N. 192 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2004
Ordinanza emessa il 17 novembre 2004 dal tribunale di Lecce sull'istanza proposta da Bellini Massimo Spese di giustizia - Difensore designato dal giudice, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen., in sostituzione del difensore di fiducia o del difensore d'ufficio - Liquidazione dei compensi - Estensione del regime retributivo del difensore d'ufficio, con applicazione delle norme sul patrocinio a spese dello Stato - Mancata previsione - Violazione del principio di uguaglianza - Contrasto con il principio di effettivita' del diritto di difesa - Lesione del diritto ad una equa retribuzione. - D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 116. - Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 36.(GU n.15 del 13-4-2005 )
IL TRIBUNALE Vista l'istanza presentata il 14 luglio 2004 dall'avv. Massimo Bellini per la liquidazione, a norma dell'art. 116, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dell'onorario per la difesa dell'imputato Cosimo Simonetti nel processo penale n. 3767/1998 R.N.R. - 214/2000 R.G. Trib. che, secondo il suo assunto, gli sarebbe stata affidata d'ufficio; Rilevato, al di la' di alcune imprecisioni nelle intestazioni dei verbali d'udienza, che, in realta', l'avv. Bellini non e' stato nominato difensore di ufficio a norma dell'art. 97, commi 1, 2 e 3, c.p.p. ma e' stato designato a norma dell'art. 97, comma 4, c.p.p a sostituire il difensore di fiducia non comparso; O s s e r v a Gli artt. 116 e 117, d.P.R. n. 115/2002, che recepiscono nel contenuto quanto gia' sancito negli artt. 32 e 32-bis disp. att. c.p.p., disciplinano la retribuzione, a carico dello Stato, del difensore d'ufficio, profilo di fondamentale rilievo per garantire l'effettivita' del diritto di difesa. Preliminarmente va ricordato che, con l'avviso di cui all'art. 369-bis c.p.p., la persona sottoposta alle indagini viene tempestivamente informata - tra l'altro - della obbligatorieta' di una difesa tecnica nel processo penale nonche' del suo obbligo di retribuire il difensore di ufficio, ove non sussistano le condizioni per essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 31 disp. att. c.p.p. prevede, correlativamente, che «l'attivita' del difensore di ufficio e' in ogni caso retribuita». In tema di retribuzione, quindi, la normativa dettata dall'art. 116, d.P.R. n. 115/2002, contiene essenzialmente tre regole: 1) il difensore d'ufficio si deve fare carico della procedura esecutiva per il recupero del credito professionale nei confronti dell'assistito; 2) qualora riesca a dimostrare che la procedura di cui sopra e' risultata infruttuosa, il difensore viene retribuito dallo Stato «nella misura e secondo le modalita» previste dall'art. 82, d.P.R. cit., relativo alla retribuzione del difensore patrocinante a spese dello Stato; 3) a meno che l'assistito non chieda ed ottenga l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, quest'ultimo surroga il difensore nel suo credito verso il soggetto assistito. Si pone a questo punto il problema di stabilire se titolare del diritto ad esigere il credito professionale (con possibilita' di richiedere la liquidazione surrogatoria laddove ricorrano i presupposti di legge) sia esclusivamente il difensore d'ufficio originariamente nominato per il procedimento ai sensi dell'art. 97, comma 1 c.p.p. ovvero anche quello nominato come sostituto ai sensi dell'art. 97, comma 4 c.p.p. in relazione all'attivita' concretamente svolta. A questo proposito, infatti, nel silenzio della legge che non si esprime esplicitamente sulla questione, si potrebbero delineare almeno quattro diverse ipotesi di ricostruzione interpretativa. 