N. 977 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 giugno 2004

Ordinanza  emessa  il 24 giugno 2004 dal G.I.P. del Tribunale di Bari
nel procedimento penale a carico di Delle Foglie Silvestro ed altri

Reati  e  pene  -  Attivita' organizzate per il traffico illecito dei
  rifiuti  -  Descrizione  generica  della  condotta incriminata, con
  incidenza   sulla   valutazione   della  sussistenza  dell'elemento
  psicologico   -   Violazione   del   principio  di  tassativita'  e
  determinatezza  della  fattispecie  penale - Lesione del diritto di
  difesa.
- Decreto  legislativo  5 febbraio 1997, n. 22, art. 53-bis, aggiunto
  dall'art. 22 della legge 23 marzo 2001, n. 93.
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 27 e 111.
(GU n.49 del 22-12-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Visti  gli  atti del giudizio n. 2358/04 R.G.G.I.P. e, preso atto
che  nella  fattispecie si contestava nei confronti dei tre indagati,
fra  le  altre,  anche  la  contestazione  di cui all'art. 53-bis del
d.lgs.  n. 22/1997,  per avere gli stessi, in concorso tra loro ed al
fine  di  conseguire  un  ingiusto  profitto,  con  piu'  operazioni,
attraverso   l'allestimento   di   mezzi   e  attivita'  continuative
organizzate,  ceduto,  ricevuto,  trasportato  e  comunque smaltito e
gestito  abusivamente  ingenti quantitativi di rifiuti tra 1999 ed il
2003.
    Letta   inoltre  la  richiesta  di  applicazione  di  una  misura
cautelare  richiesta  dalla  pubblica  accusa  nei  confronti dei tre
indagati  di  cui  al sopra numerato procedimento, formulata nei loro
confronti  in  data  18  maggio  2004  ed accolta dallo scrivente con
ordinanza di applicazione della custodia cautelare nei loro confronti
nella  forma  degli  arresti  domiciliari  in  data  3  giugno 2004 e
rilevato  che nella fattispecie si trattava di uno scarico continuato
sui  terreni  di  uno degli indagati, per circa quattro anni (appunto
dal  1999  al  2003,  malgrado  l'art. 53-bis  del decreto Ronchi sia
entrato  in  vigore  dall'aprile  del  2001)  di  ammendante organico
compostato sfuso prodotto da altro indagato e trasportato dall'ultimo
dei  tre  indagati  in  quantita'  di  gran  lunga superiore a quelle
consentite,   al   massimo,   dalla   legge  (anche  falsificando  la
destinazione  dello  stesso  sulle  bollette  di  scarico  relativo),
ammendante  contenente  rifiuti inorganici del tipo plastica, oggetti
metallici ed altro ed equiparabile pertanto ad un rifiuto, motivo per
cui  si  riteneva  che, vista l'attivita' industriale apprestata e la
reiterazione  delle  condotte,  commisurate,  pero', sull'arco di ben
quattro  anni,  vi  fosse nella fattispecie la concretizzazione di un
ingente traffico illecito di rifiuti.
    Rilevato  che  lo scrivente ritiene di poter dubitare, in maniera
non   manifestamente  infondata,  della  legittimita'  Costituzionale
dell'art.  53-bis  del d.lgs. n. 22/1997 aggiunto dall'art. 22, legge
23 marzo 2001 per evidente contrasto della formulazione di tale norma
con  i  precetti costituzionali contenuti negli artt. 3, 24, 25, 27 e
111 della Costituzione.
    L'art. 53-bis inserito nel d.lgs. n. 22/1997 e, infatti, il primo
(e,  allo  stato,  unico)  delitto  ambientale in senso stretto della
legislazione  italiana;  tuttavia,  la norma (introdotta dall'art. 22
della   legge   23   marzo   2001)   per   come  strutturata,  appare
ragionevolmente   passibile   di   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale  relativamente  a  due  profili,  entrambi di evidente
rilevanza:  la  inesistenza  di un «minimo» riconoscibile di condotta
tipica  («ingenti quantitativi») e la palese - quanto inaccettabile -
coincidenza  dell'elemento  psicologico  - dolo specifico introdotto,
con il dolo generico richiesto per la volizione dolosa «minima».
