N. 63 SENTENZA 13 - 29 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale - Prova testimoniale - Testimone maggiorenne infermo
  di  mente,  persona  offesa  dal  reato  -  Possibilita'  di  esame
  «protetto» secondo l'apprezzamento del giudice - Mancata previsione
  -  Lesione  del  principio  di tutela dei diritti inviolabili della
  persona,  disparita'  di  trattamento rispetto al teste minorenne -
  Illegittimita'  costituzionale in parte qua - Assorbimento di altri
  profili.
- Cod. proc. pen., art. 398, comma 5-bis.
- Costituzione, artt. 2, 3 (24, 32 e 111).
Processo  penale - Prova testimoniale - Testimone maggiorenne infermo
  di  mente,  persona  offesa  dal  reato - Possibilita' di esame, su
  richiesta  della  persona o del suo difensore, mediante l'uso di un
  vetro  specchio  unitamente  ad  un  impianto  citofonico - Mancata
  previsione   -   Lesione   del  principio  di  tutela  dei  diritti
  inviolabili  della  persona,  disparita' di trattamento rispetto al
  teste minorenne - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Cod. proc. pen., art. 498, comma 4-ter.
- Costituzione, artt. 2 e 3.
Processo  penale - Prova testimoniale - Testimone maggiorenne infermo
  di  mente,  persona  offesa  dal  reato  -  Possibilita'  di  esame
  «protetto»  -  Mancata  previsione - Contestuale pronuncia additiva
  che  amplia  le  modalita'  di  assunzione  della prova - Questione
  sollevata  in  relazione a disposizione la cui portata si esaurisce
  nel  rendere applicabile in sede di dibattimento la norma investita
  da  dichiarazione  di  incostituzionalita' - Automatico ampliamento
  della  norma  censurata  -  Non  fondatezza,  nei  sensi  di cui in
  motivazione.
- Cod. proc. pen., art. 498, comma 4-bis.
- Costituzione, art. 2.
(GU n.5 del 2-2-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei   giudizi   di   legittimita'   costituzionale  degli  artt. 498,
commi 4-bis  e  4-ter,  e  398,  comma 5-bis, del codice di procedura
penale,  promossi  con  ordinanze del 17 giugno 2003 del Tribunale di
Biella e del 10 dicembre 2003 del GIP del Tribunale di Ariano Irpino,
iscritte, rispettivamente, al n. 677 del registro ordinanze 2003 e al
n. 193  del  registro  ordinanze  2004  e  pubblicate  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 37, 1ª serie speciale, dell'anno 2003 e
n. 13, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 luglio 2004 il giudice
relatore Valerio Onida.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con ordinanza emessa il 17 giugno 2003, pervenuta a questa
Corte il successivo 20 agosto (r.o. n. 677 del 2003), il Tribunale di
Biella,  nel  corso di un dibattimento penale per violenza sessuale e
maltrattamenti  in famiglia o verso fanciulli, di cui sono accusati i
genitori   della  vittima,  minorenne  all'epoca  dei  fatti  ma  ora
maggiorenne,  inferma  di  mente, richiesto dal pubblico ministero di
procedere   all'esame   testimoniale  della  persona  offesa  con  le
modalita'  «protette» previste dall'art. 398, comma 5-bis, del codice
di    procedura   penale,   richiamato   dall'art. 498,   comma 4-bis
(concernenti  luogo,  tempo  e  modalita'  particolari dell'esame del
teste  minore  degli  anni  sedici,  quando  le esigenze di questi lo
rendano necessario od opportuno), nonche' dall'art. 498, comma 4-ter,
del  medesimo  codice  (utilizzo  del  vetro  specchio  e di impianto
citofonico  per  l'esame  del  minore  vittima di reati sessuali), ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
all'art. 2  della  Costituzione, del predetto art. 498, commi 4-bis e
4-ter  nella  parte in cui, nel caso di testimone maggiorenne infermo
di   mente  persona  offesa  dal  reato  di  violenza  sessuale,  non
consentono  che  l'esame del testimone, qualora una parte lo richieda
ovvero   il   presidente   lo  ritenga  in  concreto  necessario  per
salvaguardare  la  personalita'  del  teste,  si  svolga  secondo  le
modalita' di cui all'art. 398, comma 5-bis, e, su richiesta sua o del
suo  difensore,  mediante l'uso di un vetro specchio unitamente ad un
impianto citofonico.
