N. 372 SENTENZA 29 novembre - 2 dicembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione  Toscana  -  Statuto - Ricorso del Governo - Proposizioni con
  contenuto   di   «principi   generali»  e  «finalita'  principali»,
  particolarmente   in  tema  di  diritto  di  voto  agli  immigrati,
  convivenza  fuori  del  vincolo matrimoniale, equilibrio ecologico,
  ambiente,   patrimonio  culturale,  biodiversita',  rispetto  degli
  animali,  patrimonio  storico  artistico  e paesaggistico, sviluppo
  economico,  competitivita'  delle  imprese,  liberta' di iniziativa
  economica,  cooperazione - Funzione di natura culturale o politica,
  ma  non  normativa - Carenza di idoneita' lesiva - Inammissibilita'
  delle questioni.
- Statuto  della  Regione  Toscana,  artt. 3,  comma 6, e 4, comma 1,
  lettere h), l), m), n), o) e p).
- Costituzione,   artt. 2,   3,   5,  29,  48,  117,  secondo  comma,
  lettere e),  f),  i),  l) , p), s ), 118, terzo comma, 121, secondo
  comma, 123, primo comma, e 138.
Regione Toscana - Statuto - Programma di governo - Approvazione entro
  10  giorni dalla sua illustrazione - Ricorso del Governo - Asserita
  irragionevole variazione rispetto alla forma di governo prefigurata
  nella Costituzione - Non fondatezza della questione.
- Statuto della Regione Toscana, art. 32, comma 2.
- Costituzione, artt. 3 e 122, quinto comma.
Regione   Toscana  -  Statuto  -  Diritto  di  accesso  ai  documenti
  amministrativi regionali - Richiesta senza obbligo di motivazione -
  Atti amministrativi «meramente esecutivi» - Esclusione dell'obbligo
  di motivazione - Ricorso del Governo - Assunta lesione dei principi
  di  buon  andamento dell'amministrazione, di tutela giurisdizionale
  dei  diritti  e  degli  interessi  legittimi,  di eguaglianza - Non
  fondatezza delle questioni.
- Statuto della Regione Toscana, art. 54, commi 1 e 3.
- Costituzione, artt. 3, 24, 97 e 113.
Regione  Toscana  -  Statuto - Funzioni amministrative conferite agli
  enti   locali  -  Disciplina  con  legge  regionale  per  garantire
  uniformita'  in  funzione di specifiche esigenze unitarie - Ricorso
  del   Governo   -   Asserita  lesione  della  riserva  di  potesta'
  regolamentare   attribuita   agli   enti  locali,  della  autonomia
  organizzativa  e  amministrativa  degli  stessi,  del  principio di
  sussidiarieta',   del  principio  di  leale  collaborazione  -  Non
  fondatezza della questione.
- Statuto della Regione Toscana, art. 63, comma 2.
- Costituzione, artt. 114, 117, sesto comma, e 118.
Regione  Toscana  -  Statuto - Tributi degli enti locali - Disciplina
  con  legge,  limitatamente  ai profili coperti da riserva di legge,
  salva  la potesta' degli enti di istituirli - Ricorso del Governo -
  Asserita  lesione  dell'autonomia tributaria degli enti locali, con
  pregiudizio delle scelte del legislatore nazionale - Non fondatezza
  della questione.
- Statuto della Regione Toscana, art. 64, comma 2.
- Costituzione, art. 119.
Regione  Toscana  -  Statuto  -  Formazione  e  attuazione degli atti
  comunitari  nelle  materie di competenza regionale - Partecipazione
  degli  organi  di  governo  e del Consiglio regionale - Ricorso del
  Governo - Asserita lesione della competenza statale nella materia -
  Non fondatezza della questione.
- Statuto della Regione Toscana, art. 70, comma 1.
- Costituzione, art. 117, quinto comma.
Regione  Toscana  -  Statuto  -  Referendum  abrogativo  di  legge  o
  regolamento  regionale  - Quorum della maggioranza dei votanti alle
  ultime  elezioni regionali - Ricorso del Governo - Asserita lesione
  del  principio  di  ragionevolezza,  irrazionalita', violazione del
  criterio  determinativo  del quorum previsto dalla Costituzione per
  il  referendum  abrogativo  di legge statale - Non fondatezza della
  questione.
- Statuto della Regione Toscana, art. 75, comma 4.
- Costituzione, artt. 3 e 75.
(GU n.1002 del 9-12-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli 3,
comma 6; 4, comma 1, lettere h), l), m), n), o), p); 32, comma 2; 54,
commi 1  e  3;  63,  comma 2;  64, comma 2; 70, comma 1; 75, comma 4,
dello statuto della Regione Toscana, approvato in prima deliberazione
il  6 maggio  2004  e,  in  seconda deliberazione, il 19 luglio 2004,
pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 27 del 26 luglio
2004, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,
notificato   il  9 agosto  2004,  depositato  in  cancelleria  il  12
successivo ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  16 novembre  2004  il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Giorgio D'Amato per il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  e l'avv. Stefano Grassi per la Regione
Toscana.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con ricorso
notificato il 9 agosto 2004, depositato il successivo 12 agosto 2004,
ha   sollevato   questione   di   legittimita'  costituzionale  degli
articoli 3,  comma 6; 4, comma 1, lettere h), l), m), n), o), p); 32,
comma 2;  54, commi 1 e 3; 63, comma 2; 64, comma 2; 70, comma 1; 75,
comma 4,  dello  statuto  della  Regione  Toscana, approvato in prima
deliberazione  il  6 maggio  2004  e,  in  seconda  deliberazione, il
19 luglio  2004,  pubblicato  nel  Bollettino Ufficiale della Regione
n. 27  del  26 luglio 2004, in riferimento agli articoli 2, 3, 5, 24,
29, 48, 97, 113, 114, 117, secondo comma, lettere e), f), i), l), p),
s),  terzo,  quinto  e  sesto  comma,  118,  121, 122, 123, 138 della
Costituzione.
    1.1.  - L'art. 3, comma 6, dello statuto impugnato stabilisce che
«la  Regione  promuove,  nel  rispetto  dei  principi costituzionali,
l'estensione del diritto di voto agli immigrati».
    Questa norma, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto con
il  principio  costituzionale  che  riserva ai cittadini l'elettorato
attivo  (art. 48  della  Costituzione) e non sarebbe finalisticamente
rispettosa  delle  attribuzioni costituzionali dello Stato, in quanto
il  potere  di  revisione  costituzionale  e' riservato al Parlamento
nazionale   (art. 138   della   Costituzione).   Inoltre,  violerebbe
l'art. 117,  secondo  comma,  lettere f) e p), della Costituzione, in
virtu'   del  quale  spetta  allo  Stato  la  competenza  legislativa
esclusiva  nella  materia elettorale concernente gli organi statali e
degli   enti   locali,   nonche'  l'art. 121,  secondo  comma,  della
Costituzione, poiche' limiterebbe il potere di iniziativa legislativa
del Consiglio regionale.
    1.2.  -  L'art. 4,  comma 1,  lettera h),  dello statuto in esame
dispone  che  la  Regione persegue, tra le finalita' prioritarie, «il
riconoscimento  delle  altre forme di convivenza» con previsione che,
ad   avviso  della  difesa  erariale,  potrebbe  costituire  la  base
statutaria  di  future  norme  regionali  recanti  una disciplina dei
rapporti tra conviventi lesiva della competenza legislativa esclusiva
dello  Stato  in materia di «cittadinanza, stato civile e anagrafi» e
di  «ordinamento  civile»  (art. 117, secondo comma, lettere i) e l),
Cost.)
    La  norma  violerebbe, inoltre, l'art. 123 della Costituzione, ed
il  limite  della  «armonia con la Costituzione», qualora con essa si
«intenda affermare qualcosa di diverso dal semplice rilievo sociale e
dalla  conseguente  giuridica  dignita»  della  convivenza tra uomo e
donna  fuori  del  vincolo matrimoniale, ovvero si «intenda affermare
siffatti  valori  con  riguardo  ad  unioni  libere  e  relazioni tra
soggetti   del   medesimo   sesso»,   in  contrasto  con  i  principi
costituzionali,  in relazione a situazioni divergenti dal modello del
rapporto  coniugale,  estranee  al  contenuto  delle garanzie fissate
dall'art. 29  della  Costituzione,  non  riconducibili  alla sfera di
protezione dell'art. 2 della Costituzione.