    Va  premesso  che  l'art.  53-bis  e'  un  delitto  certamente di
pericolo   (senza   evento)  e,  pertanto,  tipizzato  unicamente  in
relazione    alla   condotta   sulla   quale   dovrebbe   incentrarsi
l'offensivita'  del  fatto  tipico  in  relazione  al  bene giuridico
protetto  dalla  norma  incriminatrice;  in  piu'  il  legislatore ha
individuato  un  ulteriore  elemento  costitutivo  della  fattispecie
rappresentato dal dolo specifico dell'ingiusto profitto.
    La  tecnica legislativa utilizzata per disciplinare tale illecito
e'  assolutamente  disarmonica  rispetto  ai canoni della tipicita' e
determinatezza    della    fattispecie,    nonostante   ogni   sforzo
interpretativo.
    In  relazione  alla  condotta,  sembra  che  il legislatore abbia
voluto    operare   una   distinzione   rispetto   alle   fattispecie
contravvenzionali,   tipizzando,   in   modo   specifico,  la  scelta
comportamentale  -  mediante  piu'  operazioni  organizzate  in  modo
continuativo  -  di  gestione  abusiva  di  ingenti  quantitativi  di
rifiuti.
    Tale  condotta,  pero',  appare  in  tutta  evidenza contraria al
principio di tassativita' della norma penale, in quanto assolutamente
indeterminata, nella parte in cui non e' in alcun modo specificata la
parametrazione  del  concetto  -  per  qualita'  e/o  quantita'  - di
«ingenti    quantitativi»,   anche   per   l'assolutamente   generico
riferimento  all'avverbio «abusivamente», di cui si dira' poi, (oltre
che,  in  second'ordine,  per  l'omissione relativa alla tipologia di
rifiuti, la cui gestione integrerebbe il delitto de quo);
    Invero,  non  si comprende quali siano i requisiti che rendono le
attivita'  «continuative  ed  organizzate»  che  non  siano  di fatto
ricompresi,   nel  previo  allestimento  di  mezzi  e  come  possa  a
molteplicita'  di  operazioni  che costituiscono da sole, ciascuna di
esse,  una  porzione  della condotta tipica prevista dall'art. 53-bis
che,   evidentemente,   presenta   una   rubrica   che   fa   pensare
all'interprete  a  condotte  organizzate  per il traffico illeciti di
rifiuti,  ed  invece  la  condotta  (cosi'  infelicemente)  descritta
punisce   la   organizzata   e   continuativa   cessione,  trasporto,
esportazione,  ecc.  illeciti  dei  rifiuti,  e quindi nulla ha a che
vedere  con il traffico illecito di rifiuti di cui al precedente art.
53 del medesimo decreto Ronchi, che e' cosa del tutto diversa.
    Inoltre,  la tipizzazione della condotta in relazione al concetto
di   «ingenti   quantitativi»,  e'  un'assoluta  novita'  del  nostro
ordinamento,  che  lascia indubbiamente campo libero alla piu' ampia,
discrezionalita'  del  giudice che di volta in volta non si limitera'
ad  interpretare la norma, bensi' ad indicarne la portata «tipica» ed
i  contenuti precettivi, con presumibile contrasto di giudicati anche
in  caso di identiche condotte a seconda dell'indicazione del giudice
di turno.
    Questa  situazione,  lo  si ripete, e' indubbiamente in contrasto
con   il  principio  di  legalita'  nella  sua  duplice  veste  della
tassativita'   e   determinatezza   della   fattispecie,   oltre  che
evidentemente  lesiva,  nella  sua genericita', di un serio esercizio
del diritto di difesa.
    Tale   diagramma,   sintonizzato   al   rispetto   dei   principi
costituzionali,  puo'  soffrire  lievissime  eccezioni  solo  se tali
concetti  indeterminati  vengano  a  tipizzare  delle circostanze del
reato (vedi sostanze stupefacenti: arg. ex Cass. S.U. 21 giugno 2000,
n. 17)  laddove  la discrezionalita' del giudice serve ad equilibrare
fatti  gia'  penalmente  rilevanti  e  specificatamente individuati e
sanzionati dalle norme incriminatici.
    Non  solo,  proprio dalla giurisprudenza di legittimita', in tema
di   stupefacenti,  richiamata  abbondantemente  nella  richiesta  di
applicazione  di una misura cautelare nel presente procedimento (vedi
ex  multis,  Cass.  sez.  VI  10  aprile 2003, n. 29702), si apprende
l'estremo   pragmatismo   che  caratterizza  l'interpretazione  della
circostanza   aggravante  ex  art. 80  del  d.P.R.  n. 309/1990,  con
riferimenti  che  in  alcun modo possono essere «estesi» alla materia
dei rifiuti.
