N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 dicembre 2004
Ordinanza emessa il 14 dicembre 2004 dal giudice di pace di Lecce nel procedimento civile tra Nigro Domenico contro Lloyd Adriatico S.p.A. Procedimento civile - Procedimento davanti al giudice di pace - Giudizio secondo equita' - Esclusione per le controversie relative ai contratti (c.d. di massa) conclusi ex art. 1342 cod. civ. - Violazione del diritto di difesa - Preclusione dell'accesso alla giustizia sostanziale - Lesione del principio del giudice naturale - Violazione del principio di uguaglianza - Ingiustificato trattamento di favore nei confronti dei c.d. contraenti forti - Lesione delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario - Contrasto con la liberta' di iniziativa economica privata - Questione riproposta a seguito di restituzione atti disposta dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 299/2004. - Decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, art. 1. - Costituzione, artt. 3, 24, 25, 41, 101, 102 e 104.(GU n.14 del 6-4-2005 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale 343/2003 e promossa da Nigro Domenico, elettivamente domiciliato in Lecce alla via Martiri D'Otranto n. 4 presso lo studio degli avv. Antonio Tanza e Salvatore De Gaetanis che lo rappresentano e difendono, in virtu' di procura ad litem stesa a margine dell'atto di citazione, attore; Contro Lloyd Adriatico S.p.A., in persona del suo legale rappresentante, corrente in Trieste ed elettivamente domiciliata in Lecce presso lo studio dell'avv. Antonio De Mauro che la rappresentata e difende in virtu' di procura stesa in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuta. Premesso che in data 10 marzo 2003 veniva depositata ordinanza del seguente testuale tenore: Svolgimento del processo «Con atto di citazione del 15 gennaio 2003 notificato il successivo 19 gennaio 2003, Nigro Domenico adiva questo giudice onde ottenere la restituzione della somma di Euro 903,00, ovvero quella maggiore o minore di giustizia, da liquidarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c. ed a titolo di responsabilita' contrattuale per violazione dell'obbligo di buona fede nella formazione ed esecuzione del contratto e per violazione dei doveri di correttezza, trasparenza ed equita' imposti ex lege nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi. In via alternativa chiedeva la condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 903,00, o a quella maggiore o minore di giustizia, da liquidarsi in via equitativa a titolo di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. Ancora in via alternativa, chiedeva la condanna alla restituzione delle somme sopra indicate ex art. 2033 c.c. poiche' indebitamente percepite. Il tutto con vittoria di spese e competenze di lite. Venivano prodotte le quietanze di pagamento del premi assicurativi nonche' la sentenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio n. 6139/2001, del Consiglio di Stato n. 129/2002 oltre alla pronunzia dell'autorita' garante della concorrenza e del mercato resa all'adunanza del 28 luglio 2000. L'attore, a sostegno della propria domanda, deduceva che l'Autorita' garante delle comunicazioni e del mercato, con provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000, aveva accertato l'esistenza di una intesa restrittiva della concorrenza posta in essere in violazione dell'art. 2, comma 2, legge n. 287/1990, da 39 imprese di assicurazioni operanti in Italia nel settore R.C.A., tra cui la convenuta Compagnia di assicurazioni. Tale intesa, secondo l'Autorita' garante, aveva comportato l'aumento del premio della polizza R.C. Auto di circa il 20% del costo dei premi assicurativi incassati dalle imprese di assicurazione. Per effetto di tale accordo e della partecipazione della Compagnia di assicurazioni convenuta al predetto "cartello" l'attore sosteneva di aver sopportato un esborso, nel pagamento della polizza obbligatoria sulla R.C. Auto, pari al 20% dell'intera somma versata, quantificabile in Euro 903,00. Si costituiva ritualmente la Lloyd Adriatico con comparsa depositata in data 3 marzo 2003 ed in via preliminare deduceva l'incompetenza dell'adito giudice a favore della Corte d'appello di Lecce. Eccepiva, poi l'avvenuta prescrizione applicandosi alla specie l'art. 2952 c.c. non avendo effetto la