N. 416 ORDINANZA 13 - 23 dicembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione   Umbria   -  Condono  edilizio  straordinario  -  Disciplina
  regionale  sostitutiva  delle  norme statali di dettaglio - Ricorso
  del  Governo  -  Carenza di motivazione in relazione ai parametri -
  Manifesta inammissibilita' delle questioni.
- Legge Regione Umbria 18 febbraio 2004, n. 1, artt. 2 e 46.
- Costituzione, artt. 51 e 134.
Regione   Umbria   -  Condono  edilizio  straordinario  -  Disciplina
  regionale  sostitutiva  delle  norme statali di dettaglio - Ricorso
  del  Governo  - Denunciata lesione della competenza esclusiva dello
  Stato   nelle   materie  dell'ordinamento  penale  e  della  tutela
  dell'ambiente,  disparita' di trattamento in relazione alle diverse
  discipline  regionali,  ingerenza  nella  formazione  del  bilancio
  annuale dello Stato, lesione delle competenze statali in materia di
  finanza  pubblica  e di determinazione dei principi fondamentali in
  materia  di  governo  del territorio, pregiudizio dell'unita' della
  Repubblica - Cessata efficacia delle norme censurate con assenza di
  effetti  lesivi nel tempo di vigenza - Cessazione della materia del
  contendere.
- Legge Regione Umbria 18 febbraio 2004, n. 1, artt. 2 e 46.
- Costituzione,  artt. 3, 5, 81, 117, secondo comma, lettere l) e s),
  e terzo comma, 119 e 127.
(GU n.50 del 29-12-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli articoli 2 e 46
della  legge  della  Regione  Umbria  18 febbraio 2004, n. 1, recante
«Norme per l'attivita' edilizia», promosso con ricorso del Presidente
del  Consiglio dei ministri, notificato il 23 aprile 2004, depositato
in  cancelleria  il  29  successivo ed iscritto al n. 49 del registro
ricorsi 2004.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  16 novembre  2004  il giudice
relatore Ugo De Siervo;
    Uditi  l'avvocato  dello Stato Ignazio Francesco Caramazza per il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giovanni Tarantini
per la Regione Umbria.
    Ritenuto   che,  con  ricorso  notificato  il  23 aprile  2004  e
depositato  il  successivo 29 aprile, il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  ha  impugnato  gli  articoli 2 e 46 della legge della Regione
Umbria 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l'attivita' edilizia);
        che  il ricorrente evidenzia come l'art. 2 citato preveda che
«a  seguito  dell'entrata  in vigore della presente legge cessa nella
Regione  Umbria  la  diretta  operativita'  delle  norme  statali  di
dettaglio  in  materia  edilizia, ivi comprese quelle che non trovano
una corrispondente disciplina nella normativa regionale»;
        che  i  commi 4 e 5 dell'art. 46, invece, dispongono che fino
all'entrata  in  vigore della legge regionale in materia di vigilanza
sull'attivita'   urbanistico--edilizia,   di   responsabilita'  e  di
sanzioni,  prevista  nel  comma 2  del  medesimo  articolo,  i comuni
sospendano «ogni determinazione circa la conclusione dei procedimenti
relativi  alla  definizione degli illeciti edilizi in conseguenza del
condono edilizio», fatta salva comunque la facolta' degli interessati
di  presentare  le  «domande  di sanatoria» ai sensi dell'art. 32 del
decreto-legge  30 settembre  2003,  n. 269  (Disposizioni urgenti per
favorire  lo  sviluppo  e  per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della
legge  24 novembre  2003,  n. 326,  a tutela delle proprie «posizioni
giuridiche»;
        che, secondo il ricorrente, la normativa impugnata violerebbe
l'art. 117,  secondo  comma,  lettere l) e s), della Costituzione, in
quanto  inciderebbe  sulle  materie dell'«ordinamento penale» e della
«tutela  dell'ambiente»,  affidate  alla  competenza  esclusiva dello
Stato, poiche', pur riconoscendo implicitamente la competenza statale
a dettare norme in materia di condono edilizio, frapporrebbe ostacoli
alla loro applicazione;
        che  le disposizioni in questione violerebbero anche l'art. 3
della  Costituzione,  in  quanto  introdurrebbero «disuguaglianze non
legittimate   dal  riconoscimento  in  Costituzione  delle  autonomie
regionali»,   le   quali   non   potrebbero  «condurre  a  discipline
differenziate nell'ambito delle materie riservate allo Stato»;
        che   a  risultare  violato  sarebbe  anche  l'art. 81  della
Costituzione,  in  quanto  la  disapplicazione  nel territorio di una
regione  delle  disposizioni  statali  in materia di condono edilizio
