro di cui alle sanzioni; l'unica eccezione a detto obbligo solidale risiede nella circostanza della circolazione contro la volonta' del proprietario. Detta circostanza dovra' essere provata dal proprietario ma, nel caso tipico dell'impresa intestataria del veicolo affidato alla conduzione del dipendente, si tratta di una circostanza pressoche' inesistente. I problemi, infatti, iniziano a sorgere in reazione all'art. 126-bis c.d.s. Tale nuova figura a tutti gli effetti di natura sanzionatoria, costituisce una nuova misura accessoria, che consegue all'accertamento della violazione della norma di comportamento ed accompagna la sanzione principale, costituita dalla pena pecuniaria. Letteralmente, infatti, la norma di cui all'art. 126-bis c.d.s. commina la decurtazione dei punti alle violazioni per le quali era gia' prevista la sanzione della sospensione della patente. Il nuovo istituto assurga, pertanto, ad una sanzione accessoria. Di cio' i trova conferma nell'esplicita previsione i cui al comma 2 della stessa norma, ove si prevede che la comunicazione della decurtazione all'anagrafe nazionale dei conducenti sia effettuata decorsi trenta giorni dalla definizione della procedura sanzionatoria (derivante dal pagamento della somma dovuta o dall'esaurimento dei procedimenti giurisdizionali di impugnazione). Difatti, solo il definitivo accertamento del fondamento della sanzione principale, a seguito dello spontaneo pagamento o della decisione del ricorso, permette di ritenere definitivo anche l'accertamento della sanzione accessoria. In secondo luogo occorre osservare che la patente e' un permesso concesso ad una persona fisica, sottoposto a verifiche individuali sia nella fase di prima concessione che in quelle di successiva conferma; per definizione e per logica, non puo' esistere una patente concessa ad una persona diversa da quella fisica, cosi' come non e possibile la conduzione di un veicolo effettuata da un soggetto diverso da una persona fisica umana. Qualsiasi intervento sulla patente, pertanto, avra' ad oggetto la limitazione imposta alla persona fisica di condurre un veicolo. Le pene accessorie della sospensione della patente o della decurtazione dei punti non potranno mai essere applicate ad un'impresa o ad altra persona giuridica. Difatti, appare subito evidente che nel caso del veicolo intestato ad una persona giuridica non si potra' mai procedere alla presunzione di conduzione ad opera dell'intestatario; ne' la decurtazione potra' mai essere applicata al legale rappresentante dell'impresa perche' cio' darebbe origine ad un'ipotesi di responsabilita' oggettiva, illegittima nel nostro ordinamento. Ogni sanzione di natura personale deve trovare fondamento nella prova, anche per via presuntiva, della riconducibilita' alla persona dell'azione illecita. Tuttavia, se cio' e' possibile nel caso di intestazione del veicolo ad una persona fisica, cio' non appare assolutamente attuabile nei confronti del legale rappresentante di una persona giuridica intestataria di veicolo. Cio', in osservanza di un'attenta analisi del te to di legge, che oltretutto evidenzia tre ordini di motivi di non manifesta infondatezza di questione di illegittimita' costituzionale che, di seguito, vengono partitamente analizzati. Ed invero. Violazione dell'art. 3 Cost. In primo luogo, appare irragionevole la norma contestata alla ricorrente per contrarieta' con il dettato di cui all'art. 3 Cost., laddove essa appare applicabile solo nelle ipotesi in cui il proprietario del veicolo sia munito di patente, mentre, nell'ipotesi in cui il proprietario fosse una persona giuridica, essa non colpirebbe nemmeno il proprietario del veicolo, ma il suo legale rappresentante o addirittura un soggetto ulteriore scelto con criteri soggettivi e casuali. Difatti, guardando alle modalita' di decurtazione del punteggio della patente, nel caso in cui il conducente rimanga sconosciuto, notiamo che le conseguenze rispetto ad uno stesso fatto possono essere differenti: decurtazione del punteggio sulla patente di guida, del proprietario o di chi da questo e' stato indicato come