vigenza del contratto di assicurazione tra le parti al fine del decorso del termine. La convenuta compagnia rilevava, ancora, la nullita' dell'atto di citazione per indeterminatezza della causa petendi per la carente allegazione degli elementi relativi al rapporto contrattuale. Nel merito eccepiva che la vicenda amministrativa, che pur aveva riguardato, tra le altre, la compagnia convenuta, non poteva interferire nel singoli rapporti contrattuali alla luce del novellato art. 113 c.p.c. In sostanza, secondo l'assunto della compagnia, la sanzione amministrativa ed il riconoscimento dell'illegittimita' raggiunto in tale sede, non poteva interferire sul giudizio civile assoggettato, secondo le ordinarie regole, all'onere probatorio. Da cio' scaturiva la mancanza di qualsivoglia prova, in relazione al caso singolo, di quanto genericamente accertato dall'organo amministrativo. Nella presente fattispecie la compagnia contestava l'esattezza del calcolo percentuale di aumento del premio che, secondo i propri computi, risultava ampliato. A cio' andava aggiunta la considerazione che l'utente, in ogni caso, non e' vincolato a contrarre con le compagnie facenti parte del gruppo sottoposto a sanzione non versandosi in ipotesi monopolistica ed a causa del ventaglio di assicurazioni sul mercato raggiungibili anche telefonicamente o per via telematica. Ribadiva, sempre in conseguenza della novella all'art. 113 c.p.c, il rigoroso rispetto dell'onere della prova su ogni dedotta circostanza. La difesa della convenuta, confutava le allegazioni di merito dell'attore dovute, a suo dire, ad inconferenti, inopportuni ed impropri riferimenti a norme specifiche di legge ed a principi di ordine generale che non si attagliavano al caso di specie. Conduceva in via principale per la declaratoria d'incompetenza, per l'accoglimento dell'eccezione di prescrizione, per il rigetto per nullita' e gradatamente per infondatezza con vittoria di spese e competenze di lite. Alla fissata udienza di comparizione, i procuratori dell'attore richiedevano che fosse sollevata eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge n. 18 dell'8 febbraio 2003 ritenuto in contrasto con gli artt. 3, 24, 77, 101, 102, 104 e 111 della Carta costituzionale. Il procuratore della convenuta, rilevava la mancanza di fondamento dell'eccezione di incostituzionalita' e chiedeva il rigetto della domanda con la decisione, in limine litis, delle avanzate eccezioni preliminari di prescrizione e di incompetenza. In ogni caso chiedeva un termine, che veniva accordato, per memorie difensive, depositate in data 7 marzo 2003 in ordine alla proposta eccezione di incostituzionalita' e con le quali confutava, punto per punto, le deduzioni avversarie. Motivazione Il Giudice di pace di Lecce ritiene sussistenti i presupposti per sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, intitolato: "Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita'" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 2003, per violazione degli artt. 3, 24, 25, 41, 77, 101, 102 e 104 della Costituzione nella parte in cui, a modificazione dell'art. 113, comma 2 del codice di procedura civile, sottrae, alla valutazione secondo equita', tutti i giudizi pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace e relativi ai contratti c.d. di massa di cui all'art. 1342 del codice civile. In via preliminare e' opportuno premettere che, ad avviso di questo giudice, anche il decreto-legge, atto normativo non definitivo in attesa della conversione, e' sottoponibile al sindacato di legittimita' della Corte costituzionale. E' giurisprudenza pacifica, infatti, quella di poter sottoporre al vaglio di legittimita' costituzionale anche i decreti-legge impugnati in via incidentale (cfr. sentenze 19 giugno 1974 n. 184 e 20 luglio 1999, n. 327). Ne' costituiscono un ostacolo alla pronuncia del Giudice delle Leggi il carattere provvisorio e i ristretti tempi di decisione prima della deliberazione delle Camere, atteso che, in ogni caso, una decisione d'accoglimento o di rigetto, che intervenisse prima della conversione o della decadenza del decreto-legge, non sarebbe priva di rilevanti effetti giuridici. In ogni caso, se la disposizione impugnata fosse riprodotta, prima della pronuncia della Corte costituzionale sul decreto-legge, nella legge di conversione con il