N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 aprile 2004
Ordinanza emessa il 1° aprile 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale il 2 marzo 2005) dal tribunale di Trieste nel procedimento civile vertente tra Soc. Sereco Coop. a r.1. contro Uniriscossioni S.p.A. ed altra Minoranze linguistiche - Procedimento civile - Cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, persone giuridiche slovene nonche' cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene - Possibilita' di usare, su loro richiesta, nel processo davanti al giudice competente per territorio dove sia insediata la predetta minoranza la lingua materna nei propri atti usufruendo per questi della traduzione in lingua italiana, nonche' di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e le risposte della controparte - Limiti e condizioni - Incidenza su diritto fondamentale della persona - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di tutela delle minoranze linguistiche - Richiamo alle sentenze della Corte costituzionale nn. 28/1982, 62/1992 e 15/1996. - Codice di procedura civile, art. 122, in combinato disposto con gli artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4, della legge 23 febbraio 2001, n. 38. - Costituzione, artt. 2, 3 e 6; Statuto Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 3. Minoranze linguistiche - Procedimento civile - Cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, persone giuridiche slovene nonche' cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene - Uso della lingua slovena nei rapporti con i concessionari di pubblici servizi - Limiti e condizioni - Incidenza su diritto fondamentale - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di tutela delle minoranze linguistiche. - Legge 23 febbraio 2001, n. 38, artt. 4, comma 1, e 8, commi 1 e 5, in combinato disposto. - Costituzione, artt. 2, 3 e 6; Statuto Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 3. Minoranze linguistiche - Italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, persone giuridiche slovene nonche' cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene - Diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorita' amministrative e giudiziarie locali e diritto di riceverne risposta in lingua slovena - Limiti e condizioni - Incidenza su diritto fondamentale - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di tutela delle minoranze linguistiche. - Legge 23 febbraio 2001, n. 38, art. 4, comma 1. - Costituzione, artt. 2, 3 e 6; Statuto Regione Friuli-Venezia Giulia, art. 3.(GU n.12 del 23-3-2005 )
IL GIUDICE ONORARIO A scioglimento della riserva pronunciata all'udienza datata 20 novembre 2003; Lette, preliminarmente, secondo l'ordine: la conclusione in via assolutamente preliminare della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia affinche' venga disposta l'immediata revoca della concessa sospensione della cartella di pagamento n. 114 2003 00063708 74; la conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A. affinche' venga revocato il provvedimento datato 2 luglio 2003, nella parte in cui dispone la sospensione dell'efficacia della cartella di pagamento n. 114 2003 00063708 74 e comunque ritiene sussistente nella fattispecie in considerazione e nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena; la conclusione in via pregiudiziale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia affinche' venga dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito tribunale spettando la cognizione della presente controversia al tribunale amministrativo regionale; Considerato come, in seguito all'impossibilita' di parte ricorrente a presenziare all'udienza datata 4 novembre 2003 (rinviata d'ufficio al 6 novembre 2003), la stessa e' stata per tale motivo rinviata al 20 novembre 2003, alla quale parte attrice non e' comparsa, pur essendo a carico della medesima l'onere di informarsi sui provvedimenti adottati in udienza ed essendo l'onere di comunicazione a carico dell'autorita' giudiziaria solo per provvedimenti adottati fuori udienza (134 c.p.c., 176, secondo comma c.p.c.), il che non e' nel caso in esame; che, pertanto, questo giudice puo' pronunciarsi sulle suddette istanze ed eccezioni formulate dalle parti costituite presenti; Osservato, innanzitutto, come «l'irrituale istanza» datata 20 giugno 2003 sia stata qualificata da questo giudice quale ricorso ai sensi dell'art. 22 e ss. legge n. 689/1981 in base agli elementi prodotti con l'atto introduttivo e precisamente la presunta notifica nel febbraio 2002 dell'ordinanza ingiunzione (avviso giacenza atti giudiziari) e la cartella di pagamento n. 114 2003 00063708 74 notificata in data 30 maggio 2003 in cui vengono indicate sanzioni amministrative ai sensi della legge n. 689/1981 della Regione Friuli-Venezia Giulia - Ispettorato ripartimentale delle foreste Trieste per complessivi Euro 24.788,27, e tenuto conto del fatto che a pagina 5 della cartella di pagamento, sotto la rubrica «Quando e come il contribuente puo' presentare ricorso contro Regione Friuli-Venezia Giulia - Ispettorato ripartimentale delle foreste Trieste» segue l'indicazione «Le modalita' ed i termini di impugnativa potranno essere richiesti direttamente all'ente creditore»; che pertanto, a fronte di tali limitate indicazioni ed alle doglianze del sig. Grgicõ (Gregori) Dario, rappresentante legale della Sereco Soc. coop. a r.l. con sede in localita' Padriciano - Padricõe 60 - Trieste, riguardanti la mancata traduzione dei due atti nella lingua slovena, il giudicante non poteva che seguire quella giurisprudenza di legittimita' (richiamata anche dalla resistente Uniriscossioni S.p.A. ) ai sensi della quale l'opposizione prevista dagli art. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981 puo' essere diretta anche contro la cartella esattoriale emessa per la riscossione di una sanzione amministrativa, allorquando il destinatario della cartella ha interesse a dedurre l'assenza del provvedimento sanzionatorio o la sussistenza di vizi relativi alla sua notificazione (Cassazione civile sez. I, 2 settembre 1997, n. 8380, Cassazione civile sez. un., 10 gennaio 1992 n. 190); che, inoltre, e' devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario - secondo i principi fissati, in tema di sanzioni amministrative, dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 - il giudizio di opposizione proposto avverso una cartella esattoriale notificata contenente l'intimazione di pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa ma priva, secondo l'assunto dell'opponente, delle indicazioni necessarie a stabilire se sia stata previamente emessa un'ordinanza ingiunzione o comunque se quest'ultima sia stata debitamente notificata; la mancata notificazione dell'ordinanza ingiunzione priva, infatti, il destinatario della cartella esattoriale del rimedio (opposizione) previsto dalla legge e pertanto il suddetto momento di garanzia deve essere recuperato a livello della cartella esattoriale (Cassazione civile sez. un., 23 novembre 1995, n. 12107); Infatti in relazione alla cartella esattoriale emessa ai fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie sono ammissibili, a seconda dei casi (Cassazione civile sez. I., 28 giugno 2002 n. 9498): l'opposizione ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, allorche' sia mancata la notificazione dell'ordinanza ingiunzione al fine di consentire all'interessato di recuperare l'esercizio del mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori; l'opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., allorche' si contesti la legittimita' dell'iscrizione a ruolo per omessa notifica della stessa cartella, e quindi per la mancanza di un titolo legittimante l'iscrizione a ruolo, o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo (si vedano pero' le limitazioni di cui all'art. 57 d.P.R. n. 602/1973, come risultante dalle modifiche di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ammette le opposizioni ex art. 615 c.p.c. solamente in relazione alla pignorabilita' dei beni); l'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., allorche' si