determinerebbe  una  concreta ingerenza nella formazione del bilancio
annuale  dello Stato, e quindi una lesione dell'autonomia finanziaria
di quest'ultimo;
        che  sarebbe violato, inoltre, l'art. 119 della Costituzione,
sia  perche'  la  disciplina  impugnata  comprimerebbe  la competenza
statale  concernente  il  «coordinamento della finanza pubblica e dei
sistemi  tributari»,  sia a causa della pretesa incidenza delle norme
oggetto  del  giudizio  sull'«essenziale  dovere costituzionale dello
Stato»  di  «assicurare a se stesso e agli enti a finanza derivata le
risorse occorrenti»;
        che   le   disposizioni  legislative  impugnate  violerebbero
altresi'  l'art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,  in quanto
inciderebbero  sulla  determinazione  dei  principi  fondamentali  in
materia di «governo del territorio»;
        che  il ricorrente rileva, inoltre, la violazione dell'art. 5
e  dell'art. 127  della  Costituzione, dal momento che ai legislatori
regionali   non   potrebbe   essere  consentito  «di  produrre  norme
demolitorie  e  di  reazione»,  rispetto  alle  norme  statali, quali
sarebbero   quelle   in  questa  sede  impugnate  in  relazione  alla
disciplina statale del condono edilizio;
        che,   infatti,   tali  iniziative  potrebbero  «pregiudicare
l'unita'  della Repubblica», dovendo piuttosto la regione reagire con
i  mezzi che l'ordinamento costituzionale predispone specificamente e
cioe' mediante la impugnazione delle leggi statali contestate dinanzi
alla Corte costituzionale;
        che   il   ricorrente  evidenzia,  in  particolare,  come  la
lettera a)  del comma 3 dell'impugnato art. 46 - secondo cui la legge
regionale  prevista dal comma 2 del medesimo articolo deve perseguire
l'obiettivo  della  «tutela  assoluta  delle  risorse  ambientali»  -
contrasterebbe  con  l'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  della
Costituzione,  in  quanto  spetterebbe  «solo al Parlamento nazionale
stabilire in quali casi la tutela debba essere assoluta»;
        che,  infine,  nel  ricorso si lamenta altresi' la violazione
degli  articoli 51  e 134 della Costituzione, senza offrire pero', al
riguardo, alcuna motivazione;
        che in data 18 maggio 2004 la Regione Umbria si e' costituita
in  giudizio  depositando  una  memoria  nella  quale conclude per la
inammissibilita'  e  comunque  per  la  manifesta  infondatezza delle
censure proposte con il ricorso statale;
        che  la resistente, in relazione alle censure concernenti gli
articoli 5  e  127  della  Costituzione,  osserva come sarebbe errato
l'elemento dal quale prende le mosse l'argomentazione del ricorrente,
individuabile  nella  pretesa  spettanza  statale della competenza in
materia  di  condono  edilizio  e nella esclusione di ogni competenza
regionale al riguardo;
        che,  secondo  la  difesa della regione, tale conclusione non
potrebbe  derivare  dalla  competenza statale in tema di «ordinamento
penale»  o  di  «coordinamento  della  finanza  pubblica»,  ne' dalla
competenza  statale  concernente il «governo del territorio», poiche'
quest'ultima viene comunque limitata dalla Costituzione alla semplice
posizione  di  principi  fondamentali,  nel  cui  ambito non potrebbe
essere ricompresa la normativa de qua;
        che,  in  relazione alla presunta violazione del principio di
eguaglianza,   a   causa   della  differenziazione  delle  discipline
regionali  nella  materia in questione, la regione rileva che proprio
l'impossibilita'  di  ricondurre interamente il condono edilizio alla
competenza statale dimostrerebbe l'infondatezza della censura;
        che  anche  il  rilievo  concernente  la esclusiva competenza
statale  sulla  «tutela  assoluta»  delle  risorse ambientali sarebbe
infondato,   in   quanto   i  contestati  commi 2  e  3  dell'art. 46
concernerebbero  una  legge  futura,  e  come tali, non produrrebbero
«alcun  effetto  sulla disciplina normativa vigente», non potendo del
resto  costituire  di  per  se'  attribuzione di competenze ulteriori
rispetto a quelle riconducibili ai commi terzo e quarto dell'art. 117
della Costituzione;
        che  tali  disposizioni, limitandosi ad indicare finalita' da
perseguire  e  oggetti  da  regolare,  pur  sempre  nel  rispetto dei
principi  contenuti  nel  d.P.R.  6  giugno 2001, n. 380 (Testo unico
delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia edilizia.
