N. 1018 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 luglio 2004
Ordinanza emessa il 30 luglio 2004 dal tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna sul ricorso proposto da Lega italiana per l'abolizione della caccia ed altra contro Regione Emilia-Romagna ed altri Caccia - Norme della Regione Emilia-Romagna - Calendario venatorio - Previsione di deroghe alla Direttiva U.E. 79/409, relativa all'esercizio della caccia nei confronti delle specie protette, nonche' ai limiti temporali previsti dall'art. 18 legge n. 157/1992 - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della Pubblica Amministrazione - Violazione dei principi stabiliti dalla legislazione statale in materia nonche' della competenza esclusiva statale in materia di protezione dell'ambiente e dell'ecosistema. - Legge della Regione Emilia Romagna, 12 luglio 2002, n. 14, artt. 1, comma 5, 3, commi 1, lett. d), 2 e 3, 4, commi 2, 4 e 5, 6, comma 4, e 9, comma 5. - Costituzione, artt. 97, comma 1, e 117, comma 2, lett. s); legge 11 febbraio 1992, n. 157.(GU n.2 del 12-1-2005 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Lega Italiana per l'abolizione della caccia (LA.C.) in persona del Presidente pro tempore, e Lega Antivivisezione (L.A.V.) in persona del presidente pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Guglielmina Simoneschi ed elettivamente domiciliate in Bologna Viale XII Giugno 7 presso l'avv. Erika Greischberger; Contro Regione Emilia-Romagna in persona del presidente della giunta pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Mastragostino e Maria Chiara Lista ed elettivamente domiciliata in Bologna Piazza Aldrovandi 3; provincia di Bologna in persona del presidente della giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Emilia Neri ed elettivamente domiciliata in Bologna Via Zamboni 13, e nei confronti di Associazione Arci Caccia in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito; e con l'intervento in opposizione Federcaccia della Regione Emilia-Romagna in persona del legale rappresentante pt., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Manfredi e Cristina Baffi ed elettivamente domiciliata in Bologna via Altabella 3), per l'annullamento della delibera n. 257 della giunta provinciale di Bologna, adottata in data 30 luglio 2002, avente ad oggetto: «approvazione del Calendario venatorio provinciale per l'annata 2002/2003»; della delibera n. 258 della giunta provinciale di Bologna, adottata in data 30 luglio 2002, avente ad oggetto: ««Approvazione degli orari e delle modalita' relative alla caccia di selezione agli ungulati ad integrazione del calendario venatorio provinciale per l'annata 2002/2003; nonche' - occorrendo - della deliberazione n. 969 della giunta regionale dell'Emilia-Romagna, adottata in data 10 giugno 2002 e avente ad oggetto: «Direttive relative alla istituzione e alla gestione tecnica delle aziende venatorie». Designato relatore il Cons. dott. Giancarlo Mozzarelli; Uditi all'udienza pubblica del 30 ottobre 2003 gli avv. Guglielmina Simoneschi, S. Scalini (in sostituzione dell'avv. Emilia Neri), Maria Chiara Lista e Cristina Balli; Considerato quanto segue: F a t t o Le associazioni sopraindicate fanno preliminarmente presente che la giunta provinciale di Bologna ha approvato, con delibera n. 257 del 30 luglio 2002, il Calendario venatorio provinciale per l'annata 2002/2003 e, con delibera n. 258 adottata in pari data, ha determinato, a completamento del primo, gli orari e le modalita' relative alla caccia di selezione agli ungulati. In particolare, con il Calendario venatorio amministrazione provinciale ha stabilito, in applicazione ed integrazione del Calendario venatorio regionale di cui alla l.r. n. 14 del 12 luglio 2002, le prescrizioni tecniche valevoli negli anni 2002/2003 per la caccia nella Provincia di Bologna, e ha autorizzato, in applicazione della l.r. n. 15 del 12 luglio 2002, l'esercizio della caccia in deroga alla Direttiva 79/409 CEE nel territorio di propria competenza. La Regione Emilia-Romagna ha, infatti, previsto le «norme per la definizione del Calendario venatorio regionale» con la l.r. n. 14 del 12 luglio 2002, dichiarata all'art. 10 (disposizioni finali) con validita' quadriennale». Si aggiunge che la l.r. di settore n. 8/1994 (disposizioni per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio dell'attivita' venatoria) attribuisce la relativa competenza alla giunta regionale, cosi' inoltre stabilendo la natura amministrativa - e l'assoggettamento al relativo regime giuridico: iter formativo e mezzi di impugnazione - dell'atto di approvazione del calendario Venatorio regionale, che la stessa l.r. n. 8/1994 definisce annuale. Fatto e' che espressamente l'amministrazione regionale ha correlato la propria determinazione in ordine allo strumento di disciplina della caccia nel territorio di competenza, cosi' come le modifiche con esso apportate alla normativa di cui alla Legge statale n. 157/1992 (..) alla recente riforma del Titolo V della parte II della Costituzione. Il primo comma dell'art. 1 della l.r. n. 14/2002, infatti, stabilisce «la presente legge definisce il calendario venatorio regionale, sulla base della competenza legislativa della Regione nella materia della caccia, in conformita' al titolo V della Parte seconda della Costituzione». Si osserva che «analogo fondamento giustificativo sembra essere stato attribuito all'adozione della simultanea l.r. n. 15 con cui, lo stesso 12 luglio 2002, e' stata approvata, modificando la l.r. n. 8/1994, la disciplina dell'esercizio delle deroghe previste dalla Direttiva 79/409/CEE». Con successiva l.r. n. 22 del 20 settembre 2002 il consiglio regionale ha poi integrato la stessa l.r. n. 15/2002, consentendo la detenzione e l'uso quali richiami vivi delle specie indicate dall'art. 2 della legge da ultimo citata. E', tuttavia, da ritenersi che l'Ente regionale nell'adozione delle indicate leggi n. 14, 15 e 22 del 2002, abbia ecceduto dalla potesta' legislativa costituzionalmente riconosciutagli. A sostegno del ricorso sono presentate le censure seguenti: A) con riguardo all'esercizio della caccia nei confronti delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga alla Direttiva 79/409 UE: 1) Violazione di legge (art. 117, primo comma Cost.; art. 249 Trattato CEE; art. 9, primo comma, lett. a) della Direttiva CEE 79/409; art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.). Si rileva che «in considerazione della rilevanza europea della tutela del patrimonio faunistico la Direttiva del Consiglio delle comunita' Europee 79/409 del 2 aprile 1979 ha stabilito un generale regime di protezione degli uccelli «viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri ai quali si applica il Trattato» (art. 1). In particolare, tra le specie oggetto della protezione di fonte comunitaria sono comprese lo Storno, il Passero e la Passera mattugia. L'art. 5 della Direttiva dispone, inoltre, l'obbligo degli Stati membri di adeguarsi alla medesima instaurando un regime generale di tutela degli uccelli selvatici, che