N. 136 ORDINANZA 24 marzo - 6 aprile 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Parlamento  -  Insindacabilita'  -  Legge  di attuazione - Denunciato
  ampliamento della garanzia, violazione del principio di uguaglianza
  per  illimitata  prerogativa della sola categoria dei parlamentari,
  lesione  del  diritto  di  difesa  della persona offesa dal reato -
  Manifesta infondatezza delle questioni.
- Legge 20 giugno 2003, n. 140, art. 3, comma 1.
- Costituzione, artt. 68, primo comma, 3 e 24.
(GU n.15 del 13-4-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 1,
della  legge  20  giugno 2003,  n. 140 (Disposizioni per l'attuazione
dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali
nei confronti delle alte cariche dello Stato), promossi con ordinanze
del  28 ottobre  2003 dal Tribunale di Caltanissetta, del 21 novembre
2003  dal  Tribunale  di  Roma e del 5 febbraio 2004 dal Tribunale di
Brescia,  rispettivamente  iscritte al n. 1174 del registro ordinanze
2003,  e  ai  nn. 58  e  449 del registro ordinanze 2004 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn. 3  e  10, 1ยช serie
speciale,   dell'anno 2004  e  nella  edizione  straordinaria  del  3
giugno 2004.
    Visti  gli  atti  di  costituzione di M. D., di R. P. nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che, con ordinanza del 28 ottobre 2003 (r.o. n.1174 del
2003),  il  Tribunale  di  Caltanissetta,  nel corso del procedimento
penale  a  carico  di  M.  D.,  all'epoca  dei  fatti  senatore della
Repubblica, imputato di diffamazione aggravata in concorso con altro,
per avere, durante un programma televisivo, offeso la reputazione del
Procuratore  della  Repubblica  di  Palermo  pro  tempore  e dei suoi
sostituti,  asserendo  che  costoro  esercitavano le loro funzioni in
maniera  illecita  e  persecutoria, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 68,  primo  comma,  3  e  24,  primo comma, della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, della
legge   20   giugno 2003,   n. 140   (Disposizioni  per  l'attuazione
dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali
nei confronti delle alte cariche dello Stato);
        che,  ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata non si
limiterebbe  ad  attuare l'art. 68, primo comma, della Costituzione -
che circoscrive la garanzia della insindacabilita' alle sole opinioni
riconducibili agli atti ed alle procedure specificamente previsti dai
regolamenti  parlamentari,  e,  cioe',  alle  sole  opinioni espresse
nell'esercizio  delle  funzioni  parlamentari  tipiche,  ovvero, come
ripetutamente  affermato  dalla  giurisprudenza  costituzionale, alle
dichiarazioni   rese  al  di  fuori  del  Parlamento  di  significato
sostanzialmente    corrispondente    con   opinioni   gia'   espresse
nell'esercizio  di  dette funzioni - ampliandone invece sensibilmente
la  portata,  e  finendo,  pertanto,  per  porsi  in contrasto con la
interpretazione  che  dell'art. 68, primo comma, e' stata accolta dal
giudice delle leggi;
        che  la  norma  censurata  si porrebbe in contrasto anche con
l'art. 3   della   Costituzione,  non  apparendo  la  deroga  di  cui
all'art. 68,  primo  comma,  della stessa Costituzione legittimamente
superabile  attraverso una legge ordinaria che introduca solo per una
determinata  categoria  di  cittadini  una  causa di esclusione della
punibilita'  inapplicabile  alla  generalita' dei consociati; nonche'
con   l'art. 24,   primo   comma,   della   Costituzione,  in  quanto
ingiustificatamente ed irragionevolmente lesiva del diritto di difesa
della persona offesa dal reato;
        che   nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituito
l'imputato   del   procedimento   a  quo,  che  ha  concluso  per  la
inammissibilita' o la infondatezza della questione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
che  del  pari  ha concluso per la inammissibilita' o la infondatezza
della questione;
        che  la  medesima questione di legittimita' costituzionale e'
stata  sollevata,  in  riferimento agli artt. 68, primo comma, 24 e 3
della  Costituzione,  con  ordinanza del 21 novembre 2003 (r.o. n. 58
del  2004),  dal  Tribunale di Roma nel corso del procedimento civile
intentato  contro  il  deputato  M.  C.,  per  risarcimento dei danni
derivanti  all'attore  dalla  pubblicazione su di un quotidiano di un
articolo ritenuto diffamatorio;
        che   il   giudice   a   quo   sospetta   la   illegittimita'
costituzionale  della  norma  di  legge  ordinaria  con  la  quale si
