N. 965 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 2004

Ordinanza  emessa il 28 giugno 2004 dal giudice di pace di Cesena nel
procedimento   civile   vertente  tra  ditta  Casentino  Trasporti  &
Spedizioni S.r.l. contro sindaco di Roncofreddo

Circolazione  stradale  -  Patente  di  guida  -  Patente  a  punti -
  Decurtazione del punteggio per violazioni del codice della strada -
  Obbligo   del   proprietario  del  veicolo  di  comunicare  i  dati
  dell'effettivo   trasgressore   per   non  subire  egli  stesso  la
  decurtazione   -   Irragionevolezza   in   rapporto   alle  diverse
  conseguenze derivanti dalla mancata comunicazione (a seconda che il
  proprietario  sia  titolare  o  meno  di  patente e che sia persona
  fisica  o  giuridica)  -  Violazione del principio di eguaglianza -
  Lesione  del  diritto  di  difesa  e  del  diritto  al  silenzio  -
  Configurazione  di un'ipotesi di responsabilita' oggettiva estranea
  al  sistema sanzionatorio penale ed amministrativo - Violazione del
  principio   della   responsabilita'   personale  (estensibile  agli
  illeciti amministrativi).
- Codice  della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 126-bis,
  comma 2,   come   modificato   dal   d.l.  27 giugno 2003,  n. 151,
  convertito con modificazioni nella legge 1° agosto 2003, n. 214.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 27.
(GU n.48 del 15-12-2004 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Nella causa civile distinta al n. 67/A/04 R.G., ha pronunciato la
seguente ordinanza.
    Nella  causa  civile  promossa  da:  ditta  Casentino Trasporti &
Spedizioni" S.r.l. - in persona del legale rappresentante pro tempore
-, con avv. Paolo Raso ricorrente;
    Contro,  Sindaco  di Roncofreddo pro tempore, difeso dall'Ag. Sc.
Katia  Pierantozzi,  resistente;  in  punto a: opposizione a sanzione
amministrativa.
    Conclusioni  del  ricorrente: «Voglia l'ill.mo Giudice di pace di
Cesena,  preliminarmente  dato  atto dell'ammissibilita', rilevanza e
non   manifesta   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
costituzionale   dell'art. 126-bis,   comma   2  cd,  per  violazione
dell'art. 24   Costituzione,   voglia   accogliere   l'eccezione   di
incostituzionalita'  sollevata  e  per l'effetto voglia sospendere il
giudizio  in  corso  e disporre la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale; in via principale: voglia l'ill.mo giudice di pace di
Cesena  accogliere il ricorso e per l'effetto annullare il verbale di
accertamento  e  contestazione di cui e' ricorso. In ogni caso voglia
condannare  l'amministrazione  opposta  al  pagamento  delle spese ed
onorari  di  causa  solo  in  caso  di opposizione, stante l'assoluta
incertezza   giurisprudenziale   in  relazione  alla  fattispecie  in
oggetto.   Con  riserva  di  precisazione  in  giudizio  dei  motivi,
all'esito  della  costituzione  della  convenuta. Con riserva di ogni
altra produzione e deduzione istruttoria».
    Conclusioni  del  convenuto:  «per quanto sopra esposto si chiede
che  la S.V. ill.ma ritenendo manifestamene infondata la questione di
legittimita'  sollevata dall'opponente voglia confermare la validita'
e  l'efficacia  del  verbale  opposto anche nel merito. In subordine,
qualora     il     giudice     dovesse     accogliere     l'eccezione
d'incostituzionalita'   proposta,   si  chiede  la  prosecuzione  del
giudizio  con  riferimento all'applicazione della sanzione pecuniaria
principale  con  convalida del verbale nella parte in cui irroga tale
sanzione».

