N. 2 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 gennaio 2005
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 gennaio 2005 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Edilizia e urbanistica - Regione Marche - Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi (cosiddetto «condono edilizio») - Opere abusive rientranti tra le tipologie di cui all'Allegato 1 del decreto-legge n. 269/2003, convertito in legge n. 326/2003, comportanti la realizzazione di una costruzione o un aumento della volumetria della costruzione esistente non superiore a 200 metri cubi, per ogni singola unita' immobiliare se a destinazione residenziale, e non superiore a 150 metri quadrati, se a destinazione non residenziale - Prevista possibilita' di sanatoria - Ricorso dello Stato - Denunciata violazione dei principi posti dalla legislazione statale in materia di condono edilizio - Lesione della sfera di competenza statale esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato nonche' di ordinamento civile e penale - Lesione del principio di uguaglianza nonche' del principio di coordinamento statale della finanza pubblica - Lesione del principio di copertura finanziaria. - Legge della Regione Marche 29 ottobre 2004, n. 23, art. 3, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 81, 117, commi secondo, lett. a), e) e l), e terzo, e 119. Edilizia e urbanistica - Regione Marche - Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi (cosiddetto «condono edilizio») - Opere abusive a destinazione non residenziale comportanti un aumento di superficie utile, senza aumento di volume, per una superficie massima di 300 metri quadrati - Prevista possibilita' di sanatoria - Ricorso dello Stato - Denunciata violazione dei principi posti dalla legislazione statale in materia di condono edilizio - Lesione della sfera di competenza statale esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato nonche' di ordinamento civile e penale - Lesione del principio di uguaglianza nonche' del principio di coordinamento statale della finanza pubblica - Lesione del principio di copertura finanziaria. - Legge della Regione Marche 29 ottobre 2004, n. 23, art. 3, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 81, 117, commi secondo, lett. a), e), e l), e terzo, e 119. Edilizia e urbanistica - Regione Marche - Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi (cosiddetto «condono edilizio») - Opere abusive di cui al comma 1, nelle zone omogenee A di cui al DM 2 aprile 1968, n. 1444, del Ministro dei lavori pubblici, comportanti la realizzazione di una nuova costruzione o un aumento della volumetria della costruzione esistente non superiore a 75 metri cubi, se a destinazione residenziale, e non superiore a 150 metri cubi, se a destinazione non residenziale - Prevista possibilita' di sanatoria - Ricorso dello Stato - Denunciata violazione dei principi posti dalla legislazione statale in materia di condono edilizio - Lesione della sfera di competenza statale esclusiva in materia di sistema tributario e contabile dello Stato nonche' di ordinamento civile e penale - Lesione del principio di uguaglianza nonche' del principio di coordinamento statale della finanza pubblica - Lesione del principio di copertura finanziaria. - Legge della Regione Marche 29 ottobre 2004, n. 23, art. 3, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 81, 117, commi secondo, lett. a), e), e l), e terzo, e 119.(GU n.6 del 9-2-2005 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato. Nei confronti della Regione Marche, in persona del suo presidente della giunta, avverso l'art. 3 (eccettuato il comma 4) della legge regionale 29 ottobre 2004 n. 23, intitolata «norme sulla sanatoria degli abusi edilizi», pubblicata nel Boll. Uff. del 4 novembre 2004. La determinazione di proposizione del presente ricorso e' stata approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 23 dicembre 2004 (si depositera' estratto del relativo verbale). L'art. 1 della legge in esame giustamente riconosce che l'art. 32 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito nella legge 24 novembre 2003 n. 326, determina principi fondamentali ai quali le regioni devono