N. 101 ORDINANZA 24 febbraio - 10 marzo 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Pubblico  impiego - Pignoramento dello stipendio per debiti tributari
  - Limiti - Denunciato ingiustificato trattamento piu' favorevole di
  quello  previsto  per i lavoratori dipendenti del settore privato -
  Ius superveniens - Restituzione degli atti al giudice rimettente.
- D.P.R.  5 gennaio  1950, n. 180, artt. 2, primo comma, numero 3), e
  secondo comma, e 68, secondo comma.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.11 del 16-3-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli articoli 2, primo
comma,  numero 3), e secondo comma, e articolo 68, secondo comma, del
d.P.R.  5 gennaio  1950,  n. 180  (Approvazione del testo unico delle
leggi  concernenti  il sequestro, il pignoramento e la cessione degli
stipendi,   salari   e   pensioni   dei  dipendenti  dalle  pubbliche
amministrazioni),  promosso  con  ordinanza  del 24 novembre 2003 dal
Tribunale  di  Como nel procedimento di esecuzione promosso da Rileno
s.p.a.  contro  Isolano  Concetta  ed  altro,  iscritta al n. 900 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 46, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che, nel corso di un processo di espropriazione forzata
presso  terzi  avente  ad  oggetto lo stipendio di una dipendente del
Ministero dell'istruzione, universita' e ricerca, sulla richiesta del
creditore procedente - concessionario del servizio di riscossione dei
tributi  della Provincia di Como che aveva agito per il recupero, tra
gli  altri,  di crediti tributari concernenti tasse automobilistiche,
diritti  di  cancelleria  e  tassa  sui rifiuti - di assegnazione del
credito  staggito  «nei  limiti  di  legge» e sulla dichiarazione del
terzo,  Direzione provinciale dei servizi vari, circa l'importo dello
stipendio   dell'esecutata   al  netto  di  una  precedente  cessione
volontaria  del  quinto  e  di  una ritenuta operata a seguito di una
precedente   ordinanza   di  assegnazione  pronunciata  all'esito  di
un'altra  procedura  esecutiva  per  un  credito  non  tributario, il
giudice   dell'esecuzione   del  Tribunale  di  Como,  con  ordinanza
depositata   il   24 novembre   2003,   ha   sollevato  questioni  di
legittimita'   costituzionale   per   contrasto  con  l'art. 3  della
Costituzione:
        -  dell'art. 2,  primo comma, numero 3), del d.P.R. 5 gennaio
1950, n. 180 (Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il
sequestro,  il  pignoramento  e  la cessione degli stipendi, salari e
pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni), nella parte
in cui non prevede che il pignoramento dello stipendio possa avvenire
nella  misura  di  un  quinto  per  i tributi dovuti allo Stato, alle
province  e  ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito di
cui  ai  numeri  2)  e  3), e del medesimo art. 2, secondo comma, del
d.P.R.  5 gennaio  1950, n. 180, nella parte in cui - a differenza di
quanto  previsto  dall'art. 545,  quinto comma, cod. proc. civ. per i
lavoratori dipendenti del settore privato - non prevede il simultaneo
concorso   nel  limite  della  meta'  dello  stipendio  dei  pubblici
dipendenti,  anche di un pignoramento eseguito per il soddisfacimento
di crediti tributari;
        -  e,  conseguentemente,  nel  caso di eventuale accoglimento
delle  precedenti  eccezioni, dell'art. 68, secondo comma, del d.P.R.
