N. 52 SENTENZA 13 - 28 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Spese  di  giustizia  -  Istanza  di ammissione al patrocinio a spese
  dello  Stato  -  Provvedimento di rigetto o di revoca - Processo di
  opposizione  -  Competenza  del  giudice  monocratico  - Denunciato
  eccesso  di  delega  e, in subordine, difetto di ragionevolezza per
  l'attribuzione   ad   un  giudice  monocratico  della  potesta'  di
  sindacare  provvedimenti  di  un organo collegiale - Non fondatezza
  della questione.
- D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113, art. 99, comma 3.
- Costituzione, artt. 3 e 76.
(GU n.5 del 2-2-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:   Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 99, comma 3,
del  decreto  legislativo  30 maggio  2002, n. 113 (Testo unico delle
disposizioni  legislative in materia di spese di giustizia), promosso
con  ordinanza  del 2 ottobre 2003 dal Tribunale di Gela sull'istanza
proposta  da  Gianluca  Convissuto,  iscritta  al n. 168 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 12, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Udito  nella  camera di consiglio del 15 dicembre 2004 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  giudice del Tribunale di Gela designato dal Presidente
del  tribunale,  con  ordinanza  del 2 ottobre 2003, ha sollevato, in
riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 99,   comma 3,   del  decreto  legislativo
30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in
materia  di  spese  di giustizia), nella parte in cui dispone che nel
processo   di   opposizione   avverso  il  provvedimento  di  rigetto
dell'istanza  di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ovvero
di  revoca  dell'ammissione  gia'  accordata,  l'ufficio  giudiziario
procede  in  composizione  monocratica  anziche'  collegiale.  In via
subordinata,   ha   sollevato,   in   riferimento   all'art. 3  della
Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dello stesso
articolo,  nella parte in cui dispone che nel processo di opposizione
avverso   il   provvedimento   adottato   dal  collegio,  di  rigetto
dell'istanza  di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ovvero
di  revoca  dell'ammissione  gia'  accordata,  l'ufficio  giudiziario
procede in composizione monocratica.
    Il  remittente  premette  che  e'  stato  presentato  ricorso  al
Presidente  del  tribunale  avverso  il  decreto  con  cui  lo stesso
tribunale, in composizione collegiale, aveva revocato l'ammissione al
patrocinio a spese dello Stato, nonche' di essere stato designato dal
Presidente  alla  trattazione  del  ricorso  in  camera di consiglio.
Ritenuta l'ammissibilita' del ricorso ai sensi dell'art. 99, comma 1,
dello  stesso  decreto  legislativo  -  essendo  previsto  il ricorso
diretto  in cassazione solo per l'ipotesi speciale di revoca disposta
su  richiesta  proveniente  dall'ufficio  finanziario  ai  sensi  del
successivo  art. 113  -  sottolinea, in ordine alla rilevanza, che si
tratta  di individuare pregiudizialmente la composizione collegiale o
monocratica dell'organo giurisdizionale chiamato a pronunciarsi.
    Il   giudice   a  quo  si  sofferma,  poi,  sulla  non  manifesta
infondatezza  della  questione, prospettandola in via principale e in
via subordinata.
    In via principale sostiene che la norma impugnata viola l'art. 76
della  Costituzione,  avendo  il  legislatore delegato ecceduto dalla
delega  conferita  con  l'art. 7  della  legge  8 marzo  1999,  n. 50
(Delegificazione  e  testi  unici  di  norme concernenti procedimenti
amministrativi  -  legge  di  semplificazione 1998),  come modificato
dall'art. 1  della  legge  24 novembre del 2000, n. 340 (Disposizioni
per   la  delegificazione  di  norme  e  per  la  semplificazione  di
procedimenti   amministrativi   -   legge  di  semplificazione 1999).