                      Svolgimento del processo

    Con  atto del ricorso depositato addi' 22 gennaio 2004, il legale
rappresentante  della  ditta  Casentino Trasporti & Spedizioni S.r.l.
inoltrava  ricorso  in  opposizione al verbale di contestazione della
violazione  dell'art. 126-bis  comma  2  c.d.s., per non avere questi
fornito  le generalita' del soggetto alla guida del veicolo intestato
alla  ricorrente  in data 2 settembre 2003, ovvero in concomitanza di
una precedente infrazione al c.d.s.
    Preliminarmente,     la     difesa     dell'opponente    eccepiva
l'illegittimita'  costituzionale dell'articolo asseritamente violato,
per  contrarieta'  ai  dettati  di cui all'art. 24 Cost.; nel merito,
invece,    contestava    l'insussistenza    degli    estremi    della
contravvenzione   in   quanto   la  ricorrente  aveva  effettivamente
adempiuto  all'obbligo  di legge, seppure comunicando di non essere a
conoscenza dell'identita' del conducente, in quanto vettura aziendale
a  disposizione  di  tutti  senza  obbligo  di  firmare alcun tipo di
registro  di consegna, peraltro non esistente nella sede legale della
societa'.
    Si    costituiva   la   resistente,   eccependo   preliminarmente
l'infondatezza dell'eccezione di incostituzionalita' basando i propri
assunti  di  verita'  sulla  attuale  assenza  di  pronunce in ordine
all'incostituzionalita'  della  norma  de  quo e sul fatto che la sua
giustificazione  giuridica  della contestazione deve essere ricercata
nell'intrinseca  riconducibilita'  della stessa ai presupposti di cui
agli artt. 196 c.d.s. e 2049 c.c. ed al principio di solidarieta'.
    Rassegnava,  quindi,  le  conclusioni,  come sopra riportate, che
venivano   ratificate   in   udienza  di  comparizione  delle  parti,
unitamente  alla reiterazione dell'eccezione preliminare formulata da
parte ricorrente.

                             M o t i v i

    La  richiesta  di  sospensione dell'intero procedimento a seguito
della   sollevata   eccezione   preliminare,   appare  meritevole  di
accoglimento  nel  giudizio  in  corso,  in  quanto  la  questione di
legittimita'  costituzionale  dedotta dal ricorrente appare rilevante
nel  giudizio  in  corso  e, qualora il ricorso venisse accolto, cio'
comporterebbe l'inoltro di istanza di restituzione della somma esatta
quando  ancora la sussistenza dei presupposti del credito vantato non
sono stati accertati.
    Preliminarmente,  occorre analizzare l'ipotesi di responsabilita'
per la decurtazione dei punti della patente.
    Per  la corretta impostazione del tema, occorre premettere che la
responsabilita'  solidale  e'  nota  all'ordinamento giuridico civile
(art. 1292  e segg. c.c.) e la sua estensione al campo delle sanzioni
amministrative  deriva  dal  fatto  che  per  queste ultime sia stata
prevista e determinata una sanzione di tipo pecuniario.
    La  solidarieta',  infatti,  puo' essere in concreto attuata solo
allorche'  la prestazione ingiunta sia fungibile e non caratterizzata
da elementi di natura personale.
    La    caratteristica   della   solidarieta',   infatti,   risiede
nell'indifferenza  dell'adempimento  da  parte  di  uno qualsiasi dei
coobbligati:  il  creditore  di  fronte  a  uno  dei diversi soggetti
obbligati   potra'   chiedere  l'adempimento  ad  uno  qualsiasi  dei
debitori,  salvo  il  diritto  di  regresso  che  il  debitore ha nei
confronti degli altri.
    Qualora  l'obbligazione  non fosse fungibile ma personale, appare
subito evidente che il debitore che ha pagato non potrebbe recuperare
pro-quota la parte di competenza dei debitori solidali.
    Cio' spiega per quale motivo la solidarieta' nel pagamento di una
somma  non  presenti  particolari  problemi di attuazione; ognuno dei
debitori  e'  obbligato  per  l'intera  somma  ed  il creditore ha il
diritto  di  pretendere  il  pagamento  dell'importo  totale  da  uno
qualsiasi dei debitori.