    Questo  a  maggior  ragione  ove  si consideri che la gestione di
questi  «ingenti  quantitativi»  deve  essere  semplicemente abusiva,
senza  che  sia dato sapere a quale dei divieti del decreto Ronchi (e
solo  a  quelli?)  la  norma  si  riferisca  e,  soprattutto, a quali
tipologie  di  rifiuti,  elemento  questo, assolutamente rilevante ai
fini  della  effettiva  messa  in  pericolo del bene giuridico che la
norma vuole tutelare.
    In   tale  frangente,  non  puo'  valere,  trattandosi  di  norma
incriminatrice  primaria,  il rinvio che la giurisprudenza della S.C.
opera  alla «valutazione discrezionale» del giudice di merito in tema
di stupefacenti.
    Cosi'  operando,  si  svincolerebbe  il  precetto da qualsivoglia
certezza,     affidando    all'apprezzamento    dell'interprete    la
delimitazione  dei  contenuti  tipici  del fatto di reato, situazione
evidentemente  collidente  con  i principi di cui agli articoli dalla
Carta  fondamentale richiamati in epigrafe, ciascuno indicativo di un
parametro  microscopicamente  violato dal legislatore con la norma in
esame.
    Peraltro,  visto  che  la gestione di queste ingenti quantita' di
rifiuti,  cosi'  come il commercio, l'intermediazione e le spedizioni
abusive  degli  stessi,  sono  gia'  previsti come reati, sia pure di
natura  solo contravvenzionale, da altre norme del decreto Ronchi, se
non  si  vuole ritenere che l'art. 53-bis abbia avuto, in pratica, il
solo  compito  di  elevare  al rango di delitto fattispecie che prima
erano  solo  contravvenzioni, ci si deve chiedere se puo' esistere in
rerum  natura un'attivita' che sia abusiva ma che produce comunque un
profitto   giusto,   altra  ragione  per  cui  si  ritiene  la  norma
assolutamente contraria al principio costituzionale di tassativita'.
    La norma appare illegittima costituzionalmente anche ove si ponga
attenzione alla introduzione del dolo specifico - ingiusto profitto -
che  indubbiamente  incentra l'illiceita' della fattispecie; infatti,
non  e' sufficiente porre in essere la condotta prevista dalla norma,
ma  occorre  uno  scopo  ulteriore  perche'  il  fatto  possa  essere
costitutivo di reato.
    La  scelta di punire queste condotte come realizzate a seguito di
dolo   specifico,   presumibilmente,   e'  frutto  della  scelta  del
legislatore  di  delimitare  la punizione a comportamenti che, di per
se'  leciti,  si possono qualificare come reati in presenza di questa
determinata finalita' (un ingiusto profitto).
    Solo   che  la  genericita'  della  condotta,  indubbiamente  mal
scritta, rende ancora piu' difficile la valutazione della sussistenza
dell'elemento  psicologico  -  dolo specifico - ulteriore rispetto al
dolo  generico  dell'avverbio  «abusivamente»,  in  quanto  e davvero
impossibile   immaginare  un  profitto  giusto  in  presenza  di  una
gestione,  come  gia'  scritto sopra, se questa attivita', altrimenti
lecita, deve necessariamente essere anche abusiva, quello che avrebbe
dovuto essere l'elemento specializzante da provare - dolo specifico -
viene, a causa di tale errata previsione legislativa, inevitabilmente
a confondersi con la condotta, determinando un'inaccettabile dolus in
re  ipsa,  e  comunque  una  inevitabile confusione e coincidenza (ed
impossibilita'  di  discernimento)  tra  il  dolo  specifico e quello
generico,  realizzando cosi' un ulteriore vulnus diritto di difesa ex
art. 24 della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953;
    Dispone la sospensione del sopra numerato procedimento;
    Dispone altresi' l'immediata trasmissione degli atti del presente
giudizio alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente sia trasmessa, a cura della cancelleria
alla   locale  procura,  agli  indagati  ed  ai  loro  difensori,  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  al Presidente delle due
Camere del Parlamento.
        Bari, addi' 24 giugno 2004
        Il giudice per le indagini preliminari: De Benedictis
04C1333