comprenda il divieto di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo. L'art. 7 consente il prelievo venatorio di alcune specie, tra le quali non sono comprese Storno, Passero e Passera mattugia, salva comunque la primaria esigenza di conservazione. Il successivo art. 9 riconosce, infine, la possibilita' di derogare a tale generale regime di protezione anche per le specie non ammesse al prelievo venatorio, ma solo in via eccezionale, e ricorrendo i presupposti e le condizioni specificamente previsti dalla norma. In particolare, la Direttiva, al secondo comma, impone l'osservanza di precisi requisiti di forma, volti ad assicurare che la deroga sia contenuta entro limiti strettamente necessari e soddisfi esigenze precise e situazioni specifiche (..). La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha al riguardo conseguentemente ritenuto che non risponde alle esigenze di protezione risultanti dalla Direttiva e viola l'obbligo comunitario di fedele trasposizione la normativa degli Stati membri che consenta la caccia in deroga in modo generale e permanente (..) o che non contenga un riferimento adeguatamente circostanziato agli elementi di cui ai numeri 1 e 2 dell'art. 9». Si aggiunge che «con la delibera n. 257/2002 la Provincia di Bologna, in violazione del regime di tutela di cui alla Direttiva predetta, ha autorizzato su tutto il territorio di propria competenza aperto alla caccia, e da parte di tutti i cacciatori iscritti ai relativi ATC o che vi abbiano accesso per la caccia in mobilita' controllata, l'abbattimento delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia. La determinazione provinciale ha cosi' dato concreta attuazione alla l.r. n. 15/2002, la quale, nel disciplinare la deroga ex art. 9 della citata Direttiva, ha peraltro omesso ogni specifica e circostanziata indicazione in ordine ai presupposti e alle condizioni prescritti dalla stessa disposizione comunitaria, di fatto cosi' consentendo l'esercizio della caccia in deroga in modo generale e permanente». Sulla base delle considerazioni dianzi indicate, le associazioni ricorrenti presentano questione di legittimita' costituzionale della l.r. n. 15/2002, art. 1 e 2, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all'art. 9 Direttiva U.E. 79/409 e all'art. 249 Trattato CEE, per violazione dell'art. 117, secondo comma e dell'art. 5 Cost.» e contestano la deliberazione giuntale n. 257/2002 per violazione di legge nei termini di cui in epigrafe alla presente censura. Le Associazioni ricorrenti osservano al riguardo come «l'art. 117, 1 comma, Cost., stabilisce che la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, cosi' individuando i limiti generali di ogni competenza legislativa (statale e regionale). In questi termini la Costituzione ha recepito il principio della «primaute» del diritto comunitario su quello degli Stati membri, innovazione che consente di ritenere direttamente colpita da illegittimita' costituzionale la legge che risulti difforme al diritto comunitario. Censura cui (..) non si sottrae la l.r. n. 15/2002. Innanzitutto, infatti, dalla lettera dell'art. 9 della Direttiva U.E. e dalla interpretazione che della norma ha dato costantemente la Corte di Giustizia, risulta la necessita' che l'eventuale introduzione nei singoli Stati membri del regime derogatorio avvenga con legge delle autorita' statali (..). La l.r. n. 15/02 ha, invece, disciplinato autonomamente e in difetto di una previa normativa nazionale la deroga ex art. 9 cit. In secondo luogo, la legge regionale non ha adempiuto con esattezza alle disposizioni della Direttiva comunitaria, mentre la' stessa Corte di Giustizia ha piu' volte affermato la necessita' di una fedele trasposizione, pena l'inadempimento degli obblighi comunitari (..). Infatti, la l.r. n. 15/2002 ha consentito la caccia in deroga omettendo di valutare, in violazione del I comma dell'art. 9 cit., la concreta possibilita' di soluzioni diverse, come del resto dimostra l'efficacia quadriennale della stessa legge regionale. I mezzi e i soggetti abilitati (tutti i cacciatori iscritti agli ATC di Bologna o che vi abbiano ingresso per la caccia in mobilita' controllata), i tempi (per tutta la durata della stagione venatoria), i luoghi (tutto il territorio della Regione aperto alla caccia) e, non ultimo, il carniere giornaliero e stagionale (per gli storni rispettivamente di 25 e di 200 capi, per i passeri di 10 e 100 capi) consentiti per il prelievo in deroga dalla l.r. 15/2002 dimostrano, inoltre, come esso non sia stato autorizzato limitatamente allo stretto necessario, ne' per esigenze e situazioni precise e specifiche». Si aggiunge che «le centinaia di migliaia di capi di cui si autorizza l'abbattimento (in relazione all'elevato numero di cacciatori e alla considerevole durata della deroga) rappresentano una circostanza che contrasta insanabilmente con il concetto di «piccole quantita» di uccelli per le quali la Direttiva consente la cattura, la detenzione e comunque il prelievo; sicche', non puo' ritenersi soddisfatto neppure il requisito di cui al punto c) dell'art. 9». Si rileva inoltre che «anche la Corte costituzionale, confermando la propria costante giurisprudenza, ha recentemente affermato la necessita' che la disciplina delle deroghe al regime di protezione sia stabilita con normativa di carattere nazionale per garantire un uniforme ed adeguato livello di salvaguardia delle specie protette (Corte Cost. sentenza n. 169/1999)» e che «tanto e' sufficiente per eccepire l'illegittimita' costituzionale della l.r. n. 15/2002 anche per violazione degli artt. 117, 2 comma, e 5 della Costituzione. In relazione ai denunciati profili di illegittimita' costituzionale non si ritiene che essi possano essere sanati, neppure in parte, dalla circostanza che in data successiva alla l.r. 15/2002 il Parlamento ha licenziato in materia una legge nazionale al momento in attesa di promulgazione e di pubblicazione. Infatti, la l.r. e' stata innanzitutto approvata quando ancora non era intervenuta quella nazionale in materia (..). In ogni caso, poi, rispetto all'art. 19-bis sembrano sollevabili le censure mosse alla tecnica legislativa impiegata dalla l.r. n. 15/2002, non avendo il legislatore italiano esercitato la deroga nel rispetto dei presupposti e requisiti indicati dalla predetta normativa comunitaria. La semplice riproduzione del testo previsto dall'art. 9 della Direttiva CEE, come effettuato dall'art. 19-bis, infatti, da una parte frustra le finalita' della stessa Direttiva, consentendo di fatto l'attuazione da parte delle Regioni di deroghe generali e permanenti e dall'altra viola quell'esigenza di uniformita' di disciplina cui era invece preordinata la necessita' di una normativa nazionale in materia». 