5 gennaio  1950,  n. 180,  «nella  parte  in  cui  non prevede che il
pignoramento  dello  stipendio dei pubblici dipendenti possa avvenire
nei  limiti di cui all'art. 2 sullo stipendio residuo, al netto della
trattenuta operata per la precedente cessione»;
        che, con riguardo alla non manifesta infondatezza, il giudice
a  quo osserva che, alla stregua dell'art. 2, primo comma, numero 3),
del   d.P.R.   n. 180   del  1950  (come  inciso  dalle  pronunce  di
illegittimita'  costituzionale  n. 89 del 1987 e n. 878 del 1988), il
pignoramento  del  quinto  dello stipendio dei pubblici dipendenti e'
consentito  sia  «per  tributi  dovuti allo Stato, alle province e ai
comuni»,  che  «per  ogni  altro  credito  vantato  nei confronti del
personale»,  mentre,  secondo  il  disposto  del  secondo  comma  del
medesimo  articolo 2,  nel  caso  di  simultaneo concorso delle cause
indicate  ai  numeri  2)  (debiti  verso lo Stato e verso altri enti,
aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto
d'impiego  o  di  lavoro)  e 3), il pignoramento non puo' colpire una
quota   maggiore  del  quinto,  per  cui,  nel  giudizio  a  quo,  il
pignoramento    eseguito    dalla   creditrice   consentirebbe   solo
un'assegnazione del quinto dello stipendio, subordinata all'integrale
estinzione  del  credito  per  il  cui  soddisfacimento e' gia' stato
assegnato  l'unico  quinto pignorabile per tutti i crediti diversi da
quelli di natura alimentare;
        che,   a   giudizio   del  rimettente,  il  trattamento  piu'
favorevole cosi' previsto per i pubblici dipendenti rispetto a quelli
del  settore privato - per i quali l'art. 545 cod. proc. civ. dispone
che  il pignoramento degli stipendi e dei salari puo' avvenire «nella
misura  di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e
ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito» (quarto comma)
e  inoltre che, nel caso di simultaneo concorso di crediti per titoli
di  natura  alimentare,  tributaria ed ordinaria, il pignoramento non
possa superare il limite della meta' dello stipendio (quinto comma) -
unitamente  al  fatto  che nella norma censurata non e' previsto «uno
specifico pignoramento del quinto per i crediti di natura tributaria,
separato  e distinto dal pignoramento eseguito per i crediti di altra
natura»,  sarebbe del tutto ingiustificato e costituirebbe, pertanto,
una violazione dell'art. 3 della Costituzione;
        che,  tuttavia, dall'eventuale accoglimento della prospettata
questione  di  legittimita'  costituzionale, il giudice a quo ritiene
discenda,    per   dipendenza   logica,   l'ulteriore   sospetto   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 68, secondo comma, del d.P.R.
n. 180  del  1950,  il  quale,  nel caso di volontaria cessione dello
stipendio  perfezionata prima del pignoramento, dispone che l'oggetto
del  pignoramento non puo' eccedere «la differenza fra la meta' dello
stipendio o salario valutati al netto di ritenute e la quota ceduta»;
        che il contrasto con l'art. 3 della Costituzione scaturirebbe
dalla  piu'  favorevole disciplina dettata, nell'analoga fattispecie,
per  i  dipendenti  privati,  per  i quali la cessione di parte dello
stipendio  perfezionata  prima  del  pignoramento determina - a norma
dell'art. 2914,  primo  comma,  numero  2),  cod. civ. - la riduzione
della  base  di  calcolo del quinto pignorabile, in conseguenza della
diminuzione  dell'importo  dello  stipendio  opponibile  al creditore
pignorante;
        che,   in   definitiva,   nel  caso  di  precedente  cessione
volontaria   di  un  quinto,  la  base  di  calcolo  dello  stipendio
pignorabile del dipendente privato sarebbe ridotta a 4/5 dell'intero,
dei  quali  sarebbe  concretamente pignorabile solo 1/5, e cioe' 4/25
dell'intero;
        che, osserva infine il giudice rimettente, le questioni cosi'
prospettate  sono rilevanti ai fini della quantificazione della somma
da assegnare alla creditrice procedente;
        che  e'  intervenuto,  con  la rappresentanza dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  il Presidente del Consiglio dei ministri, il
quale  ha  chiesto  che  le questioni cosi' proposte siano dichiarate
inammissibili  o  manifestamente  infondate  per essersi questa Corte
gia' pronunciata con ordinanza n. 359 del 2004, su identica questione
dichiarandola manifestamente inammissibile.
