N. 389 ORDINANZA 13 - 15 dicembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Intervento  in  giudizio  - Soggetto controinteressato nel giudizio a
  quo  -  Sussistenza  di  una  posizione  sostanziale qualificata in
  rapporto alla questione oggetto del giudizio di costituzionalita' -
  Ammissione.
Intervento   in  giudizio  -  Presidente  dell'associazione  italiana
  genitori di Padova - Esclusione.
Liberta'   religiosa   -   Esposizione   del  Crocifisso  nelle  aule
  scolastiche  delle scuole elementari e medie - Denunciato contrasto
  con  il principio di laicita' dello Stato, ingiustificata posizione
  di  privilegio  per  la  religione  cristiana  rispetto  alle altre
  confessioni  -  Estraneita'  alla  questione  delle disposizioni di
  rango legislativo censurate e inidoneita' delle norme regolamentari
  censurate  ad  essere  oggetto  di sindacato di costituzionalita' -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.Lgs.  16 aprile  1994,  n. 297, artt. 159, 190 (come specificati,
  rispettivamente,  dall'art. 119  e  allegata  tabella  C  del  r.d.
  26 aprile  1928,  n. 1297  e dall'art. 118 del r.d. 30 aprile 1924,
  n. 965) e 676.
- Costituzione, artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20.
(GU n.49 del 22-12-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 159 e 190 del
decreto  legislativo  16 aprile  1994, n. 297 (Approvazione del testo
unico   delle   disposizioni   legislative   vigenti  in  materia  di
istruzione,  relative  alle  scuole  di  ogni  ordine  e grado), come
specificati,  rispettivamente,  dall'art. 119  (e allegata tabella C)
del   regio   decreto   26 aprile  1928,  n. 1297  (Approvazione  del
regolamento  generale  sui  servizi  dell'istruzione  elementare),  e
dall'art. 118  del  regio decreto 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento
interno  delle  giunte  e  dei  Regi istituti di istruzione media), e
dell'art. 676  del  predetto  decreto  legislativo  n. 297  del 1994,
promosso   con   ordinanza   del   14 gennaio   2004   dal  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Veneto  sul ricorso proposto da Soile
Lautsi   in  proprio  e  nella  qualita'  di  esercente  la  potesta'
genitoriale  contro  il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e
della  ricerca,  iscritta  al  n. 433  del  registro ordinanze 2004 e
pubblicata   nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica,  edizione
straordinaria, del 3 giugno 2004.
    Visti  l'atto di costituzione di Soile Lautsi nonche' gli atti di
intervento  di  Paolo  Bonato ed altro e del Presidente del Consiglio
dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26 ottobre  2004  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi  l'avvocato  Massimo  Luciani  per Soile Lautsi, l'avvocato
Franco  Gaetano  Scoca  per  Paolo Bonato ed altro e l'avvocato dello
Stato   Antonio  Palatiello  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri.
    Ritenuto  che, con ordinanza emessa il 14 gennaio 2004, pervenuta
a  questa  Corte  il  20 aprile  2004,  il  Tribunale  amministrativo
regionale  del Veneto, nel corso di un giudizio per l'impugnazione di
una  deliberazione  del  consiglio  di  istituto  di  una  scuola, ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento al
principio di laicita' dello Stato, e, «comunque», agli artt. 2, 3, 7,
8,  19  e  20  della  Costituzione, degli artt. 159 e 190 del decreto
legislativo  16 aprile  1994,  n. 297  (Approvazione  del testo unico
delle  disposizioni  legislative  vigenti  in  materia di istruzione,
relative  alle  scuole  di  ogni ordine e grado), «come specificati»,
rispettivamente,  dall'art. 119  (e  tabella  C  allegata)  del regio
decreto   26 aprile   1928,  n. 1297  (Approvazione  del  regolamento
generale sui servizi dell'istruzione elementare), e dall'art. 118 del
r.d.  30 aprile  1924, n. 965 (Ordinamento interno delle giunte e dei
Regi  istituti di istruzione media), «nella parte in cui includono il
Crocifisso   tra   gli   arredi   delle  aule  scolastiche»,  nonche'
dell'art. 676 del medesimo d.lgs. n. 297 del 1994 «nella parte in cui
conferma  la  vigenza delle disposizioni» di cui ai predetti art. 119
(e  tabella C allegata) del r.d. n. 1297 del 1928 e art. 118 del r.d.