conducente; nessuna decurtazione, se il proprietario non e' titolare di patente di guida (si puo' essere tranquillamente proprietari di un veicolo senza avere la patente). In quest'ultimo caso, al proprietario non e' imposto nessun obbligo di comunicare il nominativo del conducente (qui il legislatore avrebbe fatto bene a stabilire lo stesso obbligo previsto in capo ai legali rappresentanti delle persone giuridiche) e pertanto non vi e' perdita di punteggio, ne' sanzioni ulteriori rispetto a quelle previste per la singola norma violata e l'art. 126-bis risulta completamente inefficace. Con riguardo alle persone giuridiche, nel caso in cui il legale rappresentante omettesse di fornire i dati personali e della patente del conducente all'organo procedente, vi e' solo una sanzione pecuniaria a carico del primo. E' chiaro che potrebbero ritenersi sussistenti i presupposti per invocare l'illegittimita' costituzionale, in relazione al principio d'uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione. A tutto cio', deve essere aggiunto che il proprietario del veicolo, per vincere la presunzione di colpa in relazione ad un illecito comportante la perdita di punti, non deve dimostrare o provare alcunche', ma solo semplicemente comunicare, all'organo di polizia procedente, i dati personali e della patente del conducente, il quale tuttavia non puo' avvalersi' della stessa facolta' concessa al proprietario, salvo spostare la questione sul piano penale con il rimedio generale della querela di falso. L'addebito di un fatto comportante una pena afflittiva, tramite una semplice dichiarazione apodittica proveniente da chi non riveste la qualifica di pubblico ufficiale, lede non solo la tutela dell'onorabilita' del cittadino onesto, ma mina anche il principio della sicurezza stradale che la stessa non vorrebbe salvaguardare, consentendo potenzialmente a persone di pochi scrupoli di eludere l'applicazione a loro carico dell'art. 126-bis, attraverso l'intestazione di veicoli a persone non titolari di patente di guida o la comunicazione all'organo di polizia di dati personali e della patente relativi a conducenti fittizi. Violazione dell'art. 24 Cost. La questione di illegittimita' costituzionale del dettato dell'art. 126-bis comma 2 c.d.s., in relazione all'art. 24 Cost., appare non manifestamente infondata, nella parte in cui fa esplicito l'obbligo di denuncia del nominativo del conducente a carico del proprietario, quando gli organi di polizia non sono riusciti ad identificare. L'obbligo di denuncia, difatti, sussiste solo in capo a determinati soggetti che rivestono pubbliche funzioni, laddove, per contro, l'imposizione al proprietario di denunciare il conducete del veicolo responsabile della violazione appare limitare il diritto di difesa del cittadino, obbligato a parlare, mentre il diritto al silenzio e' ormai patrimonio acquisito del nostro ordinamento. Violazione dell'art. 27 Cost. Va, poi, valutata anche l'ipotesi di illegittimita' costituzionale dell'art. 126-bis comma 2 c.d.s. in relazione al dettato di cui all'art. 27 Cost., che appare non manifestamente infondata in quanto, atteso che l'irrogazione della multa ad un soggetto diverso da quello che effettivamente ha commesso l'infrazione contestata risulta applicata solo a titolo di responsabilita' oggettiva, istituto peraltro estraneo al vigente diritto sanzionatorio penale ed amministrativo. La legge n. 689/1981 stabilisce, infatti, all'art. 3, che: «nelle violazioni in cui e' applicabile una sanzione amministrativa ciascuno e' responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa», venendo sancito anche nell'ambito delle sanzioni amministrative il principio che la responsabilita' e' personale (art. 27, comma 1, Cost.) cio' comportando l'impossibilita' di chiamare rispondere un soggetto al posto di altri. Recentemente la S.C., Sez. I, con Sent. n. 17536/2003 del 30 aprile 2003, ha esplicitamente ribadito il principio della censurabilita' dell'applicazione di una sanzione amministrativa nei confronti di un legale rappresentante sulla sola base di un parametro oggettivo di