2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, per difetto dei presupposti di fatto e di diritto, per illogicita' manifesta e per violazione del principio di proporzionalita'. Si rileva che «l'INFS, con il parere di cui alla nota prot. n. 4972 del 19 giugno 2002, ha valutato il prelievo in deroga consentito dalla l.r. n. 15/2002 «biologicamente e tecnicamente immotivato e non in sintonia con quanto stabilito dalla Direttiva 409/1979 CEE, art. 9». In particolare, l'organo di consulenza (..) evidenzia la sproporzione e l'inadeguatezza dei mezzi previsti dal progetto della legge regionale rispetto allo scopo tipico, ammesso dalla stessa Direttiva e che si dichiara di voler perseguire. L'INFS, inoltre, esclude che la proposta formulata dalla Regione per consentire l'esercizio della deroga di cui all'art. 9 cit. soddisfi in concreto le condizioni previste dallo stesso art. 9». Si aggiunge che «tale parere, che ancorche' non vincolante, non puo' non avere una sua specifica valenza e' stato disatteso, prima dalla Regione Emilia-Romagna e poi dalla Provincia di Bologna, pur nel difetto di una adeguata istruttoria e motivazione» e che pertanto «la Regione Emilia-Romagna e la Provincia di Bologna hanno consentito l'esercizio della deroga ex art. 9 Direttiva 79/409 CEE senza che ne ricorressero i presupposti di fatto e di diritto indicati dalla stessa norma comunitaria»; 3) Violazione di legge (art. 117, 1 comma, Cost.; art. 249 Trattato CEE; artt. 5 e 9 Direttiva CEE 79/409; art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 4, quarto comma, legge n. 157/1992). Si rileva come «l'art. 34 della Legge comunitaria 2001 ha modificato l'art. 4 della legge n. 157/1992 depennando dall'elenco delle specie catturabili per essere cedute ai fini di richiamo lo storno, il passero e la passera mattugia, in quanto protette dalla Direttiva 79/409 CEE. La modifica legislativa trae origine dalla condanna del Governo italiano, con sentenza della Corte di Giustizia (causa 159/1999 del 17 maggio 2001) per aver permesso la cattura con le reti e la detenzione di queste tre specie di uccelli. Pronuncia che consente di ritenerne precluso altresi' l'uso ai fini di richiamo». Si aggiunge che «la Regione Emilia-Romagna, in contrasto con la chiara lettera della normativa comunitaria e del nuovo art. 4 legge n. 157/1992, ha consentito con la l.r. 20 settembre 2002, n. 22, che ha integrato la precedente l.r. n. 15/2002, «la detenzione e l'uso (..) di richiami vivi provenienti da allevamenti o da catture svolte antecedentemente al DPCM del 21 marzo 1997, appartenenti alle specie di cui all'art. 2 (art. 2-bis)». Il Calendario venatorio provinciale nel capo dedicato agli «strumenti di richiamo e metodi di caccia vietati» stabilisce che ai sensi dell'art. 5 comma 2 e art. 4 comma 4 della legge n. 157/1992, e' ammesso, altresi', l'uso di esemplari vivi appartenenti alle specie consentite», cosi' risultando consentito, per effetto della n. 15/2002, come integrata dalla L.R. n. 22/2002, la detenzione e l'uso di storno, passero e passera mattugia». Sulla base delle considerazioni predette, le Associazioni ricorrenti «censurano in capo al calendario Venatorio della provincia di Bologna la violazione di legge [nei termini sopraindicati] e sollevano questione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 1 l.r. n. 22/2002 per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla Direttiva CEE 79/409 come interpretata dalla Corte di Giustizia; dell'art. 117, secondo comma, Cost. e dell'art. 5 Cost., in relazione all'art. 4, quarto comma, legge n. 157/1992». B) Con riguardo a tempi e modalita' dell'esercizio venatorio nei confronti delle specie ordinariamente cacciabili: 4) Violazione di legge (art. 117, 2 comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 18, primo comma, lett. c) legge n. 157/1992; art. 25, 2 comma, Cost.; art. 30, lett. a) legge n. 157/1992; art. 50, 2 comma, lett. d) l.r. n. 8/1994. Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria e di motivazione. Si osserva che «le delibere provinciali impugnate hanno del tutto arbitrariamente dilatato l'arco temporale entro il quale e' possibile esercitare il prelievo venatorio, in contrasto con quanto fissato e delimitato nell'art. 18 della Legge nazionale 157/1992. Tale ultima disposizione individua specifici tempi di prelievo, stabilendo in particolare per gli ungulati alla lettera c) del 1 comma, che la caccia puo' essere esercitata dal 1° ottobre al 30 novembre. Il secondo comma dello stesso articolo consente alle Regioni di modificare il periodo venatorio, purche' siano osservate determinate condizioni, tra le quali il rispetto dell'arco temporale massimo di cui al primo comma. Disciplina che, espressamente, lo stesso secondo comma afferma applicabile alla caccia di selezione degli ungulati. L'art. 50, secondo comma, l.r. 8/1994, stabilisce che le province adottano il Calendario provinciale, con il quale, tra l'altro, «riportano i piani di abbattimento degli ungulati cacciabili con metodi selettivi (..) nel rispetto dell'arco temporale massimo di due mesi di cui all'art. 18 della legge statale anche non consecutivi». L'art. 3, primo comma, l.r. n. 14/2002, in applicazione della quale (..) la Provincia ha dato le prescrizioni valevoli per l'esercizio venatorio sul territorio di propria competenza, dilata, in violazione della disciplina legislativa statale e regionale sopra richiamata, il periodo di caccia degli ungulati, in particolare nei confronti di alcune classi sociali del capriolo e di tutte le classi sociali del cervo, del daino e del muflone. La delibera provinciale n. 257/2002 afferma espressamente l'applicazione della disciplina stabilita dalla l.r. n. 14/2002 in ordine ai tempi e alle modalita' del prelievo. La successiva delibera provinciale n. 258/2002 esplicitamente dichiara che tra le innovazioni introdotte dalla l.r. n. 14/2002, in considerazione della recente competenza legislativa esclusiva delle Regioni in materia di caccia e recepite dal Calendario Venatorio Provinciale, e' da annoverare quella relativa al periodo di caccia degli ungulati, infatti consentita, in maniera differenziata specie per specie, dal mese di giugno al mese di marzo». Si afferma che in tal modo «le delibere della giunta provinciale di Bologna n. 257/2002 e 258/2002 appaiono illegittime per la parte in cui, sommando i relativi periodi di caccia, consentono la caccia al capriolo, daino, cervo e muflone per un periodo superiore ai 60 giorni consentiti dalla legge n. 157/1992 (capriolo femmina e tutti classe 0: 70 gg.; daino: 70 gg.; cervo: da un massimo di cinque mesi e mezzo a un periodo minimo di tre mesi e mezzo a seconda delle classi sociali e del sesso; muflone: tre mesi (..)». Si aggiunge che «la illegittima dilatazione del periodo di caccia consentita dall'art. 3, primo comma, lettera d) della l.r. n. 14/2002 e dai provvedimenti applicativi, viene a ledere il contenuto minimo del regime di protezione accordato dallo Stato al proprio patrimonio faunistico: nucleo che la giurisprudenza della Corte Costituzionale afferma inderogabile nell'interesse dell'intera comunita' nazionale, dalla normativa regionale. Il giudice delle leggi ha, infatti, piu' volte affermato che sono norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni di cui alla legge n. 157/1992, e in particolare quelle che garantiscono