    Altrettanto  non  puo'  dirsi  per  le  prestazioni che non siano
divisibili ne' fungibili, cioe' della stessa specie e qualita' ma non
necessariamente le stesse.
    Nel  momento  in  cui si affronta l'ipotesi della responsabilita'
solidale  dell'impresa, per le sanzioni derivanti dalle infrazioni al
codice   della  strada,  occorre  tenere  presente  che  il  soggetto
giuridico  proprietario  della  vettura  sara' corresponsabile con il
conducente  per  il  pagamento  delle  somme  di  danaro  di cui alle
sanzioni;  l'unica  eccezione  a detto obbligo solidale risiede nella
circostanza della circolazione contro la volonta' del proprietario.
    Detta  circostanza dovra' essere provata dal proprietario ma, nel
caso  tipico  dell'impresa  intestataria  del  veicolo  affidato alla
conduzione  del  dipendente,  si tratta di una circostanza pressoche'
inesistente.
    I   problemi,   infatti,   iniziano   a   sorgere   in   reazione
all'art. 126-bis c.d.s.
    Tale  nuova  figura  a tutti gli effetti di natura sanzionatoria,
costituisce    una    nuova    misura    accessoria,   che   consegue
all'accertamento  della  violazione  della  norma di comportamento ed
accompagna la sanzione principale, costituita dalla pena pecuniaria.
    Letteralmente,  infatti,  la norma di cui all'art. 126-bis c.d.s.
commina  la  decurtazione  dei punti alle violazioni per le quali era
gia' prevista la sanzione della sospensione della patente.
    Il nuovo istituto assurga, pertanto, ad una sanzione accessoria.
    Di cio' i trova conferma nell'esplicita previsione i cui al comma
2  della  stessa  norma,  ove  si  prevede che la comunicazione della
decurtazione  all'anagrafe  nazionale  dei  conducenti sia effettuata
decorsi trenta giorni dalla definizione della procedura sanzionatoria
(derivante  dal  pagamento  della somma dovuta o dall'esaurimento dei
procedimenti giurisdizionali di impugnazione).
    Difatti,  solo  il  definitivo  accertamento del fondamento della
sanzione  principale,  a  seguito  dello  spontaneo pagamento o della
decisione   del   ricorso,  permette  di  ritenere  definitivo  anche
l'accertamento della sanzione accessoria.
    In  secondo luogo occorre osservare che la patente e' un permesso
concesso  ad  una  persona fisica, sottoposto a verifiche individuali
sia  nella  fase  di  prima  concessione  che in quelle di successiva
conferma; per definizione e per logica, non puo' esistere una patente
concessa  ad  una  persona diversa da quella fisica, cosi' come non e
possibile  la  conduzione  di  un  veicolo  effettuata da un soggetto
diverso da una persona fisica umana.
    Qualsiasi intervento sulla patente, pertanto, avra' ad oggetto la
limitazione imposta alla persona fisica di condurre un veicolo.
    Le  pene  accessorie  della  sospensione  della  patente  o della
decurtazione   dei   punti  non  potranno  mai  essere  applicate  ad
un'impresa o ad altra persona giuridica.
    Difatti,   appare  subito  evidente  che  nel  caso  del  veicolo
intestato  ad  una persona giuridica non si potra' mai procedere alla
presunzione   di   conduzione  ad  opera  dell'intestatario;  ne'  la
decurtazione  potra'  mai  essere  applicata al legale rappresentante
dell'impresa   perche'   cio'   darebbe   origine  ad  un'ipotesi  di
responsabilita' oggettiva, illegittima nel nostro ordinamento.
    Ogni  sanzione  di natura personale deve trovare fondamento nella
prova,  anche per via presuntiva, della riconducibilita' alla persona
dell'azione illecita.