n. 965 del 1924;
        che   l'impugnato   art. 159   del  d.lgs.  n. 297  del  1994
stabilisce  fra l'altro, al comma 1, che «spetta ai comuni provvedere
(...)  alle  spese  necessarie  per  l'acquisto,  la manutenzione, il
rinnovamento  (...) degli arredi scolastici» nelle scuole elementari,
mentre  l'art. 119  del  r.d.  n. 1297  del  1928 stabilisce che «gli
arredi,  il  materiale  didattico  delle  varie classi e la dotazione
della  scuola  sono  indicati  nella  tabella  C allegata», la quale,
nell'elencare  gli  arredi  e  il  materiale  occorrente  nelle varie
classi, include al n. 1, per ogni classe, il Crocifisso;
        che,  a sua volta, l'impugnato art. 190 del d.lgs. n. 297 del
1994  stabilisce fra l'altro, al comma 1, che «i comuni sono tenuti a
fornire  (...)  l'arredamento»  dei locali delle scuole medie, mentre
l'art. 118  del  r.d. n. 965 del 1924 recita che «ogni istituto ha la
bandiera  nazionale;  ogni  aula,  l'immagine  del  Crocifisso  e  il
ritratto del Re»;
        che   l'impugnato   art. 676   del  d.lgs.  n. 297  del  1994
stabilisce  che le disposizioni non inserite nel testo unico «restano
ferme  ad eccezione delle disposizioni contrarie od incompatibili con
il testo unico stesso, che sono abrogate»;
        che  il  Tribunale  remittente  premette  che le disposizioni
citate  del  r.d.  n. 1297  del  1928  e  del  r.d.  n. 965  del 1924
costituirebbero   adeguato  fondamento  giuridico  del  provvedimento
impugnato  nel  giudizio a quo; sarebbero tuttora in vigore in quanto
non  abrogate  per  incompatibilita'  dalle  disposizioni  dei  Patti
Lateranensi  cui  si  e' data esecuzione con la legge 27 maggio 1929,
n. 810,  ne'  da  quelle dell'Accordo di modifica di detti Patti reso
esecutivo   con   la  legge  25 marzo  1985,  n. 121;  non  sarebbero
incompatibili  infine  con  il  testo  unico  approvato con il d.lgs.
n. 297  del  1994,  ne' sarebbero state abrogate per nuova disciplina
dell'intera  materia  in  quanto l'impugnato art. 676 del testo unico
medesimo dispone che restino salve le norme preesistenti non inserite
in  esso  e  non incompatibili con le disposizioni del medesimo testo
unico; che dette disposizioni sarebbero destinate ad introdurre norme
attuative  di  dettaglio  rispetto  ad  atti  legislativi,  e  cioe',
rispettivamente,  il  r.d.  5 febbraio  1928,  n. 577, al cui art. 55
corrisponde  oggi  l'art. 159, comma 1, del d.lgs. n. 297 del 1994, e
il  r.d.  6 maggio  1923,  n. 1054,  al cui art. 103 corrisponde oggi
l'art. 190 del d.lgs. n. 297 del 1994;
        che   il   giudice   a   quo   si   pone  il  problema  della
costituzionalita'  delle  disposizioni  regolamentari  citate, da cui
discenderebbe  l'obbligo  di  esposizione  del  Crocifisso nelle aule
scolastiche,  e  ritiene  che  queste, pur non potendo essere oggetto
diretto  di  controllo  di  costituzionalita',  dato  il  loro  rango
regolamentare,  sarebbero invece suscettibili di controllo indiretto,
in  quanto  specificano  e integrano i disposti legislativi impugnati
degli  artt. 159  e 190 del d.lgs. n. 297 del 1994, il cui art. 676 a
sua  volta  costituirebbe  una  norma  primaria  «attraverso la quale
l'obbligo    di   esposizione   del   Crocifisso   conserva   vigenza
nell'ordinamento positivo»;
        che,  in punto di non manifesta infondatezza della questione,
il  Tribunale remittente sostiene che il Crocifisso e' essenzialmente
un simbolo religioso cristiano, di univoco significato confessionale;
e  che  l'imposizione della sua affissione nelle aule scolastiche non
sarebbe compatibile con il principio supremo di laicita' dello Stato,
desunto  da  questa  Corte  dagli  artt. 2,  3,  7,  8, 19 e 20 della
Costituzione,  e  con  la  conseguente posizione di equidistanza e di
imparzialita' fra le diverse confessioni che lo Stato deve mantenere;
e  che  la  presenza  del  Crocifisso, che verrebbe obbligatoriamente
imposta ad alunni, genitori e insegnanti, delineerebbe una disciplina
di favore per la religione cristiana rispetto alle altre confessioni,
attribuendo ad essa una ingiustificata posizione di privilegio;