    La  norma  si  porrebbe  in  contrasto anche con l'art. 123 della
Costituzione,  in  quanto  avrebbe un contenuto estraneo ed eccedente
rispetto  a  quello  configurabile quale «contenuto necessario» dello
statuto,  non  esprimerebbe  un  interesse  proprio  della  comunita'
regionale  e  neppure  avrebbe  contenuto  meramente  programmatorio,
violando  altresi'  il principio fondamentale di unita' (art. 5 della
Costituzione)   e   realizzando   una  ingiustificata  disparita'  di
trattamento, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    1.3. - L'art. 4, comma 1, lettere l) e m), dello statuto in esame
stabilisce che la Regione persegue, tra le finalita' prioritarie, «il
rispetto  dell'equilibrio  ecologico,  la  tutela dell'ambiente e del
patrimonio   culturale,  la  conservazione  della  biodiversita',  la
promozione  della  cultura  del  rispetto degli animali» (lettera l),
nonche'  «la  tutela  e  la  valorizzazione  del  patrimonio storico,
artistico e paesaggistico» (lettera m).
    Secondo  il  ricorrente,  la norma violerebbe l'art. 117, secondo
comma,  lettera s),  della  Costituzione,  che  riserva allo Stato la
competenza  legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema  e  dei  beni  culturali, in quanto prevede la tutela
dell'ambiente e la tutela dei beni culturali.
    La  lettera m) recherebbe vulnus anche all'art. 118, comma terzo,
della  Costituzione,  che riserva alla legge statale la disciplina di
forme  di  intesa  e  di coordinamento nella materia della tutela dei
beni culturali.
    1.4. -  L'art. 4,  comma 1,  lettere n),  o)  e p), dello statuto
della  Regione  Toscana  stabilisce  quali finalita' prioritarie: «la
promozione  dello sviluppo economico e di un contesto favorevole alla
competitivita'  delle  imprese, basato sull'innovazione, la ricerca e
la  formazione,  nel  rispetto  dei principi di coesione sociale e di
sostenibilita'  dell'ambiente»  (lettera n); «la valorizzazione della
liberta'  di  iniziativa  economica  pubblica  e privata, del ruolo e
della   responsabilita'   sociale  delle  imprese»  (lettera o);  «la
promozione  della cooperazione come strumento di democrazia economica
e  di sviluppo sociale, favorendone il potenziamento con i mezzi piu'
idonei» (lettera p).
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, queste norme
avrebbero  lo  scopo  di  offrire  una base statutaria a future leggi
regionali  in contrasto con la competenza legislativa esclusiva dello
Stato  nella  materia  della  «tutela  della  concorrenza»  (art.117,
secondo   comma,   lettera e),   della  Costituzione)  e  lesive,  in
riferimento  al  settore  della cooperazione, «inteso come disciplina
delle  diverse  forme  e tipologie» di quest'ultima, della competenza
legislativa  esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile»
(art.117, secondo comma, lettera l), della Costituzione).
    1.5. - L'art. 32, comma 2, dello statuto in esame, disponendo che
«il  programma  di  governo e' approvato entro dieci giorni dalla sua
illustrazione»,  secondo la difesa erariale, non sarebbe coerente con
l'elezione  diretta  del  Presidente  della Giunta regionale, poiche'
l'approvazione  consiliare  del programma di governo - predisposto ed
attuato   dal  Presidente  ai  sensi  dell'art. 34  dello  statuto  -
instaurerebbe,    irragionevolmente   e   contraddittoriamente,   tra
Presidente  e  Consiglio  regionale,  un  rapporto diverso rispetto a
quello  conseguente all'elezione a suffragio universale e diretto del
vertice  dell'esecutivo prevista dal comma quinto dell'art. 122 della
Costituzione.
    1.6.  -  Il  ricorrente  censura  l'art. 54,  commi 1  e 3, dello
statuto  della  Regione Toscana nelle parti in cui dispone che «tutti
hanno  diritto  di accedere senza obbligo di motivazione ai documenti
amministrativi»  (comma 1) ed esclude l'obbligo della motivazione per
gli atti amministrativi «meramente esecutivi», in quanto queste norme
si   porrebbero  in  contrasto:  con  i  principi  costituzionali  di
efficienza e trasparenza (art. 97 della Costituzione), permettendo un
controllo   non  filtrato  dell'attivita'  dell'amministrazione,  non
giustificato  dall'esigenza di protezione di interessi giuridicamente
rilevanti;  con  il principio di effettivita' della tutela contro gli
atti   dell'amministrazione,   poiche'   ostacolerebbero   la  tutela
giurisdizionale  dei diritti e degli interessi legittimi da parte dei
controinteressati,   in   violazione   degli  artt. 24  e  113  della
Costituzione;   con   l'art. 3   della  Costituzione,  poiche'  dalla
differenza di disciplina nelle diverse regioni deriverebbe una tutela
non omogenea delle situazioni giuridiche soggettive.
    1.7.  -  L'art. 63,  comma 2, dello statuto in oggetto stabilisce
che  «la  legge,  nei  casi  in  cui  risultino  specifiche  esigenze
unitarie,  puo'  disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento delle
funzioni   conferite   per   assicurare   requisiti   essenziali   di
uniformita».
    Secondo  la  difesa  erariale,  la  norma vulnera sia l'art. 117,
sesto   comma,   della   Costituzione,   che  riserva  alla  potesta'
regolamentare  degli  enti locali la disciplina dell'organizzazione e
dello  svolgimento  delle funzioni amministrative ad essi attribuite,
sia  l'art. 118  della  Costituzione, in quanto eventuali esigenze di
esercizio  unitario  delle  funzioni,  in  virtu'  del  principio  di
sussidiarieta',  giustificherebbero esclusivamente il mantenimento di
determinate funzioni legislative al livello di governo regionale, non
gia'  l'attribuzione  delle predette all'ente locale e la contestuale
espropriazione  di  quest'ultimo dei poteri allo stesso spettanti per
regolamentarne  l'organizzazione  ed  il  funzionamento.  Inoltre, la
disposizione violerebbe l'art. 114 della Costituzione ed il principio
di  leale collaborazione nell'esercizio di compiti amministrativi che
interessano  piu'  enti fra quelli considerati, in modo equiordinato,
nella norma costituzionale.
    1.8.  -  L'art. 64, comma 2, dello statuto della Regione Toscana,
disponendo che «la legge disciplina, limitatamente ai profili coperti
da  riserva  di  legge,  i tributi propri degli enti locali, salva la
potesta'  degli  enti  di  istituirli»,  ad  avviso  del  ricorrente,
sottenderebbe  margini  di  autonomia  regionale  piu' ampi di quelli
stabiliti  dall'art. 119  della  Costituzione,  i cui limiti non sono
stati  richiamati,  prefigurando,  «direttamente  ed immediatamente»,
relativamente  alla  disciplina  dei  tributi  degli enti locali, «un
determinato  rapporto  tra  fonti  normative (legge regionale, per la
parte  coperta  da  riserva  di legge, e normativa locale, per quanto
concerne  l'istituzione e gli altri aspetti non coperti da riserva di
legge) che e' invece solo uno di quelli possibili, costituzionalmente
rimessi alle valutazioni ed alle scelte del legislatore nazionale nel
momento in cui dara' attuazione all'art. 119 Cost.».
    1.9.  - L'art. 70, comma 1, dello statuto in esame stabilisce che
«gli  organi di governo e il consiglio partecipano, nei modi previsti
dalla  legge,  alle  decisioni  dirette  alla formazione e attuazione
degli atti comunitari nelle materie di competenza regionale».
    La  difesa  erariale sostiene che la norma violerebbe l'art. 117,
quinto   comma,   della   Costituzione,   in   virtu'  del  quale  la
partecipazione delle Regioni alla formazione ed attuazione degli atti
comunitari  deve  avvenire  secondo  le  norme  stabilite dalla legge
statale.
    1.10.  -  L'art. 75, comma 1, dello statuto della Regione Toscana
disciplina  il referendum abrogativo, disponendo, al comma 4, che «la
proposta  di  abrogazione  soggetta  a  referendum  e'  approvata  se
partecipa  alla  votazione  la  maggioranza  dei  votanti alle ultime
elezioni  regionali  e se ottiene la maggioranza dei voti validamente
espressi».
    La  norma,  in questa parte, secondo il ricorrente, violerebbe il
principio  di  ragionevolezza, in quanto la disciplina del principale
strumento  di  democrazia  diretta e la valutazione del suo esito non
risulterebbero   connessi   alla   consistenza  effettiva  del  corpo
elettorale,   in   base   ad  un  corretto  principio  di  democrazia
partecipativa  correlato a quello del suffragio universale, bensi' ad
un  dato  casuale  e contingente, privo di significativita'. Inoltre,
non   ragionevolmente   la  disposizione  non  terrebbe  conto  della
differente  natura  della  consultazione  referendaria  rispetto alle
elezioni  regionali  e del diverso interesse che le due consultazioni
popolari  rivestono per il cittadino sia in relazione al loro diverso
oggetto  (scelta  dei  rappresentanti negli organi legislativi ovvero
diretta  decisione politica su problemi e discipline specifiche), sia
in  relazione  alle diverse modalita' di espressione e di computo del
voto nell'una e nell'altra consultazione.
