N. 68 ORDINANZA 13 - 29 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Contenzioso tributario - Estinzione del giudizio per cessazione della
  materia  del contendere - Spese processuali - Mantenimento a carico
  della  parte  che  le  ha  anticipate - Obbligatorieta' anche se la
  cessazione  della  materia  del contendere consegua ad annullamento
  dell'atto  impositivo  disposta  di  ufficio  dalla p.a. in sede di
  autotutela  -  Asserita lesione del principio del giusto processo e
  contrasto  con  l'esigenza  di  tutela  effettiva  e  integrale dei
  diritti del cittadino - Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, comma 3.
- Costituzione, art. 111.
(GU n.5 del 2-2-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:   Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 46, comma 3,
del  decreto  legislativo  31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul
processo  tributario  in attuazione della delega al Governo contenuta
nell'art. 30  della  legge  30 dicembre  1991,  n. 413), promosso con
ordinanza  del 3 dicembre 2003 dalla Commissione tributaria regionale
di  Napoli  sui ricorsi riuniti proposti da Esposito Enrica contro il
comune  di  San  Giorgio  a  Cremano, iscritta al n. 505 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 23, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 15 dicembre 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che  la Commissione tributaria regionale di Napoli, con
ordinanza  depositata il 3 dicembre 2003, nel corso di un giudizio di
appello  avente ad oggetto la statuizione relativa alla compensazione
delle  spese  conseguente  all'estinzione del giudizio per cessazione
della materia del contendere, determinata dall'annullamento dell'atto
impositivo  in  via  di  autotutela,  ha  sollevato,  in  riferimento
all'art. 111    della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 46,   comma 3,   del  decreto  legislativo
31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge
30 dicembre  1991,  n. 413),  «nella  parte  in  cui  e'  disposta la
compensazione  delle  spese  anche  per  il caso in cui la cessazione
della  materia  del  contendere  consegua  ad  annullamento dell'atto
impositivo disposta di ufficio dalla P.A., in sede di autotutela»;
        che  - ad avviso del rimettente - la norma impugnata, ponendo
a  carico  del  contribuente  le  spese  anticipate per la lite anche
quando  la  pubblica  amministrazione, in corso di giudizio, ritiri o
annulli  l'atto  impugnato,  si  porrebbe in contrasto con l'art. 111
della  Costituzione  e,  in  particolare,  con  i principi del giusto
processo e dell'effettivita' della tutela giurisdizionale;
        che la previsione di necessaria compensazione delle spese non
sarebbe   d'altro  canto  giustificata  ne'  dalle  peculiarita'  del
processo   tributario   ne'  da  esigenze  di  snellezza,  in  quanto
l'accertamento  della  soccombenza  virtuale  non  potrebbe  dirsi di
ostacolo ad una celere definizione della lite;
        che  sarebbe  altresi'  violato  - quanto meno con riguardo a
ciascuna  singola  fattispecie  processuale - il principio di parita'
tra  le  parti,  essendo attribuita ad una di esse la possibilita' di
determinare,  nel corso del processo, la cessazione della materia del
contendere senza incorrere nella condanna alle spese;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,   concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  o,
comunque, di non fondatezza della questione;
        che  -  ad avviso dell'Avvocatura - l'ordinanza di rimessione
sarebbe  perplessa  e  contraddittoria  quanto alla descrizione della
fattispecie processuale;
        che,  nel  merito,  il  giudice  a  quo,  con  riferimento al
parametro  di  cui  al  nuovo art. 111 della Costituzione, in realta'
riproporrebbe,  invocando  i  principi  del «giusto processo» e delle
«condizioni  di  parita'  delle parti nel contraddittorio», le stesse
censure  gia'  scrutinate  dalla Corte, riguardo alla medesima norma,
con   riferimento   agli   artt. 3,  24,  75,  76,  97  e  113  della
Costituzione, e giudicate non fondate;
        che,   d'altro   canto,   il   rimettente  non  inquadrerebbe
correttamente la fattispecie normativa, in quanto la norma denunciata
riguarda indistintamente tutte le ipotesi di cessazione della materia
del   contendere  ed  il  riferimento  alla  sola  ipotesi  derivante
dall'adozione  di un atto di autotutela da parte dell'amministrazione
finanziaria  sarebbe  inadeguato  per  una  congrua valutazione della
legittimita' della norma stessa nel suo complesso;
        che  non  vi  sarebbe, infine, alcun principio costituzionale
che  imponga  la  condanna  alle spese di lite in caso di soccombenza
anche solo virtuale.
    Considerato  che  l'art. 46,  comma 3,  del  decreto  legislativo
n. 546  del  1992 dispone la compensazione, tra le parti, delle spese
del giudizio, estinto a norma del comma 1 dello stesso articolo, «nei
casi  di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e
in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere»;
        che  il  rimettente  invoca la declaratoria di illegittimita'
costituzionale   della  norma  suddetta,  con  riferimento  esclusivo
all'ipotesi di cessazione della materia del contendere conseguente ad
annullamento     dell'atto    impositivo    disposto    di    ufficio
dall'amministrazione finanziaria in sede di autotutela;
        che   la   pronuncia   di  incostituzionalita',  nei  termini
prospettati  dal  rimettente, determinerebbe una evidente lesione del
principio  di  eguaglianza  tra  le  parti,  lasciando  inalterata la
disciplina  della  compensazione  delle  spese,  prevista dalla norma
censurata, per tutte le altre ipotesi di cessazione della materia del
contendere,   ed   in   particolare   per   quelle   conseguenti   al
riconoscimento,  da  parte  del  contribuente, della fondatezza della
pretesa tributaria;
        che  l'incostituzionalita' conseguente all'accoglimento della
questione rende quest'ultima improponibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 46,  comma 3,  del  decreto
legislativo  31 dicembre  1992,  n. 546  (Disposizioni  sul  processo
tributario   in   attuazione   della   delega  al  Governo  contenuta
nell'art. 30  della  legge  30 dicembre  1991, n. 413), sollevata, in
riferimento   all'art. 111   della  Costituzione,  dalla  Commissione
tributaria regionale di Napoli, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2005.
                        Il Presidente: Onida
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 gennaio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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