interpreta  una  norma  costituzionale,  con  la  previsione  di  una
prerogativa  per i parlamentari di fatto illimitata, ritenendo che in
tal  modo  si sia snaturata la ratio dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione    nella    interpretazione    offertane   dalla   Corte
costituzionale;
        che,  ad avviso dello stesso rimettente, la disciplina di cui
si   tratta   sarebbe   anche   in   contrasto  con  l'art. 24  della
Costituzione,  comprimendo  i  diritti  della  persona offesa, cui si
precluderebbe  la  tutela  in  sede giudiziaria, nonche' con l'art. 3
della Costituzione, prevedendo una illimitata prerogativa a favore di
una  specifica  categoria  di  cittadini, quella dei parlamentari, in
violazione  del  principio  di  uguaglianza, con una compressione dei
diritti fondamentali dell'individuo;
        che nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituito l'attore
nel   giudizio   principale,   per   sostenere   le   ragioni   della
incostituzionalita' della norma denunciata;
        che  e'  altresi' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  concluso  per  la inammissibilita' o la infondatezza
della questione;
        che anche il Tribunale di Brescia, nel corso del procedimento
penale a carico del deputato V.S., imputato del reato di diffamazione
aggravata  per  le  dichiarazioni  rese nel corso di una trasmissione
televisiva nei confronti di magistrati della Procura della Repubblica
di  Milano,  ha  sollevato,  con  ordinanza del 5 febbraio 2004 (r.o.
n. 449   del   2004),   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 3,  comma 1,  della  legge  n. 140 del 2003, in riferimento
agli artt. 68, 3 e 24 della Costituzione, con argomentazioni analoghe
a quelle gia' riferite;
        che  anche  in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, che ha concluso per la manifesta infondatezza
della questione.
    Considerato che tutte le ordinanze censurano la disciplina di cui
all'art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni
per  l'attuazione  dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia
di  processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) per
contrasto  con  gli artt. 68, primo comma, 3 e 24 della Costituzione,
in  quanto  essa,  introdotta  con  una  norma  di  legge  ordinaria,
amplierebbe  la  portata  della garanzia di insindacabilita' prevista
dal   predetto   art. 68,   primo  comma,  della  Costituzione,  come
interpretato  dal  giudice delle leggi, a favore della sola categoria
dei  parlamentari,  in  violazione del principio di uguaglianza tra i
cittadini, ed in contrasto altresi' con l'art. 24 della Costituzione,
sotto  il  profilo  della irragionevole lesione del diritto di difesa
della  persona  offesa dal reato in relazione al quale e' applicabile
la causa di esclusione della punibilita' del parlamentare;
        che,  avendo  tutte  le  ordinanze  per  oggetto  la medesima
questione, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che  questioni  identiche,  sollevate in riferimento anche ai
medesimi   parametri   costituzionali,  sono  state  gia'  dichiarate
infondate  da  questa  Corte  con la sentenza n. 120 del 2004, con la
quale  si  e'  osservato  che la norma in oggetto, nonostante la piu'
ampia  formulazione  lessicale,  puo'  considerarsi di attuazione, in
quanto  finalizzata a rendere immediatamente e direttamente operativo
sul  piano  processuale  il disposto dell'art. 68, primo comma, della
Costituzione,   senza   innovare   affatto   rispetto  alla  predetta
disposizione  costituzionale,  ma  limitandosi a rendere esplicito il
contenuto della disposizione medesima;
        che,  non  risultando  addotti  profili o argomenti diversi o
ulteriori  rispetto  a  quelli  gia'  valutati  nella citata sentenza
n. 120 del 2004, le questioni devono essere dichiarate manifestamente
infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  comma 1,  della  legge 20
giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della
Costituzione  nonche'  in  materia  di  processi penali nei confronti
delle  alte  cariche  dello  Stato),  sollevate,  in riferimento agli
artt. 68,  primo  comma,  3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di
Caltanissetta,  dal  Tribunale di Roma e dal Tribunale di Brescia con
le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2005.
                        Il Presidente: Contri
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 aprile 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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