    Considerato  che il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Como
dubita,   in   riferimento   all'art. 3   Cost.,  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 2,  primo  comma,  numero  3),  del  d.P.R.
5 gennaio  1950,  n. 180  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
concernenti  il  sequestro,  il  pignoramento  e  la  cessione  degli
stipendi,   salari   e   pensioni   dei  dipendenti  dalle  pubbliche
amministrazioni),  nella parte in cui non prevede che il pignoramento
dello  stipendio  possa  avvenire  nella  misura  di  un quinto per i
tributi  dovuti  allo  Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale
misura  per  ogni  altro  credito  di  cui  ai  numeri  2)  e  3),  e
dell'art. 2,  secondo  comma,  del  medesimo  d.P.R.  5 gennaio 1950,
n. 180,  nella  parte  in  cui  -  a  differenza  di  quanto previsto
dall'art. 545,  quinto  comma,  cod.  proc.  civ.  per  i  lavoratori
dipendenti  del  settore privato - non prevede il simultaneo concorso
nel limite della meta' dello stipendio dei pubblici dipendenti, anche
di  un  pignoramento  eseguito  per  il  soddisfacimento  di  crediti
tributari;  nel  caso  di  eventuale  accoglimento  delle  precedenti
eccezioni  il rimettente dubita poi della legittimita' costituzionale
dell'art. 68, secondo comma, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, nella
parte  in  cui  non  prevede  che il pignoramento dello stipendio dei
pubblici dipendenti possa avvenire nei limiti di cui all'art. 2 sullo
stipendio   residuo,   al  netto  della  trattenuta  operata  per  la
precedente cessione;
        che  questa  Corte,  con  ordinanza  n. 359 del 2004, ha gia'
dichiarato   la  manifesta  inammissibilita'  di  identica  questione
sollevata  dal  medesimo  giudice  remittente,  considerando,  per un
verso,  l'inconsistenza  della  censura  relativa  all'art. 2,  primo
comma,  numero  3),  del  d.P.R.  n. 180  del  1950 - formulata quale
premessa a quella relativa al comma secondo - atteso che «la norma, a
seguito  delle  sentenze  n. 89  del 1987 e n. 878 del 1988 di questa
Corte,  deve  ritenersi  aver assunto il medesimo significato (se non
anche  formulazione)  del comma quarto dell'art. 545 cod. proc. civ.»
e,  per  altro  verso,  che l'accoglimento della censura sollevata in
relazione  all'art. 2,  secondo  comma,  del  d.P.R. n. 180 del 1950,
comportando «inevitabilmente l'esigenza di procedere ad una ulteriore
parificazione (stavolta con modifica in melius) quanto al concorso di
pignoramenti e di trattenute per precedenti cessioni del quinto della
retribuzione», si risolverebbe nel chiedere alla Corte «una pronuncia
volta  a creare, manipolando piu' norme, un nuovo equilibrio (con una
parificazione  assoluta)  rispetto  a  quello realizzato - in modo di
certo  non  manifestamente  irragionevole  -  dal  legislatore con il
prevedere  un sistema che, a fronte di un trattamento piu' favorevole
per   il  pubblico  dipendente  quanto  al  cumulo  di  pignoramenti,
contempla  un  trattamento  meno  favorevole  quanto  al  concorso di
pignoramenti con precedenti cessioni del credito»;
        che,  pur se l'ordinanza in esame non prospetta profili nuovi
ne'  svolge  argomenti  diversi  da quelli gia' considerati da questa
Corte,  si  impone  la  restituzione degli atti al giudice rimettente
affinche'   valuti   la  rilevanza  sul  giudizio  a  quo  dello  jus
superveniens   costituito   dall'art. 1,   comma 137,   della   legge
30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dispone la restituzione degli atti al giudice rimettente.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005.
                        Il Presidente: Contri
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 marzo 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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