contesti la ritualita' formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento esattoriale (si vedano pero' le limitazioni di cui all'art. 57 d.P.R. n. 602/1973, come risultante dalle modifiche di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che non ammette le opposizioni ex art. 617 c.p.c. in relazione alla regolarita' formale ed alla notificazione del titolo esecutivo); Osservato, comunque, come dalle parti convenute non sia stata chiarita la natura dell'atto comunicato a parte attrice in data 9 febbraio 2002, tutt'ora non individuato (presumibilmente trattasi di notifica del titolo esecutivo); che, quindi, a fronte della documentazione prodotta dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ed, in specie, l'ordinanza ingiunzione prot. F/11.1/(135)/n. 1283 datata 24 giugno 1998 concernente le somme di cui alla cartella di pagamento, la sentenza n. 633/2001 datata 14 marzo 2001 del Tribunale di Trieste con la quale veniva rigettato il ricorso ex legge n. 689/1981 avverso la citata ordinanza ingiunzione e la nota datata 11 marzo 2003 prot. F/11.1/n. 0473/2003 di invio del ruolo al concessionario per la riscossione, l'atto di data 20 giugno 2003 del sig. Grgicõ (Gregori) Dario, rappresentante legale della Cooperativa Sereco Soc. coop. a r.l. puo' e deve essere qualificato quale opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, comma 1 c.p.c. e art. 57 d.P.R. n. 602/1973 come risultante dalle modifiche di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (regolarita' formale del precetto - cartella esattoriale), e non quale ricorso ex art. 22, legge n. 689/1981; Rilevato, quindi, come la sospensione ex art. 22, ultimo comma, legge n. 689/1981, datata 2 luglio 2003 sia stata pronunciata indebitamente e quindi debba essere revocata, non potendo ritenersi nemmeno che trattavasi di sospensione dell'esecuzione ai sensi dell'art. 60 d.P.R. n. 602/1973 e dell'art. 624 c.p.c., essendo quest'ultima disposizione applicabile solamente alle ipotesi del ricorso ex art. 615, secondo comma c.p.c. o 619 c.p.c. non sussistenti nel caso in esame e, comunque - anche in relazione all'art. 60 d.P.R. n. 602/1973 indicante il giudice dell'esecuzione - non essendo ancora iniziata l'esecuzione che, per pacifica e consolidata giurisprudenza di legittimita', ha inizio solamente con il pignoramento (Cass. 10354/1991); che, pertanto, la sospensione non poteva venir pronunciata ne' ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 22, legge n. 689/1981 ne' ai sensi degli artt. 624 c.p.c. e 60 d.P.R. n. 602/1973; che, comunque, la parte attrice non richiedeva la mera sospensione del pagamento della cartella numero 114 2003 00063708 74, ma la sua - con termine atecnico - interruzione, viste le affermazioni contenute nell'atto introduttivo in merito alla nullita' degli atti privi della traduzione della lingua slovena e della loro inefficacia, se privi della traduzione in lingua slovena quando destinati agli appartenenti alla minoranza slovena, secondo quanto affermato dalla sentenza n. 17601 del 19 gennaio 1981 della Pretura di Roma, (comunque in lingua slovena il verbo «prekinete» puo' avere il duplice significato sia di sospensione che di interruzione - vedi Il grande dizionario italiano-sloveno, S. ëlenc, DZS 1997 e Slovenskoitalijanski slovar, J. Kotnik, DZS 1974 - mentre l'Ufficio esperti linguistici della Corte d'Appello di Trieste ha utilizzato il solo significato di «sospensione»); che pertanto, interpretando l'atto introduttivo nel suo insieme nella correlazione petitum - causa petendi ricercando anche, ai sensi dell'art. 99 c.p.c., la domanda implicita, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimita' (Cass. 1570/1973), in conformita' alla quale il limite di cui all'art. 112 c.p.c. recante il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta deve essere posto in relazione al potere del giudice di interpretare e qualificare la domanda (Cass. 383/1999, 5110/1998, 381/1997, 3289/1990, 1368/1989, 1248/1989) potere che rende irrilevante l'eventuale improprieta' delle espressioni giuridiche contenute negli atti di parte (Cass. 1552/1997), pur essendo comunque vincolato ai fatti allegati e provati dalle parti (Cass. 5814/1995), parte attrice chiede la pronuncia della nullita' o comunque dell'inefficacia degli atti inviatile, in quanto privi della traduzione in lingua slovena; Considerato, comunque, come cio' attenga al merito della causa; Tutto cio' premesso; Revoca il provvedimento datato 2 luglio 2003 nella parte in cui dispone la sospensione dell'efficacia della cartella di pagamento n. 114 2003 00063708 74; Nel mentre occorre - una volta esaminate e risolte le eccezioni in relazione alla disposta ed ora revocata sospensione - procedere all'esame: della conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A. affinche' venga revocato il provvedimento datato 2 luglio 2003 di questo giudice, nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella fattispecie in considerazione e nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena; della conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A. affinche' venga dichiarato il ricorso inammissibile e/o inesistente in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana; della conclusione in via pregiudiziale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia affinche' venga dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito tribunale spettando la cognizione della presente controversia al tribunale amministrativo regionale; Considerato, infatti, come, in relazione a tali eccezioni, pur dovendo il giudice procedere alla verifica della propria giurisdizione in relazione alla causa dedotta in giudizio, qualsiasi pronuncia in merito e questo stesso provvedimento giudiziale devono venir previamente esaminati: 1) sotto l'aspetto del diritto del Grgicõ (Gregori) Dario, rappresentante legale della Sereco Soc. coop. a r.l. con sede in localita' Padriciano 60 - Trieste, a veder tradotti gli atti del processo (compreso il presente) in lingua slovena; 2) e, conseguentemente, in merito alla preliminare richiesta di revoca del provvedimento datato 2 luglio 2003, nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella fattispecie in considerazione e nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena; 3) ed alla conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A. affinche' venga dichiarato il ricorso inammissibile e/o inesistente in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana; 4) risolte tali questioni sub punti 1), 2) e 3), procedere all'esame dell'eccezione di difetto di giurisdizione; Chiarito come il provvedimento datato 2 luglio 2003 nella parte in cui comunque ritiene sussistente - pero' ai meri fini di un fumus boni iuris della revocata sospensione - nella fattispecie in considerazione il diritto del Grgicõ all'utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena attiene in realta' alla successiva fase processuale di verifica del diritto vantato e di pronuncia della sentenza (traduzione in lingua slovena degli atti ricevuti in data 9 febbraio 2002 ed in data 30 maggio 2003, a pena di loro nullita' e comunque privi di efficacia immediata ai sensi della sentenza n. 17601 datata 19 gennaio 1981 della Pretura di Roma); Nel mentre il provvedimento datato 2 luglio 2003 nella parte in cui comunque ritiene sussistente nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena ha rilevanza immediata nel processo, dovendo a tale regola sottostare tutti i precedenti e successivi atti processuali compreso il presente; Considerato, come la convenuta Uniriscossioni S.p.A. chieda la revoca di tale provvedimento ritenendo il ricorso introduttivo inammissibile e/o inesistente in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana in quanto la sentenza della Corte costituzionale n. 62/1992 esplica i propri effetti con riguarda esclusivo alle opposizioni alle ordinanze di ingiunzione e non con riferimento alle opposizioni agli atti esecutivi, come quella di cui al presente giudizio; che, inoltre, nel merito evidenzia come la legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli - Venezia Giulia, pur in vigore, non e' ancora assistita da efficacia operativa, nemmeno essendo stata completata la procedura di formazione, da parte del Comitato istituzionale paritetico, ai sensi dell'art. 4 della citata legge, della tabella indicante i comuni o loro frazioni cui siano territorialmente applicabili le disposizioni di favore introdotte; che, sullo stesso argomento formula osservazioni in merito alla predisposizione di cartelle di pagamento ed avvisi di mora in lingua slovena - disciplinati dal decreto del Direttore generale del Dipartimento delle entrate datato 28 giugno 1999 (G.U. n. 173 del 26 luglio 1999) emanato in base ad una norma di legge di cui all'art. 25, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato dall'art. 11 del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46 - nonche' sull'operativita' dell'art. 8, comma 5, della citata legge secondo il quale le modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 del medesimo articolo per i concessionari di servizi di pubblico interesse sono disciplinate mediante specifiche convenzioni, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi del citato articolo, dagli enti pubblici interessati di intesa con il Comitato; Rilevato comunque come tale ultima osservazione attiene al merito della controversia; che, dunque, non rileva sotto l'aspetto processuale di predisposizione dell'atto introduttivo redatto esclusivamente in lingua slovena da parte dell'attore, non costituitosi con l'assistenza di un difensore, e della traduzione in lingua slovena degli atti di causa e dei provvedimenti giurisdizionali, quale quello di data 2 luglio 2003, l'odierno e la sentenza che dovra' statuire sull'eccepito difetto di giurisdizione; Considerato come sul medesimo argomento interviene anche la difesa della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, evidenziando, oltre al quinto comma dell'art. 8 della citata legge di Tutela, il contenuto dell'art. 4 ed in specie, la necessita' di una tabella di comuni o frazioni di comuni predisposta, su richiesta di almeno il 15 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di un terzo dei consiglieri dei comuni interessati, dal Comitato entro diciotto mesi dalla sua costituzione, ed approvata con decreto del Presidente della Repubblica; che all'epoca della notifica della cartella di pagamento in questione non risultava emanato il richiamato decreto Presidenziale (e tantomeno alla data odierna); Considerato, inoltre, come la medesima regione sollevi l'eccezione di' difetto di giurisdizione del giudice adito, poiche' l'attuazione delle disposizioni concernenti l'uso della lingua slovena nei rapporti con i concessionari di servizi pubblici e' subordinata all'adozione di specifiche convenzioni da parte dei soggetti interessati e quindi dovrebbe ritenersi che il ricorso concerna il profilo organizzatorio del servizio pubblico, spettante, ai sensi dell'art. 33, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'art. 7, comma 1, lettera a), della legge 21 luglio 2000, n. 205, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; che, in via assolutamente subordinata, visto il carattere assorbente delle sollevate questioni pregiudiziali, ritiene l'infondatezza delle pretese di controparte, ritenendo l'art. 8 della legge n. 38/2001 norma a carattere meramente programmatico, che necessita' di specifici atti applicativi, primo fra tutti il provvedimento di delimitazione dei territori in cui e' presente la minoranza slovena mediante d.P.R. ai sensi dell'art. 4 della medesima legge; Pertanto la mancata adozione ditale provvedimento non consentirebbe l'adozione dei richiesti provvedimenti organizzatori di concreta applicazione del diritto all'uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione; che riteneva anch'essa del tutto inconferente il richiamo alla sentenza costituzionale n. 62/1992 in quanto applicabile esclusivamente al processo di opposizione ad ordinanza ingiunzione di cui agli artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981 nonche' fuorvianti e inconferenti i richiami al Memorandum di Londra del 1954 ovvero del Trattato di Osimo ratificato con legge 14 marzo 1977, n. 73; Comunque - osserva la stessa aministrazione regionale - dalla medesima sentenza risulterebbe che il diritto all'uso della lingua slovena nei processi di opposizione ad ordinanza ingiunzione viene riconosciuto ai soli cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena e non anche alle persone giuridiche aventi sede in zone nemmeno limitate territorialmente (visto il tenore dell'art. 4 della citata legge) in cui e' presente la minoranza linguistica slovena, pertanto sentenza inconferente sia sotto il profilo oggettivo in relazione al procedimento nel quale si pretende l'applicazione sia sotto il profilo soggettivo in relazione alla persona che ha proposto in giudizio l'odierna azione; Tutto cio' premesso; Letti gli artt. 3 e 6 della Costituzione nonche' l'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia; Lette le sentenze della Corte costituzionale 11 febbraio 1982, n. 28 (concernente l'art. 137 c.p.p. 1930), 24 febbraio 1992, n. 62 (concernente gli artt. 22 e 23 in combinato disposto con l'art. 122 c.p.c.) e 29 gennaio 1996, n. 15 (concernente l'art. 122 c.p.c.); Il giudice solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale: 1) dell'art. 122 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 4 e 8 commi 1, 3, e 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2, 3 e 6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene, nel processo di civile davanti al giudice avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione in lingua italiana, nonche' di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e le risposte della controparte, se non, nei soli territori compresi nella tabella di cui all'art. 4 della citata legge, previe le necessarie misure mediante adeguamento degli uffici, dell'organico del personale e dell'organizzazione interna, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 8, della citata legge, nonche', nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, non prima che le singole amministrazioni interessate istituiscano, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'art. 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3, dell'art. 8, della citata legge; 2) del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, ed 8 comma 1 e 5, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2, 3 e 6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui non riconoscono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene, i diritti di cui al comma 1 dell'art. 4, legge 23 febbraio 2001, n. 38, nei rapporti con i concessionari di servizi di pubblico interesse, se non con quelli aventi sede nel territorio di cui all'art. 1, legge citata, e competenza nei comuni dicui all'art. 4, della citata legge, secondo le modalita' previste dal comma 4 dell'art. 8 e previa disciplina delle modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 del medesimo articolo mediante specifiche convenzioni, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 4 della citata legge, da parte degli enti pubblici interessati di intesa con il Comitato; 3) dell'art. 4, comma 1, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2, 3 e 6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella parte in cui non riconosce ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene, il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorita' amministrative e giudiziarie locali ed il diritto di ricevere risposta in lingua slovena se non, nei soli territori compresi nella tabella di cui all'art. 4 della citata legge, previe le necessarie misure mediante adeguamento degli uffici, dell'organico del personale e dell'organizzazione interna, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 8 nonche', nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, non prima che le singole amministrazioni interessate istituiscano, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'art. 4, della citata legge