N. 43 ORDINANZA 12 - 27 gennaio 2005
Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Insindacabilita' - Processo penale per diffamazione nei confronti di deputato per dichiarazioni rese nel corso di un pubblico comizio e di due trasmissioni televisive - Delibera di insindacabilita' della camera di appartenenza - Ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Taranto - Inosservanza del termine perentorio prescritto per il deposito del ricorso - Improcedibilita' del giudizio. - Deliberazione della Camera dei deputati, 27 maggio 2003. - Costituzione, art. 68, primo comma; norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 26, comma 3.(GU n.5 del 2-2-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Fernanda CONTRI; Giudici: Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 27 maggio 2003, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'on. Giancarlo Cito, promosso con ricorso del Tribunale di Taranto, sezione seconda penale, notificato il 17 agosto 2004, depositato in cancelleria il 14 settembre 2004 ed iscritto al n. 20 del registro conflitti 2004. Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati; Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre 2004 il giudice relatore Alfonso Quaranta. Ritenuto che il Tribunale di Taranto, sezione seconda penale, in composizione collegiale, ha promosso - con atto notificato in data 17 giugno 2004 e pervenuto presso la cancelleria di questa Corte il successivo 23 giugno - conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione da essa adottata nella seduta del 27 maggio 2003 (doc. IV-quater n. 68); che il ricorrente - chiamato a giudicare della responsabilita' penale dell'on. Giancarlo Cito, imputato (come e' dato evincere dai provvedimenti ex art. 429 del codice di procedura penale emessi a carico del medesimo, ed allegati dal Tribunale tarantino all'ordinanza suddetta) dei reati, tra gli altri, previsti e puniti dagli artt. 81, secondo comma, e 595, primo, secondo e terzo comma del codice penale, nonche' dall'art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) - evidenzia come nella summenzionata deliberazione della Camera dei deputati si affermi che i fatti oggetto di giudizio «concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione»; che, tuttavia, il Tribunale di Taranto reputa che «le dichiarazioni di cui si tratta, in quanto rese fuori dell'esercizio di funzioni parlamentari tipiche, non possono essere a queste ultime ricondotte» (con conseguente esclusione della garanzia prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione), giacche' la giurisprudenza costituzionale sarebbe «pacifica» nell'affermare che «per poter ricondurre le dichiarazioni extra moenia nell'alveo dell'art. 68 Cost. «non basta la semplice comunanza di argomenti ne' la medesimezza del contesto politico tra quelle dichiarazioni e l'espletamento di atti tipici della funzione parlamentare», occorrendo, invece, una «sostanziale» corrispondenza di significati tra tali dichiarazioni e le opinioni gia' espresse nell'ambito di attivita' parlamentari tipiche» (il ricorrente richiama le sentenze nn. 257 e 207 del 2002, nonche' la sentenza n. 321 del 2000); che la condotta contestata all'on. Cito, viceversa, non appare «in alcun modo collegata con la funzione parlamentare» (non potendosi nella stessa ravvisare alcun intento divulgativo di una scelta o di un'attivita' politico-parlamentare), trattandosi di opinioni espresse nel corso sia «di un comizio tenuto a chiusura della campagna elettorale», sia «di due distinte trasmissioni televisive» andate in onda presso un'emittente locale, senza che quelle dichiarazioni «fossero riproduttive di opinioni altrimenti espresse in sede parlamentare»; che su tali basi, quindi, la ricorrente ha concluso affinche' la Corte costituzionale «adotti la decisione prevista dall'art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87»; che il conflitto e' stato dichiarato ammissibile da questa Corte, in sede di prima delibazione, con ordinanza n. 296 del 2004; che il ricorrente ha provveduto ad effettuare la notifica alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, in data 17 agosto 2004, con successivo deposito presso la cancelleria della Corte in data 14 settembre 2004; che si e' costituita in giudizio la Camera dei deputati, premettendo che