responsabilita', collegato alla c.d. culpa in eligendo o in vigilando, essendo necessario evidenziare un «collegamento»" tra il comportamento contra legem ed il suo autore, sia in ordine al profilo causale che a quello di tipo soggettivo (conforme: Cass. civ. n. 10412/1994). In effetti, l'introduzione della «patente a punti»", soprattutto sotto il profilo della decurtazione a carico del proprietario del veicolo per le violazioni in cui non e' stato possibile identificare il conducente, concretizzerebbe una fattispecie di responsabilta' oggettiva, in contrasto con l'art. 27 Cost. che afferma la responsabilita' personale in materia penale. L'istituto in questione, infatti, rileva sotto i profili penale, civile ed amministrativo: con riferimento al primo, la dottrina maggioritaria attribuisce all'affermazione contenuta nell'art. 27 comma 1 Cost. («la responsabilita' penale e' personale») un divieto sia di responsabilita' per fatto altrui che di responsabilita' oggettiva, incardinando il diritto penale al principio della responsabilita' per fatto proprio colpevole, poiche' anche l'evento causato dal soggetto, ma a lui psicologicamente non ricollegabile, non puo' dirsi certo suo personale; di conseguenza le due citate forme di responsabilita' devono ritenersi incostituzionali. Certo non mancano casi di responsabilita' oggettiva anche nel nostro ordinamento, ma questi sono espressamente codificati e godono della caratteristica dell'eccezionalita'. Nell'ipotesi, invece, della responsabilita' nell'illecito amministrativo, e' d'uopo fare una premessa di fondo: alla costruzione di quest'ultimo, cosi' come formulato dalla legge n. 689/1981, concorrono elementi mutuati sia dal diritto penale (tra cui il principio di legalita', l'elemento soggettivo e le cause di esclusione della responsabilita' solo per citarne alcuni), che da quello civile (rappresentati soprattutto dalla solidarieta' e dalla responsabilita' di chi e' tenuto alla sorveglianza dell' incapace per un fatto realizzato da questi). In particolare, l'art. 3 comma 1 della predetta legge, ripetendo la formula dell'art. 42 c.p., richiede lo stesso elemento soggettivo delle contravvenzioni, l'indifferenza tra dolo e colpa, pur essendo necessaria almeno quest'ultima, depurando in tal modo l'illecito amministrativo da quei residui di responsabilita' oggettiva che ancora inquinano l'illecito penale. L'art. 6, invece, ha introdotto l'istituto della solidarieta', di derivazione civilistica, prevedendo la responsabilita' in solido, con l'autore dell'illecito, del proprietario della cosa che servi a commettere la violazione, della persona incaricata della vigilanza sull'incapace, per i fatti da quest'ultimo commessi e dell'imprenditore per gli illeciti commessi dal dipendente nell'esercizio delle proprie incombenze. Analizzando attentamente il primo comma di quest'articolo, relativo al proprietario della cosa che servi' o fu destinata a commettere la violazione, si puo' notare che e' stato ripreso in toto dall'art. 196 c.d.s., ma la cosa piu' interessante e' che ripete la stessa formulazione dell'art. 2054 comma 3 c.c., esempio eclatante di responsabilita' oggettiva in campo civile. Con un'importante precisazione, pero': nella legge n. 689/1981, come nell'art. 196 c.d.s., la responsabilita' in solido comporta il pagamento della somma pecuniaria scaturita dalla violazione amministrativa, e non invece l'assoggettamento ad altra sanzione di carattere afflittivo, ma non pecuniario, come quella della detrazione dei punti dalla patente prevista dall'art. 126-bis; anzi questa formalmente non e' nemmeno considerata sanzione accessoria dal rinnovellato codice della strada, non avendo trovato collocazione nell'elenco delle sanzioni accessorie previsto dall'art. 210 comma 2 lett. c) (sanzioni concernenti i documenti di circolazione e la patente di guida). In sintesi, due sono le teorie: la prima che ritiene l'illecito amministrativo, in special modo quello punito con sanzione pecuniaria, una categoria autonoma da quella dell'illecito penale, con la logica conseguenza di un superamento dei principi