medesimo testo, la Corte potrebbe estendere la verifica della legittimita' costituzionale a quest'ultima legge, che continua ad esprimere il contenuto precettivo della norma denunciata. Nel presente giudizio civile la questione di legittimita' costituzionale dell'impugnato decreto-legge appare essere rilevante in quanto dalla decisione della stessa dipende il contenuto della pronuncia che questo giudicante dovra' prendere sulle richieste delle parti e piu' in generale sull'istruzione della causa. Norma impugnata e sua genesi Il d.l. n. 18/2003 e' composto da due soli articoli. In particolare, l'art. 1 testualmente recita: "Il secondo comma dell'art. 113 del codice di procedura civile e' sostituto dal seguente: Il giudice di pace decide secondo equita' le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita' di cui all'art. 1342 del codice civile". L'art. 2, invece, si limita a prevedere l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La "motivazione" del ricorso alla decretazione d'urgenza e' data nello stesso provvedimento, ove e' testualmente scritto: "Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di modificare l'art. 113 del codice di procedura civile escludendo il parametro equitativo per il giudice di pace nelle controversie derivanti da contratti di massa, allo scopo di evitare che il soggettivo apprezzamento, sulla base di tale parametro da parte dei singoli giudici di pace, possa comportare pronunce difformi riferite a identiche tipologie contrattuali". Come e' immediatamente rilevabile, tale provvedimento modifica l'art. 113, comma 2 c.p.c. nel senso di sottrarre al giudizio secondo equita' del giudice di pace, tutte le controversie relative ai c.d. contratti di massa (quelli cioe' che, a mente dell'art. 1342 c.c., sono redatti su moduli standard e si rivolgono alla totalita' dei contraenti). Il giudizio secondo equita', invece, permane per quelle controversie che, ratione valoris, siano inferiori ad euro millecento (la precedente formulazione indicava la soglia massima di Lit. 2.000.000). Il provvedimento trae la propria giustificazione "storica" nella sentenza della Corte di cassazione -- Sezione I civ. n. 17475 del 27 giugno -- 9 dicembre 2002 che, tra le altre cose, ha affermato il principio della capacita' e legittimazione del consumatore ad avvalersi direttamente dello strumento risarcitorio nei confronti di quei soggetti (Imprese) di cui sia stata accertata la violazione dei divieti posti dalla speciale normativa a tutela della concorrenza e del mercato. Sempre la S.C. ha poi affermato che l'azione risarcitoria promossa dal consumatore/utente nei confronti della impresa/professionista riveste i caratteri dell'ordinaria azione di responsabilita' soggetta ai criteri ordinari di competenza. Pertanto, l'esclusione operata dalla S. C. dell'applicabilita' dell'art. 33, comma 2 della legge n. 287/1990 ai giudizi risarcitori promossi dai consumatori/utenti, confermava la sempre ritenuta competenza da determinarsi secondo gli ordinari criteri che, per i rimborsi R.C. auto, ricade per valore nella giurisdizione del giudice di pace. La novella introdotta dal d.l. n. 18/2003 sicuramente si attaglia al nascente contenzioso teso al rimborso della somma percentuale di aumento del premio R.C. auto applicato da numerose compagnie di assicurazione in conseguenza di accordo di cartello, come accertato dall'Autorita' garante per la concorrenza ed il mercato con provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000 e confermata dal Tribunale amministrativo regionale Lazio con sentenza n. 6139/2001 e dal Consiglio di Stato con pronuncia n. 129/2002. Piu' in generale la nuova formulazione dell'art. 113, comma 2 c.p.c. interviene su tutti i contratti c.d. di massa (bancari, telefonici, di somministrazione di luce gas acqua, ecc.) perche' tutti rispondenti ai richiamati requisiti dell'art. 1342 cod. civ. Peraltro, per come appreso da riviste specializzate, la tendenza del legislatore di urgenza e' quella di escludere, in sede di conversione in legge, tutti i contratti di massa diversi da quelli R.C.A. donde l'applicabilita' della nuova formulazione dell'art. 113 c.p.c. solo a quest'ultima categoria di negozi giuridici. Se cio' si attuasse non potrebbe non ravvisarsi un ulteriore elemento di ingiustificata differenziazione. Come effetti pratici, la