il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, tra le quali la stessa Consulta include, oltre al generale regime di protezione, le disposizioni relative alla delimitazione dei periodi venatori (Corte cost. n. 1002/1988; n. 577/1990; n. 35/1995; n. 272/1996; n. 323/1998; n. 168/1999; n. 169/1999; n. 4/2000). Cio' basterebbe per radicare la censura di illegittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 3, primo comma, lett. d) della L.R. n. 14/2002: ma (..) si rileva anche la violazione dell'art. 25, secondo comma, Cost., il quale stabilisce sia rispetto al precetto che alla sanzione, una riserva di legge statale in materia penale. Invero, l'art. 30, primo comma, lett. a) legge n. 157/1992, prevede l'applicazione di sanzione penale nei confronti di chi eserciti la caccia fuori dai periodi indicati nella stessa legge, sicche' la Regione Emilia-Romagna, dilatando il periodo venatorio, ha illegittimamente ridefinito il precetto della indicata fattispecie penale». Si osserva, infine, che «l'aumento della pressione venatoria cosi' consentita dalla Regione ed attuata dalla Provincia di Bologna non trova neppure giustificazione nella programmazione faunistica. Nel Piano faunistico provinciale di Bologna 2001/2006 e', infatti, stimata una densita' faunistica delle specie in esame irrisoria rispetto ai cacciatori abilitati al prelievo (nel 2000 i cacciatori di selezione erano 734: p. 184). L'aumento della pressione venatoria e', inoltre, prevista in modo generalizzato e quindi a prescindere dalla vocazionalita' faunistica del territorio, come invece richiede la pianificazione faunistica in tema di prelievi. Rispetto ad alcuni ambiti territoriali (distretti 2 e 3 ATC B03), infine, l'estensione dei periodi di caccia nei confronti del capriolo e' stata ammessa dalla Provincia in carenza dei necessari censimenti e disattendendo, senza adeguata motivazione, il contrario parere dell'INFS»; 5) Violazione di legge (art. 117, secondo comma, Cost.; ad. 5 Cost.; art. 18, V e VI comma, legge n. 157/1992). Eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto. Si rileva che «l'art. 21, primo comma, lett. m) legge n. 157/1992, stabilisce il divieto di cacciare su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve, salvo che nella zona faunistica delle Alpi». Il divieto ha evidente fine conservativo del patrimonio faunistico, esso risultando particolarmente esposto alla minaccia del prelievo venatorio in presenza di condizioni climatiche avverse. L'art. 3, terzo comma, l.r. n. 14/2002 di contro dispone che «la caccia agli ungulati in forma selettiva puo' essere consentita anche su terreni in tutto o in parte coperti di neve». Facolta' che il Calendario venatorio provinciale di Bologna riconosce espressamente. Ne consegue (..) l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, terzo comma, l.r. n. 14/2002, per le ragioni gia' esposte nei motivi del ricorso che precedono, e la denunciata violazione di legge delle delibere Provinciali impugnate». 6) Violazione di legge (art. 117, secondo comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 16, primo comma, lett. b) legge n. 157/1992; art. 50, secondo comma, lett. b) l.r. n. 8/1994. Eccesso di potere per travisamento, per illogicita' e difetto di motivazione. Si rileva come «l'art. 16, primo comma, lett. b) legge n. 157/1992 stabilisce che le Regioni, sentito l'INFS, possono autorizzare l'istituzione di Aziende Agrituristico Venatorie (AATV), nelle quali sono consentiti l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento. Il quarto comma precisa che l'esercizio dell'attivita' venatoria nelle AATV e' consentito nel rispetto della presente legge. L'art. 50, secondo comma, lett. b) l.r. n. 8/1994 precisa al riguardo che le Province, previo parere dell'INFS, adottano il calendario Venatorio provinciale con il quale autorizzano l'esercizio venatorio nelle AATV limitatamente alla fauna da allevamento. L'art. 1, quinto comma, della L.R. 14/2002 rispetto alle AATV stabilisce che esse provvedono agli abbattimenti in base alle vigenti direttive regionali». Si aggiunge che «tali direttive adottate dalla Regione Emilia-Romagna con deliberazione della Giunta regionale 10 giugno 2002, n. 969, consentono l'esercizio nelle AATV della caccia alla volpe (punto 3.1) che (..) non e' qualificabile come fauna selvatica di allevamento. Il calendario provinciale di Bologna, in applicazione dell'art. 1, quinto comma, l.r. n. 14/2002 e della richiamata direttiva regionale, include la volpe tra le specie cacciabili nelle AATV. Ne consegne (..): a) l'illegittimita', per violazione delle norme dianzi indicate della deliberazione della giunta regionale n. 969/2002 nella parte in cui consente nelle AATV anche la caccia a fauna selvatica non di allevamento, in particolare alla volpe; b) l'illegittimita', per violazione della legge sopraindicata e per invalidita' derivata, della delibera della giunta provinciale n. 257/2002». Si osserva infine che «la deliberazione provinciale impugnata e' sul punto censurabile anche sotto altri diversi profili. Infatti, nel parere richiesto dall'amministrazione provinciale in relazione al proprio Calendario venatorio, l'INFS esprimeva parere sfavorevole riguardo al prelievo venatorio della volpe nelle AATV, non risultando l'ammissione coerente con la legge n. 157/1992 e, in particolare con le finalita' di impresa agricola che la legge statale riconosce alle aziende in oggetto. Ciononostante la Provincia di Bologna ha autorizzato con il Calendario venatorio la caccia della specie nelle AATV con motivazione sbrigativa ed incongrua, essa rinviando al riguardo ad una delibera manifestamente illegittima (la delibera Giunta Regionale n. 969/2002)»; 7) Violazione di legge (art. 117, secondo comma, Cost.; art. 5 Cost.; art. 1, secondo comma, artt. 7 e 10 legge n. 157/1992). Si osserva che «l'art. 9, quinto comma della l.r. n. 14/2002 stabilisce per i soli prelievi di fauna selvatica migratoria in forma vagante il sistema di annotazione sul tesserino a consuntivo, ossia al termine della giornata di caccia. Il Calendario venatorio provinciale di Bologna al punto 8 dispone l'applicazione della regola nei territori di competenza». Si aggiunge che «come gia' affermato dalla Giurisprudenza amministrativa (TAR Veneto sez. II dec. 19 maggio 1998 n. 689), la previsione dell'indicato sistema di annotazione si appalesa erronea ed illegittima in quanto vanifica di fatto l'insieme delle rilevanti finalita' proprie del tesserino di caccia. La rilevazione e', infatti, funzionale ad un complesso di attivita', tutte espressioni del principio fondamentale, enunciato dall'art. 1 della legge n. 157/1992, secondo cui l'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione della specie. L'annotazione del bilancio finale al termine della giornata non consente in particolare l'attuazione di alcun controllo sul prelievo venatorio, ne' consente di ritenere attendibili i dati raccolti. Ne consegue l'impossibilita' di una corretta analisi tecnica dei carnieri e proficua azione di vigilanza. Ed ancora, la difficolta' per l'INFS