Dapprima,  il  giudice  a  quo  sottolinea  che  la  norma impugnata,
prescrivendo  che  il  processo  che si apre con il ricorso e' quello
speciale previsto per gli onorari di avvocato e che l'ufficio procede
in composizione monocratica, innova la disciplina previgente (art. 6,
commi 4  e  5,  della  legge  30 luglio  1990, n.217 (Istituzione del
patrocinio  a  spese dello Stato per i non abbienti), come modificati
dalla  legge  29 marzo  2001,  n. 134 (Modifica della legge 30 luglio
1990,  n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato
per  i  non  abbienti),  secondo  la  quale il giudice del gravame e'
quello collegiale sulla base del rinvio procedurale all'art. 29 della
legge  15  giugno 1942,  n. 794 (Onorari di avvocato e di procuratore
per  prestazioni  giudiziali  in materia civile), la' dove si prevede
espressamente  la  comparizione degli interessati davanti al collegio
in  camera di consiglio. A sostegno della non manifesta infondatezza,
richiama  l'art. 7  della  legge delega ed, in particolare, i criteri
direttivi  previsti  nel comma 2, deducendo che, all'evidenza, non si
rinviene  la previsione della facolta' di modificare il riparto della
competenza  tra  giudice  monocratico  e  collegiale nella materia di
interesse,  diversamente  da  quanto  il  legislatore  ha disposto in
materia   di   diritto  societario  e  di  proprieta'  industriale  e
intellettuale.  Infine, in riferimento all'esigenza di armonizzazione
con  la  sopravvenuta  riforma  del  giudice  unico  risultante dalla
relazione  governativa,  il  remittente  sottolinea  che  nella legge
delega  non  vi  e'  traccia di tale volonta' e contesta, inoltre, la
pertinenza  del  richiamo  ad  un'altra  applicazione  gia' fatta dal
legislatore, contenuto nella stessa relazione.
    In  via  subordinata,  il  giudice  a  quo  ritiene  che la norma
impugnata,  nel  prevedere  la competenza di un organo monocratico in
sede  di  giudizio  di opposizione avverso provvedimenti emessi anche
dal  collegio  (tribunale  o  corte  d'appello), violi l'art. 3 della
Costituzione,   sotto  il  profilo  del  difetto  di  ragionevolezza,
ingiustificatamente attribuendo - per la prima volta nell'ordinamento
-  ad  un  giudice  monocratico,  dotato  di  bagaglio  culturale  ed
esperienza   professionale   inferiore  alla  terna  che  compone  il
collegio,  la  potesta'  di  sindacare  provvedimenti  di  un  organo
collegiale. Aggiunge che nell'ordinamento non esistono fattispecie in
cui  la decisione sul gravame avverso un provvedimento collegiale sia
attribuita    ad    organo   monocratico   e   richiama,   a   titolo
esemplificativo,  casi  in  cui  e'  espressa la regola contraria: le
sentenze  del  tribunale  in  composizione  collegiale,  soggette  ad
impugnazione  innanzi ad un organo indefettibilmente collegiale quale
e'   la   corte  di  appello;  i  decreti  emessi  dal  collegio  nei
procedimenti  in camera di consiglio, in forza del generale rinvio di
cui  all'art. 739  cod.  proc.  civ;  i  decreti emessi dal tribunale
fallimentare.
    2.  - Nel giudizio non e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il giudice del Tribunale di Gela, designato dal Presidente
del  tribunale, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 99, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di spese di
giustizia),   nella   parte  in  cui  dispone  che  nel  processo  di
opposizione  avverso  il  provvedimento  di  rigetto  dell'istanza di
ammissione  al  patrocinio  a spese dello Stato, ovvero di revoca del
decreto  di  ammissione gia' accordato, l'ufficio giudiziario procede
in  composizione  monocratica anziche' collegiale. In via principale,
egli  ha  dedotto  la violazione dell'art. 76 della Costituzione, per
avere  il  legislatore  delegato  ecceduto dalla delega conferita con
l'art. 7  della  legge  8 marzo  1999, n. 50 (Delegificazione e testi
unici  di  norme  concernenti  procedimenti amministrativi - legge di
semplificazione 1998),   come   modificato  dall'art. 1  della  legge
24 novembre  del 2000, n. 340 (Disposizioni per la delegificazione di
norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - legge
di   semplificazione 1999).   In   via   subordinata,  la  violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  del difetto di
ragionevolezza,  avendo il legislatore ingiustificatamente attribuito
-  per  la  prima volta nell'ordinamento - ad un giudice monocratico,
dotato  di  bagaglio  culturale ed esperienza professionale inferiore
alla  terna  che  compone  il  collegio,  la  potesta'  di  sindacare
provvedimenti di un organo collegiale.