    Queste considerazioni, ad avviso della difesa erariale, sarebbero
confortate  dalla constatazione che la linea di tendenza piu' recente
dimostra   che   vi  e'  un  progressivo  aumento  dell'astensionismo
elettorale,  il  quale  «potrebbe portare, sulla base della censurata
regola,     all'inaccettabile    ed    antidemocratica    conseguenza
dell'abrogazione  di  un  atto normativo in base al voto di un'esigua
minoranza del corpo elettorale».
    Infine,  la  norma  si  porrebbe  in  contrasto  con un principio
costituzionale fondamentale, qualificante la forma stessa dello Stato
democratico,   che   imporrebbe   di  correlare  la  validita'  della
consultazione   referendaria   alla   partecipazione  ad  essa  della
maggioranza   degli   aventi   diritto   di   cui  all'art. 75  della
Costituzione.
    2.  -  La  Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore
della  Giunta regionale, si e' costituita nel giudizio, chiedendo che
la Corte dichiari il ricorso inammissibile e comunque infondato.
    2.1. -  La  resistente,  in linea generale, premette che la piena
armonia  delle  disposizioni  censurate  con  le norme costituzionali
sarebbe  comprovata sia dal richiamo, implicito o esplicito, che esse
contengono  ai  principi  costituzionali,  indicati quali criteri per
individuare  la  loro  portata,  sia  dalle  norme  di principio pure
contenute  nello  statuto,  non  considerate dal Governo e che invece
costituirebbero  il  parametro  ermeneutico da utilizzare per la loro
corretta interpretazione. Siffatte norme dimostrerebbero, quindi, che
lo  statuto e' conforme alla Costituzione ed ai principi fondamentali
dell'ordinamento   costituzionale,   «nel  quale  si  riconoscono  le
vocazioni  e  le tradizioni della comunita' regionale, con il proprio
tessuto  civico  e  sociale,  con  la  capacita'  di accoglienza e la
vitalita'   solidale  che  accompagna  lo  sviluppo  delle  attivita'
intellettuali e scientifiche». Particolare importanza per la corretta
interpretazione   delle   norme   censurate   avrebbe,   inoltre,  la
risoluzione  approvata dal Consiglio regionale nella stessa seduta in
cui,  per  la seconda volta, e' stato approvato lo statuto, in quanto
essa ha chiarito la piena coerenza di dette norme con i principi ed i
valori  della  Costituzione ed ha offerto una risposta ufficiale alle
obiezioni  informalmente sollevate dal Governo (risoluzione n. 51 del
19 luglio 2004).
    2.2.  -  Relativamente alle prime quattro questioni sollevate dal
Presidente  del  Consiglio  dei ministri, aventi ad oggetto norme che
stabiliscono  principi  programmatici  e  finalita'  prioritarie,  la
Regione sostiene che le stesse non implicherebbero una rivendicazione
di competenze.
    Peraltro  gia'  gli  statuti  delle  regioni  di  diritto  comune
adottati  all'inizio degli anni settanta contenevano norme recanti la
fissazione  di obiettivi e principi in base ai quali le istituzioni e
gli  organi  regionali  concorrevano  alla  realizzazione dei diritti
costituzionali,  positivamente  scrutinate  dalla  Corte,  in  quanto
giudicate  espressive  della  «presenza  politica»  della  Regione in
rapporto  allo Stato ed anche alle altre Regioni, riguardo a tutte le
questioni  di  interesse  della comunita' regionale, anche in settori
estranei  alle materie di propria competenza ed al di la' del proprio
territorio  (sentenze  n. 829  e n. 921 del 1988; sentenza n. 171 del
1999).
    Inoltre,   sostiene   la  resistente,  la  Corte  ha  anche  gia'
riconosciuta  la  legittimita'  costituzionale  di  norme  analoghe a
quelle  in  esame, recate da uno statuto regionale approvato ai sensi
del nuovo art. 123 della Costituzione (sentenza n. 2 del 2004). A suo
avviso,   le   norme   oggetto   delle  prime  quattro  questioni  di
legittimita' costituzionale sono appunto qualificabili come meramente
«programmatiche»,  sicche'  le censure in esame sarebbero infondate e
comunque  inammissibili  nella parte in cui prospettano la lesione di
competenze  legislative  dello  Stato  che le norme impugnate, per la
loro natura e per i loro contenuti, non potrebbero vulnerare.
    2.3.   -   La   Regione  contesta  la  fondatezza  delle  censure
concernenti l'art. 3, comma 6, dello statuto, sostenendo che la norma
non  violerebbe  la  riserva  ai  cittadini  dell'elettorato  attivo,
poiche' prevede soltanto la promozione dell'estensione del diritto di
voto  agli  immigrati  «nel  rispetto  dei  principi costituzionali»,
quindi in relazione a deliberazioni o ad elezioni non necessariamente
riferibili alle elezioni degli organismi rappresentativi. D'altronde,
lo  stesso  legislatore  statale  ha  riconosciuto  il  diritto dello
straniero,  regolarmente  soggiornante in Italia da almeno sei anni e
titolare  di  permesso di soggiorno rinnovabile, di «partecipare alla
vita  pubblica locale, esercitando anche l'elettorato quando previsto
dall'ordinamento ed in armonia con le previsioni del capitolo C della
Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a
livello  locale,  fatta  a  Strasburgo  il  5 febbraio  1992» (art.9,
comma 4,  lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
recante  «Testo  unico  delle  disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione  e  norme  sulla  condizione  dello straniero»). La
Carta  di  Strasburgo,  ratificata  e  recepita  con la legge statale
8 marzo  1994, n. 203 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla
partecipazione  degli  stranieri alla vita pubblica a livello locale,
fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992, limitatamente ai capitoli A) e
B),  prevede  infatti  l'impegno degli Stati aderenti a «concedere il
diritto  di  voto  e  di  eleggibilita'  alle elezioni locali ad ogni
residente  straniero,  a  condizione  che questi soddisfi alle stesse
condizioni  di quelle prescritte per i cittadini ed inoltre che abbia
risieduto  legalmente  ed  abitualmente  nello Stato in questione nei
cinque  anni  precedenti  le  elezioni» (art. 6, capitolo C, Carta di
Strasburgo).
    Secondo  la  resistente,  la norma in questione non implicherebbe
peraltro  alcuna  rivendicazione  di  competenza  in detta materia, e
neppure   vincolerebbe   in  alcun  modo  l'autonomia  del  Consiglio
regionale nel proporre disegni di legge al Parlamento.
    2.4.  -  Le  censure  concernenti  l'art. 4, comma 1, lettera h),
dello  statuto,  ad  avviso  del  Presidente  della Giunta regionale,
sarebbero  inammissibili,  in quanto frutto di una interpretazione in
contrasto  con  la sua lettera e con la sua ratio e peraltro smentita
dalla  risoluzione  consiliare  del  19 luglio  2004.  La  contestata
genericita'  della  formulazione della disposizione sarebbe, infatti,
giustificata  dall'esigenza  di rispettare i principi costituzionali,
evitando qualsiasi equiparazione alla famiglia fondata sul matrimonio
di  convivenze  prive  della copertura costituzionale attribuita alla
famiglia  legittima, sicche' la norma permetterebbe esclusivamente la
tutela  di  quelle  forme stabili di convivenza per le quali le leggi
statali  (ad  esempio  gli  artt. 4  e  5  del d.P.R. 30 maggio 1989,
n. 223,  recante  Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della
popolazione   residente,  ovvero  l'art. 2  del  decreto  legislativo
3 maggio   2000,   n. 130,   recante   «Disposizioni   correttive  ed
integrative  del  d.lgs.  31 marzo 1998, n. 109 in materia di criteri
unificati  di valutazione della situazione economica dei soggetti che
richiedono  prestazioni  sociali agevolate») e regionali prevedono il
riconoscimento  della  fruizione  dei  diritti sociali, sempre che le
norme   sull'ordinamento  costituzionale  e  quelle  sull'ordinamento
civile lo consentano.
    Inoltre,  secondo  la Regione Toscana, il riconoscimento di altre
forme  di  convivenza  si  collegherebbe  con il riconoscimento della
persona  umana  e  della  sua  capacita'  di effettiva partecipazione
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (artt. 2 e
3 della Costituzione).
    2.5.  - Ad avviso della resistente, l'art. 4, comma 1, lettere l)
e  m),  dello  statuto,  individuando  quali finalita' prioritarie da
perseguire  quelle  della  «tutela  dell'ambiente  e  del  patrimonio
naturale»,  nonche'  della  «tutela  e  valorizzazione del patrimonio
storico,  artistico  e paesaggistico», non farebbe altro che indicare
un  compito  prioritario  della Regione, nell'ambito delle competenze
legislative   ed   amministrative   attribuite  alla  Regione,  senza
rivendicare  competenze  legislative  e regolamentari dello Stato. Le
finalita'    fissate   dalla   lettera l)   riguarderebbero   materie
trasversali  rispetto  a  numerose  competenze regionali e comunque -
relativamente   alla   tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  di
competenza    del   legislatore   statale   -   presupporrebbero   la
collaborazione e la cooperazione di tutti i livelli di governo per il
raggiungimento  di  risultati  che definiscono lo spirito ed i valori
fondamentali del nostro ordinamento.