di formulare, secondo le sue competenze istituzionali, gli indirizzi orientativi essenziali per la pianificazione faunistica (artt. 7 e 10 L. n. 157/1992)»; 8) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per incongrua ed insufficiente motivazione. Manifesta illogicita' e irragionevolezza. Si rileva che «il quarto comma dell'art. 18, legge n. 157/1992 riconosce alle Regioni, per la caccia alla fauna selvatica da appostamento, la possibilita' di derogare al numero delle giornate settimanali indicato al quinto comma, limitatamente, tuttavia, al periodo 1° ottobre/30 novembre e, comunque, sentito l'INFS e tenuto conto delle consuetudini locali. La necessita' del parere dell'INFS mira, evidentemente, ad assicurare una gestione venatoria corretta sotto il profilo della preservazione di uno status di conservazione favorevole per le singole specie. Si aggiunge come «l'art. 4, secondo comma, l.r. n. 14/2002, nel regolare le giornate di caccia, stabilisce alla lett. c) che dall'1 ottobre al 30 novembre, possono essere fruite per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria cinque giornate settimanali. La deroga ex art. 18, sesto comma, cit., e' attuata dal Calendario venatorio provinciale impugnato, nonostante i difformi pareri dell'INFS. Soprattutto con la nota prot. n. 6154 del 26 luglio 2002, infatti, l'INFS censura l'aumento delle giornate di caccia proposto pur nel difetto dei censimenti necessari a valutare l'impatto del conseguente maggiore prelievo sulla conservazione delle specie migratorie, alcune delle quali in flessione. Carenza che, da una parte non consente all'Istituto di esprimere in merito un ponderato parere, dall'altra manifesta una scorretta strategia di conservazione di detta specie da parte della Provincia di Bologna. Non solo: l'amministrazione provinciale nel discostarsi dal giudizio INFS non si e' neppure preoccupata di darne adeguata motivazione, limitandosi a richiamare, nell'atto istruttorio del 29 luglio 2002, le consuetudini locali e la gia' nota circostanza di «non essere in possesso di elementi che segnalino un pesante impatto sulle specie oggetto di caccia». Cio' sebbene alcune delle specie migratorie ammesse alla deroga di cui al quarto comma dell'art. 18 cit. siano state indicate a rischio di flessione o addirittura vulnerabili a livello europeo dall'INFS (..) e qualificate con status di conservazione sfavorevole da parte dello stesso piano faunistico venatorio provinciale di Bologna (pagg. 70 e segg.: particolarmente Tortora, Quaglia, Canapiglia, Codone, Marzaiola, Frullino)». Sostanzialmente si censura di illegittimita' costituzionale la norma di cui all'art. 4, secondo comma, lett. c) l.r. cit. - nella parte in cui consente, dal 1° ottobre al 30 novembre, la possibilita' di fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - in relazione alla prescrizione di cui all'art. 18, sesto comma, legge n. 157/1992. 9) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per insufficiente motivazione, illogicita' e travisamento dei fatti. Si rileva che «il Calendario venatorio regionale prevede per la Tortora, all'art. 4, quarto e quinto comma, l.r. n. 14/2002, l'apertura della caccia al 1° settembre (c.d. preapertura) e all'art. 6 un carniere giornaliero di 25 capi. Per la Beccaccia prevede, invece, la chiusura venatoria al 31 gennaio e un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti. Negli stessi termini ne propone il prelievo il Piano faunistico venatorio provinciale». Si aggiunge che «l'INFS in considerazione del (..) precario stato di conservazione delle due specie, evidenziava, nel parere reso in data 26 luglio 2002, prot. n. 6154, la conseguente necessita' di ridurre il carniere della Tortora da 25 a 10 capi e di anticipare al 31 dicembre la chiusura della caccia alla Beccaccia», mentre invece «la provincia consentiva il prelievo delle specie indicate nei previsti termini della l.r. n. 14/2002, senza alcuna fondata ed adeguata motivazione. E' infatti evidente che: a) rispetto alla Tortora, l'INFS ha palesemente manifestato nell'esigenza di conservazione della specie la ragione della richiesta riduzione del carniere; ed ancora, e' la legge stessa (..) a richiedere, onde garantire l'effettiva conservazione delle specie (..), il parere INFS, cosi' obbligando l'Amministrazione che intenda discostarsene a motivarne le ragioni. Ritenere che sia sufficiente per disattendere un parere INFS il richiamo alle disposizioni di legge vigenti azzera la valenza del parere stesso oltre che la ratio di tutela, b) rispetto alla Beccaccia, non sono state attuate le «misure limitative» del carniere, cosi' come invece asserito nella nota del 29 luglio 2002 della provincia, confermando in realta' il Calendario venatorio provinciale, l'entita' del prelievo ammesso per la medesima specie dalla regione. Mentre e' con riferimento al carniere quale era previsto dal Calendario venatorio regionale e proposto dal Calendario venatorio provinciale che avrebbe dovuto semmai operarsi le limitazioni necessarie ai fini conservativi della specie». Sostanzialmente si censura di illegittimita' costituzionale la norma di cui agli artt. 4, quarto e quinto comma, e 6, quarto comma, l.r. cit. - nella parte in cui consentono per la Tortora un carniere giornaliero di venticinque capi e per la Beccaccia la chiusura dell'esercizio venatorio al 31 gennaio ed un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti capi - in relazione alla prescrizione posta dall'art. 1, secondo comma, legge n. 157/1992. Le amministrazioni resistenti (Regione Emilia-Romagna e Provincia di Bologna) controdeducono ampiamente nel merito del ricorso, chiedendone il rigetto. L'associazione «Federcaccia Emilia-Romagna» interveniente in opposizione eccepisce invece preliminarmente la carenza di legittimazione al ricorso delle associazioni ricorrenti e controdeduce anche ampiamente nel merito del ricorso chiedendone il rigetto. Con successiva memoria del 27 novembre 2002, le associazioni ricorrenti hanno ulteriormente delineato le rispettive argomentazioni. Con ordinanza 28 novembre 2002 n. 821, questa Sezione ha accolto l'istanza cautelare presentata dalle associazioni ricorrenti. Tale ordinanza e' stata confermata in appello dal Consiglio di Stato, «tenuto conto dei principi espressi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 536 del 20 dicembre 2002 (id. VI sezione, ord. 14 gennaio 2003 n. 100). Con memoria del 22 febbraio 2003 le associazioni ricorrenti hanno presentato quali motivi aggiunti di gravame, censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili rispetto ai seguenti provvedimenti ulteriori: Delibera 22 gennaio 2003 n. 17 della giunta provinciale di Bologna, avente ad oggetto «Modalita' attuative relative all'effettuazione del piano di prelievo in selezione del Cervo, Capriolo e Daino per l'annata venatoria in corso», e relativo allegato; nonche' degli atti premessi, presupposti, connessi e consequenziali, compresi pareri e proposte, con particolare riguardo, in parte qua, alla delibera 23 dicembre 2002, n. 476, della giunta