regolatori del diritto penale nella costruzione delle regole fondamentali degli illeciti amministrativi; la seconda, invece, per la quale non sussisterebbero sostanziali differenze tra le due categorie di illeciti, cosicche' sarebbe meramente formale il criterio distintivo tra le stesse, costituito dal tipo di sanzione prevista per ciascun illecito: pena per l'illecito penale e sanzione per amministrativa per quello amministrativo. A sostegno della prima, l'uso del termine «assoggettamento» che il legislatore ha fatto nell'art. 1 della legge n. 689/1981 (a differenza del «punito»" dell'art. 1 c.p.), come se la sanzione amministrativa avesse un valore diverso dalla pena, tanto che alcuni accostarono l'illecito amministrativo a quello civile, individuandone il fondamento costituzionale nell'art. 23 Cost.: «nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge». Contra, la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza hanno evidenziato che, mentre dall'illecito civile scaturisce l'obbligo di risarcire danno provocato al fine di reintegrare il patrimonio oggetto di lesione, da quello amministrativo deriva quello di sottostare alla sanzione amministrativa in quanto si e' violata una norma dettata per la tutela di interessi generali, obbligo che non puo' essere frazionato tra piu' autori. Pertanto, come nel diritto penale, il carattere punitivo, generalpreventivo e specialpreventivo della sanzione amministrativa esclude la trasmissibilita' agli eredi dell'obbligazione di pagare la pena pecuniaria alla morte del trasgressore. In ultima istanza e' il legislatore, nel momento in cui si predispone a regolamentare dei fatti, che sceglie la collocazione della materia nel sistema sanzionatorio penale od in quello amministrativo, in base a proprie valutazioni politiche. Comunque, all'obiezione che l'illecito amministrativo non ha la natura risarcitoria o reintegratoria tipica di quello civile, si puo' tranquillamente replicare che esistono nell'ordinamento sanzioni amministrative ripristinatorie, volta ad eliminare il danno od il profitto dell'agente, soprattutto in materia urbanistica o di bellezze naturali, ma anche nel codice della strada, come l'obbligo di ripristino dello stato dei luoghi o di rimozione di opere abusive. Una lettura meramente formale dell'art. 27 Cost., valida esclusivamente per la materia penale, aprirebbe comunque un vulnus nella tutela dei diritti difesa del cittadino, considerato che il legislatore potrebbe mascherare vere e proprie fattispecie penali sotto una copertura formalmente amministrativa; come ha fatto recentemente con l'introduzione della responsabilita' amministrativa dell'ente contenuta nel d.lgs. n. 231/2001, formalmente amministrativa, ma sostanzialmente di carattere penale, desumibile dal collegamento diretto e non solidale della responsabilita' della societa' con la commissione dei reati, e sull'accertamento della stessa demandata al giudice penale con l'insieme delle garanzie del processo penale. Tutto quanto sin qui esposto, comporta automaticamente l'avvallo della teoria in base alla quale l'incompatibilita' costituzionale della responsabilita' oggettiva prevista dall'art. 27 Cost. non riguardi la violazione di natura amministrativa.
P. Q. M. Visto l'art. 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dal ricorrente in relazione all'art. 126-bis comma 2 c.d.s. (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), come modificato con il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito con modificazioni dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 (legge di conversione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003), per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, per le ragioni di cui in motivazione; Dispone la sospensione del processso in corso; Ordina la notificazione della presente ordinanza alle parti costituite; Ordina la notificazione della presente ordinanza al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Ordina la trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Cesena, addi' 28 giugno 2004 Il giudice di pace: Pepoli 04C1304