N. 94 ORDINANZA 24 febbraio - 8 marzo 2005
Giudizio sull'ammissibilita' del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Atto introduttivo del giudizio - Forma dell'ordinanza anziche' del ricorso - Ininfluenza - Ricevibilita' del conflitto. Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento penale a carico di un deputato per il delitto di diffamazione a mezzo stampa - Deliberazione di insindacabilita' delle opinioni espresse, adottata dalla Camera di appartenenza - Ricorso per conflitto di attribuzione del Tribunale di Bologna, prima sezione penale - Ritenuta lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite - Sussistenza dei requisiti oggettivo e soggettivo - Ammissibilita' del ricorso - Conseguenti notifica e comunicazione. - Deliberazione della Camera dei deputati del 27 maggio 2003. - Costituzione, art. 68 comma 1; legge 11 marzo 1953 n. 87, art. 37; norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 26, comma 3.(GU n.11 del 16-3-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Fernanda CONTRI; Giudici: Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto fra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 27 maggio 2003, relativa alla insindacabilita', ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall'onorevole Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Giancarlo Caselli, promosso dal Tribunale di Bologna, prima sezione penale, con ricorso depositato il 2 novembre 2004 ed iscritto al n. 274 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice relatore Francesco Amirante. Ritenuto che, con ordinanza del 27 ottobre 2004, il Tribunale di Bologna, prima sezione penale, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata il 27 maggio 2003 con la quale - in conformita' alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere - e' stato dichiarato che i fatti per i quali il deputato Vittorio Sgarbi e' sottoposto a procedimento penale per il delitto di diffamazione a mezzo stampa riguardano opinioni espresse da quest'ultimo nell'esercizio delle sue funzioni parlamentari e sono, quindi, insindacabili ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che il Tribunale premette che il deputato Sgarbi e' stato rinviato a giudizio, assieme al direttore del quotidiano «Il Resto del Carlino», per aver offeso gravemente - con dichiarazioni asseritamente diffamatorie contenute in un articolo apparso sul menzionato quotidiano in data 31 dicembre 1998 - la reputazione del dott. Giancarlo Caselli, all'epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, indicandolo espressamente quale causa della morte per suicidio del magistrato Luigi Lombardini, avvenuta in data 11 agosto 1998, in quanto avrebbe tenuto nei confronti di quest'ultimo un comportamento di violenza intollerabile, tale da condurlo alla disperazione e, quindi, al suicidio; che, instauratosi, a seguito di querela da parte del dott. Caselli, il procedimento penale nei confronti dell'onorevole Sgarbi, la Camera dei deputati, con la delibera oggetto di conflitto, ha stabilito che le dichiarazioni in argomento dovevano ritenersi rientranti nella prerogativa di cui all'art. 68, primo comma, Cost., facendo proprie le conclusioni cui era pervenuta la Giunta per le autorizzazioni secondo cui esse, oltre ad inserirsi nel contesto di una perdurante polemica politica condotta dal deputato Sgarbi nei confronti dell'operato di certi magistrati, trovavano anche una sostanziale corrispondenza nell'interrogazione a risposta orale presentata dal medesimo in data 15 settembre 1998 (Atto Camera n. 3-02843); che il giudice a quo rammenta poi che, nelle more del procedimento, e' entrata in vigore la legge 20 giugno 2003, n. 140, contenente disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 Cost., precisando di aver sollevato, nel corso del medesimo giudizio, una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 di detta legge, ritenuto esorbitante rispetto ai limiti fissati dall'art. 68, primo comma, Cost. per l'immunita' parlamentare; che, a seguito della decisione di questa Corte, con la sentenza n. 120 del 2004, della menzionata questione incidentale, il Tribunale di Bologna ritiene di aver conservato intatto il proprio potere di sollevare conflitto di attribuzione nei confronti della delibera di insindacabilita', in quanto, nella citata sentenza, in merito alla difficile problematica della definizione dei limiti del c.d. nesso funzionale, e' stato sostanzialmente ribadito il precedente orientamento della Corte (v. sentenze n. 10, n. 11, n. 56, n. 320, n. 321 e n. 420 del 2000 e sentenza n. 50 del 2002) secondo cui non tutte le affermazioni rese dai componenti del Parlamento possono godere della prerogativa costituzionale dell'insindacabilita', essendo invece sempre necessario che le opinioni rese siano legate con l'attivita' di funzione dal citato nesso, il quale costituisce il punto di equilibrio tra le garanzie dei parlamentari, il principio di uguaglianza ed i diritti dei terzi oggetto delle dichiarazioni contestate; che il ricorrente ricorda che la piu' recente sentenza n. 246 del 2004, confermando simile orientamento, ha ribadito che la portata del nesso funzionale deve essere valutata caso per caso; che, nel caso specifico, la delibera di insindacabilita' si fonda, secondo il Tribunale, su due presupposti: la sostanziale corrispondenza tra le dichiarazioni oggetto del processo penale e l'interrogazione parlamentare sopra richiamata, nonche' l'interpretazione dell'art. 68, primo comma, Cost., data dalla Camera dei deputati, secondo la quale la prerogativa in questione ricomprende l'attivita' di denuncia e di critica da parte del parlamentare; che tali presupposti, pero', appaiono al Tribunale in netto contrasto con la puntuale lettura del testo costituzionale, compiuta alla luce della menzionata giurisprudenza di questa Corte, e cio' da un lato perche' non c'e' corrispondenza tra le dichiarazioni rese alla stampa e l'atto di funzione invocato, dall'altro perche' tali dichiarazioni solo genericamente possono ricondursi ad un'attivita' di denuncia e di critica; che, richiamando le gia' citate sentenze n. 10 e n. 420 del 2000 di questa Corte, il Tribunale confliggente rammenta che in simili casi l'art. 68, primo comma, Cost. non puo' essere invocato; che il Tribunale precisa, poi, di essere legittimato a sollevare conflitto di attribuzione, essendo organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere di appartenenza, a nulla rilevando che il ricorso abbia la forma dell'ordinanza; che il ricorrente conclude, quindi, nel senso che la delibera di insindacabilita' assunta dalla Camera dei deputati e' da ritenere lesiva delle attribuzioni costituzionali dell'autorita' giudiziaria e chiede a questa Corte di dichiarare che non spetta alla Camera emettere tale delibera e di disporne il conseguente annullamento. Considerato che l'adozione, da parte di un organo giurisdizionale che solleva un conflitto tra poteri dello Stato, della forma dell'ordinanza anziche' del ricorso per l'atto introduttivo del giudizio - come e' accaduto nel caso di specie - non comporta, per se' sola, l'irricevibilita' del conflitto (v., per tutte, sentenze n. 10 e n. 11 del 2000, n. 298 del 2004); che in questa fase la Corte e' chiamata, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare se il sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile valutando, senza contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, impregiudicata rimanendo ogni definitiva decisione anche in ordine all'ammissibilita'; che, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Bologna, prima sezione penale, e' legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investito, la volonta' del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali; che analogamente la Camera dei deputati, che ha deliberato l'insindacabilita' delle opinioni espresse da un proprio membro, e' legittimata ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta; che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, il ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell'adozione, da parte della Camera dei deputati, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse da un proprio membro rientrano nell'esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della garanzia di insindacabilita' stabilita dall'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Bologna, prima sezione penale, nei confronti della Camera dei deputati con l'atto introduttivo indicato in epigrafe; Dispone: a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Bologna, prima sezione penale; b) che l'atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005. Il Presidente: Contri Il redattore: Amirante Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria l'8 marzo 2005. Il direttore della cancelleria: Di Paola 05C0305