provinciale di Bologna avente ad oggetto: «Integrazioni al Calendario venatorio provinciale per l'annata 2002/2003 relative al piano di abbattimento del daino nell'ATC B04 e al piano di prelievo del Cervo e del Cinghiale». Successivamente, con delibera 20 febbraio 2003 n. 51 la giunta provinciale di Bologna ha revocato le delibere provinciali da ultimo impugnate con motivi aggiunti di gravame e conseguentemente le associazioni ricorrenti hanno rinunciato all'istanza cautelare nel frattempo proposta. Con successive memorie le parti hanno ulteriormente delineato le rispettive argomentazioni. Con ordinanza 23 luglio 2003 n. 100, questa Sezione ha disposto l'acquisizione, in via istruttoria, di ulteriore documentazione. Con successive memorie, le parti hanno ulteriormente delineato le rispettive argomentazioni anche con riferimento alle decisioni della Corte costituzionale nel frattempo intervenute in materia. I procuratori delle parti hanno, infine, provveduto al deposito della nota delle spese ed onorari di giudizio, per l'importo complessivo di Euro 12.246,47 + 5.133,52 P/A e CPA incluse (per la parte ricorrente) Euro 12.297,99 (per la Provincia) e 8.334,73 + IVA e CPA (per la Regione). D i r i t t o 1) Il presente ricorso propone due questioni manifestamente distinte ed autonome - «ratione materiae» - ossia: quella specifica e circoscritta attinente l'esercizio della caccia nei confronti delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga alla Direttiva 79/409 UE (prime tre censure) e quella attinente tempi e modalita' dell'esercizio venatorio ordinario (ultime sei censure). 2 - 2.1) Con sentenza adottata nella medesima camera di consiglio del 30 ottobre 2003, questo collegio ha respinto l'eccezione preliminare di inammissibilita' del ricorso (per carenza di legittimazione delle associazioni ricorrenti) presentate dalla Federcaccia Emilia-Romagna quale interveniente in opposizione ed ha accolto il ricorso (nella parte relativa ai primi tre profili di gravame, attinenti la questione distinta ed autonoma dell'esercizio della caccia in deroga alle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia) e - previa disapplicazione della legge dell'Emilia-Romagna n. 15/2002 e successive integrazioni per contrasto della stessa con l'art. 9 della Direttiva del Consiglio delle comunita' Europee n. 79/409 CEE - ha annullato l'impugnata delibera giuntale della Provincia di Bologna 30 luglio 2002 n. 257 (nelle corrispondenti parti prescrittive). 2.2. - La seconda questione posta dal ricorso attiene complessivamente l'asserita violazione del riparto costituzionale di competenze legislative tra Stato e Regione in relazione a modalita' e tempi dell'esercizio venatorio ordinario nell'area territoriale di riferimento (ultime sei censure). Come si e' gia' rilevato dianzi, tale seconda questione e' manifestamente distinta ed autonoma - «ratione materiae» - da quella specifica e circoscritta attinente l'esercizio della caccia nei confronti delle specie protette Storno, Passero e Passera mattugia, in deroga alla Direttiva U.E. 79/409. Ritiene, peraltro, il collegio che la legislazione regionale dianzi indicata nella parte specificamente in esame, ponga un profilo di illegittimita' costituzionale per violazione degli artt. 117 secondo comma, lett. S) e 97, primo comma, Cost.; che tale profilo non sia, in questa fase, manifestamente infondato e che esso sia rilevante ai fini della definizione (in parte qua) della presente controversia. A tale riguardo, appare evidentemente necessario fare riferimento alla fondamentale decisione 20 dicembre 2002 n. 536 della Corte Costituzionale ed al complesso delle sue statuizioni in materia, nella scia dell'orientamento gia' accolto in sede cautelare dal Consiglio di Stato in relazione al presente ricorso (id., VI sez. ord. 14 gennaio 2003 n. 100). Nella decisione dianzi indicata, la Corte costituzionale afferma che l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione - nel testo modificato dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - esprime una esigenza unitaria per cio' che concerne la tutela dell'ambiente e dell'eco-sistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali. E cio' in quanto la tutela dell'ambiente non puo' ritenersi propriamente una «materia», essendo invece l'ambiente da considerarsi come un «valore» costituzionalmente protetto che non esclude la titolarita' in capo alle Regioni di competenze legislative su materie (Governo del territorio, tutela della salute ecc.) per le quali quel valore costituzionale assume rilievo. E, in funzione di quel valore, lo Stato puo' dettare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali ex art. 117 della Costituzione. La Corte costituzionale rileva, inoltre, come gia' prima della riforma del titolo V della Parte seconda della Costituzione, la protezione dell'ambiente avesse assunto una propria autonoma consistenza che non si esauriva ne' rimaneva assorbita nelle competenze di settore (sentenza n. 356/1994), configurandosi l'ambiente come bene unitario che puo' risultare compromesso anche da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza (sentenza n. 67/1992); che, infine, la natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma degli standard minimi di tutela, gia' ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, trova ora conferma nella previsione contenuta nella lettera s) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione, che affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Entro questa cornice complessiva - e con specifico riferimento alla questione sottopostale, la Corte - nella predetta decisione ha riconosciuto come la delimitazione temporale del prelievo venatorio disposta dall'art. 18 della Legge n. 157/1992 sia rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili e risponda all'esigenza di tutela dell'ambiente per il cui soddisfacimento l'art. 117, secondo comma, lettera s) ritiene necessario l'intervento in via esclusiva della potesta' legislativa statale. E cio' in quanto - come gia' affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 323 del 1998 -, vi e' un «nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica nel quale deve includersi - accanto all'elencazione delle specie cacciabili - la disciplina delle modalita' di caccia, nei limiti in cui prevede misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili e al novero di tali misure va ascritta la disciplina che, anche in funzione di adeguamento agli obblighi comunitari, delimita il periodo venatorio» (in tal senso, v. anche successivamente Corte costituzionale, sentenze 4 luglio 2003 n. 226 e 227 e 15 ottobre 2003 n. 311). Nel contesto della giurisprudenza costituzionale predetta, ritiene il collegio che tale nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica per il cui soddisfacimento l'art. 117, secondo comma, lettera s) Cost. ritiene necessario l'intervento in via esclusiva della potesta' legislativa statale debba esser ragionevolmente individuato nel complesso unitario, omogeneo e coerente delle disposizioni di