N. 65 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 gennaio 2004

Ordinanza   emessa   il   30   gennaio  2004  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  24  gennaio  2005)  dal tribunale di Bolzano sez.
distaccata   di   Merano   nel   procedimento   penale  a  carico  di
Schwienbacher Erich

Processo  penale  -  Procedimenti  dinanzi  all'autorita' giudiziaria
  della  Provincia  di  Bolzano  -  Lingua  processuale - Liberta' di
  scelta  da  parte  dell'imputato,  indipendentemente  dal gruppo di
  appartenenza  linguistica - Conseguente possibilita' che l'imputato
  scelga,  anziche'  la  propria madrelingua, quella del difensore di
  fiducia  -  Contrasto  con la tutela delle minoranze linguistiche -
  Lesione  del  diritto  di  difesa e del principio di buon andamento
  della P.A.
- D.P.R.   15 luglio  1988,  n. 574,  artt. 15,  comma 2  (modificato
  dall'art. 2  del  d.lgs. 29 maggio 2001, n. 283), e 17, commi 1 e 2
  (modificati dall'art. 4 del d.lgs. 29 maggio 2001, n. 283).
- Costituzione, artt. 6, 24 e 97.
(GU n.9 del 2-3-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli atti del procedimento n. 296/01 a carico Schwienbacher
Erich,  nato  il  3  gennaio  1945 a Cermes, residente in Merano, via
Tobias  Brenner n. 11, imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv. e
368 c.p.;
    Premesso  che lo stesso di madrelingua tedesca, con dichiarazione
dd.  4  ottobre 2000 resa innanzi al Commissariato di Polizia di P.S.
di  Merano,  ha  scelto  quale lingua del processo quella italiana in
considerazione  del  fatto  che  uno  dei  due  difensori  di fiducia
nominati  e'  di  madre lingua italiana, precisamente l'avv. Adelaide
Sano';
    Premesso  che  la persona offesa Nagele Carlo, nato a Cermes il 5
agosto   1951,  residente  in  Merano,  Pfarrgasse  n. 29/a  pure  di
madrelingua  tedesca, si e' costituito parte civile in data 18 maggio
2001  con  l'avv.  Maurizio  Breglia  di madre lingua italiana, senza
effettuare un'esplicita scelta di lingua;
    Rilevato  che  il processo, a questo punto, deve essere celebrato
in   lingua  italiana  giuste  le  disposizioni  di  cui  al  decreto
legislativo  n. 283/2001 che ha, in parte, modificato le disposizioni
di  cui  al d.P.R. n. 574/1988 nonostante le parti - imputato e parte
civile  -  nonche'  la  prevalenza  dei  testi  siano di madre lingua
tedesca  ed,  in quanto di matrice culturale contadina del posto, non
hanno  sufficiente padronanza della lingua italiana: sia le parti per
seguire  il  processo  sia  i  testi  per  rendere  le  dichiarazioni
direttamente in lingua italiana, per cui vi e' la concreta necessita'
di   procedere   alla   traduzione,  a  mezzo  di  interprete,  delle
dichiarazioni  rese  dalle  parti  nonche' dei testi; previsione, fra
l'altro, puntualmente disciplinata dal dettato legislativo menzionato
dato  che  tutti  hanno il diritto di parlare nella loro madrelingua,
con  contestuale  traduzione  nella  lingua del processo (v. art. 16,
commi  3,  4  e 5,  d.P.R.  n. 574/1988  come  modificato dall'art. 3
decreto legislativo n. 283/2001);
    Un tanto premesso;

                            O s s e r v a

    Ad   avviso  di  questo  giudice,  la  disciplina  dettata  dalla
normativa  sopra menzionata sull'attuazione dell'uso della lingua nei
rapporti  con  l'autorita' giudiziaria in Alto Adige, e' in contrasto
con  i  principi  fondamentali della Carta costituzionale di cui agli
artt. 6  concernente  la  tutela  delle  minoranze  linguistiche,  24
concernente  la  tutela  del  diritto alla difesa e 97 concernente il
buon andamento della p.a.