che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 8 della citata legge; Che pertanto questo giudicante deve preliminarmente esprimersi in merito alla rilevanza e non manifesta infondatezza delle sollevate questioni di illegittimita' costituzionale di cui ai precedenti paragrafi 1., 2. e 3., ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. I n d i r i t t o 1. - La questione di legittimita' costituzionale, dell'art. 122 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 4 e 8 commi 1, 3 e 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2, 3 e 6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene, nel processo di civile davanti al giudice avente competenza su un territorio dove sia insediata la predetta minoranza, di usare, su loro richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione in lingua italiana, nonche' di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e le risposte della controparte, se non, nei soli territori compresi nella tabella di cui all'art. 4 della citata legge, previe le necessarie misure mediante adeguamento degli uffici, dell'organico del personale e dell'organizzazione interna, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 8, della citata legge, nonche', nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, non prima che le singole amministrazioni interessate istituiscano, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'art. 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3, dell'art. 8, della citata legge e' rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata per le ragioni che vengono qui di seguito riportate. La questione e' rilevante ai fini della decisione, in quanto l'atto introduttivo del giudizio e' stato redatto dalla parte attrice, non costituitasi a mezzo di un difensore, esclusivamente in lingua slovena. Tale aspetto e' stato contestato, come sopra esposto, dalla convenuta Uniriscossioni S.p.A. secondo la quale l'atto sotto tale aspetto risulterebbe inammissibile e/o inesistente. Inoltre, questo giudice, seguendo sin dall'inizio del processo i dettami enucleati nel sentenze costituzionali 11 febbraio 1982, n. 28, 24 febbraio 1992, n. 62 e 29 gennaio 1996, n. 15, ha disposto l'assistenza linguistica sia in forma scritta, mediante la traduzione in lingua italiana dell'atto introduttivo ed in lingua slovena del decreto di fissazione dell'udienza e del verbale di causa, sia in forma orale, richiedendo l'assistenza in udienza di un interprete di lingua slovena dell'Ufficio esperti linguistici della Corte d'appello di Trieste. La decisione sulla costituzionalita' dell'art. 122 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, risulta rilevante nel caso in esame non solo in relazione alla decisione sull'ammissibilita' e/o inesistenza dell'atto introduttivo, redatto solo in lingua slovena, ma anche immediatamente insede processuale per quanto riguarda la traduzione di tutti gli atti processuali diretti alla parte attrice, non costituitasi mediante un difensore, compreso il presente, nonche', in relazione alla domanda della citata Uniriscossioni S.p.A. con la quale la medesima richiede in limine litis la revoca del decreto datato 2 luglio 2003 nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella fattispecie in considerazione e nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena. La non manifesta infondatezza deriva dalla lettura dell'art. 122 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 4 e 8, commi 1, 3, e 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, attraverso la citata giurisprudenza costituzionale in materia. Infatti, dopo l'ultima sentenza della Corte costituzionale di data 29 gennaio 1996, n. 15, il quadro normativo di riferimento per quanto riguarda l'uso della lingua slovena e' cambiato radicalmente in peius con l'approvazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (in Gazz. Uff. 20 dicembre 1999, n. 297) - Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche e, da ultimo, con la legge 23 febbraio 2001, n. 38 (in Gazz. Uff. n. 56 dell'8 marzo 2001) - Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia. Infatti, i due testi normativi prevedono una limitazione territoriale ulteriore rispetto a quella individuata nelle fino ad allora vigenti norme di tutela della minoranza slovena e ben evidenziate nelle citate pronunce costituzionali, secondo le quali «tanto la Costituzione (e lo Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia) quanto il Trattato di Osimo, nell'ambito dei fini connessi alla tutela "positiva" delle minoranze linguistiche, impongono al legislatore e alle altre autorita' della Repubblica, l'impegno di perseguire l'obiettivo di assicurare agli appartenenti alla minoranza slovena del Friuli-Venezia Giulia il diritto di usare la propria lingua materna nei rapporti con gli uffici pubblici e, in particolare, nei rapporti con gli uffici giudiziari» (Corte cost. 24 febbraio 1992, n. 62) e «gli argomenti posti a fondamento della presente decisione sono destinati ad assumere una portata piu' ampia, con riguardo al diritto degli appartenenti alla minoranza slovena di far uso della propria lingua, in generale, nelle controversie di fronte al giudice, nelle quali trovi applicazione l'art. 122, comma 1 c.p.c.» (Corte. cost. 29 gennaio 1996, n. 15). L'art. 4 della legge n. 38/2001 (analogamente all'art. 3 della legge n. 482/1999), invece, dispone che le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla citata legge si applicano alle condizioni e con le modalita' indicate nella legge stessa, nel territorio in cui la minoranza e tradizionalmente presente. In tale territorio sono considerati inclusi i comuni o le frazioni di essi indicati in una tabella predisposta, su richiesta di almeno il 15 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di un terzo dei consiglieri dei comuni interessati, dal Comitato entro diciotto mesi dalla sua costituzione, ed approvata con decreto del Presidente della Repubblica. Qualora il Comitato non sia in grado di predisporre nel termine previsto la tabella di cui sopra, la tabella stessa e' predisposta nei successivi sei mesi dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sentite le amministrazioni interessate e tenendo conto del lavoro svolto dal Comitato, fermo restando quanto stabilito dall'art. 25 della citata legge concernente le modifiche dell'ambito territoriale di applicazione della legge. Viene, quindi, introdotta una limitazione territoriale non presente nella precedente normativa in materia concernente i diritti individuali degli appartenenti alla minoranza slovena in Italia. Infatti, la limitazione territoriale all'interno del territorio di Trieste, prima, e delle aree della Regione Friuli-Venezia Giulia, poi, in cui risulta storicamente insediata la minoranza slovena quale minoranza linguistica riconosciuta, era prevista solamente per quanto riguarda i diritti collettivi del c.d. bilinguismo visivo, cioe' nella forma disciplinata dal terzo comma dell'art. 5 dello Statuto speciale allegato al Memorandum di Londra del 1954, secondo il quale nella zona sotto l'amministrazione italiana le insegne sugli edifici pubblici e le denominazioni delle localita' e delle strade saranno redatte nella lingua del gruppo etnico jugoslavo (ora sloveno) oltreche' nella lingua dell'amministrazione suddetta, in quelle circoscrizioni elettorali del Comune di Trieste e negli altri comuni in cui gli appartenenti al suddetto gruppo etnico rappresentano una rilevante parte della popolazione (almeno un quarto). Occorre sul punto, ad ulteriore prova della non manifesta infondatezza della questione, richiamare quanto dedotto nella sentenza n. 15/1996 della Corte costituzionale (anch'essa indicata dalla parte attrice e del tutto ignorata dalle parti convenute), concernente fattispecie pressoche' identica alla presente, sebbene concernente gia' la fase esecutiva di cui agli artt. 543 e ss. c.p.c., nella quale, il debitore, cittadino italiano appartenente alla minoranza slovena, aveva presentato memoria scritta, redatta nella madrelingua, con la quale si era opposto all'esecuzione deducendo