riscrittura dell'art. 113 c.p.c., sottraendo il contezioso afferente i contratti di massa al vaglio secondo equita', introduce per questa tipologia contenziosa il grado d'appello, in precedenza escluso. Chiaro che, una siffatta previsione - torna a dirsi limitata ai soli contratti di massa -, comporta il dilatare dei tempi della giustizia, il lievitare dei costi con l'introduzione di altro grado del giudizio, la negazione (o comunque l'estrema difficolta) all'esercizio del diritto di difesa anche in riferimento all'art. 82, comma 1 c.p.c. Cio' premesso, al vaglio della Corte costituzionale vanno rimessi i seguenti profili di costituzionalita' del decreto-legge in parola. 1) Violazione del diritto di difesa ai sensi dell'art. 24 della Costituzione e del diritto al giudice naturale ex art. 25 della Costituzione. Questo giudice ritiene che il decreto legge de quo, di fatto precluda -- ed in ogni caso renda sommamente difficoltosa -, la tutela giurisdizionale sulla base del diritto vigente al tempo della domanda. Il provvedimento infatti, per il principio del tempus regit actum si applica ai giudizi pendenti alla data della entrata in vigore e per i quali non sia ancora intervenuto deposito della sentenza. E' dunque evidente che l'innovazione legislativa influisce con forza pressoche' paralizzante sul giudizio in corso, quale quello che ci occupa, instaurati in vigenza della "vecchia" formulazione dell'art. 113, comma 2 c.p.c. ed al fine di ottenere una valutazione secondo equita'. Deve rilevarsi che, non a caso, il "vecchio" art. 113 comma 2 c.p.c. aveva individuato un comune denominatore per il giudizio secondo equita', dato dal valore della controversia. Orbene, sottrarre i contratti di massa al vaglio secondo equita' (criterio che invece permane per le controversie di medesimo valore economico ma rivenienti da contratti diversi da quelli di cui all'art. 1342 cod. civ.) significa, nei fatti, precludere l'accesso alla giustizia sostanziale per quelle controversie che, demandate all'esame del giudice di pace, solo astrattamente possono ritenersi di scarso valore. Nessun pregio puo' attribuirsi alla tesi secondo cui decidere secondo diritto (e non secondo equita) le controversie relative i contratti di massa, non appare ne' illogico ne' arbitrario. E' appena il caso di ricordare che, un freno a possibili colorite pronunce secondo equita', e' previsto dal gravame in Cassazione per la censura di eventuali violazioni di legge e/o errori e vizi attinenti ala decisione. Desta sospetti di costituzionalita' la ratio della norma che pertanto viene rimessa al Giudice delle Leggi per l'esame, non comprendendosi perche' i contratti c.d. di massa, pur rientranti nei limiti di valore della decisione equitativa, non possono essere decisi con lo stesso criterio valutativo degli altri contratti dello stesso valore. Il semplice ragionamento porta a ritenere che unica differenza sia costituita dal dissimile elemento soggettivo delle controversie di massa rispetto agli altri giudizi non potendo essere credibile ne' accettabile che l'uniformita' dei giudizi, verrebbe ad attuarsi solo con l'appellabilita' e non anche con il giudizio finale della Cassazione ai cui principi, peraltro, il giudice di merito e' tenuto ad uniformare la propria decisione. Considerato in tale ottica, il d.l. n. 18/2003, sembrerebbe voler emarginare - rendendola antieconomica, farraginosa e dispendiosa - non la tutela giurisdizionale di tutti i diritti "c.d. minori" che pur sarebbe ammissibile sotto il profilo della parita' di trattamento anche se sicuramente meno sotto il punto di vista della civilta' giuridica, ma i diritti rivenienti dai contratti di massa (ed in particolare, a causa del rivisitazione del d.l. in fieri in sede di conversione, solo quelli relativi agli esborsi R.C.A.) mirando a scoraggiare solo ed esclusivamente questo tipo di azione avvantaggiando, una parte contraente. Questa si sentirebbe autorizzata a porre in essere violazioni, che pur se acclarate da decisioni e censure da parte degli organi di garanzia, rimarrebbero petizioni di principio, privi di effetti concreti risarcitori e/o ripristinatori e comunque privi di facile accesso giurisdizionale da parte di chi subisce effettivamente il danno. Le conseguenze del d.l. in parola, con l'introduzione del grado di appello in tribunale, comporterebbe