    In  punto  di rilevanza, il remittente esclude la possibilita' di
un'applicazione  analogica dei commi 4-bis e 4-ter dell'art. 498 cod.
proc.  pen.  - riferiti all'esame testimoniale del minorenne - stante
il   tassativo  tenore  letterale  delle  norme,  e  osserva  che  la
testimonianza  della  persona  offesa  dovrebbe essere assunta con le
ordinarie  modalita'  dettate  dal citato art. 498, commi 1, 2, 3 e 4
(pur  come  risulta,  quest'ultimo, dalla sentenza additiva di questa
Corte   n. 283  del  1997  circa  l'esame  del  teste  da  parte  del
presidente), e cio' nonostante che nella fattispecie concreta possano
ritenersi   adeguatamente   provate  sia  la  condizione  di  attuale
infermita'  mentale  della  persona offesa, pur considerata capace di
testimoniare e di fornire un risultato probatorio attendibile, sia la
sussistenza  di  una  situazione  di  «disagio psicologico-affettivo»
nella  quale  la  teste  sarebbe costretta a deporre, per la natura e
gravita'  dei reati contestati e per lo stretto rapporto di parentela
esistente fra gli imputati e la persona offesa.
    Quanto  alla  non manifesta infondatezza, il Tribunale reputa che
si  debba  riproporre  lo  stesso  percorso  argomentativo  che aveva
indotto  il  Giudice  delle  leggi  alla  pronuncia di illegittimita'
costituzionale  dell'art. 498,  comma 4,  cod. proc. pen. Considerato
che  la  ratio  sottesa  ai  commi 4-bis  e 4-ter dell'art. 498, come
affermato  da  questa  Corte  nella  sentenza  n. 114 del 2001, e' da
rinvenirsi   nelle   specifiche   esigenze   di  assicurazione  della
genuinita'  della  prova  e  di  protezione del minore infrasedicenne
rispetto  alle possibili lesioni della sua personalita', risulterebbe
evidente  la  irragionevolezza  di  una  scelta  legislativa  che non
consente  in  alcun  modo  al  giudice del dibattimento di disporre -
laddove  ravvisi, come nel caso di specie, l'effettiva sussistenza di
un'analoga esigenza di protezione della personalita' del testimone ex
art. 2  della  Costituzione  -  che  l'assunzione della testimonianza
dell'infermo  di  mente,  vittima  di  reati sessuali, avvenga con le
modalita'  protette. La constatazione, da compiersi in concreto ed in
relazione  al  complessivo  contesto  processuale, della necessita' o
dell'opportunita'  di evitare qualsiasi pregiudizio alla personalita'
particolarmente  fragile  del  teste  affetto  da  infermita' mentale
giustificherebbe  la previsione di un potere discrezionale in capo al
giudice  del  dibattimento  di  applicare  in  tale ipotesi lo stesso
regime di tutela processuale previsto per l'esame del teste minorenne
dal  comma 4-bis del codice (indipendentemente dal reato per il quale
si  procede)  e  dal successivo comma 4-ter (per l'ipotesi del minore
vittima di reati sessuali).
    A  garantire il rispetto della personalita' del testimone infermo
di  mente  non  potrebbero  ritenersi  adeguate le diverse e generali
regole pur previste dal codice di rito all'art. 499, comma 4 (secondo
cui  «il presidente cura che l'esame del testimone sia condotto senza
ledere  il  rispetto della persona») e all'art. 472, comma 3-bis (che
riconosce  alla persona offesa nel caso di reati sessuali la facolta'
di  chiedere  che  il  dibattimento, o una parte di esso, si svolga a
porte  chiuse),  e cio' quanto meno nelle ipotesi in cui il testimone
infermo  di mente sia vittima di un reato a sfondo sessuale connotato
in  punto  di  fatto  da  una  condotta  di abuso delle condizioni di
inferiorita'  fisica  o  psichica della persona offesa al momento del
fatto,  e  per di piu' posto in essere da uno stretto congiunto della
vittima.  In  tali  casi,  l'esclusione  a priori dell'applicabilita'
delle  modalita'  protette  si traduce, secondo il giudice a quo, «in
una  illegittima  rinuncia  da  parte del legislatore ad una adeguata
tutela  non  solo della dignita', del pudore e della personalita' del
teste  parte offesa infermo di mente, ma anche della genuinita' della
prova»;  e  cio',  proprio  con  riferimento a fattispecie delittuose
rispetto   alle   quali   tali   esigenze   di   tutela  di  soggetti
psicologicamente deboli si pone con maggiore intensita' ed evidenza.