1. - Una prima ipotesi, muovendo dalla premessa che unico titolare della difesa di ufficio dell'imputato-indagato sia solo il difensore nominato ex art. 97, comma 1 c.p.p., a prescindere da sue eventuali temporanee sostituzioni nel corso del procedimento, ribadisce che l'incarico defensionale resta sempre affidato allo stesso soggetto, sebbene non comparso in udienza, ed arriva alla conclusione che unico legittimato ad avanzare pretese economiche nei confronti dell'indagato-imputato e, quindi, nei confronti dello Stato ex artt. 116 e 117, d.P.R. n. 115/2002 sia il titolare della difesa d'ufficio. Confortano tale ipotesi, da un lato, la stessa pronuncia della suprema Corte a sezioni unite che ha equiparato la difesa d'ufficio a quella di fiducia, nel senso che anche quella d'ufficio «si caratterizza per l'immutabilita' del difensore fino all'eventuale dispensa dall'incarico o all'avvenuta nomina fiduciaria» (cfr. Cass, ss.uu., 19 dicembre 1994, n. 22, Nicoletti), dall'altro quelle pronunzie giurisprudenziali che non riconoscono al sostituto un autonomo potere di impugnazione ne' il diritto alla concessione del termine a difesa (cfr. Cass., sez. II, 12 maggio 1999, n. 6015, Lopez; Cass., sez. IV, 14 settembre 2000, n. 3983), cosi' affermando che il titolare dell'ufficio di difesa rimane sempre l'originario difensore designato, il quale, cessata la situazione che alla sostituzione ha dato causa, puo' riprendere il suo ruolo. Ulteriore supporto a tale assunto e' rappresentato dal dato normativo di cui all'art. 91, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 115/2002, il quale espressamente dispone che l'ammissione al gratuito patrocinio e' esclusa «[...] b) se il richiedente e' assistito da piu' di un difensore», cosi' ribadendo il principio della unicita' del difensore. Il sostituto dovrebbe, quindi, pretendere dal difensore titolare sostituito il compenso per l'attivita' svolta; quest'ultimo dovrebbe poi esigerla, unitamente al proprio credito maturato, dall'assistito e alla liquidazione surrogatoria verrebbe ammesso soltanto il difensore di ufficio nominato ex art. 97, comma 1, 2 e 3, c.p.p., legittimato evidentemente a pretendere i compensi corrisposti al sostituto fornendo prova dell'avvenuto pagamento. Anche a prescindere dalla farraginosita' della procedura sopra descritta, che rappresenta un risvolto di ordine meramente pratico, il grosso limite di carattere giuridico che incontra la impostazione richiamata e' rappresentato dalla impossibilita' di individuare un rapporto di natura-giuridica e di tipo obbligatorio tra il difensore titolare dell'ufficio ed il sostituto ex art. 97, comma 4 c.p.p., in virtu' del quale il secondo possa e debba ottenere il corrispettivo della propria prestazione professionale dal primo. Invero, fermo restando che non ricorre tra le due parti alcun vincolo di tipo contrattuale, e' altrettanto chiaro che l'esecuzione della prestazione professionale da parte del sostituto ex art. 97, comma 4 c.p.p. non puo', del pari, essere considerata, fonte di nessuna delle obbligazioni tipizzate dall'ordinamento giuridico, quali la gestione di affari, il pagamento dell'indebito o l'arricchimento senza causa nei confronti del sostituito, titolare dell'ufficio di difesa, non ricorrendone i relativi presupposti. Non si comprende, in definitiva, a quale titolo il sostituto ex art. 97, comma 4 debba rivolgersi al sostituito onde ottenere il compenso per l'attivita' svolta in favore dell'indagato-imputato. 2. - Una seconda ipotesi interpretativa, al contrario, ritiene estensibile anche al difensore nominato ex art. 97, comma 4 c.p.p. la disciplina sul recupero dei crediti professionali dettata per il titolare dell'ufficio. Il diritto alla retribuzione per l'attivita' professionale svolta verrebbe adeguatamente tutelato, secondo tale impostazione, mediante l'imposizione, a carico di chi fruisce della prestazione lavorativa (vale a dire l'indagato-imputato) dell'obbligo giuridico di corrispondere il compenso al professionista, sia egli nominato ex art. 97, comma 1, sia egli nominato in sostituzione e per il compimento anche solo estemporaneo di un atto ai sensi del comma 4 art. cit. Nell'evenienza che il concreto realizzo del diritto di credito del difensore sia impedito dalle condizioni di insolvibilita' del suo debitore, soccorrerebbe, tanto per l'uno quanto