    Per   analoghe   considerazioni,   secondo  la  Regione  Toscana,
sarebbero  infondate le censure concernenti la lettera m), poiche' la
tutela del patrimonio storico ed artistico, spettante alla competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato,  deve  essere « attuata anche e
soprattutto con la piena collaborazione delle Regioni».
    2.6. - Le finalita' indicate nell'art. 4, comma 1, lettere n), o)
e  p),  dello  statuto  non  porrebbero  in discussione la competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato nella materia della tutela della
concorrenza,  ma,  ad  avviso  del Presidente della Giunta regionale,
riguarderebbero  settori  di competenza regionale quali la promozione
delle  attivita'  economiche locali legate alle materie di competenza
regionale  concorrente e residuale di cui all'art. 117, commi terzo e
quarto, della Costituzione.
    L'obiettivo della promozione della cooperazione come strumento di
democrazia economica e di sviluppo sociale sarebbe, inoltre, coerente
con  i  principi  relativi ai rapporti economici fissati dall'art. 45
della  Costituzione,  e  non  violerebbe  la  competenza  legislativa
esclusiva  dello Stato in materia di ordinamento civile, in quanto le
leggi  regionali possono perseguire le finalita' indicate dalla norma
statutaria  nell'osservanza  della disciplina civilistica e di quella
comunque  regolante  le  societa'  cooperative  contenuta nelle leggi
dello Stato.
    2.7.  -  L'impugnazione  dell'art. 32,  comma 2,  dello  statuto,
secondo  la  Regione Toscana, sarebbe infondata, poiche' l'assenza di
conseguenze giuridiche nel caso di mancata approvazione del programma
di  governo  da parte del Consiglio regionale sarebbe coerente con la
forma  di  governo scelta dallo statuto, caratterizzata dall'elezione
diretta del Presidente della Giunta regionale.
    L'approvazione  del  programma  di governo da parte del Consiglio
regionale  non  inciderebbe, infatti, sulla posizione e sul ruolo del
Presidente, il quale potrebbe comunque nominare i membri della Giunta
anche  in  mancanza dell'approvazione nel termine di dieci giorni del
programma,  mentre la Giunta regionale potrebbe essere obbligata alle
dimissioni  solo  nel  caso di approvazione della mozione di sfiducia
prevista dall'art. 33, comma 3.
    2.8.  -  Ad avviso della resistente, l'impugnazione dell'art. 54,
commi 1  e  3, dello statuto sarebbe inammissibile in quanto con essa
sono state censurate due distinte disposizioni, senza individuare con
chiarezza  le questioni a ciascuna riferibili. Nel merito, le censure
sarebbero  comunque  infondate,  in  quanto  il diritto di accesso ai
documenti amministrativi senza motivazione costituirebbe un principio
rispettoso delle norme costituzionali che impongono l'imparzialita' e
la  trasparenza  della  pubblica  amministrazione (artt. 3 e 97 della
Costituzione),  per  alcuni casi gia' anche stabilito dal legislatore
statale  (art. 3  del  decreto  legislativo  24 febbraio 1997, n. 39,
recante   «Attuazione  della  direttiva  20/313/CEE,  concernente  la
liberta'  di  accesso  alle  informazioni in materia di ambiente»), e
sarebbe altresi' coerente con i principi del diritto comunitario, nel
cui ambito il diritto di accesso ai documenti e' riconosciuto a tutti
senza  l'obbligo  di dimostrare un interesse giuridicamente rilevante
da tutelare.
    Peraltro,  la  norma  censurata  prevedendo il diritto di accesso
senza   obbligo   di   motivazione,  «nel  rispetto  degli  interessi
costituzionalmente   tutelati  e  nei  modi  previsti  dalla  legge»,
permetterebbe  alla  legge  regionale  di  disciplinare il diritto di
accesso  in  maniera  da  assicurare l'osservanza dei principi che si
assumono  violati  ed  il  rispetto  dei  diritti  e  degli interessi
legittimi  di  eventuali  controinteressati,  senza  ledere la tutela
giurisdizionale  di  questi  ultimi. Infine, la norma riguarderebbe i
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione
e,  percio', avrebbe ad oggetto una materia riservata allo statuto ai
sensi dell'art. 123, primo comma, della Costituzione.
    2.9.  -  Secondo  la  Regione  Toscana,  le  censure  concernenti
l'art. 63,  comma 2,  dello  statuto  sarebbero  infondate, in quanto
l'art. 117,  sesto  comma,  della  Costituzione,  non  recherebbe una
riserva  assoluta  di  potesta'  regolamentare  in  favore degli enti
locali,  dal  momento  che  siffatta  potesta' deve essere esercitata
nell'ambito  delle  leggi  statali  e  regionali  che ne assicurano i
requisiti  minimi  di  uniformita',  conformemente  a quanto previsto
dalle  norme  costituzionali,  come  stabilito  dall'art. 4, comma 4,
della  legge  5  giugno 2003,  n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica alla legge cost. 18 ottobre 2001,
n. 3),  nel  rispetto dell'esigenza di una razionale applicazione del
criterio  flessibile  della  sussidiarieta'  enunciato dall'art. 118,
primo  comma,  della  Costituzione (sentenza n. 43 del 2004; sentenze
n.69 e n. 73 del 2004).
    2.10.   -  L'art. 64,  comma 2,  dello  statuto,  ad  avviso  del
Presidente  della Giunta regionale, non prefigurerebbe una disciplina
dei  tributi  degli  enti  locali su due livelli che, di per se', sia
tale da escludere l'adozione di altre possibili impostazioni da parte
della   legislazione   di  coordinamento  che  il  Parlamento  dovra'
approvare, ai sensi dell'art. 119, secondo comma, della Costituzione.
La  norma, con riferimento all'ipotesi di disciplina «a due livelli»,
ammessa   espressamente   dalla  Corte  (sentenza  n. 37  del  2004),
prevederebbe esclusivamente il rispetto del principio di salvaguardia
dell'autonomia  degli  enti locali, stabilendo che la legge regionale
dovra' fare salva la potesta' degli stessi enti locali di istituire i
tributi  ed intervenire soltanto nell'ambito delle materie oggetto di
riserva  di  legge,  con  conseguente  infondatezza dell'impugnazione
della succitata norma.
    2.11. -  Secondo  la  Regione  Toscana, l'art. 70, comma 1, dello
statuto  si  limiterebbe a stabilire un principio di riserva di legge
regionale   in   relazione  alle  procedure  interne  concernenti  la
disciplina  della modalita' di formazione della volonta' degli organi
regionali  in  ordine  alla partecipazione alla formazione degli atti
comunitari, nel rispetto delle norme di procedura dettate dallo Stato
in  conformita'  con l'art. 117, quinto comma, della Costituzione, ed
in  coerenza  con  l'art. 5 della legge n. 131 del 2003. Pertanto, la
norma  impugnata  non  violerebbe  ne'  la lettera ne' lo spirito dei
parametri costituzionali indicati dal ricorrente.
    2.12.  - Ad avviso della resistente, sarebbero infondate anche le
censure concernenti l'art. 75 dello statuto, poiche' l'individuazione
di un quorum di partecipazione al referendum abrogativo riferito alle
votazioni   delle   ultime   elezioni   regionali   non  sarebbe  ne'
irragionevole,  ne' incoerente. Il referendum abrogativo costituisce,
infatti,  una  forma di controllo del corpo elettorale sull'attivita'
dei  consiglieri  regionali e, quindi, non sarebbe illogico stabilire
il  quorum  di partecipazione facendo riferimento al corpo elettorale
che  ha  eletto  il  Consiglio regionale, i cui atti sono oggetto dei
quesiti  referendari.  Peraltro,  per la partecipazione al referendum
regionale  neppure  potrebbe  ritenersi  necessario  un  quorum  piu'
elevato,  tenuto  conto che le norme costituzionali, in riferimento a
consultazioni  su  leggi di particolare importanza, quali le leggi di
revisione costituzionale e gli stessi statuti regionali, escludono la
necessita'  di  un  quorum  minimo  di  partecipanti  alla  votazione
(artt. 138, secondo comma, e 123, comma terzo, della Costituzione).
    La  Regione Toscana conclude, infine, sostenendo che dall'art. 75
della  Costituzione,  non  e'  ricavabile un principio costituzionale
fondamentale,  vincolante  per  lo  statuto  regionale,  in ordine al
quorum  di  partecipazione  al  referendum abrogativo ivi indicato, e
cio'  sia  in quanto le ipotesi di referendum sarebbero diverse e non
equiparabili,   sia   in   quanto   l'art. 123,  primo  comma,  della
Costituzione,   porrebbe  una  espressa  riserva  di  disciplina  del
referendum in favore della fonte statutaria, mentre l'art. 117, comma
quarto,  della Costituzione, attribuirebbe alla Regione la competenza
residuale in materia di referendum regionali.