    2.  -  Non  vi  e' stata costituzione di parte ne' intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri.
    3.  -  Con  ordinanza  emessa  il 10 dicembre 2003, e pervenuta a
questa  Corte il 23 febbraio 2004 (r.o. 193 del 2004), il giudice per
le  indagini  preliminari  del Tribunale di Ariano Irpino, dopo avere
ammesso  un  incidente  probatorio ai sensi dell'art. 392, lettera a,
cod. proc. pen., in un procedimento per violenza sessuale commesso in
danno  di persona adulta inferma di mente, rilevando la necessita' di
procedere  all'assunzione  della  testimonianza della persona offesa,
stanti  le  sue  condizioni  psichiche,  in  forma  protetta ai sensi
dell'art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen, che pero' e' testualmente
riferito  alla  testimonianza  del  solo  minore  di  sedici anni, ha
sollevato  d'ufficio  questione  di  legittimita'  costituzionale, in
riferimento  agli  artt. 2,  3,  24,  32  e  111  della Costituzione,
dell'art. 398,  comma 5-bis,  cod. proc. pen., nella parte in cui non
prevede,  analogamente a quanto previsto per i minori di anni sedici,
che  si possa procedere all'assunzione della testimonianza di persona
offesa,  che  sia  adulta  e  inferma di mente, nell'ambito dei reati
sessuali,  con  le  «modalita'  protette» ivi contemplate (ad es. con
l'impiego  di  mezzi  di  riproduzione fonografica o audiovisiva, con
l'assistenza  di  un esperto, in una stanza separata da quella in cui
si   trovano  le  parti  e  mediante  l'utilizzo  di  vetro  specchio
unidirezionale etc.).
    In  punto  di  rilevanza  il  giudice per le indagini preliminari
reputa che la questione sia ammissibile in quanto relativa a norma di
legge  non  suscettibile  di applicazione in via analogica ex art. 14
delle    preleggi,    e    che    la    eventuale   declaratoria   di
incostituzionalita'  in  parte  qua  permetterebbe  l'esame del teste
nelle  forme  protette, salvaguardando la genuinita' della prova e la
personalita' della vittima del reato.
    Quanto  al  merito, l'autorita' remittente ritiene che la mancata
estensione  della  norma nel senso indicato si porrebbe in contrasto,
anzitutto,  con  l'art. 2 della Costituzione, non assicurandosi piena
tutela  dei  diritti inviolabili dell'uomo nel processo penale quando
l'adulto  infermo  di mente, vittima di reati sessuali, e' chiamato a
deporre  su  vicende  e questioni particolarmente delicate e scabrose
afferenti  alla  sfera piu' intima della sua personalita', in un'aula
di  tribunale  e  alla  presenza del giudice e delle parti. Lo stesso
Giudice  delle  leggi, ricorda il remittente, ha gia' sottolineato il
rilievo   costituzionale   delle   esigenze   di  salvaguardia  della
personalita'  del  teste  (cfr.  sentenze  n. 262  del 1998 e 283 del
1997).  Inoltre  l'estensione  della  norma  si  porrebbe in perfetta
armonia  con le decisioni adottate in materia dalla Comunita' europea
(non  meglio  specificate  dal  giudice  a  quo  ma  probabilmente da
riferirsi  alla  decisione  quadro  del  Consiglio del 15 marzo 2001,
n. 220),  in base alle quali ciascuno Stato membro deve garantire che
«le  vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento
specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione».
    In  secondo  luogo,  la norma denunciata sarebbe in contrasto con
l'art. 3  della  Costituzione,  sotto  il profilo della irragionevole
disparita'  di trattamento di situazioni che possono essere analoghe,
considerato   che   anche   il  minorato  psichico,  come  il  minore
infrasedicenne,  versa in uno stato di debolezza e fragilita' mentale
ed e' facilmente suggestionabile.
    In  terzo  luogo,  il  giudice  a  quo  denuncia un contrasto con
l'art. 24  della  Costituzione, in quanto la mancata estensione della
norma  impugnata  si  tradurrebbe  in  un difetto di adeguata e piena
tutela giurisdizionale: soltanto ove sia rimesso al giudice stabilire
caso  per caso tempo, luogo e modalita' particolari di escussione del
teste  si  porrebbe  l'infermo  di  mente nella concreta ed effettiva
condizione di difendere appieno i propri diritti.