l'ordinanza che promuove il conflitto sarebbe inammissibile, giacche' priva di descrizione dei fatti all'origine del conflitto stesso; che la difesa della Camera ritiene che il conflitto debba essere, altresi', dichiarato inammissibile, sia per avere il ricorrente omesso di descrivere il contenuto delle dichiarazioni extra moenia del parlamentare e di raffrontarle con atti e dichiarazioni funzionali dello stesso e di altri parlamentari (si richiamano, a tal proposito, le sentenze nn. 364, 363 e 274 del 2001 di questa Corte); sia perche' l'atto introduttivo del presente conflitto non e' stato emanato nella forma del ricorso bensi' in quello dell'ordinanza, come risulterebbe dalla autoqualificazione contenuta nella parte dispositiva e dalle statuizioni relative alle notificazioni e alle comunicazioni, tipiche del giudizio incidentale; che, a tale ultimo proposito, la difesa della Camera da' atto della giurisprudenza della Corte che ha affermato la fungibilita' del ricorso e dell'ordinanza quali strumenti utili a promuovere conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, a condizione pero' - non soddisfatta nel caso di specie - che «l'atto contenga tutti i requisiti specificamente prescritti»; che, in particolare, nell'ipotesi in esame, mancherebbe: a) «qualunque descrizione dei fatti all'origine del conflitto»; b) l'indicazione delle ragioni del conflitto (si richiama parte del contenuto della sentenza n. 363 del 2001); c) la menzione dei parametri costituzionali, avendo il ricorrente citato soltanto l'art. 68 della Costituzione che «e' posto a presidio delle attribuzioni del confliggente potere»; d) la formulazione del petitum, essendosi l'autorita' giudiziaria limitata semplicemente a promuovere conflitto di attribuzione «in relazione alla delibera della Camera dei deputati del 27 maggio 2003 relativa a Cito Giancarlo» e a richiedere «che la Corte costituzionale adotti la decisione prevista dall'art. 38 della legge 11 marzo 1953, n. 87»; che, nel merito, si osserva che le opinioni espresse dall'on. Cito nelle vicende sopra indicate risulterebbero oggetto di specifiche interrogazioni parlamentari proposte dallo stesso on. Cito aventi tutte ad oggetto, sotto diversi profili, la vicenda relativa al servizio di polizia municipale nella citta' di Taranto; che dovrebbe, pertanto, ritenersi che le dichiarazioni rese extra moenia dall'on. Cito siano «riproduttive di opinioni espresse nel corso di una polemica parlamentare, attraverso specifici atti di funzione» (sul concetto di nesso funzionale si richiamano le sentenze n. 120 del 2004; n. 379 del 2003; nn. 321, 320, 11 e 10 del 2000 e n. 417 del 1999); che, con memoria del 17 novembre 2004, la difesa della Camera dei deputati, oltre a ribadire le conclusioni gia' formulate nell'atto di costituzione, ha eccepito l'improcedibilita' del giudizio per tardivita' del deposito dell'atto introduttivo, avvenuto oltre la scadenza del termine di venti giorni dalla notifica, previsto dall'art. art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Considerato che l'atto e' stato notificato alla Camera dei deputati, unitamente all'ordinanza che lo ha dichiarato ammissibile, il 17 agosto 2004, ed e' pervenuto alla Corte, ai fini del deposito prescritto dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in data 14 settembre 2004 a mezzo del servizio postale, e cioe' oltre la scadenza del termine di venti giorni dalla notifica, previsto dallo stesso art. 26, comma 3; che, in conformita' alla costante giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, sentenze nn. 278 e 250 del 2004), tale termine deve ritenersi perentorio e, dunque, il deposito considerarsi tardivo, non trovando applicazione nei giudizi avanti a questa Corte l'istituto della sospensione feriale previsto dall'art. 1, primo comma, della legge 7 ottobre 1969, n. 742; che, pertanto, il giudizio deve essere considerato improcedibile.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara improcedibile il giudizio per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Taranto, sezione seconda penale, con l'atto indicato in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2005. Il Presidente: Contri Il redattore: Quaranta Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 27 gennaio 2005 Il direttore della cancelleria: Di Paola 05C0119