    Tuttavia,  se  cio'  e'  possibile  nel  caso di intestazione del
veicolo   ad  una  persona  fisica,  cio'  non  appare  assolutamente
attuabile  nei  confronti  del  legale  rappresentante di una persona
giuridica intestataria di veicolo.
    Cio', in osservanza di un'attenta analisi del te to di legge, che
oltretutto   evidenzia   tre   ordini  di  motivi  di  non  manifesta
infondatezza  di  questione  di illegittimita' costituzionale che, di
seguito, vengono partitamente analizzati.
    Ed invero.
    Violazione dell'art. 3 Cost.
    In  primo  luogo,  appare  irragionevole la norma contestata alla
ricorrente  per  contrarieta' con il dettato di cui all'art. 3 Cost.,
laddove  essa  appare  applicabile  solo  nelle  ipotesi  in  cui  il
proprietario  del veicolo sia munito di patente, mentre, nell'ipotesi
in  cui  il  proprietario  fosse  una  persona  giuridica,  essa  non
colpirebbe  nemmeno  il  proprietario  del  veicolo, ma il suo legale
rappresentante o addirittura un soggetto ulteriore scelto con criteri
soggettivi e casuali.
    Difatti,  guardando  alle modalita' di decurtazione del punteggio
della  patente,  nel  caso  in cui il conducente rimanga sconosciuto,
notiamo  che  le  conseguenze  rispetto  ad  uno stesso fatto possono
essere differenti:
        decurtazione  del  punteggio  sulla  patente  di  guida,  del
proprietario o di chi da questo e' stato indicato come conducente;
        nessuna  decurtazione,  se il proprietario non e' titolare di
patente  di  guida  (si puo' essere tranquillamente proprietari di un
veicolo senza avere la patente).
    In  quest'ultimo  caso,  al  proprietario  non  e' imposto nessun
obbligo   di   comunicare   il  nominativo  del  conducente  (qui  il
legislatore avrebbe fatto bene a stabilire lo stesso obbligo previsto
in capo ai legali rappresentanti delle persone giuridiche) e pertanto
non  vi  e'  perdita  di punteggio, ne' sanzioni ulteriori rispetto a
quelle previste per la singola norma violata e l'art. 126-bis risulta
completamente inefficace.
    Con  riguardo  alle persone giuridiche, nel caso in cui il legale
rappresentante  omettesse di fornire i dati personali e della patente
del  conducente  all'organo  procedente,  vi  e'  solo  una  sanzione
pecuniaria a carico del primo.
    E'  chiaro che potrebbero ritenersi sussistenti i presupposti per
invocare  l'illegittimita'  costituzionale, in relazione al principio
d'uguaglianza previsto dall'art. 3 della Costituzione.
    A  tutto  cio',  deve  essere  aggiunto  che  il proprietario del
veicolo,  per  vincere  la  presunzione  di  colpa in relazione ad un
illecito  comportante  la  perdita  di  punti,  non deve dimostrare o
provare  alcunche',  ma  solo semplicemente comunicare, all'organo di
polizia  procedente, i dati personali e della patente del conducente,
il  quale tuttavia non puo' avvalersi' della stessa facolta' concessa
al  proprietario, salvo spostare la questione sul piano penale con il
rimedio generale della querela di falso.
    L'addebito  di  un fatto comportante una pena afflittiva, tramite
una  semplice dichiarazione apodittica proveniente da chi non riveste
la   qualifica  di  pubblico  ufficiale,  lede  non  solo  la  tutela
dell'onorabilita'  del  cittadino  onesto, ma mina anche il principio
della  sicurezza  stradale  che la stessa non vorrebbe salvaguardare,
consentendo  potenzialmente  a  persone  di pochi scrupoli di eludere
l'applicazione    a   loro   carico   dell'art. 126-bis,   attraverso
l'intestazione  di veicoli a persone non titolari di patente di guida
o  la  comunicazione  all'organo di polizia di dati personali e della
patente relativi a conducenti fittizi.
    Violazione dell'art. 24 Cost.