    2.  -  La  questione  e' infondata, con riferimento ad entrambi i
profili di censura prospettati.
    2.1.   -   L'opposizione  avverso  il  provvedimento  di  rigetto
dell'istanza  di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ovvero
di  revoca  del  decreto  di  ammissione  -  equiparato  al primo per
costante   giurisprudenza   di   legittimita'   -   era  disciplinata
dall'art. 6,  commi 4  e  5,  della  legge  n. 30 luglio  1990, n.217
(Istituzione  del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti),
come  modificati  dalla  legge  29 marzo 2001, n. 134 (Modifica della
legge  30 luglio  1990,  n. 217, recante istituzione del patrocinio a
spese  dello  Stato  per  i non abbienti). Si prevedeva il ricorso al
tribunale  o  alla  corte  d'appello ai quali apparteneva il giudice,
ovvero  al tribunale nel cui circondario aveva sede il giudice per le
indagini  preliminari presso la pretura o il pretore che aveva emesso
il  decreto.  Si  rinviava  all'art. 29  della  legge 15 giugno 1942,
n. 794   (Onorari  di  avvocato  e  di  procuratore  per  prestazioni
giudiziali  in  materia civile), che disciplina la procedura speciale
in  camera  di  consiglio  per  la  liquidazione  degli  onorari agli
avvocati. Si prevedeva espressamente la ricorribilita' per cassazione
dell'ordinanza di decisione del ricorso.
    Il  giudizio  di  opposizione  si  svolgeva, quindi, in camera di
consiglio,  secondo  la  procedura  per la liquidazione degli onorari
agli avvocati, dinanzi ad un giudice in composizione collegiale.
    La  norma  impugnata  -  che  fa  parte  del  testo  unico  delle
disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia  di spese di
giustizia,  emanato  sulla  base  della  delega  conferita al Governo
dall'art. 7 della legge n. 50 del 1999 - pur conservando il rinvio al
procedimento  speciale previsto per gli onorari di avvocato, anche se
nella  forma  indiretta, prevede che l'ufficio giudiziario proceda in
composizione  monocratica.  Secondo  quanto  risulta  dalla relazione
governativa,  il  legislatore  delegato ha introdotto la composizione
monocratica  in  luogo  di  quella  collegiale al fine di adeguare la
disciplina  del  processo  in  questione  alla  riforma,  operata dal
decreto  legislativo  19 febbraio  1998,  n. 51  (Norme in materia di
istituzione  del giudice unico di primo grado), in base alla quale il
giudice   monocratico   e'   la   regola,  mentre  quello  collegiale
costituisce    un'eccezione.    Adeguamento   che,   sempre   secondo
l'intenzione del legislatore delegato, appariva idoneo ad evitare che
una  procedura semplificata in origine, nel contesto in cui la regola
generale  era  la  composizione  collegiale,  andasse successivamente
nella  direzione  opposta  a  quella  seguita  dal  legislatore della
riforma.
    Ad   avviso   del  remittente  sarebbe  violato  l'art. 76  della
Costituzione, non rinvenendosi tra i criteri direttivi della legge di
delega la previsione della facolta' di modificare la distribuzione di
compiti  tra  giudice  monocratico  e  collegiale, ne' la volonta' di
armonizzazione  della materia con la sopravvenuta riforma del giudice
unico.