        che si e' costituita la parte privata ricorrente nel giudizio
a quo, concludendo per l'accoglimento della questione;
        che,   secondo   la  parte,  l'obbligatoria  esposizione  del
Crocifisso  nelle  aule  violerebbe  il  dovere di equidistanza dello
Stato  rispetto alle varie confessioni e contraddirebbe l'esigenza di
uno  «spazio  pubblico neutrale» in cui non potrebbe trovare posto un
simbolo  religioso;  non  si  potrebbe  attribuire  al  Crocifisso il
carattere  di  un  simbolo  genericamente civile e culturale, essendo
innegabile  la  sua valenza religiosa, e mancando del resto ogni base
costituzionale  per  poter fare del Crocifisso un simbolo dell'unita'
della  nazione  al  pari  della  bandiera;  non  sarebbe praticabile,
infine,   nemmeno   una   soluzione   che   postuli   la   permanenza
dell'esposizione  del  Crocifisso  salvo  che  qualcuno  degli alunni
ritenga  di  esserne  leso  nella propria liberta' religiosa, poiche'
sarebbe  violato  comunque il principio oggettivo di laicita', ne' si
potrebbe  costringere il singolo a opporsi apertamente alla eventuale
volonta' maggioritaria del gruppo sociale di appartenenza;
        che  sono intervenuti altresi', con unico atto, il sig. Paolo
Bonato, in proprio e quale genitore di un'alunna della stessa scuola,
e  il  sig. Linicio Bano, in qualita' di presidente dell'associazione
italiana  genitori  di  Padova, concludendo per la inammissibilita' e
comunque per la infondatezza della questione;
        che gli intervenienti, affermata la propria legittimazione ad
essere presenti nel giudizio in quanto controinteressati nel giudizio
a  quo,  pur se non evocati in esso, nonche' in quanto titolari di un
interesse  direttamente  inerente al rapporto sostanziale dedotto nel
giudizio medesimo, negano che l'esposizione del Crocifisso nelle aule
leda   il   principio   di   laicita',  il  quale  non  implicherebbe
indifferenza  dello  Stato rispetto alle religioni, e non impedirebbe
l'esposizione  di  un  simbolo  che  rappresenta una parte integrante
dell'identita' culturale e storica del popolo italiano;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
concludendo  per  l'inammissibilita'  e  comunque  per l'infondatezza
della questione;
        che  l'Avvocatura  erariale eccepisce anzitutto il difetto di
rilevanza  della  questione, in quanto, alternativamente, il giudizio
davanti  al  Tribunale  amministrativo  regionale  non  sarebbe stato
proponibile  per  difetto  di contraddittorio e di legittimazione del
ricorrente,  ovvero  il  Tribunale  amministrativo  regionale sarebbe
carente di giurisdizione;
        che,  nel  merito,  la  difesa  del  Presidente del Consiglio
sostiene  che le norme legislative impugnate e le norme regolamentari
richiamate   dal   remittente   non  stabiliscono  alcun  obbligo  di
esposizione del Crocifisso, e che, in assenza di un obbligo legale di
esposizione,  il  problema  sarebbe  quello di verificare se le norme
costituzionali   consentano   l'esposizione   di   quel  simbolo  del
cattolicesimo:  esposizione  che  non  sarebbe  in  contrasto  con la
laicita'  dello  Stato  e  sarebbe  coerente  sia  con l'art. 7 della
Costituzione,   sia  con  il  riconoscimento,  contenuto  nell'art. 9
dell'accordo  di revisione del concordato reso esecutivo con la legge
n. 121 del 1985, secondo cui i principi del cattolicesimo fanno parte
del patrimonio storico del popolo italiano;
        che   nella   memoria   presentata   in   vista  dell'udienza
l'Avvocatura   erariale   argomenta   nel  senso  della  legittimita'
costituzionale  della  presenza  del  Crocifisso  nelle  aule,  quale
«evenienza    naturale»   nell'ordinario   svolgimento   della   vita
scolastica:  il Crocifisso sarebbe bensi' anche un simbolo religioso,
ma  sarebbe  «il  vessillo  della  Chiesa cattolica, unico alleato di
diritto  internazionale»  dello  Stato  nominato  dalla  Costituzione
all'art. 7,  e  dunque  sarebbe  da  considerarsi  alla stregua di un
simbolo  dello Stato di cui non si potrebbe vietare l'esposizione, al
pari della bandiera e del ritratto del Capo dello Stato.