«Testo  A»),  non  sarebbero idonee a determinare una lesione attuale
dei parametri indicati nel ricorso;
        che  le  doglianze  secondo  le  quali  a  risultare  violati
sarebbero   gli   articoli 81  e  119,  della  Costituzione,  infine,
sarebbero inammissibili in quanto eccessivamente generiche;
        che,  comunque,  tali  censure sarebbero infondate, in quanto
«seguendo  il  ragionamento  dell'Avvocatura,  si dovrebbe trarne una
conclusione  aberrante,  quella  cioe'  per  cui,  ogni qual volta il
legislatore  nazionale  prevede  fonti  di  entrata  intervenendo  in
materie  di  competenza  regionale,  le regioni dovrebbero sottostare
alla potesta' statale in nome delle esigenze di finanza pubblica»;
        che,  in prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Umbria
ha depositato una memoria nella quale viene dato conto della sentenza
n. 196  del 2004, con la quale questa Corte ha deciso le questioni di
legittimita'  costituzionale proposte dalle Regioni avverso l'art. 32
del  decreto-legge  n. 269  del 2003, evidenziandosi, in particolare,
come   la   menzionata   sentenza   abbia   «consentito   l'integrale
applicazione   della   disciplina   di   cui   all'art. 32   soltanto
nell'ipotesi  limite  dell'inerzia del legislatore regionale e quindi
soltanto  a  partire  dalla  scadenza  del  termine massimo imposto a
quest'ultimo»;
        che  la  resistente sottolinea come il legislatore statale si
sia   adeguato   alle  statuizioni  della  sentenza  n. 196  mediante
l'adozione  del  decreto-legge  12 luglio  2004,  n. 168  (Interventi
urgenti  per  il  contenimento  della  spesa pubblica), convertito in
legge,  con  modificazioni,  dall'art. 1  della legge 30 luglio 2004,
n. 191,  il  cui  art. 5,  al  comma 1,  individua in quattro mesi il
termine  (decorrente  dalla  data  di  entrata in vigore dello stesso
decreto-legge) entro il quale le regioni sono chiamate ad adottare la
disciplina di propria competenza;
        che, ad avviso della regione, la normativa statale «fa infine
salve   le  domande  di  condono  presentate  fino  alla  data  della
pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  sentenza n. 196 del
2004,  a  meno  che  le  regioni  non  dispongano diversamente, fermi
restando comunque gli effetti penali»;
        che,    secondo    la   resistente,   le   censure   proposte
dall'Avvocatura  dello Stato dovrebbero essere valutate alla luce del
quadro complessivo successivamente sopravvenuto;
        che,   in   particolare,  il  riconoscimento  della  potesta'
normativa  regionale  in materia di condono edilizio, per effetto del
mutamento della disciplina statale determinerebbe la cessazione della
materia  del  contendere,  se  non altro per i profili attinenti alla
violazione  degli  articoli 117,  secondo  comma,  lettere l)  e  s),
dell'art. 3,  dell'art. 117,  terzo  comma,  degli articoli 81 e 119,
nonche' degli articoli 127, secondo comma e 134 della Costituzione, e
cio'  in  quanto «l'indiscutibile riconoscimento della titolarita' in
capo al legislatore regionale di un ampio potere normativo in materia
di   condono,   fatta   eccezione   per   i  soli  profili  attinenti
all'ordinamento  penale  ed alla fissazione di "limitati contenuti di
principio"  della  materia,  appartenenti alla competenza legislativa
statale»,  contraddirebbe  la tesi della necessaria uniformita' della
disciplina, sostenuta dal Governo;
        che  infatti  l'intervento  normativo  operato dalla regione,
secondo  la  difesa  di  quest'ultima,  costituirebbe nient'altro che
esercizio  della  potesta'  alla  regione  stessa  riconosciuta dalla
sentenza  n. 196  del  2004  e successivamente confermata dalla legge
statale;
        che  anche  la  denunziata violazione degli articoli 5, 127 e
134  della  Costituzione,  secondo  la  regione,  dovrebbe  ritenersi
«completamente  superata»  dalle  vicende  successive precedentemente
menzionate,  in  quanto  «l'applicazione  della  legge  dello  Stato»
risulterebbe «comunque sospesa, indipendentemente dalla previsione di
cui all'art. 46 della legge regionale citata, sino al trascorrere del
termine  assegnato  al  legislatore  regionale  per  l'adozione della
propria disciplina»;
        che,  in  occasione della discussione in pubblica udienza, le
parti  hanno  convenuto  sulla  opportunita'  di decidere la presente
questione  di  costituzionalita'  nel  senso  della  cessazione della
materia del contendere.