cui alla legge nazionale 11 febbraio 1992 n. 157 («norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»), in quanto espressamente preordinate a disciplinare l'esercizio dell'attivita' venatoria con modalita' tali da consentire che esso non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica (art. 1, secondo comma, l. cit.) ed a dare integrale recepimento ed attuazione alle Direttive 79/409 CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, 85/411 CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244 CEE della Commissione del 6 marzo 1991 concernenti la conservazione degli uccelli selvatici, nonche' attuazione alla Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 ed alla Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 (art. 1, quarto comma, legge cit.). Conseguentemente, dubita il collegio della legittimita' costituzionale della legislazione regionale dianzi indicata (nelle parti prescrittive di cui in prosieguo) per contrasto con la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regione posta dai suddetti parametri costituzionali: in particolare, il collegio dubita della legittimita' costituzionale delle norme di cui all'art. 3, primo comma, lett. d) e di cui all'art. 3, secondo comma, l.r. 12 luglio 2002 n. 14 in relazione alla prescrizione del periodo massimo di attivita' venatoria per gli ungulati posta dall'art. 18 legge n. 157/1992 (quarta censura); nonche' della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 3, terzo comma, l.r. cit. in relazione alla prescrizione del divieto di caccia su terreni coperti in tutto o nella maggior parte di neve posta dall'art. 21, primo comma, lett. m) l. n. 157/1992 (quinta censura), nonche' della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, quinto comma, l.r. cit. - nella parte in cui consente, in base alle vigenti direttive regionali relative alla gestione delle Aziende agri-turistico venatorie (A.A.T.V.), la caccia alla volpe - in relazione alla prescrizione dell'immissione ed abbattimento presso le Aziende predette unicamente di fauna selvatica di allevamento posta dall'art. 16, primo comma, lett. b) n. 157/1992 (sesta censura); nonche' della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 9, quinto comma, l.r. cit. - nella parte in cui consente per gli abbattimenti di fauna selvatica migratoria in forma vagante l'annotazione sul tesserino venatorio al termine della giornata di caccia - in relazione alle prescrizioni in tema di controlli e di adozione di indirizzi orientativi per la pianificazione faunistica da parte dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica poste dagli artt. 7 e 10, n. 157/1992, oltre che al canone di razionalita', di buon andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa posto dall'art. 97, primo comma, Cost. (settima censura); nonche' della legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 4, secondo comma, lett. c) l.r. cit. - nella parte in cui consente, dal 1° ottobre al 30 novembre, la possibilita' di fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - in relazione alla prescrizione di cui all'art. 18, sesto comma, legge n. 157/1992 (ottava censura); nonche' della legittimita' costituzionale delle norme di cui agli artt. 4, quarto e quinto comma, e 6, quarto comma, l.r. cit. - nella parte in cui consentono per la Tortora un carniere giornaliero di venticinque capi e per la Beccaccia la chiusura dell'esercizio venatorio al 31 gennaio ed un carniere giornaliero di tre capi e stagionale di venti capi - in relazione alla prescrizione posta dall'art. 1, secondo comma, legge n. 157/1992, (nona censura). Il collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale dianzi delineata si presenti come rilevante e non manifestamente infondata. Quanto al primo profilo, l'eventuale caducazione delle disposizioni di legge regionale predette a seguito di un accertamento di incostituzionalita' delle norme medesime comporterebbe la illegittimita' derivata dalle impugnate delibere (nelle corrispondenti parti prescrittive) e la conseguente definizione (in parte qua) della controversia in senso favorevole all'interesse fatto valere in giudizio dalle Associazioni protezionistiche ricorrenti. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, essa emerge dalla considerazione principale che le norme regionali predette - nel contemplare tempi e modalita' della caccia nell'ambito territoriale di riferimento manifestamente difformi «in peius» (in relazione alla tutela del patrimonio faunistico) rispetto alle corrispondenti disposizioni della Legge nazionale 11 febbrio 1992 n. 157 («norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio») e ben maggiormente pervasive degli ambiti naturali propri della fauna selvatica protetta - incidono in modo sinergicamente pregiudizievole proprio su questo nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica rappresentato dalle prescrizioni della Legge nazionale citata, in quanto espressamente preordinate nel loro complesso unitario, omogeneo e coerente a disciplinare l'esercizio dell'attivita' venatoria con modalita' tali da consentire che esso non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica (art. 1, secondo comma, legge cit.), anche in funzione di adeguamento agli obblighi comunitari ed internazionali (art. 1, quarto comma, legge cit.). In particolare, ritiene il collegio che la legge regionale predetta abbia pesantemente inciso proprio su questo nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica: a) dilatando ampiamente l'ambito temporale della stagione venatoria per gli ungulati in maniera differenziata da specie a specie, dal mese di giugno al successivo mese di marzo, ben oltre l'arco temporale massimo prescritto dall'art. 18, primo e secondo comma, Legge nazionale cit. (art. 3, primo comma, lett. d) e secondo comma l.r. n. 14/2002); b) consentendo la caccia agli ungulati in forma selettiva anche su terreni in tutto o nella maggior parte coperti di neve - e quindi in una situazione climatica comportante un'accresciuta precarieta' anche alimentare di tali specie - in manifesto contrasto con l'omologo divieto protezionistico posto dalla norma di cui all'art. 21, primo comma, lett. m), Legge nazionale cit. a tutela della conservazione di tali specie (art. 3, terzo comma, l.r. n. 14/2002); c) consentendo - in base al richiamo confermativo alle vigenti direttive regionali relative alla gestione delle Aziende agrituristico venatorie (A.A.T.V.) - la caccia alla volpe in tali aziende, in manifesto contrasto con l'omologo divieto protezionistico di immissione ed abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica non di allevamento (quale e', tipicamente, la Volpe) in tali aziende posto dalla norma di cui all'art. 16, primo comma, lett. b), Legge nazionale cit. a tutela della conservazione di tali specie e nonostante il lineare ed ineccepibile parere «tranchant» dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (art. 1, quinto comma, l.r. n. 14/2002); d) consentendo per gli abbattimenti di fauna selvatica migratoria in forma vagante il