    Ancora,   la   norma   impugnata   violerebbe   l'art. 32   della
Costituzione,  considerato  che  porre  il  teste  infermo di mente a
stretto  ed  immediato contatto con la viva realta' processuale e con
il  suo  presunto aggressore significherebbe farlo testimoniare in un
ambiente carico di tensione e sottoporlo ad uno stress emotivo che in
una  persona  con  un  equilibrio  psichico  gia' fortemente minato e
compromesso  puo'  tradursi  in  una  lesione  alla  integrita'  e al
benessere fisico e psichico.
    Infine,  il remittente denuncia il contrasto con l'art. 111 della
Costituzione,  perche'  non  sarebbe  garantito il «processo giusto»,
volto  alla ricerca della verita', dato che l'esame del teste infermo
di  mente non puo' essere effettuato con le modalita' piu' adeguate a
garantire la genuinita' e la incontestabilita' della prova.
    4. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per
il  tramite  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, concludendo per
l'infondatezza della questione nei termini di seguito precisati.
    Il   ragionamento  della  difesa  erariale  muove  dall'art. 401,
comma 5,  cod.  proc.  pen.,  il  quale  stabilisce  che l'assunzione
anticipata della prova nell'incidente probatorio si svolge secondo le
regole  dettate  per  il  dibattimento, e dunque anche dall'art. 498,
comma 4, del codice di rito, come integrato dalla sentenza n. 283 del
1997,  integrazione la cui ratio sottesa informerebbe di se', secondo
l'Avvocatura,  l'intera disposizione. Cio' premesso, in virtu' di una
sorta  di proprieta' transitiva delle norme in questione, il richiamo
che  l'art. 498,  comma 4-bis,  del codice di procedura penale, quale
integrato  nei presupposti dalla pronuncia della Corte costituzionale
citata,  fa all'impugnato art. 398, comma 5-bis, dello stesso codice,
estenderebbe  ad  esso  i suoi effetti per il semplice argomento che,
essendo  l'incidente  probatorio  una anticipazione della istruttoria
dibattimentale,  non  puo' che soggiacere alle medesime regole, quali
risultanti  anche dalle pronunce della Corte costituzionale. «Sicche'
se  nel  dibattimento  l'esame  della  persona  inferma di mente puo'
essere  condotto  dal  presidente,  tale regola deve valere anche per
l'esecuzione dell'incidente probatorio».
    Tale  interpretazione sarebbe stata avvalorata, secondo la difesa
erariale,  dallo  stesso giudice costituzionale nella sentenza n. 114
del  2001,  con  la  quale  si  sarebbe  riconosciuta «la sostanziale
equivalenza  del  meccanismo di cui all'art. 498, comma 4-bis, e [di]
quello  originario  dell'art. 398,  comma 5-bis», onde non vi sarebbe
alcun  ostacolo,  in via di interpretazione, ad utilizzare, nel corso
dell'incidente  probatorio,  le  modalita'  protette per l'assunzione
della prova di persona maggiorenne inferma di mente.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  questioni che i due remittenti sollevano riguardano le
modalita'  di  esame «protetto», nell'ambito del processo penale, del
teste  persona  offesa  da  reato sessuale, maggiorenne all'epoca del
processo, che sia infermo di mente.
    Precisamente, il Tribunale di Biella, nel corso del dibattimento,
solleva   questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 498,
comma 4-bis,   del   codice   di   procedura   penale,   che  dispone
l'applicabilita'  nel dibattimento, su richiesta di una parte o se il
presidente  lo  ritiene  necessario,  dell'art. 398, comma 5-bis, del
codice  di procedura penale, a tenore del quale, nel caso di indagini
concernenti   reati  sessuali,  quando  fra  le  persone  interessate
all'assunzione della prova vi siano minori di sedici anni, il giudice
stabilisce  il  luogo  (anche  fuori  del tribunale, presso strutture
specializzate o in mancanza presso l'abitazione del minore), il tempo
e  le  modalita'  particolari  attraverso cui procedere all'incidente
probatorio,  quando  le  esigenze del minore lo rendono necessario od
opportuno;  nonche'  dell'art. 498, comma 4-ter, del predetto codice,
secondo cui, quando si procede per reati sessuali, l'esame del minore
vittima  del reato si effettua, su richiesta sua o del suo difensore,
mediante  l'uso  di  un  vetro  specchio  unitamente  ad  un impianto
citofonico.
