N. 122 ORDINANZA 21 - 25 marzo 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Giurisdizione   amministrativa   -   Giudizio   di   ottemperanza   -
  Utilizzabilita'  nei  confronti  di  sentenze del giudice ordinario
  esecutive,  ma non ancora passate in giudicato - Mancata previsione
  -  Denunciata  disparita'  di  trattamento  rispetto all'esecuzione
  delle   sentenze   del   giudice  amministrativo  di  primo  grado,
  violazione    del    principio   di   effettivita'   della   tutela
  giurisdizionale,  del principio di ragionevole durata del processo,
  del  principio  di  buon andamento della pubblica amministrazione -
  Manifesta infondatezza della questione.
- Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 37.
- Costituzione, artt. 3, 24, 97, 111 e 113.
(GU n.13 del 30-3-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 37 della legge
6 dicembre  1971,  n. 1034  (Istituzione dei tribunali amministrativi
regionali),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  31 marzo  2004 dal
Tribunale  amministrativo  regionale della Sicilia - sezione staccata
di  Catania  sul  ricorso  proposto da Anza' Santi Antonino contro il
comune  di  Patti,  iscritta  al n. 615 del registro ordinanze 2004 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, 1ยช serie
speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto  che il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia
-  sezione  staccata  di Catania, con ordinanza del 31 marzo 2004, ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37 della
legge   6 dicembre   1971,   n. 1034   (Istituzione   dei   tribunali
amministrativi regionali), in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111 e
113 della Costituzione;
        che,  in  punto  di fatto, il giudice remittente riferisce di
essere  stato chiamato a decidere sull'esecuzione del giudicato della
sentenza  provvisoriamente  esecutiva  emessa  dal  giudice  onorario
aggregato (Goa) del Tribunale civile di Patti - sezione stralcio, con
la  quale  il  comune  di  Patti era stato condannato, oltre che alla
restituzione  agli  attori  del  fondo  illegittimamente  occupato  e
adibito a discarica, anche al relativo risarcimento dei danni;
        che  detta  sentenza,  esecutiva ex lege, era stata appellata
dal  comune  debitore,  il  quale, pur avendo restituito le aree, non
aveva provveduto al pagamento del dovuto;
        che  il  giudice  di  appello,  al quale era stata chiesta la
sospensione  della  esecuzione,  ha  rigettato  la  relativa  istanza
proposta  dal  comune,  confermando la esecutivita' della sentenza di
primo grado;
        che   il   ricorrente,   sul   presupposto  della  confermata
esecutivita'  della sentenza, ne ha chiesto l'ottemperanza al giudice
a quo dopo avere notificato al comune rituale atto di costituzione in
mora;
        che  il comune di Patti, costituitosi in giudizio, ha, in via
preliminare,  sollevato  l'eccezione di inammissibilita' del giudizio
introdotto avverso una sentenza solo provvisoriamente esecutiva e non
coperta da giudicato;
        che,  tanto  premesso,  il remittente censura l'art. 37 della
legge  n. 1034  del  1971, nella parte in cui indica nel passaggio in
giudicato   il   presupposto   insuperabile   per  agire  in  via  di
ottemperanza    per   l'adempimento   dell'obbligo   della   pubblica
amministrazione di conformarsi alle decisioni dei tribunali;
        che  in  ordine  alla rilevanza della questione sollevata, il
remittente   ritiene   che  il  giudizio  non  puo'  essere  definito
prescindendo    dall'esame    della    questione    di   legittimita'
costituzionale sottoposta al proprio esame;
        che  quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
ritiene  che  la  norma censurata sia in contrasto con l'art. 3 della
Costituzione  per  disparita'  di  trattamento  rispetto  all'ipotesi
dell'esecuzione  delle  sentenze  del giudice amministrativo di primo
grado,  le quali, ai sensi dell'art. 33 della legge n. 1034 del 1971,
nel  testo  aggiunto  dall'art. 10 della legge 21 luglio 2000, n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), possono essere
oggetto del giudizio di ottemperanza, purche' non sospese dal giudice
di appello;
        che   la   disposizione  denunciata  violerebbe  altresi'  il
principio di effettivita' della tutela giurisdizionale previsto dagli
artt. 24 e 113 della Costituzione, in base ai quali tutti i cittadini
possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, anche nei
confronti della pubblica amministrazione, senza limiti di sorta;
        che  l'art. 37  della legge n. 1034 del 1971 violerebbe anche
il   principio   di   ragionevole   durata   del   processo  previsto
dall'art. 111   della  Costituzione,  in  quanto  le  lungaggini  del
processo  civile,  articolato  normalmente  in tre gradi di giudizio,
costituirebbero  un  insormontabile ostacolo al soddisfacimento degli
interessi e dei diritti di cui il soggetto e' titolare;
        che  la  disposizione  in questione sarebbe infine lesiva del
principio  di  buon  andamento  della pubblica amministrazione di cui
all'art. 97   della   Costituzione,   in  quanto  l'ulteriore  rinvio
dell'esecuzione   della   sentenza  del  giudice  ordinario  potrebbe
provocare un aggravio di spesa per la pubblica amministrazione;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata;
        che,  secondo  l'Avvocatura generale dello Stato, nel caso di
specie,   il   creditore   e'  pienamente  tutelato  con  l'ordinario
procedimento espropriativo;
        che,  per  tali  ragioni,  la difesa erariale, richiamando la
sentenza  n. 406  del  1998  di questa Corte, ritiene che nel caso in
questione  non siano violati gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione
e  che la medesima conclusione valga in relazione agli artt. 97 e 111
della Costituzione.