la nullita' del pignoramento, nonche' della cartella esattoriale e dell'avviso di mora in precedenza a lui notificati, perche' non tradotti in lingua slovena. Che, inoltre, all'udienza fissata per la dichiarazione del terzo pignorato, il suddetto debitore aveva richiesto la traduzione in lingua slovena del verbale del processo esecutivo. Orbene, in tale pronuncia il giudice a quo aveva osservato come le pretese soggettive fossero effettive ed azionabili, in relazione al dictum della sentenza n. 62 del 1992, soltanto nella misura in cui siano state adottate adeguate norme di attuazione e siano state predisposte le necessarie strutture organizzative, entrambe sono ben individuabili ed operative nell'Ufficio esperti linguistici presso la Corte d'appello di Trieste istituito ai sensi della legge 14 luglio 1967, n. 658. Ma, sebbene la tutela linguistica fosse sino ad ora pienamente riconosciuta anche nel processo civile (oltreche' in quello penale) nei rapporti tra cittadino italiano di nazionalita' slovena e autorita' giudiziaria, in seguito alla necessaria delimitazione dei territori compresi nella tabella di cui all'art. 4 della legge n. 38/2001 e, nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, a fronte della necessita' che le singole amministrazioni interessate istituiscano, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'art. 4 della legge n. 38/2001 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 del citato articolo, tale intervento legislativo ha comportato l'eliminazione di quella - come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 28 del 1982 - «operativita' minima» [ns. sottolineatura] della tutela delle minoranze riconosciute - e, nella specie, di quella slovena «che implica» oltre all'inammissibilita' di qualsiasi sanzione che colpisca l'uso della propria lingua da parte degli appartenenti alla minoranza protetta, il diritto «gia' ora ... di usare la lingua materna e di ricevere risposte dalle autorita' in tale lingua; nelle comunicazioni verbali, direttamente o per il tramite di un interprete; nella corrispondenza, con il testo italiano accompagnato da traduzione in lingua slovena». Nella sentenza n. 62 del 1992, la Corte costituzionale ha ulteriormente chiarito che il «nucleo minimale di tutela [ns. sottolineatura] per gli appartenenti alla minoranza riconosciuta» comprende «il diritto di usare la lingua materna nei rapporti con le autorita' giurisdizionali e di ricevere risposte da quelle autorita' nella stessa lingua» specificando - sebbene in relazione al caso specifico degli artt. 22 e 23 legge n. 689/1981 - il riconoscimento della «facolta'..., nei giudizi davanti all'autorita' giudiziaria avente competenza su un territorio dov'e' insediata la minoranza slovena, di usare, a ... richiesta, la lingua materna nei propri atti, usufruendo per questi della traduzione nella lingua ufficiale, oltreche' di ricevere in traduzione nella propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e le risposte della controparte». In tal senso la sentenza della Corte n. 15/1996 ha statuito che la tutela nel processo dell'identita' linguistica dell'appartenente alla comunita' di lingua slovena concerne «gli atti, provenienti dall'interessato, non solo ufficiali (cioe' quelli previsti dalla legge processuale i quali confluiscono, insieme a quelli delle altre parti e del giudice, nel processo), ma anche personali (v. art. 5 comma 1 dello "Statuto speciale" del 1954)». Inoltre, tale diritto non concernerebbe i soli rapporti verticali cittadino, pubblica amministrazione (e nella specie quella giudiziaria) come disposto dall'art. 5 dello Statuto speciale, ma, in base a quanto motivato nella sentenza n. 62 del 1992, anche i rapporti orizzontali con la ricezione nella propria lingua altresi' delle risposte della controparte, in quanto la tutela dell'identita' linguistica ha una sua ragione d'essere in rapporto alla funzione giudiziaria e non tanto al giudice. Cio' esclude i soli atti processuali compiuti per il tramite di avvocati e procuratori da parte del cittadino appartenente alla minoranza. Infatti, «la tutela dell'identita' linguistica e' personale, poiche' solo la persona appartenente alla comunita' di lingua diversa da quella dominante puo' avvertire come una menomazione della propria dignita' l'imposizione, che fosse eventualmente stabilita nei rapporti con l'autorita', della lingua ufficiale di questa». (sempre Corte cost. n. 15/1996). E proprio a questo punto occorre procedere all'esame dell'eccezione dell'Amministrazione regionale, secondo la quale i suddetti principi varrebbero per le sole persone fisiche appartenenti alla minoranza, ma non per le persone giuridiche. Contro tale assunto militano tre eccezioni. Innanzitutto, la Regione sconfessando se' stessa, in data 24 giugno 1998 (cioe' antecedentemente all'entrata in vigore della legge 23 febbraio 2001, n. 38) ha tradotto in lingua slovena l'ordinanza - ingiunzione prot. F/11.1/(135)/n. 1283 notificata alla Cooperativa agricola forestale Sereco S.r.l. - persona giuridica - il che denota: 1) come la Regione non si sia posta in tale sede, come invece nel presente processo, la questione sull'affermata inapplicabilita' della sentenza n. 62/1992 alle persone giuridiche aventi sede nelle zone in cui e' presente la minoranza linguistica; 2) ne' si e' posta le gia' indicate limitazioni di natura territoriale, al tempo non sussistenti in quanto intervenute appena con la successiva legge di tutela della minoranza slovena n. 38/2001, il che conferma che in seguito all'approvazione della citata legge e' venuto meno il nucleo minimale di tutela reiteratamente enunciato nelle pronunce della Corte costituzionale. Comunque, e questa e' la seconda eccezione, la stessa legge n. 38/2001 tutela anche le persone giuridiche slovene (cioe' composte da cittadini italiani appartenenti alla minoranza slovena) quando, all'art. 7 riconosce il diritto alla denominazione, agli emblemi ed alle insegne in lingua slovena sia alle imprese slovene sia alle altre persone giuridiche, nonche' ad istituti, enti, associazioni e fondazioni sloveni. Pertanto, anche tali soggetti giuridici, in quanto estrinsecazione dei loro soci o associati appartenenti alla minoranza slovena, soggiacciono alla medesima tutela, operando infatti a mezzo di persone fisiche di nazionalita' slovena, loro rappresentanti legali che hanno diritto di avvalersi della propria madrelingua nei rapporti con le pubbliche autorita'. Infatti, l'art. 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita'. L'unico dubbio permarrebbe, invece, per persone fisiche slovene che operano quali rappresentanti legali di persone giuridiche non slovene, per le quali, invece, non e' stata sollevata in questa sede eccezione di incostituzionalita'. Infine, quale terza eccezione, sarebbe del tutto irragionevole ed indice di disparita' di trattamento un'interpretazione che assicuri la tutela linguistica ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza slovena uti singoli e la neghi, invece, se i medesimi cittadini italiani appartenenti alla minoranza slovena decidano di associarsi o costituire una societa', sia di capitali, che di persone (per quest'ultima tanto piu', in quanto operano pur sempre quali persone fisiche e non quali meri rappresentanti della societa', persona giuridica, anche tenendo conto anche della limitata soggettivita' anche delle societa' di persone). E di un tanto si e' reso perfettamente conto il legislatore nel formulare l'art. 7, comma 2, della legge n. 38/2001. La legge n. 38/2001 ha, quindi, eliminato radicalmente le garanzie costituzionali di minima tutela linguistica. Infatti, seguendo il dettato degli artt. 4 e 8 della citata legge di tutela, sino alla delimitazione dei territori di cui all'art. 4 i cittadini italiani di lingua slovena non possono usufruire dei suddetti diritti fondamentali di tutela linguistica. E, comunque, anche se tali territori fossero gia' stati delimitati (si e' infatti in attesa del d.P.R. che approvi l'elenco predisposto dal Comitato paritetico di cui all'art. 3 della citata legge), al di fuori degli stessi