per l'altro, lo Stato, assumendosi l'onere di anticipare al difensore il compenso dovutogli, nei limiti previsti per il patrocinio dei non abbienti, e surrogandosi nelle sue ragioni di credito verso l'assistito insolvente. I sostenitori del suddetto orientamento (cfr. Trib. Roma, sez. VI, 19 luglio 2002) rinvengono un conforto normativo alla loro impostazione nello stesso dettato dell'art. 31 disp. att. che, legando il diritto alla retribuzione «all'attivita», svincola la maturazione della pretesa e la relativa titolarita' dalla figura di un difensore nominato una tantum e divenuto immutabile nel corso del procedimento, agganciandola, per converso, alla attivita' professionale effettivamente svolta. Si deduce, in sostanza, che sarebbe «contrario ai principi di formazione del diritto di credito riconosceme la titolarita' a chi non ha svolto la prestazione d'opera che ne costituisce il fatto costitutivo» (cfr. ord. cit.). L'obiezione che puo' muoversi all'impostazione suddetta e', tuttavia, ancora una volta, quella di non chiarire quale natura abbia il rapporto che verrebbe a costituirsi tra l'imputato-indagato, individuato come l'unico soggetto tenuto, in via principale, all'adempimento della prestazione di retribuire il difensore, e l'avvocato nominato ex art. 97, comma 4 c.p.p. Ed infatti, se l'obbligo di corrispondere il compenso scaturisce, nei confronti del difensore di fiducia originariamente nominato, dallo stesso contratto sotteso al rapporto tra le parti, ovvero, nei confronti del difensore d'ufficio designato ex art. 97, commi 1, 2 e 3, dalla costituzione di un rapporto obbligatorio ex lege (le cui fonti normative devono ravvisarsi negli artt. 369-bis, comma 2, lett. d) e 31 dip. att. c.p.p., che prevedono l'obbligo di retribuire il solo difensore d'ufficio e la conseguente esecuzione forzata nel caso d'insolvenza), non altrettanto puo' dirsi per il sostituto del titolare dell'ufficio, nominato di volta in volta dall'autorita' giudiziaria allorche' questi non sia stato reperito, non sia comparso o abbia abbandonato la difesa. Se non puo' affermarsi, infatti, che sussista tra l'imputato-indagato ed il sostituto un rapporto di tipo negoziale, neppure puo' ritenersi, nel silenzio del dettato normativo, l'esistenza di un rapporto obbligatorio ex lege. A cio' si aggiunga che comunque, la diversita' ontologica che esiste tra il sostituto nominato ex art. 97, comma 4 c.p.p. ed il difensore d'ufficio impedisce di estendere in via interpretativa al primo il regime normativo del secondo. 3. - Una terza ipotesi risolve il problema della retribuzione del sostituto nominato ai sensi dell'art. 97, comma 4 c.p.p. in modo diverso a seconda che si tratti di sostituto di difensore di fiducia ovvero di sostituto di difensore d'ufficio. La ragione di una risposta diversa da parte dell'ordinamento risiede, secondo i sostenitori di tale impostazione, nella differente natura giuridica del rapporto che esiste tra l'assistito ed il difensore originariamente titolare dell'ufficio; rapporto, questo, su cui si innesta, attraverso il meccanismo delineato dall'art. 97 comma 4, la sostituzione con un difensore immediatamente reperibile designato, all'occorrenza, dall'autorita' giudiziaria. Nell'ipotesi di difesa di fiducia esiste, tra le parti (avvocato ed indagato-imputato), un contratto di prestazione d'opera intellettuale che, per la disciplina dell'impiego di sostituti o ausiliari, rinvia all'applicazione delle norme sulla prestazione di lavoro subordinato (cfr. art. 2238, comma secondo, cod. civ. che recita: «In ogni caso, se l'esercente una professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II, III e IV del capo I del titolo II [art. 2094 ss.])». Secondo questa ricostruzione il difensore di fiducia che si avvale dell'opera prestata da un sostituto ex art. 97 comma 4 e' tenuto, verso quest'ultimo, alla corresponsione del relativo compenso in quanto, l'attivita' in concreto svolta da quest'ultimo, riverberando, quanto agli effetti, nella sfera dell'attivita' difensiva