    La   questione   di  illegittimita'  costituzionale  del  dettato
dell'art. 126-bis  comma  2  c.d.s.,  in relazione all'art. 24 Cost.,
appare  non manifestamente infondata, nella parte in cui fa esplicito
l'obbligo  di  denuncia  del  nominativo  del conducente a carico del
proprietario,  quando  gli  organi  di  polizia  non sono riusciti ad
identificare.
    L'obbligo   di   denuncia,  difatti,  sussiste  solo  in  capo  a
determinati  soggetti  che rivestono pubbliche funzioni, laddove, per
contro,  l'imposizione al proprietario di denunciare il conducete del
veicolo  responsabile  della violazione appare limitare il diritto di
difesa  del  cittadino,  obbligato  a  parlare,  mentre il diritto al
silenzio e' ormai patrimonio acquisito del nostro ordinamento.
    Violazione dell'art. 27 Cost.
    Va,    poi,    valutata   anche   l'ipotesi   di   illegittimita'
costituzionale  dell'art. 126-bis  comma  2  c.d.s.  in  relazione al
dettato  di  cui  all'art. 27  Cost.,  che  appare non manifestamente
infondata  in  quanto,  atteso  che  l'irrogazione  della multa ad un
soggetto   diverso   da   quello   che   effettivamente  ha  commesso
l'infrazione   contestata   risulta   applicata   solo  a  titolo  di
responsabilita'  oggettiva,  istituto  peraltro  estraneo  al vigente
diritto sanzionatorio penale ed amministrativo.
    La legge n. 689/1981 stabilisce, infatti, all'art. 3, che: «nelle
violazioni in cui e' applicabile una sanzione amministrativa ciascuno
e'  responsabile  della  propria  azione  od  omissione,  cosciente e
volontaria,  sia  essa  dolosa  o  colposa»,  venendo  sancito  anche
nell'ambito   delle  sanzioni  amministrative  il  principio  che  la
responsabilita'   e'   personale  (art.  27,  comma  1,  Cost.)  cio'
comportando  l'impossibilita'  di  chiamare rispondere un soggetto al
posto di altri.
    Recentemente  la  S.C.,  Sez.  I,  con Sent. n. 17536/2003 del 30
aprile   2003,   ha   esplicitamente   ribadito  il  principio  della
censurabilita'  dell'applicazione  di una sanzione amministrativa nei
confronti di un legale rappresentante sulla sola base di un parametro
oggettivo di responsabilita', collegato alla c.d. culpa in eligendo o
in  vigilando,  essendo necessario evidenziare un «collegamento»" tra
il  comportamento  contra  legem  ed  il suo autore, sia in ordine al
profilo causale che a quello di tipo soggettivo (conforme: Cass. civ.
n. 10412/1994).
    In  effetti, l'introduzione della «patente a punti»", soprattutto
sotto  il  profilo  della  decurtazione a carico del proprietario del
veicolo  per le violazioni in cui non e' stato possibile identificare
il  conducente,  concretizzerebbe  una  fattispecie di responsabilta'
oggettiva,   in   contrasto   con  l'art. 27  Cost.  che  afferma  la
responsabilita' personale in materia penale.
    L'istituto  in questione, infatti, rileva sotto i profili penale,
civile  ed  amministrativo:  con  riferimento  al  primo, la dottrina
maggioritaria  attribuisce  all'affermazione  contenuta  nell'art. 27
comma  1  Cost. («la responsabilita' penale e' personale») un divieto
sia  di  responsabilita'  per  fatto  altrui  che  di responsabilita'
oggettiva,   incardinando   il  diritto  penale  al  principio  della
responsabilita'  per  fatto proprio colpevole, poiche' anche l'evento
causato  dal  soggetto,  ma a lui psicologicamente non ricollegabile,
non  puo'  dirsi  certo  suo  personale; di conseguenza le due citate
forme di responsabilita' devono ritenersi incostituzionali.