ai suoi appartenenti viene negata la tutela linguistica individuale, sebbene risiedano in zone d'insediamento storico della minoranza slovena oggetto delle normative di tutela, zone indicate nell'art. 1 della legge n. 38/2001, oltreche' nel Trattato di Osimo del 1975 (legge 14 marzo 1977, n. 73) e nel Memorandum di Londra del 1954 (si vedano per es. le norme in materia scolastica e di diffusione radiotelevisiva in lingua slovena: decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1997 - in Gazz. Uff., 24 ottobre, n. 249 - Approvazione della convenzione stipulata in data 11 giugno 1997 fra la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria e la RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A. per la trasmissione di programmi radiofonici e televisivi in lingua slovena nonche' radiofonici in lingua italiana per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, 16 giugno 1997, n. 199, in attuazione della legge 14 aprile 1975, n. 103 - in Gazz. Uff., 17 aprile, n. 102 - Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva; legge 22 dicembre 1973, n. 932 - in Gazz. Uff., 23 gennaio, n. 21 - Modificazioni e integrazioni della legge 19 luglio 1961, n. 1012, riguardante l'istituzione di scuole con lingua di insegnamento slovena nelle provincie di Trieste e Gorizia, nonche' le altre norme citate nella sentenza costituzionale n. 28/1982). Pertanto, appare evidente come la delimitazione dei territori di cui all'art. 4, dipenda dalla volonta' politica delle singole amministrazioni comunali (proposta al Comitato paritetico) e governative (decreto Presidente della Repubblica) di volta in volta elette, con un concetto di delimitazione territoriale elastica di tutela. Il contrasto insito nell'art. 4 della legge n. 38/2001 e' evidente dal suo stesso tenore letterale dove prima afferma che «le misure di tutela della minoranza slovena previste dalla presente legge si applicano alle condizioni e con le modalita' indicate nella legge stessa, nel territorio in cui la minoranza e' tradizionalmente presente» e nello stesso tempo definisce quale territorio in cui la minoranza e tradizionalmente presente solo quello dei comuni o delle frazioni di essi indicati in una tabella predisposta dal Comitato paritetico ed approvata con decreto del Presidente della Repubblica. Il concetto di presenta tradizionale evoca quelli di presenza storica ed effettiva e quindi oggettiva e non quella di presenza definita politicamente e quindi soggettiva, temporalmente variabile, che potrebbe portare - in violazione delle disposizioni costituzionali e del livello minimo di tutela che deve essere comunque garantito - sia all'estensione della tutela anche a zone della provincia di Udine in cui la minoranza non e storicamente presente, sia all'esclusione dell'intero territorio regionale dalla legge di tutela, compresi i territori di plurisecolare presenza storica della minoranza. Con cio' la legge n. 38/2001 tamquam non esset (e conseguentemente l'art. 6 Cost. e art. 3 St. spec. Regione F.V.G.). L'unica possibilita' per i cittadini residenti nei territori non inclusi nella tabella di cui all'art. 4 e comunque l'ipotesi obbligata per i cittadini residenti «nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli», anche se incluse nei territori di cui all'art. 4 (vista la locuzione "invece" presente nel comma 4 dell'art. 8), e' quella di rivolgersi ad «un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'art. 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3» che «le singole amministrazioni interessate istituiscono, anche in forma consorziata». Tali uffici a distanza di tre anni dall'approvazione della legge, non sono ne' operanti, ne' costituti in forma consorziata, tantomeno dal Ministero di giustizia. Oltre al fatto- attinente all'organizzazione della p.a. e quindi non oggetto di verifica costituzionale - che risulterebbe assurdo, in un'epoca di telefonia mobile nonche' di comunicazioni via fax e posta elettronica (si veda il processo societario e la normativa in materia di processo telematico), obbligare i cittadini italiani di lingua slovena non solo a spostarsi per rilevanti distanze per raggiungere il suddetto ufficio, ma anche a rivolgersi, all'interno dello stesso Palazzo di Giustizia, ad un unico ufficio predisposto a tal fine. Occorre, inoltre, evidenziare come nel censimento del 1971 (ultimo con richiesta di appartenenza etnica) a fronte di una popolazione di 15.564 persone dichiaratesi appartenenti al gruppo linguistico sloveno nel Comune di Trieste (comprese quindi le «zone centrali delle citta' di Trieste ...» nel cui centro citta' e periferia cittadina si sono dichiarate appartenenti al gruppo linguistico sloveno 9.789 persone) nei cinque comuni limitrofi della Provincia di Trieste si e' dichiarato invece tale un numero complessivo, inferiore, di 9.142 abitanti. Pertanto, nel 1971 per quanto riguarda la Provincia di Trieste, i cittadini dichiaratisi appartenenti al gruppo linguistico sloveno (cioe' quasi il 10% della popolazione provinciale) risultavano piu' numerosi non solo nel Comune di Trieste rispetto agli altri cinque comuni limitrofi (15.564 nel primo, 9.142 nei secondi), ma anche piu' numerosi nelle stesse zone centrali e periferiche della citta' di Trieste (9.789) rispetto alle circoscrizioni non cittadine dell'Altipiano est ed Altipiano ovest del medesimo Comune di Trieste (5.775). La limitazione dei diritti linguistici individuali ai soli territori ricompresi nella tabella di cui all'art. 4 e comunque, nelle zone centrali della citta' di Trieste al solo sportello unico comporta quindi violazione dell'art. 3 della Costituzione quale irragionevole disparita' di trattamento tra cittadini italiani di lingua slovena della Provincia di Trieste residenti nei territori e cittadini italiani di lingua slovena della Provincia di Trieste non residenti nei territori, nonche' tra cittadini italiani di lingua slovena del Comune di Trieste residenti nei territori e cittadini italiani di lingua slovena del Comune di Trieste non residenti nei territori ovvero, anche se residenti nei territori, abitanti nelle zone centrali della citta' e quindi obbligati ad usufruire del solo ufficio appositamente (non ancora) costituito a tal fine. Inoltre, essendo la totalita' degli uffici statali e regionali ed il 90% degli uffici dei comuni capoluogo ubicata nelle «zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli» cio' comporta che per es. tendenzialmente un solo ufficio (comunque non ancora costituito) posizionato in un punto imprecisato del territorio provinciale dovrebbe assicurare ai 24.706 cittadini di lingua slovena della Provincia di Trieste (censimento 1971) il livello minimo di tutela linguistica, con una disparita' di trattamento rispetto ai loro concittadini di lingua italiana che, invece, possono rivolgersi direttamente agli uffici competenti siti sul territorio senza obbligati spostamenti, e con conseguente, violazione dell'art. 3 della Costituzione. Pertanto, non essendo stati ancora delimitati i territori inclusi nell'elenco di cui all'art. 4, dovendo i cittadini appartenenti alla minoranza slovena non residenti nei territori di cui all'art. 4 o residenti nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, e comunque per questioni concernenti amministrazioni statali, regionali e dei comuni capoluogo, utilizzare esclusivamente un ufficio a loro destinato, non istituito ne' operante, allo stato attuale nessun cittadino italiano appartenente alla minoranza slovena, residente nel distretto della Corte d'appello di Trieste (comprendente l'intera area d'insediamento della minoranza slovena) puo' rivolgersi all'autorita' giudiziaria nella propria madre lingua e ricevere risposta nella medesima, nonostante che gli uffici di traduttore ed interprete siano stati predisposti in attuazione della legge 14 luglio 1967, n. 568, antecedente all'attuale normativa di cui alla legge n. 38/2001. Nella propria sentenza n. 15 del 1996 la Corte costituzionale non ha ritenuto di dover addivenire ad una sentenza dichiarativa di incostituzionalita' dell'art. 122 c.p.c. in seguito ad