N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 ottobre 2004
Ordinanza emessa l'11 ottobre 2004 dal tribunale di Venezia - sezione distaccata di Dolo nel procedimento penale a carico di Paso Sofia ed altra Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di allontanamento, entro il termine di cinque giorni, impartito dal questore - Arresto obbligatorio in flagranza - Contrasto con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita' delle misure sanzionatorie - Carenza del requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della polizia giudiziaria di provvedimenti provvisori destinati ad incidere sulla liberta' personale. - D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189. - Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.(GU n.10 del 9-3-2005 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento penale n. 14311/03 RGNR e n. 200961/03 RG, letta la comunicazione della cancelleria della Corte costituzionale del 4 ottobre 2004, revoca le ordinanze del 6 novembre 2003 nei confronti di Paso Sofia e Aghohawa Loveth e pronuncia contestualmente la seguente ordinanza. Premesso che in data 5 novembre 2003 alle ore 5 Paso Sofia e Aghohawa Loveth venivano tratte in arresto per il reato p. e p. dall'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998 perche' senza giustificato motivo si trattenevano nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dalla questura di Venezia ai sensi del comma 5-bis del citato articolo in data 3 gennaio 2003; che in data 6 novembre 2003 le suddette persone arrestate venivano presentate davanti a questo giudice per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo a norma dell'art. 14. comma 5, d.lgs. n. 286/1998; che successivamente all'interrogatorio delle arrestate il p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto non chiedendo l'applicazione di alcuna misura cautelare in carcere relativamente alla fattispecie di reato sopra indicata e contestata. O s s e r v a L'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 e succ. mod. nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera della p.g. per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter legge cit., si pone in violazione dell'art. 13, terzo comma della Costituzione. L'articolo in questione, dopo aver stabilito che la liberta' personale e' inviolabile ed aver specificato che eventuali restrizioni della liberta' in questione possesso essere disposte solo in base a previsione di legge e per atto motivato dell'autorita' giudiziaria, prevede al terzo comma deroga in forza dalla quale in casi eccezionali di necessita' ed urgenza indicati tassativamente dalla legge e' possibile l'adozione di provvedimenti provvisori da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza. Orbene, nel nostro ordinamento processuale, l'arresto obbligatorio e' previsto solo per reati connotati da particolare gravita', ossia quelli per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti (art. 380, comma 1 c.p.p.) e nei casi di flagranza di altri reati specificamente indicati (art. 380, secondo comma c.p.p.), individuati dal legislatore in base alla legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, che prevedeva di contemplare l'arresto obbligatorio, oltre che nelle ipotesi suddette, anche in caso di flagranza di reati puniti meno gravemente in relazione ai quali la misura fosse pero' imposta da speciali esigenze di tutela della collettivita', trattandosi di fattispecie connotate comunque da particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme sociale. E' dunque evidente che in tali casi ricorrano i presupposti della necessita' ed urgenza. Il reato di cui all'art. 14 comma 5-ter non rientra invece in tale categoria di reati: lo stesso legislatore ha infatti inteso sanzionare la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di espulsione emanato dal questore con la pena detentiva meno grave dell'arresto, qualificando la fattispecie come semplice contravvenzione. Il reato in esame non e' quindi tale da destare un elevato allarme sociale, tale cioe' da giustificare da solo l'adozione immediata di un provvedimento limitativo della liberta' personale. Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato in oggetto esclude in radice che posssa essere adottata nei confronti del soggetto agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo, dungue, l'arresto viene snaturato della sua caratteristica saliente di misura precautelare, cioe' di strumento adottato dalla p.g. per ragioni di necessita' ed urgenza in funzione della successiva applicazione da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari personali privative in tutto o in parte della liberta'. L'art. 121 disp. att. c.p.p. stabilisce, infatti, che quando il p.m. ritiene di dover richiedere al giudice l'appicazione di misura cautelare coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato. E' evidente che tale norma deve trovare applicazione anche nell'ipotesi in cui il reato non consenta nemmeno in astratto di poter emettere alcuna misura coercitiva. 2 - Peraltro, non si vede sotto quale altro profilo l'arresto possa assolvere una utile funzione, posto che il giudizio direttissimo non e' necessariamente collegato all'arresto in flagranza e non presuppone dunque la privazione dello status libertatis. Appare dunque evidente che nel caso di specie l'arresto obbligatorio si rivela di essere misura irragionevole e sproporzionata alla fattispecie di reato oggettivamente considerata, quantomeno prescindendo a priori da altri elementi soggettivi relativi al cittadino extracomunitario che ne giustifichino in concreto l'adozione. Si ritiene, pertanto, che l'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, norma in esame, sia costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio, anche sotto il profilo del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure sanzionatorie sancito dall'art. 3 della Costituzione. 3 - La Corte costituzionale deve pertanto essere investita della questione di legittimita' dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 per violazione degli artt. 3 e 13, terzo comma, della Costituzione. La questione e' rilevante ai fini del decidere nel presente giudizio: trattasi di udienza di convalida, pertanto la liberazione dell'arrestato per oggettiva impossibilita' di emettere nei suoi confronti una misura cautelare coercitiva non esime questo ufficio dalla decisione in ordine alla legittimita' o meno dell'arresto operato dalla p.g., legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in cui venisse dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in base alla quale esso e' stato eseguito.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, Ritenuta la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998, introdotto dall'art. 13, comma 1, lett. b) , legge 30 luglio 2002, n. 189; Ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale degli atti del procedimento; Sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Manda alla cancelleria per la notifica della preente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Ordina l'immediata scarcerazione delle arrestate, se non detenute per altre cause. Dolo, addi' 9 ottobre 2004 Il giudice: firma illeggibile 05C0264