    La  censura  e'  priva  di  fondamento.  Tra  i criteri direttivi
individuati   nella  delega  assume  rilievo  quello  previsto  dalla
lettera d),  comma 2,  dell'  art. 7 cit.: «coordinamento formale del
testo  delle  disposizioni  vigenti  apportando,  nei limiti di detto
coordinamento,  le  modifiche  necessarie  per  garantire la coerenza
logica  e  sistematica  della  normativa  anche al fine di adeguare e
semplificare il linguaggio normativo».
    Se  l'obiettivo  e'  quello  della  coerenza logica e sistematica
della  normativa, il coordinamento non puo' essere solo formale, come
non  ha  mancato  di  sottolineare  il  Consiglio di Stato nel parere
espresso  nel  corso della procedura di approvazione del testo unico.
Inoltre,  se  l'obiettivo  e'  quello  di  ricondurre  a  sistema una
disciplina stratificata negli anni, con la conseguenza che i principi
sono  quelli gia' posti dal legislatore, non e' necessario che - come
vorrebbe  il remittente - sia espressamente enunciato nella delega il
principio  gia'  presente  nell'ordinamento,  essendo  sufficiente il
criterio  del riordino di una materia delimitata. Entro questi limiti
il  testo  unico poteva innovare per raggiungere la coerenza logica e
sistematica  e,  come  nel  caso di specie, prevedere la composizione
monocratica,  anziche' collegiale del giudice, applicando al processo
in questione il principio generale affermato con la riforma del 1998,
al fine di rendere la disciplina piu' coerente nel suo complesso e in
sintonia con l'evolversi dell'ordinamento.
    Ne'  a  diversa conclusione puo' indurre l'art. 50-bis cod. proc.
civ.  (inserito  dall'art. 56  del  d.lgs. n. 51 del 1998), il quale,
nell'elencare   in   via   di   eccezione,   rispetto  al  successivo
art. 50-ter,  le  cause  in  cui  il tribunale decide in composizione
collegiale,  richiama  (secondo  comma)  i  procedimenti in camera di
consiglio  disciplinati  dagli  articoli 737 e seguenti del codice di
rito,  salvo  che  sia  altrimenti disposto. Infatti, il procedimento
camerale  disciplinato  dall'art. 29  della legge n. 794 del 1942, al
quale  rinvia  la norma impugnata, non rientra tra quelli di cui agli
articoli 737  e  seguenti  del  codice.  A  tal  fine  e' sufficiente
considerare   che   il   provvedimento  non  e'  impugnabile,  mentre
l'art. 739 cod. proc. civ. prevede espressamente il reclamo.
    2.2. - Parimenti infondata e' la censura relativa alla violazione
dell'art. 3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo  del difetto di
ragionevolezza,  per  essere  stata ingiustificatamente attribuita la
potesta'  di  sindacare  provvedimenti  di un organo collegiale ad un
giudice  monocratico,  che  sarebbe, secondo il remittente, dotato di
bagaglio  culturale  ed esperienza professionale inferiore alla terna
che compone il collegio.
    E'  sufficiente  osservare  che  il  provvedimento  sul  quale si
pronuncia   il   giudice   dell'opposizione   e'   un   provvedimento
amministrativo,  anche  se  adottato da un organo giudiziario, con la
conseguenza, da un lato, della non pertinenza degli esempi invocati a
confronto dal giudice remittente in quanto relativi ad ipotesi in cui
il  provvedimento impugnato e' di natura giurisdizionale, dall'altro,
che   nessuna   irragionevolezza  e'  ravvisabile  nella  scelta  del
legislatore   di   affidare   la   cognizione   di  un  provvedimento
amministrativo ad un giudice monocratico.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 99, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di spese di
giustizia),  sollevata,  in  riferimento  agli  articoli 3 e 76 della
Costituzione,  dal  giudice  del  Tribunale  di  Gela  designato  dal
Presidente dello stesso tribunale, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2005.
                        Il Presidente: Onida
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 gennaio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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