un'interpretazione costituzionalmente orientata della citata disposizione del codice di rito. Tale interpretazione risulta pero' attualmente totalmente preclusa dal tenore letterale e incondizionato degli artt. 4 e 8 della legge n. 38/2001 che devono quindi essere dichiarati incostituzionali per le motivazioni che precedono. Infatti, come ben evidenziato nella pluricitata sentenza n. 15 del 1996, se le richiamate norme costituzionali e statutarie costituiscono principi direttivi la cui concreta effettivita' e' condizionata da leggi e misure amministrative e dipende percio' da iniziative essenzialmente politiche, l'esistenza di norme, ancorche' di principio - come l'art. 3 dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, «la cui costituzione in autonomia speciale e' giustificata per l'appunto dall'esistenza di comunita' etnico-linguistiche minoritarie e dall'esigenza di norme particolari di garanzia» (ibidem) - le quali «proclamano veri e propri diritti costituzionali e pertanto non puo' ridursi in mero auspicio di intervento futuro di autorita' politico-amministrative, come deriverebbe dal concetto di norme meramente programmatiche», ma, «dalle norme costituzionali in questione deriva sempre e necessariamente l'obbligo di ricercare una "tutela minima", immediatamente operativa, sottratta alla vicenda politica e direttamente determinabile attraverso l'interpretazione costituzionale dell'ordinamento, anche attraverso la valorizzazione di tutti gli elementi normativi esistenti, suscettibili di essere finalizzati allo scopo indicato dalla Costituzione». Questi elementi, assumibili come un'attuazione, sebbene parziale, dell'art. 3 St. F.V.G., possono essere rinvenuti secondo la Corte, «nell'art. 8 del Trattato di Osimo, che, richiamando l'indicazione dell'art. 5 "Statuto speciale" del 1954, trasferisce in una norma interna immediatamente applicabile il relativo assetto di tutela» (Corte cost. 29 gennaio 1996, n. 15). Attuazione, sebbene parziale, dell'art. 3 St. F.V.G., che e' preclusa dal tenore degli artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4, della legge n. 38 del 2001 in combinato disposto dell'art. 122 c.p.c. per quanto riguarda l'atto introduttivo del giudizio ed i successivi atti processuali, quale il decreto di data 2 luglio 2003 di cui si chiede la revoca, nonche' gli atti di parte. 2. - La questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, ed art. 8, comma 1 e 5 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2. 3 e 6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella parte in cui non riconoscono ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene, i diritti di cui al comma 1 dell'art. 4 legge 23 febbraio 2001, n. 38, nei rapporti con i concessionari di servizi di pubblico interesse, se non con quelli aventi sede nel territorio di cui all'art. 1 e competenza nei comuni di cui all'art. 4, secondo le modalita' previste dal comma 4 e previa disciplina delle modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 mediante specifiche convenzioni, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 4 della citata legge, da parte degli enti pubblici interessati di intesa con il Comitato e' rilevante ai fini della decisione e - non manifestamente infondata per le seguenti ragioni. La rilevanza deriva dalla questione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del giudice ordinario spettando - secondo quando eccepito dalla convenuta Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - la cognizione delle modalita' di attuazione delle disposizioni concernenti l'uso della lingua slovena nei rapporti con i concessionari di servizi pubblici al giudice amministrativo ex art. 33 d.lgs. n. 80/1998 come modificato dall'art. 7, comma 1, lettera a) legge n. 205/2000, ai sensi del quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, in particolare quelle riguardanti le attivita' e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento dei pubblici servizi. Pertanto, l'eventuale dichiarazione di incostituzionalita' dei limiti posti dal legislatore nei comma 1 e 5 dell'art. 8, della citata legge, al godimento dei diritti linguistici di cui al comma 1 dell'art. 8 nei rapporti con i concessionari di pubblici servizi farebbe venir meno la decisione sulla questione pregiudiziale di difetto di giurisdizione in merito alla quale questo giudice deve esprimersi immediatamente dopo la richiesta domanda di revoca in limine litis del decreto del 2 luglio 2003. La non manifesta incostituzionalita' del combinato disposto di cui agli artt. 4, comma 1, e 8, commi 1 e 5,della citata legge - oltreche' per i motivi gia' esposti sub 1) in relazione alla limitazione territoriale e all'operativita' nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia nonche' in quella di Cividale del Friuli («secondo le modalita' previste dal comma 4») - risulta fondata anche nella parte in cui limita i diritti di cui al comma 1 del medesimo articolo (costituenti la cd. tutela minima) richiedendo che: i concessionari di pubblico servizio abbiano sede nel territorio di cui all'art. 1 (cioe' nelle province di Udine, Gorizia, Trieste), escludendo quindi la maggior parte dei concessionari di pubblici servizi operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia - tra cui la stessa convenuta Uniriscossioni S.p.A. ma anche Posteitaliane, Telecomitalia ecc. - che hanno invece rilevanza nazionale e sede extraprovinciale in seguito alle concentrazioni e fusioni d'imprese in tale ambito, anche a fronte delle reiterate modifiche in materia di pubblici servizi locali apportate agli artt. 113 e 113-bis del d.lgs. n. 267/2000. Tale limitazione, oltre a violare la tutela minima richiesta a livello costituzionale dagli artt. 6 della Costituzione e 3 St. Reg. F.V.G., atteso che l'ambito di pubblici servizi gestiti mediante concessione e' in costante aumento con una conseguente crescente esclusione dei diritti linguistici individuali in tale ambito, viola anche il principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione nei casi in cui nel comune di appartenenza il servizio di riscossione per determinate entrate comunali venga gestito da un concessionario «locale» (diritti linguistici solo previo convenzionamento), per altre direttamente dall'amministrazione comunale (diritti linguistici senza previo convenzionamento) e per altre ancora da un concessionario nazionale (esclusione totale dei diritti linguistici); vengano previamente disciplinate le modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 8 mediante specifiche convenzioni. Pertanto la concreta effettivita' della c.d. «tutela minima» e' condizionata da misure amministrative e dipende percio' da iniziative essenzialmente politiche, sebbene l'esistenza di norme, ancorche' di principio - come l'art. 3 dello Statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - le quali «proclamano veri e propri diritti costituzionali [...] non puo' ridursi in mero auspicio di intervento futuro di autorita' politico-amministrative» come ben evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 15 del 1996. Tale questione di illegittimita' costituzionale, oltre a condizionare l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito, sollevata dalla convenuta amministrazione regionale, risulta rilevante anche ai fini della decisione del merito della causa, in quanto parte attrice ritiene gli atti di riscossione nulli e comunque inefficaci senza notifica della traduzione in lingua slovena, richiamandosi alla sentenza pretorile romana n. 17601 del 19 gennaio 1981. 3. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2, 3 e 6 della Costituzione, nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella parte in cui non riconosce ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone giuridiche slovene, il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorita' amministrative e giudiziarie locali ed il diritto di ricevere risposta in lingua slovena se non, nei soli territori compresi nella tabella di cui all'art. 4, previe le necessarie misure mediante adeguamento degli uffici, dell'organico del personale e dell'organizzazione interna, nel rispetto delle vigenti procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 8 nonche', nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli, prima che le singole amministrazioni interessate istituiscano, anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in territori non previsti dall'art. 4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3, dell'art. 8 risulta rilevante e non manifestamente infondata, oltreche' per i motivi di cui ai punti 1) e 2) per quanto riguarda la delimitazione territoriale, l'ufficio unico nelle zone centrali delle citate citta', del previo convenzionamento e della sede dei concessionari, anche per le ragioni che qui di seguito si espongono. La questione e' rilevante oltreche' ai fini della revoca del decreto datato 2 luglio 2003 nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella fattispecie in considerazione (ai soli fini pero' del fumus boni iuris) e nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena, anche ai fini della decisione. Infatti, parte attrice afferma che gli atti inviatile dalla Uniriscossioni S.p.A. e dalla Regione sono nulli o comunque inefficaci quando destinati agli appartenenti alla minoranza slovena, poiche' privi della traduzione in lingua slovena, secondo quanto affermato dalla sentenza n. 17601 del 19 gennaio 1981 della Pretura di Roma. Inoltre, la convenuta Uniriscossioni S.p.A. in limine litis ritiene il ricorso inammissibile e/o inesistente in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana. Nel mentre la Regione, in via assolutamente subordinata, chiede dichiararsi l'infondatezza dell'azione ritenendo la legge n. 38/2001 ed in particolare l'art. 8 di carattere meramente programmatico, la cui applicabilita' necessita dell'adozione di specifici atti applicativi, primo fra tutti il provvedimento di delimitazione dei territorio, oltre alle gia' esposte eccezioni in merito all'inconferente richiamo alla sentenza costituzionale n. 62/1992, al Memorandum di Londra del 1954 ovvero del Trattato di Osimo ratificato con legge 14 marzo 1977, n. 73, e al riconoscimento del diritto all'uso della lingua slovena ai soli cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena e non anche alle persone giuridiche. In punto non manifesta infondatezza per quanto riguarda l'operativita' della tutela minima nei confronti della Regione ai sensi dell'art. 3 St. Reg. F.V.G. e delle leggi regionali in materia ci si richiama a quanto gia' dedotto sub 1). In relazione alla Uniriscossioni S.p.A., invece, occorre osservare che la medesima e' concessionaria per la riscossione dei tributi e delle entrate patrimoniali della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e pertanto opera, quale concessionaria, in nome e per conto della Regione medesima. Quindi, e' come se operasse l'Amministrazione regionale in quanto la p.a. anziche' gestire alcuni servizi di pubblica utilita', puo' conferirne l'esercizio a privati concessionari che divengono legittimati all'esercizio pubblico. Ove mancasse l'instaurazione di tale rapporto concessiorio, la Regione dovrebbe provvedervi con i propri mezzi, organizzando in proprio Il servizio. Pertanto, il cittadino italiano appartenente alla minoranza slovena nel momento in cui interloquisce con il concessionario e' come se interloquisse direttamente con l'amministrazione regionale, che opera, infatti, attraverso il concessionario. Quindi, oltre alle normative sul diritto d'accesso agli atti ex legge n. 241/1990 al medesimo cittadino debbono essere riconosciute le stesse garanzie linguistiche di cui gode (o dovrebbe godere) nei confronti della regione ex artt. 6 della Costituzione e 3 St. Reg. F.V.G. Altrimenti il cittadino, pur interagendo sia nell'uno che nell'altro caso con la Regione, sebbene attraverso il filtro del concessionario, si vedrebbe negata o, perlomeno, condizionata la propria tutela linguistica a seconda che la p.a. usufruisca di concessionari di pubblici servizi o operi direttamente a mezzo dei propri uffici in violazione dell'art. 3 della Costituzione che richiede pari trattamento per identiche situazioni. Concludendo, si ritiene che anche la questione di incostituzionalita' sub 3) risulti non manifestamente infondata. Infine, riportando le richiamate disposizioni sub nn. 1), 2) e 3) della legge n. 38/2001 l'espressione «entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili» occorre osservare come, oltre al fatto che la tutela minima derivante da diritti costituzionalmente garantiti non puo' venir condizionata dalla presenza o meno di copertura finanziaria, tale copertura viene comunque garantita dalla l.r. n. 20/1973 per gli enti locali e dalle leggi 482/1999 e 38/2001 per tutte le amministrazioni (oltre alla gia' citata legge 14 luglio 1967, n. 658, per la Giustizia), leggi che appunto risultano tra l'altro finalizzate alla copertura delle spese sostenute dalle pubbliche amministrazioni per l'assunzione di interpreti e traduttori, oltre al fatto che questi - o personale bilingue - risultano gia' presenti nell'organico della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (e quindi anche a supporto dell'attivita' di suoi concessionari di pubblici servizi quali Uniriscossioni S.p.A.), in quello dell'Ufficio territoriale del Governo, del Comune di Trieste e della quasi totalita' dei 32 comuni del Friuli-Venezia Giulia in cui risulta storicamente insediata la minoranza slovena. Di conseguenza, dovendo - secondo i dettati della Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 28 del 1982 - ricercare gli strumenti normativi e organizzativi gia' disponibili al fine di assicurare il livello minimo di tutela richiesto dalla Costituzione, tali strumenti risultano gia' esistenti ed attivati, ma la loro operativita' viene preclusa dalle delimitazioni territoriali di cui all'art. 4 della citata legge, dalla necessita' di un unico ufficio nelle zone centrali delle citta' interessate e dal previo convenzionamento dei concessionari dei pubblici servizi che comunque devono aver sede nel territorio di cui all'art. 1 e competenza nei comuni di cui all'art. 4 della citata legge. Tutto cio' premesso, in relazione: alla conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A. affinche' venga revocato il provvedimento datato 2 luglio 2003 di questo giudice, nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella fattispecie in considerazione e nel presente processo il diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena; alla conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A. affinche' venga dichiarato il ricorso inammissibile e/o inesistente in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana; alla conclusione in via pregiudiziale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia affinche' venga dichiarato il difetto di giurisdizione dell'adito tribunale spettando la cognizione della presente controversia al tribunale amministrativo regionale; al merito della causa in cui parte attrice ritiene gli atti inviatile dalla Uniriscossioni S.p.A. e dalla regione nulli e comunque inefficaci quando destinati agli appartenenti alla minoranza slovena, poiche' privi della traduzione in lingua slovena, secondo quanto affermato dalla sentenza n. 17601 del 19 gennaio 1981 della Pretura di Roma; alla conclusione della regione in via assolutamente subordinata in ordine all'infondatezza delle suddette pretese; alla conclusione della Uniriscossioni S.p.A. nel merito, in via subordinata, per il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
P. Q. M. Visto l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 23, e l'art. 231 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenute le questioni nn. 1), 2) e 3) rilevanti ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondate; Sospende il giudizio in corso; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione di costituzionalita' delle disposizioni sopra indicate; Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' per la comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Trieste, addi' 31 marzo 2004 Il giudice onorario: Ozbic 05C0355