la limitazione all'esercizio del diritto di difesa, l'obbligo di assistenza di un avvocato in appello anche se la parte si e' difesa personalmente dinanzi al giudice di pace ex art. 82, comma 1 c.p.c., il lievitare dei costi e dei tempi del contenzioso, effetti di dissuasione per anti-economicita' della tutela giudiziaria dei diritti lesi dalla adesione ai contratti di massa. Inoltre, l'immediata applicazione del d.l. appare violare in principio del giudice naturale ex art. 25 poiche', a contenzioso in corso e con il mutamento delle regole processuali, verrebbero stravolti i criteri prestabiliti per tipo di controversia, per valore ecc. - in base ai quali il cittadino deve conoscere in anticipo il giudice che giudichera'. 2) Violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 della Costituzione. Da quanto innanzi sembra discendere la violazione del principio di uguaglianza, posto che il d.l. in esame riserva un ingiustificato trattamento di favore nei confronti dei c.d. "contraenti forti", cioe' a dire di coloro che redigono ed "impongono" alla clientela la sottoscrizione di contratti standard ex art. 1342 cod. civ., poiche' il vaglio della esecuzione dei detti contratti viene sottratto alla valutazione ed al "rito" secondo equita', a differenza dei contratti predisposti da altri "professionisti", ma non riconducibili all'art. 1342 cod. civ., cui continua ad applicarsi il giudizio ed il "rito" secondo equita'. Da diversa prospettiva il consumatore - alla cui tutela quale "contraente debole" il legislatore ha dedicato copiosa produzione normativa - viene paradossalmente penalizzato nel far valere i propri diritti discendenti dalla stipula di un contratto di massa. 3) Violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto la propria competenza a sindacare la "ragionevolezza" di disposizioni normative che ledono il principio di uguaglianza "... anche quando la legge, senza un ragionevole motivo, faccia un trattamento diverso ai cittadini che si trovano in situazione eguale" (Cost. n. 15/1960, Cost. n. 104/1968; Cost. n. 144/1970, Cost. n. 200/1972), posto che un trattamento differenziato puo' trovane legittima applicazione solo ove vi sia l'indefettibile presenza di "ragionevoli motivi" (Cost. n. 61/1964), di "presupposti logici obiettivi" (Cost. n. 7/1963), di "limite della ragionevolezza" (Cost. n. 2/1966). La "ragionevolezza" del d.l. n. 18/2003 - potrebbe allocarsi nel preambolo provvedimentale "Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di modificare l'art. 113 del codice di procedura civile escludendo il parametro equitativo per il giudice di pace nelle controversie derivanti da contratti di massa, allo scopo di evitare che il soggettivo apprezzamento, sulla base di tale parametro da parte dei singoli giudici di pace, possa comportare pronunce difformi riferite a identiche tipologie contrattuali". In definitiva, a quanto e' dato comprendere dalla motivazione, la straondinarieta' e l'urgenza della decretazione sarebbe dettata dallo scopo di evitare (per il futuro, quindi) difformita' di pronunce rese dai giudici di pace in via equitativa. L'irragionevolezza della norma e' immediatamente rilevabile sol che si consideri che, a distanza di molti anni dalla istituzione degli Uffici del giudice di pace, il Legislatore ravvisi la presenza di motivi cosi' straordinariamente urgenti da escludere dalla valutazione secondo equita' i contratti di massa. In secondo luogo, il rimedio normativo non coglie nel segno laddove si propone l'ambizioso obiettivo di conseguire, attraverso l'inibizione del giudizio secondo equita' in favore di quello secondo diritto, una uniformita' di giudizi in ordine alle medesime fattispecie di contratti massa. Non appare logico ritenere che le pronunce secondo diritto applicate ai contratti di massa, a differenza di quelle secondo equita', possono raggiungere il risultato dell'uniformita'. Orbene, quanto non e' dato prima facie comprendere, e' il motivo per il quale, l'"apprezzamento" del giudice di Pace debba - o possa - essere di spessore giuridico diverso a seconda che si giudichi secondo diritto o secondo equita'. Il Legislatore d'urgenza, nella stesura del d.l. n. 18/2003, pare dimenticare che il principio del libero convincimento del giudice, del prudente e soggettivo apprezzamento delle risultanze