    Considerato  che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  della Sicilia -
sezione staccata di Catania, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 111
e  113  della  Costituzione, investe l'art. 37 della legge 6 dicembre
1971,  n. 1034  (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali),
nella  parte  in  cui  non  consente  l'utilizzazione del giudizio di
ottemperanza   con  riguardo  alle  sentenze  del  giudice  ordinario
esecutive, ancorche' non passate in giudicato;
        che,  secondo il giudice a quo, la norma censurata sarebbe in
contrasto   con   l'art. 3   della  Costituzione  per  disparita'  di
trattamento  rispetto  all'ipotesi dell'esecuzione delle sentenze del
giudice   amministrativo   di   primo   grado,  le  quali,  ai  sensi
dell'art. 33  della  legge  n. 1034  del  1971,  nel  testo  aggiunto
dall'art. 10  della legge n. 205 del 2000, possono essere oggetto del
giudizio di ottemperanza, purche' non sospese dal giudice di appello;
        che  sarebbe  altresi'  violato  il principio di effettivita'
della   tutela   giurisdizionale  (artt. 24  e  113  Cost.),  perche'
l'interessato   potrebbe  far  valere  il  proprio  diritto  soltanto
mediante  azione  di  esecuzione  civile  e  non mediante giudizio di
ottemperanza relativamente alle sentenze di primo grado esecutive del
giudice  ordinario,  non  sospese  in  appello,  ma  non  coperte  da
giudicato;
        che,   inoltre,   l'art. 37  della  legge  n. 1034  del  1971
violerebbe  il  principio di ragionevole durata del processo previsto
dall'art. 111   della  Costituzione,  in  quanto  le  lungaggini  del
processo  civile,  articolato  normalmente  in tre gradi di giudizio,
costituirebbero  un ostacolo al soddisfacimento degli interessi e dei
diritti di cui il soggetto e' titolare;
        che,  infine, la disposizione in questione sarebbe lesiva del
principio  di  buon  andamento della pubblica amministrazione, di cui
all'art. 97   della  Costituzione,  giacche'  l'ulteriore  rinvio  al
momento del passaggio in giudicato dell'esecuzione della sentenza del
giudice  ordinario,  gia'  esecutiva  e  non  sospesa  dal giudice di
appello,  puo'  determinare  un  aggravio  di  spesa  a  carico della
pubblica amministrazione;
        che  il giudizio di ottemperanza concerne, di norma, sentenze
passate  in  giudicato e che questa scelta del legislatore non appare
irragionevole,  in  quanto la procedura di ottemperanza nei confronti
della   pubblica   amministrazione   comporta   l'esercizio   di  una
giurisdizione estesa al merito (cfr. sentenza n. 406 del 1998);
        che  la previsione di cui all'art. 33 della legge n. 1034 del
1971,  secondo  la quale il giudizio di ottemperanza puo' esercitarsi
nei  confronti  delle sentenze del Tribunale amministrativo regionale
non  sospese  dal  Consiglio di Stato, rientra nella discrezionalita'
del  legislatore, il quale ha voluto dare concretezza al principio di
esecutivita'   delle   sentenze   di   primo   grado,   evitando  che
l'amministrazione   possa  arbitrariamente  sottrarsi  alle  pronunce
giurisdizionali;
        che  sono  differenti  e  quindi  non  comparabili  le azioni
esecutive esperibili davanti al giudice ordinario secondo le norme di
procedura   civile,   trattandosi  di  sentenze  o  di  provvedimenti
esecutivi  che  non richiedono l'esame di merito proprio del giudizio
di ottemperanza (cfr. sentenza n. 406 del 1998);
        che, pertanto, non puo' parlarsi di disparita' di trattamento
fra  l'ipotesi  di  esecuzione  di  sentenza  amministrativa di primo
grado, perseguita attraverso il giudizio di ottemperanza, e l'ipotesi
di esecuzione delle sentenze di primo grado del giudice ordinario;
        che,   stante   la   diversita'   degli  istituti,  non  puo'
conseguentemente parlarsi, in relazione all'esecuzione delle sentenze
del  giudice  ordinario, ne' di pregiudizio per la tutela dei diritti
del  creditore,  ne'  di  pregiudizio  per  la ragionevole durata del
processo,  la  quale  e'  garantita  peraltro  dai  tempi processuali
disposti dal codice di procedura civile;
        che,   infine,   in  relazione  all'asserita  violazione  del
principio  di  buon  andamento,  questa Corte ha piu' volte affermato
(v.,  ex  plurimis,  ordinanze  n. 94 del 2004 e n. 458 del 2002) che
detto  principio  si riferisce agli organi dell'amministrazione della
giustizia  unicamente  per  profili  concernenti  l'ordinamento degli
uffici   giudiziari   e   il   loro   funzionamento  sotto  l'aspetto
amministrativo,   ma   non   riguarda   l'esercizio   della  funzione
giurisdizionale   nel   suo   complesso  e  i  provvedimenti  che  ne
costituiscono espressione;
        che la questione e' pertanto manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 37 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034   (Istituzione   dei   tribunali  amministrativi  regionali),
sollevata,  in  riferimento  agli  artt. 3,  24,  97, 111 e 113 della
Costituzione,  dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia -
sezione staccata di Catania con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2005.
                        Il Presidente: Contri
                       Il redattore: Maddalena
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 25 marzo 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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