conformarsi. Ed invero la sentenza 28 giugno 2004 n. 196 di codesta Corte ha riconosciuto «al legislatore regionale un ruolo rilevante .... di articolazione e specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale in tema di condono, sul versante amministrativo», ed ha affermato che «l'adozione della legislazione (di articolazione e specificazione) da parte delle regioni appare non solo opportuna ma doverosa e da esercitare entro il termine determinato dal legislatore nazionale». L'art. 3, comma 1, in esame, senza distinguere tra nuove costruzioni ed ampliamenti (o ristrutturazioni) e tra permanere o mutare delle destinazioni d'uso, stabilisce due limiti quantitativi: 200 metri cubi per ogni singola unita' immobiliare per i fabbricati a destinazione residenziale, 150 metri quadri (alias, mediamente 600 metri cubi) per i fabbricati a destinazione non residenziale. Peraltro, detto comma 1 e' parzialmente - per gli ampliamenti di fabbricati a destinazione non residenziale - integrato dal successivo comma 2. Inoltre, per i centri storici sono dal comma 3 stabiliti altri limiti quantitativi, con ammissione a sanatoria di volumetrie pari grossomodo ad un terzo di quelle di cui al comma 1. Cosi' disponendo la legge marchigiana si e' molto discostata dai principi determinati dallo Stato, contraddicendo quanto enunciato nel citato art. 1 della medesima legge regionale; per di piu' essa si e' discostata dai principi anzidetti non soltanto nel senso di una riduzione delle volumetrie massime sanabili. Infatti, ad esempio, per effetto dell'abolizione del limite del 30 per cento della volumetria prevista dall'art. 32, comma 25, del citato d.l. 30 settembre 2003 n. 269, un piccolo fabbricato (ad esempio, una officina di elettrauto) di 220 metri cubi abusivamente ampliato di aggiuntivi 1000 metri cubi puo' essere sanato, ossia puo' esserlo per molto piu' del 30 per cento ammesso, come limite massimo, dalla legislazione statale. Per contro, la legge marchigiana in pratica esclude dalla sanatoria straordinaria quasi tutte le «nuove costruzioni residenziali». Infatti, la volumetria massima di 200 metri cubi (alias circa 60 metri quadri di superfice utile lorda) e' talmente modesta da di fatto non consentire il condono edilizio dalle nuove costruzioni di normali dimensioni. Oltre a non rispettare i principi posti dalla legislazione statale, l'art. 3 in esame stranamente alterna misure di volumetria a misure di superfice (e di superfice utile, non e' precisato se lorda o netta), ed appare nel complesso poco razionale; cio' anche per aver soppresso la essenziale distinzione tra nuove costruzioni e ampliamenti, e fatto ricorso soltanto a limiti massimi espressi in cifre assolute. L'art. 3 in esame contrasta con gli artt. 117 e 119 della Costituzione, e - come si dira' nel prosieguo - per separati e, potrebbe dirsi, contrari motivi. Come dianzi osservato, la regione ha riconosciuto di essere tenuta ad attenersi ai principi posti dalla legislazione statale, poiche' la disciplina amministrativa del condono edilizio (non anche la repressione penale degli abusi piu' gravi) rientra nella materia di competenza concorrente «governo del territorio» (art. 117, comma terzo della Costituzione). In questo quadro, la regione puo' specificare i limiti (quantitativi e non) della sanabilita', e persino «limare» entro margini di ragionevole tollerabilita' (come qualche altra regione ha fatto) le volumetrie massime previste del legislatore statale; non puo' invece negare in toto o in misura prevalente (rispetto al quantum di volumetria ammesso dalla legge statale) la sanabilita' delle nuove costruzioni o degli ampliamenti. Le disposizioni in esame comprimono oltre il tollerabile ed il consentito la sanabilita' delle «nuove costruzioni residenziali» ed anche degli ampliamenti dei fabbricati a destinazione residenziale. Come osservato, esse rendono praticamente impossibile la sanatoria straordinaria delle «nuove costruzioni residenziali» di non minuscola dimensione, riducendo da 750 metri cubi a 200 metri cubi (e, nei centri storici, a 75 metri cubi) la volumetria massima sanabile «per ogni singola unita' immobiliare». Per contro, e' soppresso il limite