processuali (prove, argomenti di prova, comportamento delle parti ecc.) costituisce uno dei cardini del processo civile. Pronunciamento secondo equita' non significa ne' puo' significare, valutazione completamente disarticolata dalla realta' processuale e normativa (come parrebbe essere argomentando a contrario secondo le testuali parole utilizzate nel preambolo del d.l. Il libero convincimento, il prudente apprezzamento, - sia in sede di valutazione secondo diritto che secondo equita' - e' invece l'espressione massima della liberta' del giudice - soggetto solo alla legge - di individuare le fonti del proprio convincimento (cfr. in proposito Cass. n. 97/2700, Cass. n. 98/10896, Cass. n. 96/2008, Cass. n. 95/6956, Cass. n. 94/10121, Cass. n. 94/6868, Cass. n. 87/10896, Cass. n. 86/2590 e molte altre ancora). L'incongruita' dell'espediente giuridico individuato nel d.l., balza in massima evidenza ove solo si consideri che il convincimento espresso dal giudice di merito nella valutazione ad es. delle prove secondo il suo soggettivo e prudente apprezzamento, e' insindacabile in sede di Cassazione (tra le molte, vedasi piu' recentemente Cass. 95/1843, 97/12960). 4) Violazione delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario ex art. 101, 102, 104 della Costituzione. La Corte costituzionale ha ripetutamente affermato il principio secondo cui il legislatore vulnera le funzioni girisdizionali quando la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub judice (cfr. Corte costituzionale nn. 397/1994, 6/1994, 429/1993, 424/1993, 283/1993, 39/1993, 440/1992, 429/1991 ed altre). Si tratta allora di stabilire se la statuizione contenuta nell'art. 1, comma 1 d.l. n. 18/2003 insegni un precetto normativo, come tale caratterizzato da generalita' ed astrattezza, ovvero sia diretto ad incidere su concrete fattispecie sub judice e come piu' volte ribadito, a vantaggio di una delle due parti contraenti. 5) Violazione del principi di straordinaria necessita' ed urgenza per l'emanazione di decreti che abbiano valore di legge ordinaria ex art. 77 Cost. e violazione dell'art. 41 Cost. Per quanto fin qui dedotto, si sottopone all'esame della Corte, se nel caso di specie possa ravvisarsi la sussistenza dei motivi previsti dalla Carta relativi alla straordinaria necessita' ed urgenza. Come e' noto, le compagnie di assicurazione, hanno l'obbligo normativo di contrarre in materia di R.C. auto, attenendosi alle regole del libero mercato cosi' come, dall'altro versante, il contraente/consumatore/utente -, e' obbligato a stipulare una polizza R.C. auto. Il rapporto contrattuale deve nascere e svilupparsi nel rispetto delle regole del mercato, quelle medesime regole la cui violazione da parte delle imprese assicuratrici e' stata accertata con la costituzione di un accordo di cartello mirante ad uniformare verso l'alto i prezzi delle polizze. Sotto questo profilo, il d.l. censurato apparrebbe in contrasto con l'art. 41 della Costituzione, in base al quale la libera iniziativa economica privata (quale quella delle compagnie di assicurazione) "... Non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana". Il d.l., di fatto sembrerebbe introdurre, a fronte di una sanzionata violazione da parte delle Compagnie delle "regole del mercato", un'imprevista compressione del diritto soggettivo al rispetto delle regole.
P. Q. M. Il Giudice di pace di Lecce avv. Luigi Piro, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, intitolato "Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita'", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 33 del 10 febbraio 2003, per violazione degli artt. 3, 24, 25, 41, 77, 101, 102 e 104 della Costituzione nei termini e per le ragioni di cui in motivazione; Dispone la sospensione del procedimento in corso; Ordina la notificazione della presente ordinanza ai procuratori delle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Cosi' deciso in Lecce, in data 10 marzo 2003. Il giudice di pace: Piro» che con ordinanza n. 299/2004 depositata il 29 settembre 2004, la Corte costituzionale ordinava la restituzione degli atti a questo Ufficio del giudice di pace, non provvedendo nel merito a causa del chiesto giudizio di costituzionalita' prima che il d.l. 8 febbraio 2003 fosse convertito in legge; che con provvedimento di questo giudice, il processo