    Considerato  che  le  censure  formulate nel ricorso in relazione
agli   articoli 51   e   134  della  Costituzione  debbono  ritenersi
inammissibili,  in  quanto  non  viene  fornita dal ricorrente alcuna
motivazione autonoma rispetto agli altri profili di doglianza;
        che, quanto alla pretesa violazione dei restanti parametri di
legittimita'   costituzionale   invocati  nel  ricorso,  deve  essere
valutata  la  idoneita' lesiva della impugnata disposizione regionale
alla   stregua  del  quadro  normativo  statale  cosi'  come  risulta
configurato  in seguito alla sentenza di questa Corte n. 196 del 2004
e  all'art. 5 del decreto-legge n. 168 del 2004, convertito in legge,
con modificazioni, dalla legge n. 191 del 2004;
        che,   infatti,   la  citata  sentenza  n. 196  del  2004  ha
riconosciuto  alle  regioni  un ruolo indefettibile «nella attuazione
della  legislazione sul condono edilizio straordinario», evidenziando
come,  ai  fini  della operativita' della relativa disciplina statale
non  colpita  dalla  declaratoria  di  incostituzionalita',  lo Stato
dovesse sollecitamente provvedere alla fissazione di un termine entro
il  quale  le  Regioni potessero «determinare tutte le specificazioni
cui  sono  chiamate  dall'art. 32» del decreto-legge n. 269 del 2003,
quale risulta a seguito della medesima sentenza n. 196 del 2004;
        che  tale  decisione ha inoltre evidenziato come «la facolta'
degli  interessati  di presentare la domanda di condono dovra' essere
esercitabile  in  un termine ragionevole a partire dalla scadenza del
termine  ultimo  posto  alle  regioni per l'esercizio del loro potere
legislativo»;
        che  il  suddetto  termine  e'  stato individuato, dal citato
art. 5 del decreto-legge n. 168 del 2004, nel 12 novembre 2004;
        che,  in  attuazione di tali previsioni, la Regione Umbria e'
intervenuta  con  la  legge  regionale  3 novembre 2004, n. 21 (Norme
sulla  vigilanza,  responsabilita',  sanzioni  e sanatoria in materia
edilizia),  pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 47 dell'8 novembre
2004,  ed  entrata  in  vigore  il  giorno  successivo, facendo cosi'
cessare l'effetto sospensivo previsto dalle disposizioni impugnate;
        che  nessun  effetto  lesivo  puo'  ritenersi prodotto per il
periodo  intercorrente  tra  l'entrata  in  vigore delle disposizioni
della   legge   regionale   oggetto   del   presente  giudizio  e  la
pubblicazione  della sentenza n. 196 del 2004, in quanto le prime non
hanno  precluso  la  mera  presentazione  delle  domande  di  condono
edilizio,  la cui efficacia e' stata esplicitamente fatta salva dalla
seconda;
        che,  comunque,  il decreto-legge n. 168 del 2004, cosi' come
attuato  dalla  legge  regionale  n. 21  del  2004,  ha  riaperto  la
procedura per la presentazione delle domande di condono;
        che,  pertanto,  deve  essere  dichiarata la cessazione della
materia  del  contendere,  conformemente alle richieste esposte dalle
stesse  parti del giudizio in occasione della trattazione in pubblica
udienza.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  degli articoli 2 e 46 della legge della
Regione   Umbria   18 febbraio  2004,  n. 1  (Norme  per  l'attivita'
edilizia),  sollevate,  in  riferimento  agli articoli 51 e 134 della
Costituzione,  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con il
ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alle
questioni  di legittimita' costituzionale degli articoli 2 e 46 della
predetta  legge  della  Regione  Umbria  n. 1 del 2004, sollevate, in
riferimento  agli articoli 3, 5, 81, 117, secondo comma, lettere l) e
s),  e  terzo comma, 119 e 127 della Costituzione, dal Presidente del
Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 dicembre 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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