    Considerato  che  l'intervento  spiegato  nel  giudizio  e' stato
ammesso  dalla  Corte con ordinanza pronunciata in udienza, in quanto
la  posizione  sostanziale  fatta  valere  dal  sig. Paolo Bonato, in
proprio  e  in  qualita'  di genitore di un'alunna, e' qualificata in
rapporto  alla  questione  oggetto del giudizio di costituzionalita',
dovendosi   in   questa  sede  precisare  che  la  legittimazione  ad
intervenire  non  si  estende all'altro firmatario dell'unico atto di
intervento, sig. Linicio Bano, in quanto presidente dell'associazione
italiana genitori di Padova;
        che  il  remittente impugna gli articoli 159 e 190 del d.lgs.
16 aprile 1994, n. 297, sul presupposto che essi, «come specificati»,
rispettivamente,  dall'art. 119  (e  allegata  tabella  C)  del  r.d.
26 aprile  1928,  n. 1297,  e  dall'art. 118 del r.d. 30 aprile 1924,
n. 965,  forniscano fondamento legislativo ad un obbligo - contestato
dal ricorrente per contrasto con il principio di laicita' dello Stato
-  di esposizione del Crocifisso in ogni aula scolastica delle scuole
elementari e medie; e impugna altresi' l'art. 676 del medesimo d.lgs.
n. 297  del  1994  sul  presupposto  che  a  tale  disposizione - che
sancisce  l'abrogazione delle sole disposizioni non incluse nel testo
unico  che risultino incompatibili con esso - debba farsi risalire la
permanente   vigenza  delle  due  norme  regolamentari  citate,  dopo
l'emanazione dello stesso testo unico;
        che tali presupposti sono pero' erronei;
        che,  infatti,  gli  articoli 159  e  190  del testo unico si
limitano  a  disporre  l'obbligo  a  carico dei comuni di fornire gli
arredi  scolastici,  rispettivamente  per  le scuole elementari e per
quelle  medie,  attenendo  dunque il loro oggetto e il loro contenuto
solo all'onere della spesa per gli arredi;
        che,   pertanto,   non   sussiste   fra   le  due  menzionate
disposizioni legislative, da un lato, e le disposizioni regolamentari
richiamate   dal   remittente,  dall'altro  lato,  quel  rapporto  di
integrazione  e  specificazione,  ai fini dell'oggetto del quesito di
costituzionalita'  proposto,  che avrebbe consentito, a suo giudizio,
l'impugnazione  delle  disposizioni  legislative  «come  specificate»
dalle norme regolamentari;
        che,  a  differenza  di quanto rilevato da questa Corte nelle
sentenze   n. 1104  del  1988  e  n. 456  del  1994  (richiamate  dal
remittente)  a  proposito  dell'ammissibilita'  di  censure mosse nei
confronti  di  disposizioni  legislative  come  specificate  da norme
regolamentari previgenti, fatte salve dalla legge fino all'emanazione
di  nuovi  regolamenti,  nella  specie  il precetto che il remittente
ricava  dalle  norme  regolamentari  non  si desume nemmeno in via di
principio  dalle  disposizioni  impugnate  degli  artt. 159 e 190 del
testo unico;
        che,  infatti,  per  quanto riguarda la tabella C allegata al
r.d.  n. 1297 del 1928, e richiamata nell'art. 119 dello stesso, essa
contiene  soltanto  elenchi  di  arredi previsti per le varie classi,
elenchi   peraltro   in   parte  non  attuali  e  superati,  come  ha
riconosciuto la stessa amministrazione;
        che l'assenza del preteso rapporto di specificazione e' ancor
piu'  evidente  per  quanto  riguarda  l'art. 118 del r.d. n. 965 del