veniva rimesso sul ruolo per l'esame, nel contraddittorio, dell'ordinanza della Corte costituzionale de qua n. 299; che alla fissata udienza, il procuratore dell'attore, in contrasto con quello della convenuta, instava per la rimessione degli atti alla Corte per la disamina di costituzionalita' della legge n. 63 del 2003; che con tale provvedimento il Giudice delle Leggi non e' sostanzialmente entrato nel merito della vicenda, neppure per le altre ordinanze di rimessione degli omologhi giudici di merito; che il testo del d.l. 8 febbraio 2003 cosi' disponeva: «Preambolo IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli artt. 77 e 87 della Costituzione; Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di modificare l'art. 113 del codice di procedura civile escludendo il parametro equitativo per il giudice di pace nelle controversie derivanti da contratti di massa, allo scopo di evitare che il soggettivo apprezzamento, sulla base di tale parametro da parte dei singoli giudici di pace, possa comportare pronunce difformi riferite a identiche tipologie contrattuali; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 7 febbraio 2003; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle attivita' produttive; Emana il seguente decreto legge Articolo 1 Art. 1. 1. - Il secondo comma dell'art. 113 del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente: "Il giudice di pace decide secondo equita' le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita' di cui all'art. 1342 del codice civile.". Articolo 2 Art. 2. 1. - Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.»; che la legge 7 aprile 2003 n. 63 cosi' recita: «Preambolo La Camera del deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; il Presidente della Repubblica promulga la seguente legge: Articolo 1 Art. 1. 1. - Il decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, recante disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita', e' convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge. 2. - La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Allegato 1 Allegato Modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18. Dopo l'art. 1 sono inseriti i seguenti: Art. 1-bis. - 1. Le disposizioni di cui all'art. 1 si applicano ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003. Art. 1-ter. 1. - Al comma 4. dell'art. 10 e al comma 1, lettera a), dell'art. 13 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, la parola: 1.033 e' sostituita dalla seguente: 1.100. 2. - Alle minori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo, determinate nella misura di 1.800.000 euro annui a decorrere dal 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.». che pertanto, alla luce dell'esame delle norme sopra indicate, questo giudice ritiene che la legge non abbia apportato variazioni sostanziali e di merito tali da far venir meno i rilievi di legittimita' costituzionale che erano stati oggetto di critica con l'ordinanza di cui sopra depositata il 10 marzo 2003; che, invece, non realizzata e quindi non interessata da osservazioni di costituzionalita', risulta essere la considerazione svolta circa l'eventuale attenzione del legislatore rivolta solo ai contratti di massa relativi alla R.C.A.; che, ancora, risulta essere superata, la questione posta al punto 5) circa la violazione del principi di straordinaria necessita' ed urgenza per l'emanazione di decreti che abbiano valore di legge ordinaria.; P. Q. M. Solleva questione di legittimita' costituzionale della legge 7 aprile 2003, n. 63, che converte l'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, intitolato «Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 serie generale del 10 aprile 2003, per violazione degli artt. 3, 24, 25, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione nei termini e per le ragioni di cui alla motivazione dell'ordinanza remissiva del d.l. 8 febbraio 2003 e con l'aggiunta delle considerazioni sovraesposte; Dispone la sospensione del procedimento in corso; Ordina la notificazione della presente ordinanza ai procuratori delle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato; Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla Corte costituzionale insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte. Lecce, addi' 10 dicembre 2004 Il giudice di pace: Piro 05C0393