    3.   -   L'Avvocatura   generale   dello  Stato,  in  prossimita'
dell'udienza  pubblica,  ha  depositato  memoria  nella  quale deduce
l'ammissibilita'  dell'impugnazione,  ex art. 123 della Costituzione,
avente  ad  oggetto  norme programmatiche, qualora queste prefigurino
scopi  incompatibili con lo spirito e con i principi ricavabili dalla
Costituzione,   ovvero  che  richiedano  l'esercizio  di  poteri  che
costituzionalmente  non  possono  spettare  alla Regione. Inoltre, il
ricorrente  ribadisce  le  censure  concernenti  le  norme impugnate,
insistendo     nelle    argomentazioni    svolte    per    sostenerne
l'illegittimita' in riferimento ai parametri indicati nel ricorso.
    4. -  La  Regione  Toscana, nella memoria difensiva depositata in
prossimita'  dell'udienza  pubblica,  ribadisce  l'ammissibilita'  di
norme  statutarie  di contenuto programmatico, recanti indicazioni di
obiettivi   dell'azione  regionale,  esamina  nuovamente  le  censure
concernenti  le  disposizioni  impugnate,  deducendone l'infondatezza
sulla   scorta   delle   argomentazioni   sviluppate   nell'atto   di
costituzione.
    5. -   All'udienza   pubblica   le   parti  hanno  insistito  per
l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Il   Governo  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 3, comma 6; 4, comma 1, lettere h), l),
m),  n),  o),  p);  32,  comma 2;  54,  commi 1 e 3; 63, comma 2; 64,
comma 2;  70,  comma 1;  75,  comma 4,  dello  statuto  della Regione
Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il 6 maggio 2004 e, in
seconda   deliberazione,  il  19 luglio  2004,  in  riferimento  agli
articoli 2,  3,  5,  24,  29,  48,  97, 113, 114, 117, secondo comma,
lettere e),  f),  i),  l),  p), s), terzo, quinto e sesto comma, 118,
121, 122, 123, 138 della Costituzione.
    L'art. 3,  comma 6,  stabilisce  che  «la  Regione  promuove, nel
rispetto  dei  principi  costituzionali,  l'estensione del diritto di
voto  agli  immigrati»  e,  ad  avviso  del  ricorrente,  violerebbe:
l'art. 48  della  Costituzione, che riserva ai cittadini l'elettorato
attivo;  l'art. 138  della  Costituzione,  in  quanto  il  potere  di
revisione   costituzionale  e'  riservato  al  Parlamento  nazionale;
l'art. 117,  secondo  comma,  lettere f)  e  p),  della Costituzione,
spettando  allo  Stato  la  competenza  legislativa  esclusiva  nella
materia  elettorale concernente gli organi statali e gli enti locali,
nonche'   l'art. 121,  secondo  comma,  della  Costituzione,  poiche'
limiterebbe   il  potere  di  iniziativa  legislativa  del  Consiglio
regionale.
    Secondo   la  difesa  erariale,  l'art. 4,  comma 1,  lettera h),
disponendo che la Regione persegue, tra le finalita' prioritarie, «il
riconoscimento  delle altre forme di convivenza», potrebbe costituire
la  base  statutaria di future norme regionali recanti una disciplina
dei  rapporti  fra  conviventi  lesiva  della  competenza legislativa
esclusiva  dello  Stato  in  materia di «cittadinanza, stato civile e
anagrafi»   e  di  «ordinamento  civile»  (art. 117,  secondo  comma,
lettere i)  e l), della Costituzione). La norma si porrebbe, inoltre,
in  contrasto  con  l'art. 123,  primo comma, della Costituzione, sia
perche'  avrebbe un contenuto estraneo ed eccedente rispetto a quello
configurabile  come  contenuto  necessario dello statuto, sia perche'
potrebbe  esprimere «qualcosa di diverso dal semplice rilievo sociale
e  dalla conseguente giuridica dignita», nei limiti previsti da leggi
dello  Stato,  della  convivenza  tra  uomo e donna fuori del vincolo
matrimoniale,  in riferimento a situazioni divergenti dal modello del
rapporto  coniugale,  estranee  al  contenuto  delle garanzie fissate
dall'art. 29   Costituzione,   e  non  riconducibili  alla  sfera  di
protezione    dell'art. 2   della   Costituzione.   La   disposizione
violerebbe,  infine,  il  principio  fondamentale  di  unita'  ed  il
principio  di  eguaglianza (artt. 3 e 5 della Costituzione), dato che
permetterebbe  alla  comunita'  regionale  di  riconoscersi in valori
diversi   e   contrastanti  rispetto  a  quelli  di  altre  comunita'
regionali.
    L'art. 4,  comma 1,  lettere l)  e  m),  nello  stabilire  che la
Regione   persegue,   tra  le  finalita'  prioritarie,  «il  rispetto
dell'equilibrio  ecologico,  la tutela dell'ambiente e del patrimonio
culturale,  la conservazione della biodiversita', la promozione della
cultura del rispetto degli animali» (lettera l), nonche' «la tutela e
la  valorizzazione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico»
(lettera m),  violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione,  che  riserva  allo  Stato  la  competenza  legislativa
esclusiva nelle succitate materie. La lettera m) recherebbe, inoltre,
vulnus  anche  all'art. 118, comma terzo, della Costituzione, essendo
riservata  alla  legge  statale la disciplina di forme di intesa e di
coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
    L'art. 4,  comma 1,  lettere n), o) e p), prevede quali finalita'
prioritarie  della  Regione  Toscana:  «la  promozione dello sviluppo
economico  e  di  un  contesto  favorevole  alla competitivita' delle
imprese,  basato  sull'innovazione,  la  ricerca e la formazione, nel
rispetto  dei  principi  di  coesione  sociale  e  di  sostenibilita'
dell'ambiente»  (lettera n);  «la  valorizzazione  della  liberta' di
iniziativa   economica   pubblica   e  privata,  del  ruolo  e  della
responsabilita'  sociale  delle  imprese» (lettera o); «la promozione
della  cooperazione  come  strumento  di  democrazia  economica  e di
sviluppo  sociale,  favorendone  il  potenziamento  con  i mezzi piu'
idonei»  (lettera p). Queste norme, secondo il ricorrente, potrebbero
costituire  la base statutaria di future leggi regionali in contrasto
con  la  competenza  legislativa  esclusiva dello Stato nella materia
della «tutela della concorrenza» (art.117, secondo comma, lettera e),
della  Costituzione)  e  lesive,  in  riferimento  al  settore  della
cooperazione,  della  competenza legislativa esclusiva dello Stato in
materia  di «ordinamento civile» (art.117, secondo comma, lettera l),
della Costituzione).
    L'art. 32,  comma 2,  dispone  che  «il  programma  di governo e'
approvato  entro dieci giorni dalla sua illustrazione» e, percio', ad
avviso del Governo, in contrasto con gli artt. 122, quinto comma, e 3
della     Costituzione,     instaurerebbe     «irragionevolmente    e
contraddittoriamente»   tra   Presidente  e  Consiglio  regionale  un
rapporto   diverso  rispetto  a  quello  conseguente  all'elezione  a
suffragio universale e diretto.
    L'art. 54,   commi 1  e  3,  e'  impugnato  nelle  parti  in  cui
disciplina  il  diritto  di  accesso  senza obbligo di motivazione ai
documenti   amministrativi  (comma  1)  ed  esclude  l'obbligo  della
motivazione  per  gli  atti  amministrativi «meramente esecutivi», in
riferimento  ai  principi  costituzionali di efficienza e trasparenza
(art. 97  della  Costituzione),  nonche' al principio di effettivita'
della  tutela  contro  gli  atti dell'amministrazione (artt. 24 e 113
della  Costituzione)  ed  al  principio  di eguaglianza tra cittadini
residenti in diverse regioni (art. 3 della Costituzione).
    Il  ricorrente  censura  l'art. 63,  comma 2, nelle parti in cui,
prevedendo  che,  qualora  ricorrano  specifiche  esigenze  unitarie,
l'organizzazione  delle  funzioni  amministrative conferite agli enti
locali  possa essere disciplinata con legge regionale, per assicurare
requisiti   essenziali  di  uniformita',  violerebbe  la  riserva  di
potesta'  regolamentare  attribuita agli enti locali (art. 117, sesto
comma,    della   Costituzione),   espropriandoli   del   potere   di
regolamentare  l'organizzazione  e  lo  svolgimento delle funzioni ad
essi   attribuite,   in   violazione  degli  artt. 118  e  114  della
Costituzione.