sistema di annotazione sul tesserino venatorio al termine della giornata di caccia (cioe', a consuntivo e non dopo ogni abbattimento): un sistema gia' riconosciuto in sede giurisdizionale come palesemente inidoneo a consentire il perseguimento delle finalita' proprie del tesserino di caccia e tale conseguentemente da vanificare ogni forma di reale e penetrante controllo sugli abbattimenti compiuti dai singoli cacciatori, come rilevato anche dall'INFS che proprio a questa disposizione ascrive oltre alla sostanziale vanificazione del controllo anche la possibilita' per l'Istituto di elaborare dati attendibili sull'abbattimento della fauna migratoria (TAR Veneto, IIª Sez., dec. 19 maggio 1998 n. 689, in motivazione, pag. 7). E cio', in contrasto con la finalita' protezionistica delle prescrizioni di cui agli artt. 7 e 10 della Legge nazionale cit. che attribuiscono all'INFS un complesso di funzioni di particolare rilievo inerenti il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica e che gli conferiscono il potere di adottare indirizzi orientativi essenziali per la pianificazione omogenea e congruente dell'attivita' faunistico-venatoria, necessariamente fondati sulla conoscenza della consistenza faunistica da conseguirsi anche mediante modalita' omogenee di rilevazione e di censimento (TAR Veneto, dec. cit., in motivazione pag. 7/8). Il sistema di annotazione «a consuntivo» sul tesserino venatorio introdotto dalla norma di cui all'art. 9, quinto comma, l.r. n. 14/2002 appare - ad avviso del collegio - contrastare conseguentemente anche con il canone di razionalita', di buon andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa posto dall'art. 97, primo comma, Cost., a causa degli effetti pregiudizievoli che esso comporta sulla complessiva pianificazione dell'attivita' faunistico-venatoria in una cornice necessariamente protezionistica; e) consentendo, dall'1 ottobre al 30 novembre, la possibilita' di fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - e quindi un impatto tendenzialmente crescente del prelievo venatorio su quest'ultima - nonostante che il massimo organo statale di consulenza faunistico-venatoria rilevi come «allo stato attuale delle conoscenze non vi siano informazioni tecniche sufficienti per valutare le possibili conseguenze derivanti alle popolazioni delle specie ornitiche migratrici oggetto di caccia a seguito della concessione delineata»; come pertanto l'Istituto si trovi «nell'impossibilita' di esprimere un ponderato parere in merito alla possibilita' di autorizzare l'attivita' venatoria da appostamento per ulteriori due giornate settimanali durante i mesi di ottobre e novembre», segnalando peraltro nel contempo che «alcune di dette specie cacciabili sono attualmente indicate a livello europeo in flessione o persino vulnerabili, per cui una piu' corretta strategia di conservazione di dette specie potrebbe in effetti richiedere misure specifiche di controllo dell'impatto venatorio» (allegati n. 13 e 14 al ricorso): e cio' in sostanziale violazione della prescrizione di cui all'art. 18, sesto comma, Legge nazionale cit., nella parte in cui essa richiede una valutazione necessariamente congrua del parere dell'INFS, che nella fattispecie in esame non e' dato rinvenire nel complesso degli atti di causa. Tale possibilita' di fruizione di due giornate ulteriori a scelta ogni settimana per la caccia da appostamento alla fauna selvatica migratoria - introdotta dalla norma di cui all'art. 4, primo comma, lett. c) l.r. n. 14/2002 - appare, ad avviso del Collegio, il quale solleva la questione ex officio in via gradata, contrastare anche con il canone di razionalita', di buon andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa posto dall'art. 97, primo comma, Cost. a causa degli effetti tendenzialmente pregiudizievoli che esso comporterebbe sugli assetti di conservazione delle specie faunistiche interessate per il riconosciuto vuoto informativo su cui la predetta deroga estensiva regionale assai precariamente si fonda; f) consentendo per la specie Tortora un carniere giornaliero di venticinque capi abbattuti e per la specie Beccaccia la chiusura venatoria al 31 gennaio ed un carniere giornaliero di tre capi abbattuti e stagionale di venti capi abbattuti, nonostante che l'INFS rilevi che «nel caso della Tortora (..) occorre prevedere una sensibile riduzione del carniere previsto (non piu' di dieci capi giornalieri per cacciatore, anziche' i venticinque previsti)» e che «per la Beccaccia si ritiene opportuna una chiusura anticipata della stagione venatoria al 31 dicembre, in relazione non solo al precario stato di conservazione delle popolazioni europee di questa specie, ma anche in considerazione della maggiore vulnerabilita' che contraddistingue questo Scolopacide in inverno» (allegato n. 13 al ricorso): e cio' in sostanziale violazione della prescrizione tipicamente protezionista di cui all'art. 1, secondo comma, Legge nazionale cit., nella parte in cui essa dispone che «l'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica». La previsione per la specie Tortora di un carniere giornaliero di venticinque capi abbattuti e per la specie Beccaccia della chiusura venatoria al 31 gennaio e di un carniere giornaliero di tre capi abbattuti e stagionale di venti capi - introdotta dalle norme di cui agli artt. 4, quarto e quinto comma, e 6, quarto comma, l.r. n. 14/2002 - appare, ad avviso del collegio, il quale solleva la questione ex officio in via gradata, contrastare conseguentemente anche con il canone di razionalita', di buon andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa posto dall'art. 97, primo comma, Cost. a causa degli effetti tendenzialmente pregiudizievoli che essa comporta sugli assetti di conservazione delle specie faunistiche interessate in base alla valutazione dianzi indicata del massimo organo statale di consulenza in materia faunistico-venatoria. Va pertanto sollevata la questione di legittimita' costituzionale della Legge dell'Emilia-Romagna n. 14/2002 - nelle parti prescrittive dianzi indicate - per contrasto con la legge 11 febbraio 1992 n. 157 e con il riparto di competenza legislativa posto dall'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione nonche' per contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione: conseguentemente va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre il presente giudizio (in parte qua) deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23 legge n. 87/1953, fino all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della legge dell'Emilia-Romagna n. 14/2002 - nelle parti prescrittive dianzi indicate - in relazione all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione per contrasto con la legge n. 157/1992, nonche' in relazione all'art. 97, primo comma, della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende la trattazione del ricorso (in parte qua) ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 30 ottobre 2003. Bologna, 30 luglio 2004 Il Presidente: Papiano Il consigliere relatore estensore: Mozzarelli 04C1415