    Certo  non  mancano  casi  di responsabilita' oggettiva anche nel
nostro  ordinamento, ma questi sono espressamente codificati e godono
della caratteristica dell'eccezionalita'.
    Nell'ipotesi,   invece,   della   responsabilita'   nell'illecito
amministrativo,   e'   d'uopo   fare  una  premessa  di  fondo:  alla
costruzione   di  quest'ultimo,  cosi'  come  formulato  dalla  legge
n. 689/1981,  concorrono elementi mutuati sia dal diritto penale (tra
cui  il  principio  di legalita', l'elemento soggettivo e le cause di
esclusione  della  responsabilita'  solo  per citarne alcuni), che da
quello  civile  (rappresentati soprattutto dalla solidarieta' e dalla
responsabilita' di chi e' tenuto alla sorveglianza dell' incapace per
un fatto realizzato da questi).
    In  particolare, l'art. 3 comma 1 della predetta legge, ripetendo
la  formula dell'art. 42 c.p., richiede lo stesso elemento soggettivo
delle  contravvenzioni,  l'indifferenza tra dolo e colpa, pur essendo
necessaria  almeno  quest'ultima,  depurando  in  tal modo l'illecito
amministrativo  da  quei  residui  di  responsabilita'  oggettiva che
ancora inquinano l'illecito penale.
    L'art. 6, invece, ha introdotto l'istituto della solidarieta', di
derivazione civilistica, prevedendo la responsabilita' in solido, con
l'autore  dell'illecito,  del  proprietario  della  cosa  che servi a
commettere  la  violazione,  della persona incaricata della vigilanza
sull'incapace,    per    i   fatti   da   quest'ultimo   commessi   e
dell'imprenditore   per   gli   illeciti   commessi   dal  dipendente
nell'esercizio delle proprie incombenze.
    Analizzando   attentamente  il  primo  comma  di  quest'articolo,
relativo  al  proprietario  della  cosa  che  servi' o fu destinata a
commettere la violazione, si puo' notare che e' stato ripreso in toto
dall'art. 196  c.d.s.,  ma la cosa piu' interessante e' che ripete la
stessa formulazione dell'art. 2054 comma 3 c.c., esempio eclatante di
responsabilita' oggettiva in campo civile.
    Con  un'importante  precisazione, pero': nella legge n. 689/1981,
come  nell'art. 196  c.d.s., la responsabilita' in solido comporta il
pagamento   della   somma   pecuniaria   scaturita  dalla  violazione
amministrativa,  e  non invece l'assoggettamento ad altra sanzione di
carattere afflittivo, ma non pecuniario, come quella della detrazione
dei  punti  dalla  patente  prevista  dall'art. 126-bis;  anzi questa
formalmente  non  e'  nemmeno  considerata  sanzione  accessoria  dal
rinnovellato  codice  della  strada,  non avendo trovato collocazione
nell'elenco  delle sanzioni accessorie previsto dall'art. 210 comma 2
lett.  c)  (sanzioni  concernenti  i  documenti  di circolazione e la
patente di guida).
    In sintesi, due sono le teorie:
        la  prima  che  ritiene l'illecito amministrativo, in special
modo quello punito con sanzione pecuniaria, una categoria autonoma da
quella   dell'illecito  penale,  con  la  logica  conseguenza  di  un
superamento   dei   principi  regolatori  del  diritto  penale  nella
costruzione delle regole fondamentali degli illeciti amministrativi;
        la   seconda,   invece,  per  la  quale  non  sussisterebbero
sostanziali  differenze  tra  le due categorie di illeciti, cosicche'
sarebbe  meramente  formale  il  criterio  distintivo  tra le stesse,
costituito  dal  tipo di sanzione prevista per ciascun illecito: pena
per  l'illecito  penale  e  sanzione  per  amministrativa  per quello
amministrativo.