    L'art. 64,   comma 2,   disponendo   che  «la  legge  disciplina,
limitatamente  ai  profili  coperti  da  riserva  di legge, i tributi
propri degli enti locali, salva la potesta' degli enti di istituirli»
si   porrebbe   in   contrasto  con  l'art. 119  della  Costituzione,
stabilendo un rapporto tra fonti normative «che e' invece solo uno di
quelli possibili, costituzionalmente rimessi alle valutazioni ed alle
scelte  del legislatore nazionale nel momento in cui dara' attuazione
all'art.119 Cost.».
    L'art. 70,  comma 1,  dispone  che  «gli  organi  di governo e il
consiglio  partecipano, nei modi previsti dalla legge, alle decisioni
dirette  alla  formazione  e  attuazione  degli atti comunitari nelle
materie  di  competenza  regionale»  e  percio',  secondo  la  difesa
erariale,  violerebbe  l'art. 117,  quinto comma, della Costituzione,
che  riserva  alla  legge  statale la disciplina della partecipazione
delle Regioni alla formazione ed attuazione degli atti comunitari.
    L'art. 75,  nel  disciplinare  il  referendum abrogativo, siccome
stabilisce,  al  comma 4,  che «la proposta di abrogazione soggetta a
referendum  e'  approvata  se partecipa alla votazione la maggioranza
dei   votanti   alle  ultime  elezioni  regionali  e  se  ottiene  la
maggioranza dei voti validamente espressi», ad avviso del ricorrente,
lederebbe  il  principio di ragionevolezza, in quanto prevederebbe un
quorum  calcolato  sulla scorta di un criterio casuale e contingente,
irrazionale ed in contrasto anche con l'art. 75 della Costituzione.
    2.  -  Le  censure  formulate  dal ricorrente nei confronti dello
statuto  della  Regione Toscana si possono suddividere in due gruppi:
quelle  aventi  ad oggetto proposizioni che rientrano tra i «Principi
generali»  e le «Finalita' principali» e quelle che invece riguardano
norme specifiche dello statuto.
    Ai  fini  delle questioni di legittimita' costituzionale inerenti
al primo gruppo di censure, appare necessario innanzi tutto precisare
la  natura  e  la  portata  di  queste  proposizioni.  Al riguardo va
ricordato  che  negli  statuti regionali entrati in vigore nel 1971 -
ivi  compreso  quello  della  Toscana  -  si  rinvengono assai spesso
indicazioni di obiettivi prioritari dell'attivita' regionale ed anche
in  quel  tempo  si  posero  problemi  di  costituzionalita'  di tali
indicazioni, sotto il profilo della competenza della fonte statutaria
ad  incidere  su  materie  anche  eccedenti  la sfera di attribuzione
regionale.  Al  riguardo,  dopo avere riconosciuto la possibilita' di
distinguere tra un contenuto «necessario» ed un contenuto «eventuale»
dello  statuto  (cfr. sentenza n. 40 del 1972), si e' ritenuto che la
formulazione  di  proposizioni  statutarie  del  tipo predetto avesse
principalmente  la  funzione  di  legittimare  la  Regione  come ente
esponenziale  della  collettivita'  regionale  e  del  complesso  dei
relativi  interessi  ed  aspettative.  Tali  interessi possono essere
adeguatamente  perseguiti  non  soltanto attraverso l'esercizio della
competenza  legislativa  ed  amministrativa, ma anche avvalendosi dei
vari  poteri,  conferiti  alla Regione stessa dalla Costituzione e da
leggi statali, di iniziativa, di partecipazione, di consultazione, di
proposta,  e cosi' via, esercitabili, in via formale ed informale, al
fine  di  ottenere  il  migliore soddisfacimento delle esigenze della
collettivita'  stessa.  In  questo senso si e' espressa questa Corte,
affermando  che  l'adempimento  di  una serie di compiti fondamentali
«legittima,  dunque, una presenza politica della regione, in rapporto
allo Stato o anche ad altre regioni, riguardo a tutte le questioni di
interesse  della  comunita'  regionale,  anche  se  queste sorgono in
settori  estranei alle singole materie indicate nell'art. 117 Cost. e
si  proiettano  al  di  la'  dei  confini  territoriali della regione
medesima» (sentenza n. 829 del 1988).
    Il ruolo delle Regioni di rappresentanza generale degli interessi
delle  rispettive  collettivita',  riconosciuto  dalla giurisprudenza
costituzionale  e  dalla prevalente dottrina - e, per quanto riguarda
la  Regione  Toscana,  dall'art. 1 dello statuto in esame - e' dunque
rilevante,  anche  nel  momento  presente,  ai  fini «dell'esistenza,
accanto  ai  contenuti  necessari  degli  statuti regionali, di altri
possibili  contenuti,  sia che risultino ricognitivi delle funzioni e
dei  compiti  della  Regione,  sia  che indichino aree di prioritario
intervento   politico   o  legislativo»  (sentenza  n. 2  del  2004);
contenuti   che  talora  si  esprimono  attraverso  proclamazioni  di
finalita'  da  perseguire. Ma la citata sentenza ha rilevato come sia
opinabile la «misura dell'efficacia giuridica» di tali proclamazioni;
tale  dubbio  va sciolto considerando che alle enunciazioni in esame,
anche  se  materialmente  inserite  in un atto-fonte, non puo' essere
riconosciuta    alcuna   efficacia   giuridica,   collocandosi   esse
precipuamente  sul  piano  dei convincimenti espressivi delle diverse
sensibilita'  politiche presenti nella comunita' regionale al momento
dell'approvazione  dello  statuto,  come,  del resto, sostanzialmente
riconosce la risoluzione n. 51 del Consiglio regionale della Toscana,
deliberata contestualmente all'approvazione definitiva dello statuto.
    D'altra  parte,  tali proclamazioni di obiettivi e di impegni non
possono  certo essere assimilate alle c.d. norme programmatiche della
Costituzione, alle quali, per il loro valore di principio, sono stati
generalmente  riconosciuti  non  solo  un  valore  programmatico  nei
confronti  della  futura  disciplina  legislativa, ma soprattutto una
funzione  di  integrazione  e di interpretazione delle norme vigenti.
Qui  pero'  non siamo in presenza di Carte costituzionali, ma solo di
fonti  regionali  «a  competenza riservata e specializzata», cioe' di
statuti di autonomia, i quali, anche se costituzionalmente garantiti,
debbono  comunque  «essere  in  armonia  con i precetti ed i principi
tutti ricavabili dalla Costituzione» (sentenza n. 196 del 2003).
    Se  dunque  si accolgono le premesse gia' formulate sul carattere
non  prescrittivo  e  non vincolante delle enunciazioni statutarie di
questo  tipo,  ne  deriva  che esse esplicano una funzione, per cosi'
dire,  di  natura culturale o anche politica, ma certo non normativa.
Nel  caso  in  esame, enunciazioni siffatte si rinvengono nei diversi
commi  -  tra cui in particolare quelli censurati - degli artt. 3 e 4
che  non  comportano ne' alcuna violazione, ne' alcuna rivendicazione
di  competenze  costituzionalmente  attribuite  allo  Stato e neppure
fondano  esercizio  di  poteri  regionali. E' quindi inammissibile il
ricorso  governativo  avverso  le impugnate proposizioni dei predetti
articoli, per la loro carenza di idoneita' lesiva.
    Pertanto   vanno   dichiarate   inammissibili   le  questioni  di
legittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni dello statuto
della  Regione Toscana: art. 3, comma 6, secondo il quale «la Regione
promuove,  nel rispetto dei principi costituzionali, l'estensione del
diritto di voto agli immigrati»; art. 4 comma 1, lettera h), il quale
dispone  che  la  Regione persegue, tra le finalita' prioritarie, «il
riconoscimento  delle  altre  forme  di  convivenza»; art. 4 comma 1,
lettere l)  e  m), che, rispettivamente, stabiliscono quali finalita'
prioritarie  della Regione «il rispetto dell'equilibrio ecologico, la
tutela  dell'ambiente  e  del  patrimonio culturale, la conservazione
della  biodiversita',  la promozione della cultura del rispetto degli
animali»,  nonche'  «la  tutela  e  la  valorizzazione del patrimonio
storico  artistico e paesaggistico»; art. 4 comma 1, lettere n), o) e
p),  che stabiliscono, quali finalita' prioritarie della Regione, «la
promozione  dello sviluppo economico e di un contesto favorevole alla
competitivita'  delle  imprese, basato sull'innovazione, la ricerca e
la  formazione,  nel  rispetto  dei principi di coesione sociale e di
sostenibilita'  dell'ambiente»,  «la valorizzazione della liberta' di
iniziativa   economica   pubblica   e  privata,  del  ruolo  e  della
responsabilita'   sociale   delle   imprese»,  «la  promozione  della
cooperazione  come  strumento  di  democrazia economica e di sviluppo
sociale, favorendone il potenziamento con i mezzi piu' idonei».