    Tali  norme  sono  impugnate  nella  parte  in cui non consentono
l'applicazione   delle  suddette  modalita'  protette,  nel  caso  di
procedimento  per  il  delitto  di violenza sessuale, quando si debba
procedere  all'esame  di  testimone  maggiorenne  infermo  di  mente,
persona offesa dal reato. La questione e' sollevata in riferimento al
principio  di  tutela  dei  diritti inviolabili della persona, di cui
all'art. 2  della  Costituzione, in quanto, ad avviso del remittente,
la mancanza del potere del giudice di procedere alla assunzione della
prova  mediante  le speciali modalita' ivi previste, quando riscontri
la  sussistenza  di una esigenza di protezione della personalita' del
teste  analoga  a  quella considerata dal legislatore a proposito del
minore,  darebbe  luogo  ad una inadeguata tutela della dignita', del
pudore  e  della  personalita'  del  teste  psicologicamente  debole,
nonche' della genuinita' della prova.
    A  sua volta il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di   Ariano   Irpino,   investito  di  un  incidente  probatorio  per
l'assunzione  della  testimonianza  di  una persona inferma di mente,
dubita   della   legittimita'  costituzionale  del  citato  art. 398,
comma 5-bis,  del  codice di procedura penale, nella parte in cui non
prevede  che  si  possa  procedere all'assunzione della testimonianza
della parte offesa da reato sessuale, maggiorenne e inferma di mente,
con  le modalita' previste per il minore di sedici anni. La questione
e' sollevata in riferimento: all'art. 2 della Costituzione, in quanto
non  si  assicurerebbe  la piena tutela dei diritti inviolabili della
persona  dell'infermo  di  mente;  all'art. 3  della Costituzione, in
quanto  sarebbe  irragionevole non riconoscere al maggiorenne infermo
di  mente,  persona  particolarmente  fragile, la stessa salvaguardia
prevista    per   il   minore   infrasedicenne;   all'art. 24   della
Costituzione,  perche'  il  teste  non sarebbe messo in condizione di
difendere  appieno  i  propri  diritti  e  di rendere una deposizione
serena,  genuina  e veridica; all'art. 32 della Costituzione, perche'
non  si  garantirebbe  adeguatamente il diritto alla salute del teste
sotto  il profilo del suo benessere psico-fisico; infine all'art. 111
della  Costituzione,  in  quanto  non  sarebbe  garantito  il  giusto
processo  sotto il profilo della liberta' di esprimersi del teste, al
di la' di condizionamenti e paure, e della possibilita' di assicurare
la genuinita' della prova.
    2.  -  Stante  la connessione di oggetto, i giudizi devono essere
riuniti per essere decisi con unica pronunzia.
    3.   -   Le   questioni  relative  all'art. 398,  comma 5-bis,  e
all'art. 498,  comma 4-ter,  del  codice  di  procedura  penale  sono
fondate.
    Questa  Corte  ha  gia'  avuto  modo  di  affermare  che, pur non
potendosi  meccanicamente  equiparare l'infermo di mente al minore ai
fini  della  disciplina  della testimonianza nel procedimento penale,
tuttavia il principio di tutela della persona, desumibile dall'art. 2
della  Costituzione,  comporta che il giudice procedente, ove ritenga
in  concreto  che vi sia un pericolo di pregiudizio alla personalita'
del  teste infermo di mente, possa adottare modalita' di esame atte a
prevenire  ed  escludere  tale  pericolo; e ha fatto applicazione del
principio  dichiarando la illegittimita' costituzionale dell'art. 498
cod. proc. pen. nella parte in cui non consentiva al giudice, in tale
ipotesi,   di   procedere   direttamente   all'esame   su  domande  e
contestazioni proposte dalle parti (sentenza n. 283 del 1997).
    In  altra  occasione  la Corte, investita di questioni analoghe a
quelle oggi in esame, le ha dichiarate inammissibili per irrilevanza,
in  quanto  sollevate  sul  presupposto  della estensione alla specie
della previsione del ricorso all'incidente probatorio, estensione che
si e' escluso invece sia imposta dalla Costituzione (ordinanza n. 108
del  2003;  nonche'  sentenza  n. 529  del 2002, con riferimento alla
prospettata estensione della applicazione dell'art. 398, comma 5-bis,
cod.  proc.  pen.  al caso di testimonianza del minore nell'ambito di
procedimenti per reati diversi da quelli sessuali).