    A  sostegno  della prima, l'uso del termine «assoggettamento» che
il  legislatore  ha  fatto  nell'art.  1  della  legge n. 689/1981 (a
differenza  del  «punito»"  dell'art. 1  c.p.),  come  se la sanzione
amministrativa  avesse un valore diverso dalla pena, tanto che alcuni
accostarono l'illecito amministrativo a quello civile, individuandone
il fondamento costituzionale nell'art. 23 Cost.: «nessuna prestazione
personale  o  patrimoniale  puo'  essere  imposta se non in base alla
legge».
    Contra,  la  dottrina  maggioritaria  e  la  giurisprudenza hanno
evidenziato  che, mentre dall'illecito civile scaturisce l'obbligo di
risarcire  danno  provocato  al  fine  di  reintegrare  il patrimonio
oggetto  di  lesione,  da  quello  amministrativo  deriva  quello  di
sottostare  alla  sanzione amministrativa in quanto si e' violata una
norma  dettata  per  la tutela di interessi generali, obbligo che non
puo' essere frazionato tra piu' autori.
    Pertanto,   come  nel  diritto  penale,  il  carattere  punitivo,
generalpreventivo  e  specialpreventivo della sanzione amministrativa
esclude la trasmissibilita' agli eredi dell'obbligazione di pagare la
pena pecuniaria alla morte del trasgressore.
    In  ultima  istanza  e'  il  legislatore,  nel  momento in cui si
predispone  a  regolamentare  dei  fatti, che sceglie la collocazione
della   materia   nel  sistema  sanzionatorio  penale  od  in  quello
amministrativo, in base a proprie valutazioni politiche.
    Comunque,  all'obiezione  che l'illecito amministrativo non ha la
natura risarcitoria o reintegratoria tipica di quello civile, si puo'
tranquillamente  replicare  che  esistono  nell'ordinamento  sanzioni
amministrative  ripristinatorie,  volta  ad  eliminare il danno od il
profitto   dell'agente,  soprattutto  in  materia  urbanistica  o  di
bellezze  naturali,  ma anche nel codice della strada, come l'obbligo
di ripristino dello stato dei luoghi o di rimozione di opere abusive.
    Una   lettura   meramente   formale  dell'art. 27  Cost.,  valida
esclusivamente  per  la  materia penale, aprirebbe comunque un vulnus
nella  tutela  dei  diritti  difesa del cittadino, considerato che il
legislatore  potrebbe  mascherare  vere  e proprie fattispecie penali
sotto   una  copertura  formalmente  amministrativa;  come  ha  fatto
recentemente  con l'introduzione della responsabilita' amministrativa
dell'ente    contenuta    nel    d.lgs.    n. 231/2001,   formalmente
amministrativa,  ma  sostanzialmente  di carattere penale, desumibile
dal  collegamento  diretto e non solidale della responsabilita' della
societa'  con  la  commissione  dei  reati, e sull'accertamento della
stessa  demandata  al giudice penale con l'insieme delle garanzie del
processo penale.
    Tutto  quanto sin qui esposto, comporta automaticamente l'avvallo
della  teoria  in  base  alla quale l'incompatibilita' costituzionale
della  responsabilita'  oggettiva  prevista  dall'art. 27  Cost.  non
riguardi la violazione di natura amministrativa.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  sollevata  dal  ricorrente in relazione
all'art. 126-bis comma 2 c.d.s. (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), come
modificato  con  il  decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151, convertito
con  modificazioni  dalla  legge  1°  agosto  2003,  n. 214 (legge di
conversione  pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto
2003),  per violazione degli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, per
le ragioni di cui in motivazione;
    Dispone la sospensione del processso in corso;
    Ordina  la  notificazione  della  presente  ordinanza  alle parti
costituite;
    Ordina  la  notificazione  della presente ordinanza al Presidente
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
    Ordina  la  trasmissione  della  presente  ordinanza  alla  Corte
costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle
notificazioni e delle comunicazioni prescritte.
        Cesena, addi' 28 giugno 2004
                     Il giudice di pace: Pepoli
04C1304