affidata al titolare, costituirebbe il risultato di una sorta di implicita delega in incertam personam fatta dal dominus allorche' egli decida di non comparire personalmente all'udienza. In tal senso dovrebbe, anche in questo caso, applicarsi la norma che disciplina l'impiego del sostituto da parte del prestatore d'opera intellettuale. E' appena il caso di evidenziare, tuttavia, che, come rappresentato sub 1), resta il problema della mancata individuazione di un titolo negoziale o normativo che legittimi il sostituto ad azionare la sua pretesa nei confronti del sostituito. Viceversa, nell'ipotesi di difesa d'ufficio, poiche' non viene in essere alcun rapporto contrattuale in senso proprio tra difensore ed assistito, ma solo una obbligazione ex lege a carico del secondo ed a favore del primo, le norme civilistiche sopra indicate non possono in radice trovare applicazione. Ed invero, non puo' nemmeno ritenersi che si versi in un'ipotesi di c.d. contratto imposto, dal momento che non solo manca nella specie un elemento essenziale del contratto, che e' l'accordo tra le parti, ma si prescinde addirittura da qualunque manifestazione di volonta' da parte dell'indagato-imputato, a carico del quale e' semplicemente imposta ex lege l'obbligazione di pagamento del difensore che gli viene assegnato. Pertanto, nel caso di sostituzione ex art. 97, comma 4, di un difensore d'ufficio il sostituto, la cui attivita' andrebbe comunque remunerata dal beneficiario, maturerebbe un autonomo diritto di credito nei confronti dell'assistito. In questo caso, infatti, l'applicazione analogica delle norme che disciplinano il compenso del titolare della difesa d'ufficio sarebbe giustificata sia dal vuoto normativo «lacuna legis» nella materia, sia dalla identita' di ratio che consentirebbe di assimilare l'attivita' del sostituto ex art. 97, comma 4 a quella del difensore d'ufficio sostituito. In questo senso, pertanto, anche l'attivita' del sostituto ex art. 97, comma 4 sarebbe a tutti gli effetti una difesa d'ufficio. Tuttavia, come sopra rappresentato sub-2), un'operazione di applicazione analogica in questa materia suscita delle perplessita' proprio alla luce della differenza di natura giuridica che esiste fra titolare della difesa d'ufficio e suo sostituto ex art. 97, comma 4 c.p.p. Oltre ai rilievi critici gia' evidenziati sub-1) e 2), i limiti di tale ultima opzione ermeneutica sono sostanzialmente due. Anzitutto essa ingenera una evidente disparita' di trattamento tra sostituti di difensori fiduciari e sostituti di difensori officiosi, che prestano in entrambi i casi la loro assistenza perche' obbligati dalla legge e senza minimamente concorrere alla formazione del rapporto sottostante ne' con l'assistito ne' con il sostituito. Solo il sostituto legale del difensore d'ufficio, infatti, potrebbe giovarsi della disciplina prevista negli artt. 116 e 117, d.P.R. n. 115/2002 mentre il sostituto legale del difensore di fiducia rimarrebbe escluso da tali previsioni. Il secondo limite si ravvisa, per converso, nella indebita parificazione tra sostituti designati dal titolare e nominati ex art. 102 c.p.p. e sostituti ex art. 97, comma 4 del difensore di fiducia, laddove solo nel primo caso alla manifestazione di volonta' del dominus segue l'accettazione del mandato da parte del sostituto delegato. E' appena il caso di evidenziare che tutte le impostazioni sopra riportate non pongono problemi di violazione del diritto costituzionale alla retribuzione (art. 36 Cost.) per l'attivita' professionale svolta come difensore; in realta' tale diritto e' in ogni caso adeguatamente tutelato atteso che, non essendo in discussione l'an della retribuzione, le tesi delineate si dividono solo sul chi debba essere considerato il soggetto gravato dal relativo obbligo. 