    3.  -  Tutto  cio' premesso, in punto di merito occorre esaminare
per  prima  la  censura  relativa all'art. 32, comma 2 dello statuto,
nella  parte  in  cui  stabilisce  che  «il  programma  di governo e'
approvato  entro  10  giorni  dalla  sua  illustrazione»,  in quanto,
secondo   il   ricorrente,  la  predetta  approvazione  instaurerebbe
irragionevolmente,  in  violazione degli artt. 3 e 122, quinto comma,
della  Costituzione, tra Presidente e Consiglio regionale un rapporto
diverso  rispetto  a  quello  che  dovrebbe conseguire all'elezione a
suffragio universale e diretto.
    La questione non e' fondata.
    La formazione della Giunta regionale toscana si svolge secondo il
seguente  schema  procedimentale: 1) il presidente della giunta entra
direttamente    in    carica   all'atto   della   proclamazione;   2)
l'illustrazione  del programma e la designazione dei componenti della
giunta  avvengono nella prima seduta del consiglio; 3) l'approvazione
del  programma avviene entro 10 giorni dalla sua illustrazione, ma il
presidente nomina «comunque», decorso lo stesso termine, i componenti
la giunta.
    In  questo quadro, la previsione dell'approvazione consiliare del
programma  di  governo  non  appare  affatto incoerente rispetto allo
schema  elettorale  «normale»  accolto  dall'art. 122,  quinto comma,
della   Costituzione,  giacche'  la  eventuale  mancata  approvazione
consiliare  puo'  avere solo rilievo politico, ma non determina alcun
effetto  giuridicamente  rilevante  sulla  permanenza  in  carica del
Presidente, della giunta, ovvero sulla composizione di questa ultima.
Non  si  puo'  peraltro  escludere  che  a  questa situazione possano
seguire,  ai sensi dell'art. 33 dello statuto, la approvazione di una
mozione  di  sfiducia o anche le dimissioni spontanee del presidente,
ma  in entrambe le ipotesi si verifica lo scioglimento anticipato del
consiglio,  nel  pieno  rispetto del vincolo costituzionale del simul
stabunt simul cadent (cfr. sentenze n. 304 del 2002 e n. 2 del 2004),
il  quale,  oltre ad essere un profilo caratterizzante questo assetto
di  governo,  e' indice della maggiore forza politica del Presidente,
conseguente alla sua elezione a suffragio universale e diretto. Sotto
questo  profilo  quindi  la  norma  denunciata  non  introduce alcuna
significativa  variazione  rispetto  alla  forma di governo «normale»
prefigurata in Costituzione.
    4.  -  Una  seconda censura ha ad oggetto l'art. 54, commi 1 e 3,
dello statuto nelle parti in cui rispettivamente prevedono il diritto
di  accesso  ai  documenti  amministrativi regionali senza obbligo di
motivazione   ed   escludono  l'obbligo  di  motivazione  degli  atti
amministrativi «meramente esecutivi». Secondo il ricorrente, infatti,
tali    norme    violerebbero    i   principi   di   buon   andamento
dell'Amministrazione,  di  tutela giurisdizionale dei diritti e degli
interessi legittimi, oltre che di eguaglianza.
    Le questioni non sono fondate.
    La  disposizione  che  stabilisce  il  diritto  di accesso, senza
obbligo  di  motivazione,  ai documenti amministrativi si conforma al
principio   costituzionale   di   imparzialita'   e   di  trasparenza
dell'azione  amministrativa  ed  e'  altresi'  del tutto coerente con
l'evoluzione  del  diritto comunitario. Inoltre va considerato che la
norma  in  esame,  in  quanto  attinente  ai principi fondamentali di
organizzazione e di funzionamento della Regione, rientra strettamente
tra   gli   oggetti  di  disciplina  statutaria  e  che  anche  nella
legislazione  statale,  ad  esempio  in materia di tutela ambientale,
sono  previste  ipotesi  di accesso ai documenti amministrativi senza
obbligo di motivazione.
    In ogni caso va sottolineato che il comma 1 della disposizione in
esame,   contenendo   un  esplicito  riferimento  al  rispetto  degli
interessi   costituzionalmente  tutelati  ed  a  modi  di  disciplina
previsti  dalla  legge,  deve  essere  interpretato  nel senso che la
emananda  legge  di  attuazione dovra' farsi carico di prefigurare un
procedimento  che,  nell'assicurare  la trasparenza e l'imparzialita'
dell'azione  amministrativa,  preveda, oltre ad ipotesi di esclusione
dell'ostensibilita' di documenti amministrativi per ragioni di tutela
di  situazioni  costituzionalmente garantite, anche criteri e modi in
base  ai  quali  l'interesse  personale e concreto del richiedente si
contempera    con    l'interesse    pubblico    al   buon   andamento
dell'Amministrazione,  nonche'  con  l'esigenza  di non vanificare in
concreto  la  tutela  giurisdizionale  delle  posizioni  di eventuali
soggetti terzi interessati.
    Parimenti  infondata  e'  la  questione  di costituzionalita' del
terzo comma dello stesso articolo, giacche' negli atti amministrativi
che   non   abbiano   natura  provvedimentale  in  quanto  «meramente
esecutivi»,  ai  fini della motivazione e' ritenuto sufficiente dalla
prevalente   giurisprudenza  il  semplice  richiamo,  nelle  premesse
dell'atto,  ai  presupposti di fatto ed alle disposizioni di legge da
applicare,  la  cui  enunciazione  rende  pienamente comprensibili le
ragioni dell'atto stesso.
    5. - Un'altra censura riguarda l'art. 63, comma 2, dello statuto,
nella  parte  in  cui  prevede  che  l'organizzazione  delle funzioni
amministrative  conferite agli enti locali, nei casi in cui risultino
specifiche  esigenze  unitarie,  possa  essere disciplinata con legge
regionale  per  assicurare  requisiti  essenziali  di uniformita'. La
predetta  norma,  secondo  il  ricorrente,  lederebbe  la  riserva di
potesta'  regolamentare  attribuita dall'art. 117, sesto comma, della
Costituzione  agli enti locali, «espropriandoli», in violazione anche
degli  artt. 118  e  114  della Costituzione e del principio di leale
collaborazione,   del   potere   di  regolamentare  organizzazione  e
svolgimento delle funzioni loro conferite dalla legge regionale.
    La questione non e' fondata.
    L'art. 63, comma 2, in esame, che conferisce alla legge regionale
la  facolta'  di  disciplinare  organizzazione  e  svolgimento  delle
funzioni  degli  enti  locali  nei  «casi in cui risultino specifiche
esigenze  unitarie»,  fa  evidente  riferimento alle varie ipotesi di
applicazione   del   principio   di   sussidiarieta'  previste  dalla
Costituzione.  Si  tratta  cioe'  di  una deroga rispetto al criterio
generale  accolto dal comma 1 dello stesso articolo, il quale riserva
alla   potesta'   regolamentare   degli  enti  locali  la  disciplina
dell'organizzazione  e dello svolgimento delle funzioni conferite. Ma
tale deroga si inserisce nell'ambito della previsione del sesto comma
dell'art. 117,  come attuato dall'art. 4, comma 4, della legge n. 131
del  2003,  secondo cui la potesta' regolamentare dell'ente locale in
materia  di  organizzazione  e  svolgimento delle funzioni si esplica
nell'ambito  delle  leggi  statali  e  regionali, che ne assicurano i
requisiti minimi di uniformita'.
    La  previsione  statutaria  di  un  regime di riserva assoluta di
legge  regionale anziche' relativa e' infatti ammissibile purche' sia
limitata,  per  non  comprimere eccessivamente l'autonomia degli enti
locali,   ai   soli  casi  di  sussistenza  di  «specifiche  esigenze
unitarie»,  che  possano  giustificare,  nel  rispetto  dei  principi
indicati   dall'art. 118,   primo   comma,   della  Costituzione,  la
disciplina  legislativa  regionale  dell'organizzazione e svolgimento
delle  funzioni  «conferite».  Negando  tale facolta' si perverrebbe,
infatti,   all'assurda   conclusione  che,  al  fine  di  evitare  la
compromissione   di   precisi  interessi  unitari  che  postulano  il
compimento di determinate attivita' in modo sostanzialmente uniforme,
il  legislatore  regionale  non  avrebbe altra scelta che allocare le
funzioni  in  questione  ad  un  livello di governo piu' comprensivo,
assicurandone  cosi' l'esercizio unitario. Il che sarebbe chiaramente
sproporzionato  rispetto al fine da raggiungere e contrastante con lo
stesso  principio  di sussidiarieta' (cfr. sentenze nn. 43, 69, 112 e
172 del 2004).
    Dovendosi  in  tal  modo  interpretare  la  norma  denunciata, la
questione e' infondata.