    Infatti,   nel   caso   di   specie,  la  disciplina  evidenziata
«costringe» l'Amministrazione della giustizia a celebrare un processo
che,  per  sua  «natura»,  proprio in ragione dell'appartenenza delle
parti   al   gruppo  linguistico  di  madrelingua  tedesca,  dovrebbe
celebrarsi in tale ultima lingua. Di fatto, pero', la difesa, proprio
in  quanto  di  fiducia,  non  di  rado  impone  al  suo assistito di
scegliere  formalmente  la lingua italiana, perche' tutto il processo
debba  celebrarsi  in tale ultima lingua. La conseguenza e' assurda e
grottesca:  sia  l'imputato che la parte civile, pur avendo scelto la
lingua  italiana  hanno  il diritto di parlare nella loro madrelingua
come  pure  i  testi,  con  la conseguenza che deve essere incaricata
l'interprete  per  procedere  alla traduzione dalla lingua tedesca in
quella  italiana  perche'  la  difesa  possa  seguire il processo. Ne
consegue  un  completo svuotamento e conseguentemente sviamento della
norma  posta a tutela della minoranza etnica, in quanto l'interprete,
pagata  dallo Stato, non e' piu' a disposizione del cittadino, bensi'
della  difesa  che,  in questi casi, si avvale di un servizio statale
per  sopperire  a proprie deficienze linguistiche. Tale dato di fatto
viene  pure  a  collidere  con la stessa portata normativa ove questa
prevede  all'art. 16,  comma  2  come sostituito dall'art. 3, decreto
legislativo  n. 283/2001  che  il difensore di fiducia di madrelingua
diversa  dalla  lingua  del processo puo' «pronunciare gli interventi
orali con i quali si sollevano questioni preliminari o si svolgono le
difese  ...»  nella rispettiva madrelingua, con verbalizzazione nella
lingua del processo.
    La  legge,  dunque,  prevede  la possibilita' che il difensore di
fiducia parli nella sua madrelingua, con conseguente traduzione delle
eccezioni e delle difese nella lingua del processo. Tale disposizione
normativa,  pero',  presuppone  da  parte  del  difensore, seppure di
madrelingua  diversa  del  suo assistito, una comprensione quantomeno
«passiva»   della   lingua  tedesca,  perche'  possa,  in  proposito,
approntare  un'adeguata  difesa, fermo restando l'obbligo di usare la
lingua  delle  parti  e  dei  testi  nella loro escussione. Di fatto,
pero', questo raramente succede. L'avvocato che non conosce la lingua
tedesca,  neanche  «passivamente»,  indipendentemente  dal  fatto che
venga o meno da fuori Provincia, preferisce allora «far» scegliere al
suo  assistito  la  propria  madrelingua,  con  le  conseguenze sopra
riportate.  A  parere  di  questo  giudice,  la  scelta  della lingua
processuale non deve essere rimessa alla mera volonta' dell'imputato:
criterio  questo  assai  «labile»  proprio  per i motivi di cui sopra
tenuto  conto  che  il  cittadino,  sfornito  di cognizioni tecniche,
facilmente  si fa convincere dal suo difensore di scegliere la lingua
che, in realta', non e' la sua madrelingua, con l'assurda conseguenza
che  l'eventuale  deficienza linguistica della difesa di fiducia va a
spese  dello  Stato che e' tenuto a incaricare e pagare un'interprete
solo  per  il  difensore. In questi casi, dunque, ove la scelta della
lingua   da   parte   dell'imputato  e'  solamente  «strumentale»  ad
un'esigenza   personalissima   della  difesa,  ma  non  dello  stesso
imputato,   questo   giudice   e'   dell'avviso   che   il   criterio
d'individuazione  della  scelta della lingua processuale debba essere
il  gruppo  di  appartenenza  linguistica  dell'imputato  al  fine di
evitare  le  storture  normative come si presentano nella pratica. In
proposito,  va  anche  evidenziato  che  la  normativa  esaminata  ha
elaborato  il  concetto  di  «lingua  presunta»,  fra  l'altro  anche
riportato   all'art. 100,   comma   3,  d.P.R.  n. 670/1972  relativo
all'approvazione   del   testo   unico   delle  leggi  costituzionali
concernenti  lo  statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige, che si
applica  nel  momento  in cui l'imputato non effettua la scelta della
lingua  processuale,  e  che  l'art. 18-ter  introdotto  dal  decreto
legislativo   n. 283/2001   prevede   che  «l'autorita'  giudiziaria,
nell'individuare il difensore di ufficio o nel designare il sostituto
del  difensore  a  norma  dell'art.  97,  comma  4 c.p.p., assegna il
difensore   d'ufficio   conformemente   all'appartenenza  linguistica
dell'imputato»;  disposizione che garantisce la piu' ampia attuazione
del principio di difesa e quello di tutela della minoranza etnica.
    Va  pure  ricordato che l'art 100, comma 1 del d.P.R. n. 670/1972
prevede  che  «  i  cittadini  di  lingua  tedesca della provincia di
Bolzano  hanno  facolta' di usare la loro lingua nei rapporti con gli
uffici   giudiziari   e  con  gli  organi  e  uffici  della  pubblica
amministrazione situati nella provincia o aventi competenza regionale
....»  ove  «facolta»  nel testo di lingua tedesca viene tradotto con
«diritto».