4. - Una quarta ipotesi interpretativa, infine, facendo leva direttamente sull'art. 36 Cost., sostiene che il diritto al compenso maturato dal sostituto ex art. 97, comma 4 debba essere fatto valere sempre e comunque nei confronti dello Stato (vale a dire sia nel caso di sostituto di difensore di fiducia sia nel caso di sostituto del difensore d'ufficio), senza la previa dimostrazione di infruttuosa escussione del debitore principale. Questa tesi, che configura, pertanto, l'esistenza di una pretesa direttamente azionabile nei confronti dell'Erario, ha il pregio di trattare in modo uniforme le diverse ipotesi di sostituzione per assenza del difensore titolare. Tuttavia, per un verso crea una irragionevole disparita' di trattamento proprio con il suddetto titolare difensore d'ufficio, costretto ad escutere previamente l'assistito prima di ottenere soddisfazione del proprio credito dallo Stato, per altro verso pare contraddire la stessa logica del sistema che prevede l'intervento dello Stato solo in via sussidiaria e residuale. Invero, poiche' la difesa d'ufficio rappresenta un rilevante interesse collettivo, essa viene disciplinata per alcuni aspetti come una funzione pubblica e lo Stato se ne addossa gli oneri economici. Tuttavia l'intervento dello Stato e' sussidiario e limitato: «sussidiario perche' la sua operativita' e' condizionata all'impossibilita' per il difensore di ottenere il pagamento del suo credito dal cliente-debitore; e limitata perche' il difensore assume l'onere, anche economico, di dimostrare l'impossibilita' di riscuotere di riscuotere il suo credito con le procedure di recupero civilistiche (peraltro agevolate con esenzione da spese imposte e bolli)» (cfr. Trib. Padova, sez. penale, ord. 17 luglio 2004). In conclusione, non sembra esistere alcuna norma che assicuri chiaramente al sostituto a norma dell'art. 97, comma 4, c.p.p. una retribuzione del suo lavoro ed e' di tutta evidenza, allora, che l'art. 116 d.P.R. n. 115/2002, cosi' come formulato, presenta profili di incostituzionalita'. Ed invero, non avendo il sostituto ex art. 97, comma 4 c.p.p. diritti verso il difensore di fiducia sostituito, l'art. 116, d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui non equipara il sostituto ex art. 97 comma 4 c.p.p. al difensore d'ufficio si appalesa in contrasto con l'art. 3 Cost., che impone al legislatore il trattamento uguale di situazioni tra loro omogenee, con l'art. 36 Cost., che sancisce il diritto di ciascun lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto e con l'art. 24, secondo comma, Cost. che tutela l'effettivita' del diritto di difesa. Alla luce di quanto detto, non potendo il presente procedimento essere definito indipendentemente dalla risoluzione della prospettata questione, questo tribunale ritiene di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 116, d.P.R. n. 115/2002 per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma e 36 Cost. nella parte in cui non estende il regime retributivo, a carico dello Stato, del difensore d'ufficio anche al sostituto nominato ex art. 97, comma 4 c.p.p. sia per un difensore di fiducia che per un difensore d'ufficio.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 1, legge cost. n. 1/1948, 23, legge n. 87/1953, 1, delibera C. cost. 16 marzo 1956; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 116, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per contrasto con gli artt. 3, 24, secondo comma, e 36 della Costituzione nella parte in cui non estende il regime retributivo, a carico dello Stato, del difensore di ufficio anche al sostituto nominato a norma dell'art. 97, comma 4, c.p.p. sia per un difensore di fiducia che per un difensore di ufficio; Sospende il presente procedimento fino alla data in cui la Corte dara' comunicazione a questo tribunale della propria decisione sulla prospettata questione; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e al difensore istante e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Dispone che la presente ordinanza, insieme con gli atti e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, sia trasmessa alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Lecce, il 29 ottobre 2004. Il Presidente: Conte Il giudice estensore: Capano 05C0419