    6.  -  Un'ulteriore  censura  concerne  l'art. 64, comma 2, dello
statuto,  nella  parte  in  cui  prevede  che  «la  legge disciplina,
limitatamente  ai  profili  coperti  da  riserva  di legge, i tributi
propri   degli   enti   locali,  salva  la  potesta'  degli  enti  di
istituirli».  Secondo  il  ricorrente  la norma violerebbe l'art. 119
della Costituzione, in quanto prevederebbe in materia un rapporto tra
fonti  normative  «che  e'  invece  solo  uno  di  quelli  possibili,
costituzionalmente  rimessi  alle  valutazioni  ed  alle  scelte  del
legislatore   nazionale   nel   momento   in   cui  dara'  attuazione
all'art. 119 della Costituzione».
    La questione non e' fondata.
    La   norma   statutaria  in  esame  riguarda  il  complesso  tema
dell'autonomia  tributaria  degli  enti locali nel quadro della nuova
disciplina  prevista  dall'art. 119  della Costituzione, in relazione
alla  quale  pare  opportuno  riferirsi alla sentenza di questa Corte
n. 37  del  2004.  Secondo  questa decisione, in considerazione della
riserva  di  legge  prevista  dall'art. 23  della  Costituzione,  che
comporta  la  necessita' di disciplinare a livello legislativo almeno
gli aspetti fondamentali dell'imposizione, ed in considerazione anche
del  fatto  che  gli  enti  locali sub-regionali non sono titolari di
potesta'  legislativa,  deve essere definito, da un lato, l'ambito di
esplicazione   della   potesta'   regolamentare  di  questi  enti  e,
dall'altro  lato, il rapporto tra legislazione statale e legislazione
regionale  per  quanto  attiene alla disciplina di grado primario dei
tributi  locali.  Al  riguardo, sempre secondo la citata sentenza, si
possono «in astratto concepire situazioni di disciplina normativa sia
a   tre   livelli   (legislativa  statale,  legislativa  regionale  e
regolamentare  locale),  sia  a  due  soli livelli (statale e locale,
ovvero regionale e locale)».
    Il  modello  seguito  dalla  disposizione citata e' evidentemente
quello  a  «due  livelli», cioe' una disciplina normativa dei tributi
propri  degli  enti  locali risultante dal concorso di fonti primarie
regionali e secondarie locali. Un ragionevole criterio di riparto tra
questi  due  tipi  di  fonti  deve attribuire alla fonte regionale la
definizione  dell'ambito  di  autonomia entro cui la fonte secondaria
dell'ente sub-regionale puo' esercitare liberamente il proprio potere
di  autodeterminazione  del tributo. In ogni caso, la norma censurata
deve essere interpretata nel senso che, in base all'art. 119, secondo
comma,  della  Costituzione,  la  legge  regionale  ivi prevista deve
comunque  attenersi  ai  principi  fondamentali  di coordinamento del
sistema  tributario  appositamente dettati dalla legislazione statale
«quadro»  o,  in  caso  di  inerzia del legislatore statale, a quelli
comunque  desumibili  dall'ordinamento.  Proprio in questo senso, del
resto,  si  e'  espressa questa Corte nella citata sentenza n. 37 del
2004,  sostenendo che il legislatore statale «dovra' non solo fissare
i  principi  cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche
(...)  definire gli spazi ed i limiti entro i quali potra' esplicarsi
la  potesta'  impositiva,  rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti
locali».
    Cosi'   interpretata   la  disposizione  denunciata  non  risulta
sussistente il prospettato vizio di legittimita' costituzionale.
    7.  -  Un'altra  censura  ha ad oggetto l'art. 70, comma 1, dello
statuto,  nella  parte in cui prevede che gli organi di governo ed il
Consiglio  regionale partecipano, nei modi previsti dalla legge, alla
formazione  ed  attuazione  degli  atti  comunitari  nelle materie di
competenza   regionale.   Secondo   il   ricorrente  la  disposizione
violerebbe   l'art. 117,   quinto   comma,  della  Costituzione,  che
attribuisce  alla  legge statale le forme di partecipazione regionale
alla formazione ed attuazione degli atti comunitari.
    La questione non e' fondata.
    Nel  quadro delle norme di procedura che la legge statale, di cui
all'art. 117,  quinto  comma,  della  Costituzione,  determina in via
generale  ai  fini della partecipazione delle Regioni alla formazione
ed  attuazione  degli  atti  comunitari,  la  disposizione statutaria
impugnata  prevede la possibilita' che la legge regionale stabilisca,
a  sua volta, uno specifico procedimento interno diretto a fissare le
modalita'   attraverso  le  quali  si  forma  la  relativa  decisione
regionale,  nell'ambito  dei criteri organizzativi stabiliti, in sede
attuativa,  dall'art. 5  della  citata  legge  n. 131  del  2003.  In
proposito  puo' essere in qualche modo indicativa la regolamentazione
in materia gia' prevista dalla Regione Toscana con la legge 16 maggio
1994,  n. 37 (Disposizioni sulla partecipazione della Regione Toscana
al   processo   normativo  comunitario  e  sulle  procedure  relative
all'attuazione  degli  obblighi  comunitari),  la quale stabilisce al
riguardo   le   diverse  competenze  del  Consiglio  e  della  Giunta
regionale.
    Sotto i profili prospettati, pertanto, la disposizione statutaria
in  esame non appare in contrasto con l'art. 117, quinto comma, della
Costituzione.
    8.  - L'ultima questione di legittimita' costituzionale sollevata
dal  Governo  riguarda l'art. 75, comma 4, dello statuto, nella parte
in  cui,  ai  fini dell'abrogazione referendaria di una legge o di un
regolamento  regionale,  e' richiesto che partecipi alla votazione la
maggioranza  dei  votanti  alle ultime elezioni regionali. Tale norma
sarebbe  costituzionalmente  illegittima in quanto contrasterebbe con
il  principio  di  ragionevolezza, facendo riferimento ad un criterio
casuale  e  contingente, oltre che irrazionale, nonche' con l'art. 75
della Costituzione.
    La questione non e' fondata.
    In  primo luogo va rilevato che non si puo' considerare principio
vincolante  per  lo  statuto la determinazione del quorum strutturale
prevista  dall'art. 75  della  Costituzione.  La materia referendaria
rientra espressamente, ai sensi dell'art. 123 della Costituzione, tra
i contenuti obbligatori dello statuto, cosicche' si deve ritenere che
alle  Regioni  e'  consentito  di  articolare  variamente  la propria
disciplina   relativa  alla  tipologia  dei  referendum  previsti  in
Costituzione,  anche innovando ad essi sotto diversi profili, proprio
perche'  ogni  Regione  puo'  liberamente  prescegliere forme, modi e
criteri  della  partecipazione  popolare  ai  processi  di  controllo
democratico sugli atti regionali.
    Va infine osservato che non appare irragionevole, in un quadro di
rilevante  astensionismo  elettorale, stabilire un quorum strutturale
non  rigido,  ma flessibile, che si adegui ai vari flussi elettorali,
avendo  come  parametro  la  partecipazione del corpo elettorale alle
ultime   votazioni  del  Consiglio  regionale,  i  cui  atti  appunto
costituiscono oggetto della consultazione referendaria.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibili    le    questioni    di   legittimita'
costituzionale  dell'articolo 3, comma 6, dello statuto della Regione
Toscana,  approvato  in  prima  deliberazione  il 6 maggio 2004 e, in
seconda   deliberazione,  il  19 luglio  2004,  in  riferimento  agli
articoli 48, 117, secondo comma, lettere f) e p), 121, secondo comma,
e  138  della Costituzione; dell'articolo 4, comma 1, lettera h), del
predetto  statuto,  in  riferimento  agli  articoli 2, 3, 5, 29, 117,
secondo comma, lettere i) e l), 123, primo comma, della Costituzione;
dell'articolo 4,   comma 1,  lettera l),  del  predetto  statuto,  in
riferimento   all'articolo 117,   secondo  comma,  lettera s),  della
Costituzione;  dell'articolo 4,  comma 1,  lettera m),  del  predetto
statuto, in riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera s),
e  118,  terzo  comma,  della Costituzione; dell'articolo 4, comma 1,
lettere n),  o)  e  p),  del predetto statuto, in riferimento all'art
117,  secondo  comma,  lettere e) e l), della Costituzione, sollevate
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in
epigrafe;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'articolo 32,  comma 2, del predetto statuto, in riferimento agli
articoli 3 e 122, quinto comma, della Costituzione; dell'articolo 54,
commi 1  e  3,  del predetto statuto, in riferimento agli articoli 3,
24,  97  e  113  della  Costituzione;  dell'articolo 63, comma 2, del
predetto statuto, in riferimento agli articoli 114, 117, sesto comma,
e  118  della  Costituzione;  dell'articolo 64, comma 2, del predetto
statuto,   in   riferimento   all'articolo 119   della  Costituzione;
dell'articolo 70,  comma 1,  del  predetto  statuto,  in  riferimento
all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione; dell'articolo 75,
comma 4,  del  predetto  statuto, in riferimento agli articoli 3 e 75
della  Costituzione,  sollevate  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 novembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 2 dicembre 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
04C1365