    Nel  presente  giudizio,  invece, le questioni si presentano come
rilevanti,  essendo  in un caso sollevate nel corso del dibattimento,
in un altro caso nel corso di un incidente probatorio ammesso in base
alla disciplina in vigore.
    4.  -  Le  esigenze  di tutela della personalita' particolarmente
fragile dell'infermo di mente, chiamato a testimoniare nell'ambito di
processi  penali  per  reati sessuali, impongono, in base alla stessa
ratio decidendi della citata sentenza n. 283 del 1997, in riferimento
agli  artt. 2  e  3 della Costituzione (restando cosi' assorbito ogni
altro  profilo  di  censura),  di estendere al maggiorenne infermo di
mente   la   garanzia,  prevista  per  il  minore  infrasedicenne,  e
rispettivamente per il minore, dall'art. 398, comma 5-bis (richiamato
dall'art. 498,  comma 4-bis) e dall'art. 498, comma 4-ter, cod. proc.
pen.,  del  ricorso,  alle  modalita'  «protette» di assunzione della
prova  testimoniale  contemplate  dalle  norme  menzionate, quando il
giudice ne riscontri in concreto la necessita' o l'opportunita'.
    Rendere testimonianza in un procedimento penale, nel contesto del
contraddittorio,  su  fatti  e circostanze legati all'intimita' della
persona e connessi a ipotesi di violenze subite, e' sempre esperienza
difficile  e  psicologicamente  pesante:  se  poi  chi  e' chiamato a
deporre e' persona particolarmente vulnerabile, piu' di altre esposta
ad  influenze  e  a  condizionamenti  esterni,  e  meno  in  grado di
controllare  tale  tipo di situazioni, puo' tradursi in un'esperienza
fortemente traumatizzante e lesiva della personalita'.
    D'altra  parte  l'adozione, in questi casi, di speciali modalita'
«protette»  di  assunzione  della  prova,  quanto  a luogo, ambiente,
tempo,  assistenza  di  persone  che conoscano il teste o di esperti,
nonche'  a  modi  concreti  di  procedere  all'esame,  non  solo  non
contrasta  con altre esigenze proprie del processo, ma, al contrario,
concorre  altresi'  ad assicurare la genuinita' della prova medesima,
suscettibile  di  essere  pregiudicata  ove  si  dovesse procedere ad
assumere  la  testimonianza con le modalita' ordinarie (cfr. sentenze
n. 283 del 1997, n. 114 del 2001, n. 529 del 2002).
    L'apprezzamento  in concreto delle condizioni e delle circostanze
che impongano o consiglino il ricorso, anche nel caso dell'infermo di
mente,  a  siffatte  speciali modalita', previste dal legislatore nel
caso  di  testimonianza  del minore o del minore infrasedicenne, deve
essere rimesso al giudicante, in relazione alla varieta' possibile di
situazioni (cfr. ancora sentenza n. 283 del 1997).
    5.  -  La  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale deve
dunque   investire   sia  l'art. 398,  comma 5-bis,  sia  l'art. 498,
comma 4-ter,  del  codice  di  procedura  penale.  Non  vi e' motivo,
invece,  per  intervenire  sull'art. 498,  comma 4-bis,  del medesimo
codice,  la  cui portata si esaurisce nel rendere applicabili in sede
di dibattimento, ove una parte lo richieda o il presidente lo ritenga
necessario,   le   modalita'   di  assunzione  della  prova  previste
dall'art. 398,  comma 5-bis:  una  volta investito quest'ultimo dalla
presente  pronuncia  additiva,  ne  risulta  automaticamente ampliato
anche  l'ambito di applicabilita' del comma 4-bis dell'art. 498, onde
la  relativa questione di incostituzionalita' deve essere dichiarata,
in questi sensi, infondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
        a)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 398,
comma 5-bis,  del  codice  di procedura penale nella parte in cui non
prevede  che  il  giudice  possa  provvedere  nei  modi  ivi previsti
all'assunzione  della prova ove fra le persone interessate ad essa vi
sia  un maggiorenne infermo di mente, quando le esigenze di questi lo
rendano necessario od opportuno;
        b)  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 498,
comma 4-ter,  del  codice  di procedura penale nella parte in cui non
prevede  che  l'esame  del  maggiorenne  infermo di mente vittima del
reato  sia effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante
l'uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico;
        c)  dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 498, comma 4-bis,
del  codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 2
della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Biella  con  l'ordinanza in
epigrafe (r.o. n. 677 del 2003).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2005.
                  Il Presidente e redattore: Onida
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 gennaio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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