    Purtroppo,  il  cittadino  di  madrelingua  tedesca,  pur essendo
tutelato  da  un  punto di vista normativo nell'uso della sua lingua,
non  sempre sente la necessita' di far valere tale suo diritto, per i
piu'  svariati  motivi,  fra  cui  anche  quello  di agevolare il suo
difensore  nell'uso della lingua di questi, omettendo di proposito di
scegliere  la  propria  madrelingua  e  quindi  rinunciando ad un suo
diritto  costituzionalmente  garantito.  Visti questi principi, ci si
chiede perche', indipendentemente che si tratti di difesa d'ufficio o
di fiducia, il criterio per l'individuazione della lingua processuale
sia  rimesso  alla «volonta» dell'imputato, di fatto «pilotata» dalla
difesa,  e  non venga a coincidere automaticamente con l'appartenenza
al  gruppo  linguistico. Quest'ultimo criterio di portata assoluta ed
obiettiva  risolverebbe  di  fondo i problemi che si presentano nella
pratica come sopra descritti.
    Nel  caso  di  specie,  il  processo verrebbe celebrato in lingua
tedesca e la difesa, comunque, potrebbe parlare nella sua madrelingua
ed  in  caso di insufficiente padronanza della lingua, in questo caso
tedesca,  dovrebbe  avvalersi di un'interprete personale che potrebbe
anche  essere  un  codifensore di madrelingua tedesca. Se, invece, la
dichiarazione   di   scelta   della  lingua  processuale  e'  rimessa
all'imputato  che, p.es. di fronte, «all'invito» del suo difensore di
scegliere  la  lingua  italiana, effettivamente sceglie la lingua del
suo  avvocato,  anche  se  non  convinto,  la  normativa in esame, in
particolare  gli  artt. 15,  comma  2  e  17,  commi  2  e  3, d.P.R.
n. 574/1988  come  modificati  dagli artt. 2 e 4, decreto legislativo
n. 283/2001,  vengono  a  collidere con i principi costituzionali del
diritto  di  tutela  della  minoranza  linguistica, di difesa nonche'
quello  di  buon  andamento  della  p.a. Infatti, l'imputato anche se
formalmente  «libero»  di  scegliere  la lingua processuale, di fatto
viene  a trovarsi a celebrare un processo in una lingua diversa dalla
sua,  vedendosi  limitato  nel seguire il processo nella sua lingua e
quindi nel suo diritto di difesa e soprattutto con notevole dispendio
di  tempo e costi per la p.a., la quale, come gia' sopra riferito, e'
costretta a procedere alla traduzione delle dichiarazioni delle parti
e dei testi perche' la difesa possa parlare nella sua lingua; diritto
comunque a quest'ultima accordato dalla norma sopra citata.
    Ad avviso della scrivente, proprio al fine di evitare le storture
di cui sopra, criterio determinante nell'uso della lingua processuale
nel  processo  penale, dovrebbe essere solo il gruppo di appartenenza
linguistica   dell'imputato  dato  che  l'art. 16,  comma  2,  d.P.R.
n. 574/1988   come   modificato   dall'art.  3,  decreto  legislativo
n. 283/2001  consente  alla difesa di madrelingua diversa, di parlare
nella  sua  lingua.  Se, pero', il difensore prescelto dall'imputato,
per  qualsiasi  motivo,  non  e'  in  grado  di  seguire  il processo
nell'altra   lingua,  l'imputato  dovra'  farsi  carico  delle  spese
dell'interprete  di  cui dovra' avvalersi il suo difensore. Come gia'
sopra  piu'  volte ribadito, non e' ne' nello spirito della normativa
sull'uso   della   lingua  innanzi  all'autorita'  giudiziaria  della
Provincia di Bolzano ne' in sintonia con i principi costituzionali di
tutela  delle  minoranze  linguistiche,  di attuazione del diritto di
difesa  nonche' di efficienza della p.a. celebrare un processo in una
madrelingua che, alla fine, e' solo quella del difensore!
                              P. Q. M.
    Vista  la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23,
legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata, in relazione
agli   artt. 6,   24   e  97  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 15, comma 2 e 17, commi 1 e 2,
d.P.R.  n. 574/1988,  come  modificati  dagli artt. 2 e 4 del decreto
legislativo  n. 283/2001,  nella  parte  in  cui prevedono una libera
scelta    della    lingua   processuale   da   parte   dell'imputato,
indipendentemente  dalla  sua appartenenza al gruppo linguistico, nei
limiti e nei termini di cui in motivazione;
    Dichiara  la  sospensione  del  giudizio  in  corso  ed ordina la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata, a cura della
cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti  delle  due  Camere  del Parlamento ed al Presidente della
Giunta provinciale di Bolzano.
        Merano, addi' 30 gennaio 2004
                  Il giudice monocratico: Ceresara
05C0219