dei 3000 metri cubi. Analogo discorso deve farsi per degli ampliamenti, essi pure sanabili solo se l'aumento della volumetria e' non superiore a 200 metri cubi (e nei centri storici a 75 metri cubi) anziche' a 750 metri cubi. Per gli ampliamenti dei fabbricati a destinazione non residenziale l'art. 3 e' meno restrittivo, se si considera anche la probabile cumulabilita' (cfr. lo «inoltre» nel comma 2) della maggiore volumetria corrispondente ai 150 metri quadri (comma 1) e della maggiore superfice utile «senza aumento di volume» (comma 2). Il comma 1 parrebbe consentire anche la sanatoria straordinaria di nuove costruzioni non residenziali fino a 150 metri quadrati. L'art. 3 in esame contrasta inoltre con gli artt. 117, secondo comma e 119 Cost. L'art. 117, secondo comma lettere A ed E attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di rapporti con l'Unione europea (e relativi stringenti «vincoli») e di «moneta» (oggi moneta unica difesa dai noti parametri di Maastrich) nonche' in materia di «sistema tributario e contabile dello Stato». D'altro canto, l'art. 117, terzo comma e l'art. 119, secondo comma attribuiscono allo Stato il compito - particolarmente arduo - di coordinare la «finanza pubblica» (al singolare). Notoriamente, piu' leggi del Parlamento fanno affidamento sul gettito del condono edilizio per la copertura (art. 81 Cost.) di spese pubbliche e di minori entrate; comprimere in misura oggettivamente eccessiva le possibilita' di accedere alla sanatoria straordinaria riduce sensibilmente quel gettito, lede le potesta' statali di governo della finanza pubblica, e potrebbe persino essere considerato indebita turbativa dell'equilibrio finanziario del Paese nel suo insieme. Del resto, la regione non assume a proprio carico l'onere conseguente alla riduzione del predetto gettito, non sposta cioe' prelievo da coloro che hanno commesso gli abusi edilizi alla generalita' dei cittadini che in essa risiedono. Parimenti grave appare la lesione del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Costituzione) delle persone rispetto alla legge e della competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (ordinamento civile e penale). Indubbiamente i giudici comuni devono applicare anche le leggi regionali; conseguentemente l'eccessiva restrizione, ad opera del legislatore marchigiano, dell'ambito di applicazione del legislatore statale in tema di condono edilizio obbliga i giudici comuni a rendere, a carico dei proprietari ed autori di illeciti (e di eventuali controinteressati e parti offese), pronunce quanto meno asistematiche. Quest'ultima considerazione conduce a trattare del diverso e, per cosi' dire, contrario motivo di illegittimita' costituzionale delle disposizioni in esame. Come si e' detto, queste ammettono alla sanatoria opere abusive non ammesse ad essa dalla legislazione statale, per effetto della soppressione dei citati limiti del 30 per cento e dei 3000 metri cubi, ed anche non differenziando le nuove costruzioni non residenziali. Per quanto estendono l'ambito della sanabilita', dette disposizioni invadono palesemente la competenza esclusiva del Parlamento nazionale in materia di «ordinamento civile e penale» (art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione): nei giudizi civili e penali i proprietari (imputati o convenuti) beneficiari di sanatoria solo «regionale» chiederebbero pronunce non consentite dalla legislazione statale (con prevedibili questioni di legittimita' costituzionale sollevate in via incidentale). La demolizione delle disposizioni considerate non produce lacune, posto che essa consente il riespandersi della normativa statale. Si confida peraltro in un nuovo sollecito intervento legislativo della regione intervento che - se effettivamente idoneo a superare la controversia - potrebbe non essere reputato tardivo.
P. Q. M. Si chiede, pertanto, che sia dichiarata la illegittimita' costituzionale delle disposizioni legislative sottoposte a giudizio, con ogni consequenziale pronuncia e con invito alla regione a non procedere alla attuazione delle disposizioni stesse in pendenza del giudizio. Roma, addi' 28 dicembre 2004 Vice avvocato generale: Franco Favara 05c0022