1924, che si riferisce bensi' alla presenza nelle aule del Crocifisso
e  del ritratto del Re, ma non si occupa dell'arredamento delle aule,
e  dunque  non  puo'  trovare  fondamento  legislativo  nella  -  ne'
costituire    specificazione    della    -   disposizione   censurata
dell'art. 190  del  testo unico, volta anch'essa, come si e' detto, a
disciplinare  solo  l'onere  finanziario  per  la  fornitura  di tale
arredamento;
        che,  per  quanto  riguarda  l'art. 676 del d.lgs. n. 297 del
1994,  non  puo'  ricondursi  ad  esso l'affermata perdurante vigenza
delle  norme regolamentari richiamate, poiche' la eventuale salvezza,
ivi   prevista,   di  norme  non  incluse  nel  testo  unico,  e  non
incompatibili   con   esso,   puo'   concernere   solo   disposizioni
legislative,  e non disposizioni regolamentari, essendo solo le prime
riunite  e  coordinate  nel testo unico medesimo, in conformita' alla
delega  di  cui  all'art. 1  della legge 10 aprile 1991, n. 121, come
sostituito dall'art. 1 della legge 26 aprile 1993, n. 126;
        che  l'impugnazione  delle  indicate  disposizioni  del testo
unico  si  appalesa dunque il frutto di un improprio trasferimento su
disposizioni  di  rango  legislativo di una questione di legittimita'
concernente  le  norme regolamentari richiamate: norme prive di forza
di  legge,  sulle  quali  non  puo'  essere  invocato un sindacato di
legittimita'  costituzionale,  ne',  conseguentemente,  un intervento
interpretativo di questa Corte;
        che,  pertanto, la questione proposta e', sotto ogni profilo,
manifestamente inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   degli  artt. 159  e  190  del  d.lgs.
16 aprile   1994,   n. 297   (Approvazione   del  testo  unico  delle
disposizioni  legislative  vigenti in materia di istruzione, relative
alle   scuole   di   ogni   ordine   e   grado),   come  specificati,
rispettivamente,  dall'art. 119  (e  allegata  tabella  C)  del  r.d.
26 aprile  1928,  n. 1297  (Approvazione del regolamento generale sui
servizi   dell'istruzione   elementare),  e  dall'art. 118  del  r.d.
30 aprile  1924,  n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi
istituti  di  istruzione  media), e dell'art. 676 del predetto d.lgs.
n. 297  del  1994, sollevata, in riferimento al principio di laicita'
dello  Stato  e,  comunque,  agli  artt. 2,  3,  7,  8, 19 e 20 della
Costituzione,  dal  Tribunale amministrativo regionale del Veneto con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2004.
                  Il Presidente e redattore: Onida
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 dicembre 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
                                                             Allegato
                    (Ordinanza letta all'udienza del 26 ottobre 2004)

                              Ordinanza

    Visto  l'intervento  spiegato  in  giudizio, in termini, dal sig.
Paolo Bonato e dal sig. Linicio Bano;
    Considerato   che  la  posizione  sostanziale  fatta  valere  nel
presente  giudizio  dal sig. Paolo Bonato in proprio e quale genitore
dalla  minore  Laura  Bonato  appare  qualificata  in  rapporto  alla
questione oggetto del giudizio di costituzionalita'.
                          Per questi motivi
    Ammette l'intervento di cui in premessa.
                        Il Presidente: Onida
04C1383